ANSELMO D'AOSTA

TEORICI
Politici Economisti Filosofi Teologi Antropologi Pedagogisti Psicologi Sociologi...


ANSELMO D'AOSTA

I - II - III

Giuseppe Bailone

Nasce ad Aosta nel 1033, è abate del monastero di Bec, in Normandia, dal 1078, arcivescovo di Canterbury dal 1093 fino alla morte nel 1109. E’ noto per la cosiddetta prova ontologica dell’esistenza di Dio.

In realtà si tratta di un argomento già proposto da Severino Boezio, ma Anselmo lo presenta come sua scoperta, al termine di una travagliata ricerca di una prova semplice, diretta, rapida e inequivocabile dell’esistenza di Dio.

Anselmo ha già elaborato quattro argomenti per arrivare a Dio, partendo da considerazioni sulle cose del mondo, e in seguito, proprio per il loro procedere dalle cose dell’esperienza a Dio, detti prove “a posteriori”.

Essi sostengono:

  1. le cose buone di cui andiamo in cerca in questo mondo sono alcune più buone, altre meno; questo loro diverso grado di bontà implica l’esistenza di un essere perfettamente buono, Dio;
  2. l’esistenza di cose di diversa grandezza che noi incontriamo nel mondo implica l’esistenza di un essere massimo, Dio;
  3. le cose che esistono devono la loro esistenza ad altro, quindi implicano l’esistenza di un essere che esista di per sé, Dio;
  4. le cose del mondo hanno gradi diversi di perfezione, deve, quindi, esistere la perfezione assoluta, Dio.

Si tratta di prove che si fondano sul pensiero di origine platonica, arrivato ad Anselmo tramite il neoplatonismo cristiano. Anselmo non ha dubbi sul loro valore dimostrativo, ma la loro pluralità gli sembra un indice dell’insufficienza di ciascun argomento preso per sé. Teme, inoltre, che la lunga e articolata strada che propongono per arrivare a Dio esponga la fede al rischio di smarrirsi ad ogni svolta. Cerca, allora, un solo, decisivo argomento, un percorso rapido, immediato, per arrivare a Dio. L’impazienza della fede lo spinge alla ricerca di un ragionamento che abbia la rapidità e la certezza dell’intuizione. Inizia, allora, una ricerca travagliata.

“Ci pensavo spesso e con impegno, e talora mi sembrava di afferrare quello che cercavo, talora l’argomento sfuggiva del tutto all’acume del mio pensiero; sicché alla fine, disperando di trovarlo, mi proposi di smettere la ricerca di una cosa che si presentava impossibile. Ma quando volli scacciare da me quel pensiero, affinché, occupando invano la mia mente, non mi distogliessi da altri argomenti nei quali potessi raggiungere qualche risultato, proprio allora cominciò ad assillarmi, sebbene non ne volessi sapere e mi difendessi da esso. Mentre, dunque, un giorno facevo ogni sforzo per resistere alla sua importunità, nello stesso conflitto di pensieri, mi balzò alla mente ciò che ormai disperavo di trovare, sì che afferrai con ogni impegno quel pensiero che prima mi sforzavo tanto di allontanare”.1

Il pensiero balzato alla mente di Anselmo con tanta forza è la prova poi detta “a priori” o “ontologica”: “a priori”, perché parte dall’idea, dal pensiero di Dio, per dedurne l’esistenza; “ontologica” perché deduce dall’essenza di Dio la sua esistenza.

Normalmente noi ci imbattiamo in esistenze, in cose, che vediamo e sentiamo reali, e cerchiamo di arrivare a capirne l’essenza, a sapere cioè che cosa sono. Di fronte, infatti, ai dati della sensazione noi ci facciamo la domanda: “Che cos’è questo?”. Quando c’imbattiamo in cose, o queste ci sono note e, allora, il nostro incontro con esse si risolve subito nel riconoscimento della loro identità; o non ci sono note e, allora, l’incontro con esse avvia la ricerca della loro identità. Se la ricerca va in porto arriviamo a capire che natura, o essenza, ha quella cosa di cui abbiamo dapprima verificato che c’è. Partiamo da quel che c’è per capire che cos’è.

