Sito della Biblioteca Malatestiana

LA BIBLIOTECA MALATESTIANA
L'AULA DEL NUTI
UN TEMPIO LAICO IN MINIATURA

Sito del Comune di Cesena


ARCHITETTURA (I, II, III)


 

Si sa con sicurezza quando l'Aula del Nuti fu terminata perché lo dice l'epigrafe muraria collocata sul lato destro del portale della biblioteca stessa: MCCCCLII / MATHEVS NVTIVS / FANE(N)SI EX VRBE CREAT(VS) / DEDALUS ALTER OPVS / TANTU(M) DEDUX(IT) AD V(N)GVE(M) ("1452. Matteo Nuti, nato a Fano, secondo Dedalo, condusse a compimento una tale opera").

Ed è accertato che fu definitivamente completata solo il 15 Agosto del 1454 (giorno solenne e festoso per la città), quando fu collocato il portale in noce, con intagli di gusto gotico, opera di Cristoforo da S. Giovanni in Persiceto, le cui due ante sono suddivise in quarantotto piccoli riquadri riportanti alternativamente gli stemmi malatestiani.

La struttura ad impianto basilicale con copertura a volta, su colonne, riecheggia in maniera evidente quella della biblioteca del convento domenicano di S. Marco a Firenze, voluta da Cosimo de' Medici e realizzata da Michelozzo tra 1437 e 1444. Michelozzo innovò l'architettura estremamente semplice, riservata fino ad allora alle biblioteche medievali, segnando in seguito la storia degli edifici bibliotecari italiani (Perugia, Monteoliveto Maggiore, Nologna, Ferrara, Parma, Piacenza, Milano)

Egli, rispetto alla sala rettangolare a navata unica, con gli armadi alle pareti o due file di banchi per la conservazione dei codici, edificò un ambiente di forma basilicale a tre navate, separate da due file di colonne, e sovrastate rispettivamente quelle laterali da volte a crociera, quella centrale da una volta a botte; all'interno di questo ambiente l'arredamento fu costituito da due file di banchi di legno di pino poste nelle navate laterali. Il risultato ottenuto da Michelozzo fu un ambiente molto più elegante e presumibilmente anche più accogliente rispetto agli esempi delle biblioteche precedenti.

Anche la Malatestiana esprime questa armonia:

  • con le tre navate, divise da venti snelle colonne di marmo bianco, disposte su due file con archi a tutto sesto, sormontate da eleganti capitelli, ornati con gli emblemi araldici dei Malatesti (bande a scacchi, tre teste, steccato, rosa selvatica);
  • con i 58 plutei (29 per parte) di legno rosso proveniente in gran parte dalla pineta di Ravenna, anch'essi riportanti, sui fianchi, gli stemmi araldici dei Malatesti;
  • con la luce penetrante dal rosone posto nella parete di fondo;
  • con le 4 finestrelle archiacute di tipo veneziano nei due lati lunghi dell'aula, da cui si diffonde una luce soffusa e riposante (mai nessuna luce artificiale è stata accesa in questo Studium);
  • col suo intonaco dalla tinta verdognola (adatto alla lettura) riportante i nomi (graffiti) dei visitatori quattrocenteschi (tra cui perfino quelli di Malatesta Novello e della moglie Violante);
  • col pavimento in cotto rosso-bruno, arricchito ad ogni campata nella navata centrale, nonché nelle pareti interne, sopra l'architrave della porta d'ingresso, dall'iscrizione: "MAL(ATESTA) NOV(ELLUS) / PAN(DULPHI) FIL(IUS) / MAL(ATESTAE) NE(POS) / DEDIT" ("Malatesta Novello figlio di Pandolfo, nipote di Malatesta, diede"), che è la stessa, con la variante finale HOC DEDIT OPUS, che si trova nelle cortine laterizie esterne all'edificio.

In particolare, più alta e stretta è la navata centrale con volta a botte; più larghe e basse sono quelle ai fianchi, coperte a crociera. Nel progetto originario le campate avrebbero dovuto essere 12, ma le dimensioni della biblioteca vennero ridotte a causa dell'affondamento di una nave che trasportava un carico di codici acquistati nell'oriente bizantino.

Da notare che l'Aula fu costruita al primo piano, con una copertura a volte sotto l'alto tetto a capriate, per difenderla dai pericoli di alluvioni e incendi.

Di un allievo del Nuti (forse Agostino di Duccio, che fu a Rimini dal 1449 al 1457, impegnato a lavorare presso il Tempio Malatestiano) è il singolarissimo elefante del timpano, sulla cui groppa spicca il curioso motto: ELEPHAS INDUS CULICES NON TIMET ("L'elefante indiano non teme le zanzare"). L'elefante è uno dei più antichi emblemi araldici dei Malatesti. Probabilmente proveniva da qualche altro monumento cittadino, fatto costruire da Novello, poi demolito.

L'elefante indiano voleva dire, metaforicamente, la sapienza, antica di giorni, magnanima e dalla lunga memoria, che non teme gli avventurieri, le persone spavalde e moleste. Pare, in questo caso, che la scritta avesse valore di motteggio verso i nemici Da Polenta, signori di Ravenna, zona infestata allora dalle zanzare.

La perfezione del geometrismo nella struttura della Sala del Nuti, che sembra anch'essa debitrice alla cultura fiorentina e a Leon Battista Alberti, le conferisce un equilibrio singolare. Si pensa che alla sua ideazione e progettazione non fu estraneo lo stesso Alberti (presente a Rimini nel 1450), visto che il Nuti, pur attivo a Cesena dal 1448 al 1466, non ha prodotto, oltre a questa, innovazioni architettoniche significative.

E' vero che l'Alberti non risulta in maniera esplicita tra i progettisti, ma è anche vero ch'egli poneva una netta distinzione tra la fase "progettuale" (il disegno) e quella "costruttiva" di un'opera architettonica.

Alcuni esempi di "geometrismo": la porta misura m. 1,559 x m. 2,335, per cui larghezza e altezza stanno nel rapporto di 2:3; le colonne in marmo di sostegno alla volta centrale a botte e alle volte laterali a crociera sono alte nove volte il diametro del fusto misurato alla base; le semicolonne in mattoni, che sostengono le volte delle due navate laterali sporgono dal muro esattamente per metà del loro diametro ed hanno un'altezza che risulta grande otto volte il diametro del fusto misurato sempre alla base; le colonne centrali, compresa la base e il capitello, sono in rapporto di 12:1 rispetto al diametro del fusto misurato alla sommità; le semicolonne laterali, sempre comprensive di base e capitello, stanno invece nel rapporto di 10:1 rispetto al diametro del fusto preso alla base.

L'architetto Giordano Conti, attuale sindaco della città, ha studiato molto dettagliatamente la struttura dell'edificio, mostrando innumerevoli rapporti geometrici e proporzionali che risentono troppo fortemente dell'influenza albertiana perché non si debba pensare a una diretta partecipazione del grande architetto rinascimentale alla progettazione stessa dell'edificio. Si è persino avanzata la tesi che la volta a botte centrale della biblioteca di s. Marco a Firenze, costruita nel 1457, dopo un terremoto, sia stata una conquista successiva alla Malatestiana.

Questa tradizione rinascimentale si estinse con Michelangelo che, con la Laurenziana, tornò praticamente alla grande aula rettangolare in un'unica navata.


Si ringrazia per la collaborazione la vicedirettrice della Biblioteca Malatestiana Paola Errani.
La musica è tratta da Intabulatura di Valentin Bakfark (1507-76), arrangiata da Harald Lillmeyer

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 02/11/2006