E' in pieno corso la campagna elettorale e, con essa, la "campagna per la vita" da parte della Chiesa e dei partiti che ne cercano il voto. Il 3 febbraio 2008, celebrando la "giornata per la vita", Benedetto XVI ha affermato che si deve "Amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto", cioè dal costituirsi dello zigote, come aveva detto altra volta, fino a quando il malato può essere tenuto in vita anche fra enormi dolori, col ricorso alle macchine.
Parole, quelle del 3 febbraio, con cui il papa voleva sottolineare il proprio consenso al documento firmato il giorno prima da alcuni neonatologi e ginecologi delle università romane (Sapienza, Tor Vergata, Gemelli e Campus Biomedico), in cui si affermava che anche il bambino nato "in estrema prematurità va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio e assistito adeguatamente" e che, nel caso in cui il feto nasca vivo dopo un'interruzione di gravidanza, il neonatologo dovrebbe intervenire per cercare di animarlo, "anche se la madre è contraria".
Quel che il documento intendeva in realtà dichiarare era il dovere di tenere ad ogni costo in vita feti malformati e con gravi anomalie, destinati a una vita di sofferenze. Le stesse sofferenze cui sono destinati i malati terminali, se non siano a loro risparmiate dalla riduzione allo stato vegetale.. E tuttavia anche nel caso di un paziente in "stato vegetativo permanente" e non reversibile non è consentito interrompere il nutrimento, l'idratazione e le cure che lo tengono in vita - come ha affermato nell'agosto-settembre 2007 la Congregazione della fede in una risposta, approvata dal papa, a un quesito dei vescovi statunitensi.
Questo dà l'idea del tipo di vita che la Chiesa cattolica è impegnata a tutelare con una campagna forsennata contro l'aborto e l'eutanasia, nel momento stesso in cui l'altro "corno" di tale campagna, cioè la condanna della contraccezione e l'invito ai governi "amici" del Terzo mondo, specie dell'Africa, a non diffondere la pratica dei preservativi, causano milioni di morti ogni anno, da decenni, per Aids.
La difesa delle vite "potenziali", di quelle dei "non nati" e di quelle dei malati allo stato vegetale o di quelli terminali, che invocano la morte come una liberazione, unita al disprezzo per le vite "reali", è una caratteristica anche degli atei devoti come Giuliano Ferrara, che sta conducendo una personale crociata in Italia contro gli aborti delle donne "assassine" dopo averne condotta una, qualche anno fa, a sostegno della guerra che ha causato fino a oggi un milione di morti in Iraq.
Ma lo sviscerato amore per i feti unito a un odio smisurato per le loro madri e per i loro figli adulti, mandati a morire in guerra, oltre che per eretici, streghe, infedeli, omosessuali, nemici dello stato pontificio (finché c’era), sottolineano con una lunga ininterrotta scia di sangue tutta la storia della Chiesa, da dodici anni dopo la concessione di libertà di culto ai cristiani fino ad oggi. Costante di tutta questa storia è un amore per la vita tanto ostentato quanto smascherato, nella sua impudente ipocrisia, dalla teoria e dalla pratica quotidiane dell'omicidio e delle stragi.
E' quanto documenta questo breve testo, che non considera tutti gli omicidi, le stragi o le azioni di guerra imputabili a cattolici ma solo quelli più direttamente ricollegabili (e anche in questo caso senza pretesa di completezza) ai papi, ai concili e ai dottori della chiesa, o da essi teorizzati e giustificati.
Pasqua 2008