Il massacro di Costantinopoli. Un “mistero divino”
Intanto, con
Lucio III, nel Concilio di Verona del 1184, prendeva il via l'Inquisizione, che
sarà istituzionalizzata da Innocenzo III (1198-1216) e rafforzata da
Gregorio IX (1227-41), col quale la pena di morte, già introdotta nel
1226 in Lombardia da Federico II, è adottata ufficialmente dalla Chiesa per gli
eretici. A questi due papi si devono, insieme alla continuazione delle crociate
contro gli infedeli, l'inizio di quelle contro gli eretici. Con Innocenzo III,
osserva Partner, “il concetto della faida di sangue fu adottato dagli stessi
pontefici; un secolo dopo la prima crociata, Innocenzo III fece appello ai
crociati perché partissero per la nuova missione e vendicassero il male inflitto
al padre loro” (42). Si arrivò così nel 1202 alla IV crociata, quella detta dei
veneziani poiché fu da loro guidata e dirottata, in funzione dei propri
interessi commerciali, su Costantinopoli. Il sacco della città, scrive Runciman,
“non ha paralleli nella storia”. Se i veneziani preferirono impadronirsi degli
enormi tesori di Costantinopoli, franchi e olandesi, spesso ignari del loro
valore, distrussero ciò che non potevano trasportare, “fermandosi soltanto per
assassinare e violentare… Molte monache furono violentate nei loro conventi.
Palazzi e tuguri furono ugualmente forzati e rovinati. Donne e bambini feriti,
giacevano morenti per le strade. Per tre giorni continuarono le orrende scene di
saccheggio e spargimento di sangue, finché l'immensa e magnifica città fu
ridotta a un macello. Perfino i saraceni sarebbero stati più misericordiosi,
esclamò lo storico Niceta, e con ragione” (43). Si dirà, come
sostengono certi apologeti cattolici, che tutto ciò esulava dalle responsabilità
dirette di Innocenzo III. Senonché fu proprio lui a scrivere in varie
Epistole, a proposito dell'accaduto, celebrato con entusiasmo in tutto
l'Occidente, “che egli si rallegrava nel Signore e dava la sua approvazione
senza riserve” (44). Innocenzo III, convinto che la presa di Costantinopoli
avrebbe messo fine allo scisma del 1054 imponendo alla Chiesa d'Oriente di
riunirsi a Roma, arrivò a scrivere che la conquista della città “non è caso
fortuito ma un mistero rivelato dall'alto decreto divino nell'opera dei
crociati, affinché in futuro possa esistere un solo ovile di Cristo e un solo
pastore” (45). Solo anni dopo si rese conto che il sacco dell’antica
capitale d’Oriente aveva recato più danni che vantaggi anche alla Chiesa stessa.
Ma ciò non fece venir meno in lui la passione per le crociate. 42) P.
Partner, op. cit., p. 94
43) S.
Runciman, Storia delle crociate, Einaudi, Torino 1966, p. 792
44) ibid., p.
796
45) in K.
Deschner, Storia criminale etc. cit., vol. VII, p. 79