Nel caso, invece, della prova a priori o ontologica, Anselmo ci fa fare il percorso inverso: ci fa partire da quel che pensiamo di Dio, dall’idea che abbiamo della sua natura, o essenza, e ci spinge a ricavare da quell’idea la certezza della sua esistenza, a convincerci che avendo gli uomini, anche quelli che non credono all’esistenza di Dio, l’idea di Dio, Dio esiste.

In questo modo, secondo Anselmo, chi non crede nella realtà di Dio sarebbe in profonda contraddizione con se stesso: dicendo, infatti, che Dio non c’è direbbe due cose in contraddizione l’una con l’altra: col predicato negherebbe quel che implicitamente affermerebbe col soggetto.

Anselmo muove dal salmo biblico (13) in cui c’è lo stolto che dice in cuor suo, quindi, con piena convinzione: “Dio non c’è”.

Quest’ateo è stolto perché non si rende conto della propria contraddizione. Ha in sé tutti gli elementi per convincersi dell’esistenza di Dio. Essi sono impliciti nell’idea che deve pur avere di Dio per dire che non c’è. Eppure conclude che Dio non c’è. Questo significa che non si rende conto di quel che dice, è quindi stolto, quando mette Dio come soggetto del predicato “non c’è”. Se non fosse stolto rifletterebbe sull’idea di Dio e ne ricaverebbe tutte le necessarie implicazioni logiche, tra le quali c’è l’esistenza.

Certo, ammette Anselmo, non tutto ciò che c’è nell’intelletto esiste anche nella realtà. L’idea che il pittore ha in testa non diventa reale fin quando egli non l’abbia dipinta. Ma l’idea di ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore è diversa da tutte le altre: è l’idea che si deve pensare reale se non si vuole contraddire la sua definizione. Se, infatti, non fosse reale, sarebbe possibile pensare un’altra idea uguale ad essa, ma, in più, reale. La prima idea, allora, diventerebbe l’idea di ciò di cui si potrebbe pensare qualcosa di maggiore.

L’argomento che ad Anselmo sembra tanto convincente non persuade il monaco Gaunilone, che scrive in difesa dello stolto biblico. Per Gaunilone non bisogna pensare che lo stolto abbia la nozione di Dio e ne comprenda il significato: per intendere il significato di una parola bisogna aver percepito la cosa indicata dalla parola. La parola “Dio” per lo stolto potrebbe essere solo un suono o indicare cose diverse dalla definizione di Anselmo.

E’ l’esperienza che conta. Gaunilone nega che si possa ricavare l’esistenza di una cosa, anche della cosa più grande, dalla sola idea della cosa. Fa l’esempio dell’isola “perduta”, un’isola perfetta di cui possiamo aver sentito parlare ma che non per questo siamo costretti a pensare reale, e, soprattutto, non, per il solo fatto che la pensiamo, esiste.

Anselmo replica che l’isola perfetta è solo la migliore delle isole, non è ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore in assoluto. Ma non convince Gaunilone. Non convince neppure Tommaso d’Aquino e Kant.

La prova “a priori” diventa, dalla polemica tra Anselmo e Gaunilone, uno dei tanti argomenti sui quali i filosofi, grandi e piccoli, si dividono in campi avversi.

Kant ripropone con l’argomento dei cento talleri la tesi dell’isola perduta di Gaunilone: cento talleri solo pensati, senza averli in tasca, non sono per nulla inferiori a cento talleri che io abbia in tasca; la loro realtà o irrealtà non aumenta né diminuisce la loro nozione, o il loro concetto: cento talleri, anche solo pensati o sognati, sono cento talleri, esattamente come quelli che potrei avere in tasca. Certo, però, la loro esistenza cambia la mia condizione, ma, per accertarmi della loro esistenza, devo mettere le mani in tasca, non basta che io pensi con rigore logico la loro nozione.

Per Kant, cioè, l’esistenza non è una questione logica ma fattuale, si mostra, si accerta, non si dimostra. Si schierano, invece, a fianco di Anselmo Cartesio, Leibniz ed Hegel.


1 Anselmo, Opere filosofiche, Laterza, Roma 1969, pag. 85.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2010-11 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 10 aprile 2010

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Testi


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 26-04-2015