Sito della Biblioteca Malatestiana

LA BIBLIOTECA MALATESTIANA
L'AULA DEL NUTI
UN TEMPIO LAICO IN MINIATURA

Sito del Comune di Cesena


MANOSCRITTI (I, II, III)

S. Agostino, La città di Dio, La nave del filosofo stoico
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La conversione di Novello Malatesta, da condottiero a umanista, cui non poco contribuì la moglie Violante, figlia di Guidantonio da Montefeltro, risale agli anni ’40 del XV secolo, perché è a partire da questa data che iniziano i rapporti con le maggiori corti italiane per lo scambio dei manoscritti necessari alla biblioteca, secondo un costume tipico dell'epoca umanistico-rinascimentale.

Augusto Campana ha scritto che per la "notevole cura esteriore dei libri", Malatesta Novello sembrava più un bibliofilo che uno studioso, ma per la "curata scelta dei testi", occorreva dire il contrario.

Nell'arco di un ventennio di avvicendarono presso la sua corte almeno una ventina di amanuensi, italiani e stranieri, che trascrissero non meno di 126 codici, tutti conservati nella biblioteca. Molti di questi codici venivano direttamente da Costantinopoli.

Un lavoro enorme, di grande perizia tecnica, molto costoso, destinato di lì a poco a essere rivoluzionato da due fattori di progresso d'importanza storica: la sostituzione del latino col volgare e del manoscritto con la stampa a caratteri mobili.

Per la ricopiatura di ogni singolo codice occorrevano molti mesi. Amanuensi e miniatori, che lavoravano presso lo Scriptorium del principe, erano autentici artisti, affiancati da altri artigiani, per la copertura, le borchie, le pergamene ecc.

A seconda della loro provenienza, gli amanuensi utilizzavano o la cosiddetta "lettera antiqua" o quella "moderna" o "gotica". Il miniatore generalmente decorava il frontespizio e alcuni capilettera, con colori naturali.

Due amanuensi si distinsero in modo particolare: Jacopo da Pergola, cui vennero affidate opere impegnative come La città di Dio, di Agostino, la Storia naturale di Plinio e le Vite di Plutarco. L'altro fu il francese ser Giovanni da Epinal, che ricopiò il Commento al vangelo di s. Giovanni, di s. Agostino, stupendamente miniato da Taddeo Crivelli.

Tra il fondo prettamente malatestiano (che supera i 120 codici) si distinguono, perché finemente miniati, le Vite di Plutarco, Epistole e sermoni di s. Girolamo, il Commento al Vangelo di Giovanni e La città di Dio, di s. Agostino, De consolatione philosophiae di Severino Boezio. Gli argomenti vanno dai classici greci ai latini, con predominanza degli storici.

Il fondo conventuale-francescano, anteriore a quello di Novello, comprendeva circa 50 testi, tutti con argomenti di carattere religioso. Ad esso appartiene il manoscritto più antico presente in Malatestiana, le Etimologiae di s. Isidoro (IX sec.).

Il primo catalogo a stampa della biblioteca risale al 1780-84, sotto l'egida del papa cesenate Pio VI. Il secondo uscì circa un secolo dopo.

I 343 codici, scritti prevalentemente in latino (ma ve ne sono anche quattordici in greco e sette in ebraico), perfettamente conservati, sono tuttora incatenati ai plutei lignei con catenelle di ferro battuto, come da tradizione quattrocentesca. Questa consuetudine si verificava probabilmente al fine di evitare il furto e la perdita di libri così preziosi.

Le catenelle servivano anche per mantenere invariata la posizione logistica dei manoscritti, sancita da un codice alfanumerico (p.es. il Liber de Marescalciae di Lorenzo Rusio ha il n. S.XXVI.2, che significa: fila XXVI a sinistra, secondo posto).

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I banchi o plutei avevano la duplice funzione di leggìo, dovuta al piano reclinato, e di deposito dei libri nel piano sottostante, ove i codici, generalmente cinque per pluteo, si trovavano in posizione orizzontale e suddivisi per materia.

Ben pochi volumi della Malatestiana sono scomparsi in più di cinque secoli della sua storia. Oltre ai due requisiti dal generale napoleonico Berthier, vanno aggiunti due codici, la cui perdita nel 1496 comportò la destituzione del custode, nonché un'Astrologia di Giulio Firmico, confiscata dal Sant'Uffizio nel periodo controriformistico.


Si ringrazia per la collaborazione la vicedirettrice della Biblioteca Malatestiana Paola Errani.
La musica è tratta da Intabulatura di Valentin Bakfark (1507-76), arrangiata da Harald Lillmeyer

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 02/11/2006