IL MODERNISMO CATTOLICO A CESENA
A Cesena, come in tutta la Romagna, si reagì immediatamente, tra la fine
dell’Ottocento e i primi del Novecento, all’esigenza di creare un movimento
cattolico più efficace dell’Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici
(1874-1904), più vicino alle masse popolari e molto meno preoccupato di
difendere i privilegi di una chiesa che si sentiva sulle difensive, rispetto
all'unificazione nazionale.
Alcune cause occasionali servirono per creare i primi nuclei del movimento e
la prima stampa modernista:
1. le manifestazioni di Milano nel 1898, in cui si repressero organizzazioni
socialiste e cattoliche;
2. la fondazione della rivista “Cultura sociale” da parte del sacerdote Romolo
Murri;
3. l’Opera dei Congressi (con Panaguzzi) si dichiarava disposta a collaborare
col governo, suscitando riprovazione in ambienti cattolici progressisti;
4. le basi teoriche sembravano esserci nella “Rerum Novarum” di Leone XIII
(1891);
5. un certo rinnovamento generazionale aveva portato i nuovi preti a pretendere
un rapporto più concreto con la realtà.
Il primo giornale dei modernisti di Cesena porta il titolo “Il Savio”, dal
nome del fiume che l’attraversa: è un settimanale “popolare”, poi diventerà “democratico-cristiano”.
Eligio Cacciaguerra lo dirige per due anni. E’ chiaramente di ispirazione
murriana. Vi scrivono, fra gli altri, don Ravaglia, parroco del duomo, due abati
tedeschi dell’abbazia del Monte (Krug e Wolff) che traducono testi del
cattolicesimo tedesco, belga e americano, impegnandosi altresì nel rinnovamento
liturgico e culturale. Don Giovanni Ravaglia era una figura di rilievo e tra i
suoi discepoli aveva avuto lo stesso Cacciaguerra e
Renato
Serra.
Gli undici anni del “Savio” si possono suddividere in tre periodi:
- nei primi tre anni forti polemiche con il socialismo e il liberalismo;
vengono difesi i contadini e gli operai cattolici; si vogliono associazioni
professionali semplici e non miste (cioè di soli operai o di soli contadini
e non lavoratori e padroni insieme, come vuole il conte Almerici della
sezione locale dell’Opera dei Congressi);
- con la direzione di Cacciaguerra il giornale diventa apertamente
murriano. Ci si rende conto che il programma democratico-cristiano non può
essere patrimonio di tutto il movimento cattolico (attestato in gran parte
su posizioni conservatrici, a causa dell’alto clero reazionario). Si
comincia a prospettare la separazione della fede dalla politica.
Nei primi quinquennio del Novecento si ha lo sviluppo più significativo
del Modernismo cattolico a livello nazionale. Infatti nel 1903 al Congresso
dell’Opera di Bologna ha la meglio la tendenza democratico-cristiana
capeggiata da Grosoli, in antitesi a quella conservatrice dei veneti guidati
da Paganuzzi.
L’anno dopo papa Pio X scioglie l’Opera, cercando di sostituirla con le
Unioni popolari, sociali, elettorali.
I democratico-cristiani rispondono creando la Lega a Firenze nel 1905. Ma
già Leone XIII aveva messo le mani avanti con l’enciclica “Graves
de communi re” (1901) e con le “Istruzioni sull’azione popolare
cristiana” (1902), sconsigliando vivamente i democratico-cristiani dal dare
un contenuto politico al concetto di democrazia.
Pio X non fa che rincarare la dose, col “Motu Proprio” del 1904 e col
“Fermo Proposito” del 1905, esigendo obbedienza assoluta alla gerarchia. La
rivista “Cultura sociale” è costretta a chiudere.
A Cesena il vescovo Cazzani (1904) non è contrario al “Savio”, anzi nel
1906 lo sceglie come organo ufficiale delle comunicazioni della curia al
clero, suscitando meraviglia da parte del visitatore apostolico inviato dal
Vaticano, padre Boggiani.
In questo periodo “Il Savio” critica la politica di Giolitti, il
clerico-moderatismo, il patto Gentiloni… Chiede il suffragio universale,
diretto, segreto e la riforma dei patti colonici e mezzadrili. Cacciaguerra
difende Murri contro Toniolo, che l’aveva accusato di indisciplina in ambito
ecclesiastico.
