LE MONARCHIE NAZIONALI


L'ITALIA DAL 1500 al 1700

I - II - III

In alcune città italiane i rapporti mercantili capitalistici s'erano formati già nei secoli XIV e XV, ma a causa del frazionamento politico e della controriforma inizia una decadenza che durerà sino all'unificazione nazionale.

Agli inizi del 1500 Milano era governata dai duchi della famiglia Sforza, Venezia dall'oligarchia commerciale, Firenze dai Medici, nell'Italia centrale vi era lo Stato della Chiesa e a sud il regno di Napoli, governato dalla dinastia spagnola degli Aragona. Non esisteva un unico mercato nazionale come in Inghilterra e in Francia. Le città, pur essendo molto ricche, basavano la loro attività sul commercio coll'estero e questo le rendeva inevitabilmente rivali. Di qui l'inizio della decadenza economica, dopo la grande fioritura dei Comuni e delle Signorie.

Complessivamente le ragioni della decadenza sono queste:

  1. assenza di un unico mercato interno;
  2. presenza di barriere doganali, dazi elevati e protezionismo fra gli stati italiani (il che comporta l'aumento del prezzo delle merci);
  3. all'interno di ogni stato italiano solo la città principale poteva estendere la propria industria;
  4. quando Inghilterra, Francia e altri paesi nord-europei sviluppano una loro manifattura, i prodotti (soprattutto tessili) delle città industriali italiane (Firenze, Milano, Venezia, Padova...) non sono più concorrenziali. Altre industrie entrano in crisi: cantieristica, cotone, armi, ecc. Solo i prodotti di lusso continuano ad essere richiesti (seta, oreficeria, vetro veneziano, oggetti d'arte) ma il consumo riguarda una stretta minoranza;
  5. dopo la conquista turca di Costantinopoli nel 1453, i mercanti italiani, per riavere i diritti commerciali, devono pagare forti tasse, per cui i rapporti coll'Oriente finiscono (l'unica via era quella che passava per l'Egitto, ma qui i sultani arabi hanno il monopolio del commercio);
  6. con la scoperta dell'America (1492) il Mediterraneo perde molta della sua importanza, a tutto vantaggio delle coste atlantiche.

A causa della decadenza economica, accelerata dalla divisione politica, mercanti e imprenditori cominciano ad abbandonare l'attività commerciale e industriale, cercando altri settori nei quali investire con profitto i propri capitali. Di qui lo sviluppo delle operazioni puramente finanziarie e usuraie (prestiti concessi ad alti interessi); di qui l'acquisto di terre e di titoli nobiliari da parte della borghesia cittadina. In pratica, mercanti, banchieri e imprenditori si trasformano in proprietari terrieri che concedono ai contadini piccoli appezzamenti di terra in affitto e a condizioni semifeudali. La rendita feudale diventa la fonte principale dei loro redditi.

Nell'Italia centrosettentrionale, man mano che si chiudono le industrie (opifici), una gran quantità di operai è costretta a lasciare le città e a ritornare nelle campagne. Di qui il grande sviluppo dell'orticoltura. Il tipo fondamentale di affitto diventa la mezzadria: cioè in base a un contratto il mezzadro deve assumersi tutte le spese dell'azienda, apportare i miglioramenti necessari e introdurre nuove colture. In tutto questo il proprietario poteva sempre interferire. Egli però s'impegnava a fornire sementi, bestiame, strumenti agricoli o il denaro per comprarli. Il mezzadro doveva dare metà raccolto al proprietario e pagare le imposte allo Stato. Purtroppo, i mezzadri, dovendo sopportare il peso delle guerre di conquista franco-spagnole e vessati da interessi usurai, facilmente diventavano, pur essendo formalmente liberi, schiavi del loro padrone, per cui la fuga era punita col carcere. E così, oltre alla metà del raccolto, il padrone, col tempo, pretenderà altre corvées. In una situazione ancora peggiore si trovavano gli operai salariati agricoli, completamente privi di qualsiasi proprietà.

