ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


LA GRANDE STAGIONE UMANISTICA

Donatello - Beato Angelico - Masaccio - Piero della Francesca

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Leonardo, Uomo vitruviano, 1490 circa, Gabinetto dell’Accademia, Venezia

Dario Lodi

Nel Medioevo le arti liberali (trivio, dominio della parola, quadrivio, studio del numero) erano sostanzialmente al servizio delle corti nobiliari: i praticanti andavano poi a formare l’ossatura delle corti, sia in senso ideale sia in senso pratico. Quando, a fine ‘300, le fiere mercantili si moltiplicano in tutta Europa, la situazione muta: le arti meccaniche si adeguano alle esigenze del commercio, parola e numero trovano modo di passare da pratica sublime a pratica ordinaria per rendere il mercato migliore. Il passaggio consente, a latere, speculazioni nuove, laiche, oggettive, del dettato culturale coevo. Le stesse persone acculturate secondo il metodo tradizionale, si pongono al servizio del nobile moderno, sempre più spesso un parvenu arricchito con le transazioni bancarie, condizionandone l’entourage: il caso della famiglia Medici di Firenze insegna.

La rilettura dei classici greci e latini avviene, quindi, secondo un’ottica nuova. Ci sono maggiore consapevolezza dialettica e più fiducia nelle capacità speculative umane. Il fenomeno trova maggior successo nel linguaggio pittorico che, con la nuova mentalità, viene seguito con gli occhi, non con le labbra: si formano, in tal modo, un nuovo tipo di artista e un nuovo tipo di fruitore, entrambi proiettati verso un impegno discorsivo che tiene conto della figura divina entro una sfera umana, mentre nel Medioevo era l’incontrario. Ne consegue che la venerazione totemica, durata per secoli, subisce un’evoluzione in considerazione rispettosa secondo parametri legati alla sensibilità e all’intelligenza dell’uomo: sempre maggiore è il ricorso alla seconda, pur in una logica che fa primeggiare la sensibilità, purché pura e razionale in sé. E’ come se l’uomo si ponesse a disposizione della divinità, non perché debba essere così, ma a ragion veduta (come riconoscimento di una “luce”, non di una misteriosa “emanazione”).

Pittori e scultori sono i personaggi per eccellenza della nuova mentalità. Avviene qualcosa di completamento diverso, nelle arti figurative, rispetto al passato: là le Chiese ospitavano i dipinti e le sculture, qui le Chiese sembrano create intorno agli uni e alle altre. Inoltre i laici diventano collezionisti, creano le Camere delle Meraviglie, dove, accanto a ninnoli di varia provenienza e a lavori artigianali raffinatissimi, si vengono man mano a trovare vere e proprie opere d’arte di pittura e scultura.

Qui si nominano alcuni artisti, ritenuti particolarmente significativi nel periodo umanistico e rinascimentale. Il Rinascimento si sovrappone spesso all’Umanesimo, ma senza il secondo il primo non sarebbe stato possibile. Il Rinascimento deve essere ritenuto come lo sfogo inevitabile di un pensiero maturato nel corso di un paio di secoli, consolidato dall’Umanesimo quattrocentesco e celebrato da manifestazioni celebrative durate una cinquantina d’anni, sino alla caduta della centralità romana a causa di Lutero. Questi cinquant’anni, dominati dall’ultimo Raffaello, da Michelangelo e da Tiziano, sono legati indissolubilmente al concetto rinascimentale mentre Leonardo è il testimone di assoluta affidabilità della grande stagione umanistica.

Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi, 1386-1466) fu soprattutto uno straordinario scultore. La sua espressione riprende quella classica greca e la fisiognomica romana. Il tutto sottolineato da una raffinatezza sorprendente, frutto di sensibilità manuale, a sua volta conseguenza di grande e indomabile passionalità. 

La classicità greca si ritrova nelle sue figure: esse sono spesso caratterizzate da un’energia interiore in continua, sicura esplosione verso un’azione ideale e personale. Il dato nuovo è la personalità dell’intervento, dove Donatello si esprime in nome dell’intera umanità. La classicità greca è per una filosofia sopra le azioni, platonica, quella del nostro scultore è nell’azione in potenza, non tanto come teoria, ma come prassi legata alla figura umana.

