STORIA ROMANA |
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I SEVERI E LA MILITARIZZAZIONE DELL'IMPERO1) La fine dell'Età aurea - L'età d'oro
Ma il merito di una tale situazione non sta tanto nell'abilità a livello amministrativo della classe dirigente, quanto piuttosto in una congiuntura storica particolarmente favorevole. I confini dell'Impero infatti non sono seriamente minacciati da nessuna popolazione barbarica, né il sistema di produzione schiavista mostra ancora evidenti segni di crisi e di stanchezza. Certo si possono intravedere i primi sintomi della futura crisi già sotto il principato di Antonino il Pio (138-161), quando alcune popolazioni barbariche tentano - per la prima volta - di forzare le frontiere dell'Impero. Stessa sorte toccherà poi al principato di Marco Aurelio (161-180), e inoltre con esiti molto più gravi (si ricordi l'invasione marcomanna di Aquileia e del Veneto). Sotto Commodo (180-192) infine, se anche si verificheranno dei tentativi di invasione delle zone britanniche da parte di popolazioni barbariche, possiamo dire che la prima ondata di migrazioni si sia oramai placata. - Le coordinate della crisi dell'Impero E' difficile riassumere attraverso concetti astratti il complesso meccanismo che si trova alla base della crisi imperiale, il cui inizio si colloca peraltro sul finire dell'età aurea. Non vi è dubbio però che siano le accresciute esigenze a livello difensivo il fattore principale (o quantomeno quello più evidente) determinante gli squilibri sociali e politici dell'Impero. Vediamo, molto schematicamente, quali siano i punti salienti di un tale processo: A - Uno dei fattori principali, forse quello preponderante, sono le accresciute esigenze a livello militare, quindi le aumentate spese dello Stato per gli eserciti e, inevitabilmente, la maggiore pressione fiscale esercitata sui cittadini. E' ovvio come tali esigenze provochino un impoverimento diffuso tra tutti gli strati della popolazione (a eccezione, possiamo dire, delle frange impiegate negli eserciti, sempre più numerose ma anche - per la propria utilità - sempre più capaci di condizionare le scelte politiche). D'altra parte la minor sicurezza interna, dovuta anche a episodi di pirateria e banditismo (prodotto in buona parte di una tale situazione di impoverimento e di diffuso disagio sociale), rende più difficoltosa la mobilità interna delle merci e con essa le stesse attività commerciali. Il che poi si traduce in un indebolimento di quei ceti medi (burocratici, commerciali, ecc.) che costituiscono la 'spina dorsale' dell'Impero romano. [Infatti, come si è già detto, il vero scopo di quell'enorme macchina burocratica e organizzativa che è l'Impero sta nel favorire i traffici e, con essi, il benessere di buona parte dei suoi sudditi; esso trova dunque nei ceti medi - impiegati tanto in mansioni istituzionali e gestionali, quanto in mansioni finanziarie e commerciali - il suo principale alleato. E' altresì chiaro, come il declino delle classi medie sia complementare a quello dello Stato imperiale.] B - Ma crisi delle classi medie significa anche crisi della piccola proprietà terriera. Quest'ultima infatti cede sempre di più il passo ai grandi proprietari, i quali finiranno col tempo per assorbire quasi totalmente al loro interno quelli più piccoli. Questi ultimi - in gran parte veterani dell'esercito cui lo Stato ha concesso piccoli appezzamenti di terra, coi quali essi hanno inaugurato una piccola attività in proprio - risentono particolarmente sia dell'accresciuta pressione fiscale, sia della maggiore insicurezza interna e sono perciò costretti molto spesso a confluire nei latifondi, dal momento che questi che offrono loro maggiori garanzie: sono i futuri coloni della terra che - quantomeno nei prossimi secoli - finiranno per sostituirsi all'antica classe degli schiavi. C - Alla crisi della borghesia mercantile e cittadina si accompagna dunque la crisi dei ceti medi rurali, e di conseguenza anche un notevole arricchimento (assieme a una crescita di peso sul piano politico) della classe nobiliare, ovvero dei grandi proprietari terrieri. Ora più che mai, lo Stato e la nobiltà si fronteggiano come nemici: l'uno alleato e difensore sul piano politico e ideologico di quei ceti medio-borghesi (dei quali è anche, tuttavia, una delle principali cause d'impoverimento, pur costituendo essi per l'Impero una indispensabile condizione di sopravvivenza!) che l'altra tende invece ad assorbire al proprio interno. Una lotta che si risolverà sui tempi lunghi (come tutti sanno) in favore dei grandi possidenti, e che non ha più - come aveva invece avuto nei primi decenni dell'Impero - motivazioni di carattere principalmente ideologico, bensì economiche. Anche il fatto che, con l'aumentare delle necessità e delle spese statali, la pratica delle confische ai danni dei nobili - già utilizzata negli anni precedenti da molti imperatori per 'fare cassa' - tenda a inasprirsi, finisce per alimentare la conflittualità tra il governo e i ceti più ricchi della società (rompendo così l'idillio, creatosi nel secolo precedente, tra lo Stato imperiale e il Senato: tra i valori universalistici e monarchici e quelli della libertas senatoria). E non sono solo le esigenze di carattere militare a gonfiare i conti dello Stato, ma in generale l'esasperato sviluppo di tutti i suoi apparati (ad esempio di quelli con funzioni di intervento economico o 'propagandistico', come i 'collegia', un tipo di istituzioni di cui si parlerà più avanti). - Conclusioni Questi, e i prossimi anni, saranno dunque caratterizzati da:
2) Il principato di Settimio Severo (193-211)3) Caracalla (211-217) e la cittadinanza universale4) Il breve regno di Elagabalo (217-222)5) Alessandro Severo (222-235) e la ripresa della politica senatoriaAdriano Torricelli |
- Stampa pagina Aggiornamento: 11/09/2014 |