I preti conservatori a Cesena fanno capo a don Bondini, cancelliere
vescovile, ma il seminario continua a sfornare preti modernisti. Boggiani
rimprovera ai modernisti l’adesione alla causa dei contadini, l’alleanza coi
socialisti, l’istituzione delle leghe contadine, l’iscrizione alla Camera
del lavoro. Egli però è costretto a constatare che il laicato cattolico
benestante è indifferente alle sorti dei contadini e degli operai. E
comunque non può accusare di eresia i modernisti perché questi a Cesena
stavano molto attenti a non valicare i limiti dogmatici consentiti. Tuttavia
don Ravaglia è costretto a dimettersi ed è polemico nei confronti di mons.
Cazzani che non lo ha difeso a sufficienza.
- L’ultimo periodo del “Savio” è caratterizzato da tentativi di
collaborazione con repubblicani e socialisti sulla realizzazione della
democrazia sociale. Tuttavia repubblicani e socialisti appaiono troppo
anticlericali, troppo ideologici, per poter realizzare qualcosa in comune.
D’altra parte anche quando Cacciaguerra si apre ai mazziniani, passando per
Salvemini, ponendo come pregiudiziale l’ispirazione al cristianesimo, non è
meno “confessionale”.
Taglia la testa al toro l'enciclica “Pascendi Dominici Gregis” di Pio X,
che nel 1907 condanna ufficialmente il modernismo. Murri viene scomunicato
l’anno dopo.
A Cesena si proibisce a don Ravaglia e ad altri preti
democratico-cristiani di collaborare al “Savio”. Anche Cacciaguerra è
accusato di modernismo.
Nel 1910 si tiene a Imola un importante congresso della Lega. Cacciaguerra
si stacca da Murri, mettendosi in minoranza: non vuole la rottura con la
chiesa né il riformismo religioso e chiede che la politica sia subordinata
alla morale religiosa. Simpatizza per Tolstoi e Solovev. Rifonda la Lega
Democratica Cristiana a Firenze nel 1911 e la chiama Democrazia Cristiana
Italiana. Eredita il giornale di Giuseppe Donati, “L’azione democratica”,
per effetto della scissione murriana, e lo ribattezza col titolo di
“Azione”, organo della Lega democratico-cristiana.
Il secondo giornale dei modernisti (politicamente revisionisti) di Cesena è
appunto “L’Azione” (1906-1918), che viene diretto da Cacciaguerra a Cesena a
partire dal 1912 (prima la sede era stata a Torino e a Firenze).
L’attenzione di Cacciaguerra è ora tutta rivolta alle biblioteche popolari,
alle cooperative, alle casse rurali, alle leghe di mestiere. Non ci sono
articoli dedicati alla lotta politica e agli scontri di classe, anche se
continua la critica al clerico-moderatismo, al patto Gentiloni, a Giolitti e al
colonialismo.
I risultati del giornale sono fallimentari: a livello elettorale (1913) i
democratico-cristiani risultano insignificanti; le Unioni professionali
confessionali dei contadini non sortiscono alcun effetto, tanto che si arriva a
chiedere ai contadini di aderire a quelle unitarie, pur rivendicando una sorta
di “neutralità ideologica”.
Il giornale chiude praticamente con la morte di Cacciaguerra che, dopo aver
appoggiato l’interventismo, aveva deciso di arruolarsi nell’esercito.
Il settimanale che sostituisce “Il Savio” in realtà fu il “Corriere Cesenate”
(1911-1922), voluto da mons. Cazzani in chiave restauratrice: infatti il
giornale sta dalla parte dai proprietari terrieri contro i contadini coloni,
mezzadri e braccianti.
Il giornale non è anti-liberale né anti-giolittiano: il Patto Gentiloni viene
giustificato come extrema ratio al fine di difendere lo Stato dall’ondata
socialista. Sulla guerra in Libia il giudizio è addirittura positivo.
Molto dura la polemica con Ubaldo Comandini, fautore del divorzio e massone.
Nel 1914 Comandini s’era messo alla testa d’una rivolta agraria cesenate durata
una settimana. Tutte le chiese erano state chiuse.
Il modernismo è in declino irreversibile anche a livello nazionale. Il mondo
contadino vi è rimasto sostanzialmente estraneo.
Don Ravaglia pubblica “La guida del catechista cattolico”, col consenso di
Benedetto XV, allora arcivescovo di Bologna, poi pontefice. Ravaglia, professore
di religione al liceo classico, verrà poi espulso per antifascismo.
Il “Corriere Cesenate” verrà chiuso dal fascismo perché negli anni Venti
simpatizzava per i “popolari” di Sturzo. Riprenderà le pubblicazioni nel
dopoguerra, senza mai simpatizzare per la sinistra.
|