Donatello è l’inventore dello “stiacciato”, una tecnica che prevede minime variazioni, millimetriche, degli spessori, laddove l’artista la ritiene utile a un’espressività più incisiva. Le sue statue appaiono così come in movimento, allontanandosi dalla paralizzante ieraticità. La scultura proposta come emblematica della sua arte è la “Reliquiario di S. Rossore”, un’opera in bronzo dorato risalente al 1424-1427 circa e conservato, dal 1591, nel Museo nazionale di San Matteo a Pisa.

Furono i monaci di Ognissanti a Firenze, venuti in possesso della reliquia del cranio di san Lussorio (chiamato popolarmente san Rossore), un soldato romano convertitosi al cristianesimo e decapitato in Sardegna all'epoca di Diocleziano, a commissionare il busto a Donatello: si tratta di un gioiello assoluto, senz’altro fra le cose migliori scolpite dal grande artista fiorentino. La figura guarda verso il basso perché doveva essere collocata a una certa altezza. Riportata ad altezza d’uomo, il particolare dà vigore all’umiltà che la circonda. La figura non è dimessa ma aureolata di modestia: è un uomo (non un santo, non una figura quasi astratta) consapevole della propria fragilità e orgoglioso, umilmente, della propria coscienza.

Donatello cambiò l’arte scultoria del tempo. Operò in molte città, oltre Firenze, e principalmente a Siena, Prato, Roma, Padova, Venezia. Ebbe un sodalizio con Michelozzo, meno passionale, più accademico. Donatello aprì il mondo al Rinascimento. E’ giustamente considerato fra i maggiori artisti di tutti i tempi.

Beato Angelico (1395?-1455) è beato dal 1982, ma già ai suoi tempi era considerato tale. Si chiamava Guido di Pietro, divenne domenicano fra il 1427 e il 1429, proveniva dal mondo della miniatura e operò principalmente a Firenze, con brevi soste artistiche a Roma e Orvieto. Beato Angelico era uno specialista in pale d’altare e sapeva come pochi di affresco. I domenicani gli affidarono la decorazione della Chiesa di S. Marco a Firenze, loro nuova sede. Un lavoro enorme che richiese aiuti, di cui il nostro artista fu supervisore. La sua espressione risente della ieraticità del tardo goticismo ma nuovo è il patos, più vivo, più vero e per nulla distaccato dalle figure sacre. Il Beato Angelico dipinse anche molte “Annunciazione”: la più nota, e apprezzata, è quella custodita al Prado di Madrid (raffigurata in alto). L’Angelico vi pone l’essenziale, l’emblematico e lo fa con particolare umiltà, non disgiunta da una certa fiducia razionale nella giustezza dell’esecuzione, un’esecuzione “pulita”, tenera, gentile: davvero sentita nel fondo dell’animo (una scoperta umanistica questa risorsa): un dialogo diretto (pur parzialmente) con la spiritualità.

Molte le commissioni sacre nella sua Firenze e in Toscana per Luca della Robbia (1399?-1482), in special modo Madonne, per cui è divenuto famoso. Luca inventò la tecnica della “terracotta policroma invetriata”, molto resistente agli agenti atmosferici esterni. Dalla scultura tradizionale egli passò alla ceramica. La tecnica consentiva all’inizio soltanto l’uso di bianco e azzurro (la limitazione fu comunque funzionale a certo rigore rinascimentale).

Il nostro artista fu allievo di Donatello e amico di Brunelleschi. Ebbe per qualche tempo la collaborazione del nipote Andrea, che poi fece da solo con notevole fortuna commerciale. Piero de’ Medici, padre di Lorenzo il Magnifico, fu il suo mecenate, commissionandogli parecchie opere. Luca, a differenza di Donatello, predilige il classicismo puro, cristallizzato nella sua lezione intellettuale.

Tuttavia gli esiti, pur improntati di formalismo e concettualmente decorativi (come offerta alla spiritualità), sono spesso molto accattivanti. La “Madonna delle Cappuccine”, qui riprodotta, è custodita nel Museo Nazionale del Bargello di Firenze.

E’ una delle ultime (1475-1480), ma non ha perso la freschezza originaria delle Madonne di questo attento e scrupoloso artista fiorentino, un prodigio di tecnica.