Il frazionamento politico rendeva ovviamente l'Italia facile preda degli Stati vicini, Francia e Spagna, che avevano già ultimato la loro unificazione nazionale alla fine del 1400 mediante forti monarchie centralizzate. Il primo a scendere in Italia fu Carlo VIII, chiamato da Ludovico il Moro di Milano per combattere Ferdinando I, re spagnolo a Napoli. Carlo VIII s'insediò nel napoletano, ma Milano, Venezia, il Papato, il re di Spagna e l'imperatore d'Austria riuscirono a cacciare i francesi.

La guerra contro i francesi continuò sino alla pace di Cateau-Cambresis (1559) che sancì definitivamente l'egemonia spagnola in Italia e in Europa. La Francia dovette rinunciare a ogni pretesa sull'Italia.

Durante queste guerre l'Italia cattolica si vide impegnata anche nella Controriforma con il Concilio di Trento (1545-1563). Viene ripristinato il Tribunale dell'Inquisizione e l'Indice dei libri proibiti.

Contro gli avidi feudatari francesi e spagnoli, contro le bande di mercenari che coi loro saccheggi devastavano il paese, insorsero al centro-nord masse popolari con idee eretiche e riformatrici (valdesi, anabattisti, ecc.). Tuttavia la Spagna trionfò su tutti, continuando a tenere in condizione di vassallaggio gran parte dei territori italiani.

Con Machiavelli e Guicciardini si comincia ad avanzare l'idea dell'unificazione del paese: un'idea che secondo i loro piani avrebbe dovuto realizzarsi ad ogni costo e con qualsiasi mezzo e soprattutto per opera di un principe risoluto e senza scrupoli. Il modello di Machiavelli era il figlio del papa Alessandro VI, Cesare Borgia, duca di Romagna, famoso per i suoi delitti.

La Spagna non faceva altro che perseguire una politica di rafforzamento dell'ordine feudale esistente nell'Italia meridionale e in Sicilia. Ciò ebbe come conseguenza un progressivo impoverimento delle masse contadine.

Lo Stato della Chiesa non era interessato all'unificazione nazionale. Sul piano economico aveva un sistema analogo a quello spagnolo. Inoltre era impegnato nella lotta contro la Riforma protestante, di cui temeva il diffondersi negli stati italiani.

Nel corso del '500 si sviluppano notevolmente le arti (Raffaello, Michelangelo, Ariosto, Leonardo da Vinci, ecc.).

* * *

Il Seicento italiano fu caratterizzato dal predominio della monarchia spagnola, che diventò sicuro dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559), con cui si pose termine alle guerre italiane tra Borboni di Francia e Asburgo di Austria e Spagna: quest'ultimi occupano il ducato di Milano e tutta l'Italia meridionale e insulare.

Tale situazione resterà invariata fino alla pace di Utrecht tra Francia e Spagna (1713), che concluderà la guerra di “successione spagnola” (1700-1713), causata dal fatto che l'ultimo discendente Asburgo di Spagna, Carlo II, era morto senza lasciare figli maschi.

La Spagna conserverà l'indipendenza dalla Francia, ma sul suo trono salirà un Borbone francese e il suo predominio in Italia verrà surclassato da quello austriaco fino al 1748 (pace di Aquisgrana fra Borboni spagnoli e Asburgo austriaci).

La Sicilia in un primo momento passerà al duca di Savoia, in seguito agli Asburgo d'Austria, mentre la Sardegna ai Savoia. Dopo il 1748 i Borboni spagnoli (subentrati agli Asburgo spagnoli) torneranno nel Mezzogiorno (esclusa la Sardegna) e l'Austria resterà in Lombardia e Toscana.

Durante l'egemonia spagnola resteranno relativamente indipendenti: Repubblica Veneta (oppressa però nei suoi domini mediterranei dai Turchi), Stato Pontificio (che nulla aveva potuto nell'Europa settentrionale con la Controriforma) e Ducato di Savoia (condizionato però dagli Asburgo in Lombardia e dalla Francia a occidente).