Masaccio (Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai, 1401-1428), toscano, lavorò a Firenze e Pisa; morì a Roma senza aver compiuto ventisette anni. Vasari avanzò l’ipotesi che fosse stato avvelenato, gli storici pensano a cause naturali (anche il padre morì giovanissimo). Tommaso ebbe il soprannome di Masaccio pare per il suo vivere alla giornata. Si sa che si preoccupò solo di perfezionare la propria arte. 

Fu amico di Donatello e Brunelleschi, lavoro a fianco di Masolino da Panicale, più vecchio di lui di circa vent’anni, di cui forse fu anche allievo. Di Masolino, il nostro pittore prese il senso dello spazio e la bravura scenografica, ma portò sia l’uno che l’altra a un maggiore livello grazie al respiro che gli proveniva dal rigore prospettico. Masaccio si affidò alla grazia donatelliana, rivivendola personalmente e profondamente (si veda quanto in questo affresco, “Il pagamento del tributo”, nella Cappella Brancacci di S. Maria del Carmine a Firenze, un’opera di grande respiro e allo stesso tempo di essenziale composizione).

L’artista abbandona ogni tentazione tardo-gotica, rifugge da orpelli e decorazioni e va diritto verso la scena che sembra compiersi sul momento. La simbologia precedente cede il posto ai gesti e agli atteggiamenti espliciti, fissato nell’attimo del compimento, nell’istante significativo. Lo splendido cromatismo ha poi una funzione distintiva dei ruoli e dei caratteri dei personaggi. Il tutto è regolato da un perfetto equilibrio fra forma e contenuto, senza che la tentazione celebrativa e decorativa abbia il sopravvento.

Masaccio esegue un’operazione emblematica di alto contenuto morale con soli mezzi umani, avvalendosi di sensibilità e impegno intellettuale ed eliminando, senza tentennamenti, richiami totemici. Così l’atmosfera è come magica in modo naturale e i personaggi sono spiriti incarnati, Cristo (per ciò che significa nell’immaginario) giustamente su tutti.

Piero della Francesca (1415?-1492), di Sansepolcro, si chiamava in realtà Piero di Benedetto de’ Franceschi. La madre era conosciuta come la Francesca e così fu “ribattezzato” il nostro pittore, nato, a quanto pare, dopo la morte del padre. Piero fu anche matematico e cultore di geometria. In questa veste scrisse alcuni trattati, fra cui uno di scienza prospettica applicata alla pittura. 

La sua espressione pittorica è alquanto complessa. Vi confluiscono filosofia, teologia, razionalismo, simbologia ereditata dal Medioevo e cura estetica. Quest’ultima risponde a un’esigenza interiore, non ha scopi decorativi, non mira a edulcorazioni del messaggio spirituale. Piero è sicuramente fra i primi a chiarire lo scopo dell’Umanesimo, a evidenziarne il fine consistente in un dovere da parte dell’umanista di sostenere con ragione l’importanza della spiritualità.

Piero supera di slancio, e fissa il superamento con riflessioni appropriate, la mentalità devozionale, presentando scene – come questa “Sacra conversazione” conservata nella Pinacoteca di Brera di Milano – di straordinario rigore geometrico, tutto a favore di una solennità per così dire naturale, ovvero frutto di precise considerazioni sfociate in un inevitabile quanto esaltante risultato.

Il ricorso a fondali di rara esattezza matematica vuole essere la sottolineatura, umile ma decisa e responsabile, della capacità intellettuale dell’uomo, una capacità degna dello sguardo divino su di sé. Le figure sono ieratiche, ma non rigide e sono intente a manifestare l’epifania della consapevolezza intellettuale applicata al rito religioso.

Il potere temporale si genuflette di fronte a quello eterno, mettendo le armi ai suoi piedi, ma senza perdere dignità. Il guerriero ha coscienza della propria missione, le armi sono una metafora dietro la quale si cela una disponibilità piena verso il sacro della cui difesa, materiale e soprattutto morale, si sente onorato. Così come si sente onorata la razionalità di porsi al servizio dello spirito, dell’intelletto superiore.

Piero fu al servizio di numerose città (fra cui Urbino, Ferrara, Bologna, Rimini, Perugia, Roma) contribuendo grandemente all’affermazione della cultura umanistica.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019