Sul piano economico l'Italia ebbe un tracollo dal quale, fino all'unità nazionale, non riuscirà più a sollevarsi. Divisa in tanti staterelli fra loro concorrenziali, l'economia mercantile non riuscì a trovare lo spazio sufficiente per allargarsi e ingrandirsi (i dazi doganali e il protezionismo glielo impedivano). Influenzata inoltre dalla Controriforma cattolica e dalla politica conservatrice, aristocratica e di mera rapina degli Asburgo, l'Italia fu costretta ad abbandonare i mercati (nei quali si era distinta prima di ogni altra nazione europea) e a ritornare alla terra (rifeudalizzazione), la quale, anche se garantiva redditi minori, era una fonte d'entrata più sicura. Naturalmente non mancarono le rivolte contro il governo spagnolo (la più famosa fu quella di Napoli del 1647, capeggiata dal pescivendolo Masaniello) - ma nessuna ebbe esito positivo.

Verso la metà del 1700 al nord nobiltà e clero avevano circa i 2/3 di tutte le terre coltivabili, al sud addirittura i 9/10. Il livello dell'agricoltura era molto basso e la tecnica primitiva. Molti contadini fuggivano all'estero o si ribellavano, diventando anche eretici (Valdesi).

Il commercio era praticamente inesistente: i paesi nord-europei erano più forti e concorrenziali. Anche l'industria stagnava. I ceti privilegiati non pagavano tasse, vivevano di rendita, ricoprivano le cariche maggiori nell'esercito e nell'apparato statale...

E' nella seconda metà del '700 che l'Italia, grazie a un prolungato periodo di pace, può in parte riprendersi economicamente. Lo sviluppo dell'agricoltura assume un carattere più mercantile che feudale. La classe borghese s'interessa a migliorare la produzione agricola. Si sviluppa la manifattura tessile e metallurgica, dove venivano riuniti molti operai, nonché molti lavoratori a domicilio che eseguivano operazioni singole.

Sommosse tuttavia non mancarono in questo periodo. L'aumento dei prezzi infatti facilmente trasformava i contadini in braccianti, gli artigiani in operai salariati delle manifatture. Di fronte a queste sommosse i governi assolutistici italiani cercano di alleggerire la pressione sulle masse intaccando alcuni privilegi delle classi nobiliari e del clero, ma la maggioranza delle riforme dell'assolutismo illuminato fallisce, a causa delle resistente delle classi privilegiate.

Ciò indusse gli ideologi illuministi della giovane borghesia italiana a chiedere l'abolizione dei privilegi dei nobili e del clero, nonché l'applicazione di leggi egualitarie. Si formano delle Società culturali borghesi (ad es. quella dei Pugni ove il Beccaria scrisse Dei delitti e delle pene) che chiedevano la fine della divisione politica degli stati italiani, l'abbattimento delle barriere doganali, dei dazi protettivi, l'adozione di una legislazione unificata, ecc. Queste Società riponevano grandi speranze nei monarchi, esortandoli a unirsi e a togliere le terre ai nobili e al clero per darle ai contadini.

A queste idee presto si aggiunsero quelle provenienti dalla Francia rivoluzionaria, ma gli illuministi italiani, molto più di quelli francesi, continuavano ad attendere le riforme dall'alto. Ciononostante la Rivoluzione francese trovò in Italia molti seguaci. Nel nord i francesi insieme agli italiani illuministi costituirono la Repubblica Cisalpina (ex-possessi austriaci, ex ducato di Modena, Legazioni pontificie), a Genova la Repubblica Ligure, a Roma quella Romana, a Napoli quella Partenopea.

Tuttavia, l'aspirazione degli illuministi italiani alla costituzione di una Repubblica unificata non trovò l'appoggio di Napoleone, che preferiva dominare un'Italia divisa. Questo fu uno dei motivi per cui gli italiani si allontanarono dalla Francia. Altri motivi furono: il carattere predatorio della politica francese, la divisione dei territori della Repubblica Veneta fra Austria e Francia, il sequestro francese di moltissime opere d'arte italiane, la mancata concessione ai contadini delle terre confiscate al clero (terre che finirono solo alla borghesia).

Milano nel 700 - Cesare Borgia


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 02/10/2014