MARX e ENGELS: Iter biografico e intellettuale 1

MARX-ENGELS
per un socialismo democratico


MARX-ENGELS

Iter biografico e intellettuale

(I - II - III)

Karl Marx nacque nel 1818 a Treviri, in Renania, la regione tedesca, assai sviluppata economicamente, che forse più di ogni altra aveva risentito dell'influsso delle idee progressiste della Rivoluzione francese. Il padre di Marx, di idee nettamente illuministiche, era un avvocato di origine ebraica ed era dovuto passare al protestantesimo nel 1816 per non rinunciare alla professione, in quanto la legge prussiana vietava agli ebrei di esercitare certi uffici.

Terminato il liceo nel 1835, Marx si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Bonn e un anno dopo si reca a Berlino, la cui università era certamente più quotata. Oltre ad occuparsi di diritto, studia storia e filosofia, ma i suoi interessi principali vertono verso la letteratura: scrive poesie liriche alla fidanzata (due delle quali vengono pubblicate nella rivista "Atheäum"), una tragedia in versi, alcuni capitoli di un romanzo satirico, epigrammi, sonetti..., lasciandosi chiaramente influenzare dalla corrente dello Sturm und Drang.

Sul finire degli anni '30 Marx aderisce al Doktorclub di Berlino, formatosi attorno alla figura di B. Bauer (vi erano anche, fra altri, Stirner ed Hess). Organo letterario erano gli "Annali di Halle", fondati da Ruge ed Echtermeyer nel '38. Interesse prevalente del club era la filosofia hegeliana, specie nei suoi risvolti religiosi. La nuova filosofia che veniva emergendo era quella dell'"autocoscienza" che -a giudizio degli hegeliani di sinistra- doveva portare gli eredi dell'hegelismo ad assumere un coerente ateismo.

Nel '37 Marx scrive il grande dialogo Cleante o del cominciamento e dello sviluppo necessario della filosofia, che non ci è pervenuto. In esso Marx aveva cercato di liberarsi dall'idealismo hegeliano, facendo riferimento alle scienze della natura, a Schelling, alla storia, ma il tentativo -così scrisse al padre- era fallito.

Nel '41, coronando i suoi interessi prevalentemente filosofici, si laurea con una tesi sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro. Avendo già assunto posizioni ateistiche, Marx preferì inviare la tesi all'università di Jena, temendo che quella di Berlino non l'avrebbe valutata obiettivamente. Nella tesi, egli riconosce l'importanza di Hegel, ma se ne distacca nell'interpretazione della filosofia post-aristotelica. Hegel, che apprezzava più Democrito che Epicuro, viene indirettamente contestato da Marx, che rileva in Democrito il tentativo di aver prima ridotto la realtà a immaginazione soggettiva, accettando poi la necessità come legge universale; mentre Epicuro, partendo dalla conoscenza sensibile, avrebbe invece ammesso, di fronte all'assoluto determinismo, il caso e la libertà. Oltre a ciò Marx respinge il tentativo di Plutarco di far comparire la filosofia davanti al tribunale della religione e, accolta la posizione scettica di Hume, afferma -per bocca di Prometeo- il proprio irriducibile ateismo.

In questa tesi l'influenza di Bauer è notevole. La concezione dell'"autocoscienza" (ovvero della libertà umana in divenire) non ha più solo un valore contemplativo -come nell'idealismo-, ma attivo. Marx nella tesi di laurea avverte la necessità di concretizzare operativamente la filosofia, cioè di farla diventare uno strumento efficace per modificare la realtà. La filosofia ufficiale, hegeliana, gli appare, in tal senso, troppo conservatrice.

Una volta "dottore", Marx mira a entrare come docente all'università di Bonn, ove insegnava Bauer, che qui era stato trasferito, da Berlino, sotto la pressione della Destra hegeliana. Quando Bauer viene licenziato anche dalla facoltà di teologia di Bonn, Marx rinuncia alla carriera universitaria e decide di darsi alla pubblicistica, tornando in Renania. Qui, a Colonia, la borghesia, esasperata dal voltafaccia di Federico Guglielmo IV, si era alleata con la Sinistra hegeliana dando vita alla "Gazzetta renana", il primo periodico moderno della Germania, nato nel '42 (sarà soppresso dal governo dopo 15 mesi).

Il primo articolo di Marx si riferisce alla discussione della Dieta renana sulla libertà di stampa. Il governo prussiano infatti aveva emanato delle istruzioni per la censura. Marx reagì affermando che la libertà di stampa era una forma necessaria della libertà di coscienza, a condizione naturalmente che non si trasformasse in un'attività lucrativa. Egli rilevò anche il carattere aristocratico della Dieta renana (composta per 1/3 dai rappresentanti della nobiltà), nonché il suo carattere antipopolare, in quanto dotata di soli poteri consultivi in materia di leggi statali. La reazione della censura non si fece attendere: il secondo articolo di Marx riguardante il conflitto tra governo prussiano e chiesa cattolica non poté essere pubblicato.

Nel terzo articolo egli analizza il dibattito a proposito della legge contro i furti di legna. Smascherando le vessazioni e i soprusi dei proprietari terrieri, Marx difendeva la massa contadina da essi sfruttata. Nel quarto articolo egli delinea il quadro della rovina dei viticoltori nella zona della Mosella, denunciando la falsità della burocrazia prussiana. A causa di questi e altri articoli non suoi, fu costretto a rispondere (essendo diventato il direttore del giornale) agli attacchi della Gazzetta generale di Augusta, che accusava la "Gazzetta renana" di propagandare idee comuniste (in particolare il giornalista "incriminato" era M. Hess).

Occupandosi di questioni economiche (furti di legna, parcellizzazione fondiaria e libertà di commercio), Marx era giunto alla conclusione che il governo prussiano non difendeva mai gli interessi del popolo, ma sempre quelli dei ceti privilegiati della nobiltà e del clero. In questo senso il diritto e le leggi non potevano più essere considerati -a suo giudizio- fuori del contesto dei rapporti sociali, in quanto nella società l'interesse privato viene ritenuto come fine ultimo e il diritto, per essere conforme allo scopo, deve realizzare necessariamente questo interesse. L'approdo di Marx al socialismo fu appunto una conseguenza di questo lavoro giornalistico.

Sul piano filosofico egli aveva anche capito che l'umanesimo di Feuerbach e l'emancipazione dell'uomo imponevano di combattere sul terreno concreto delle contraddizioni socio-economiche, ritenute dai giovani hegeliani argomenti profani e indegni della filosofia. Essi infatti, riunitisi intorno ai fratelli Bauer per fondare nel '42 il gruppo dei cosiddetti "Liberi", spedivano alla "Gazzetta renana" astratte divagazioni sull'ateismo e sul comunismo utopistico che a Marx non piacevano affatto. La rottura definitiva con il circolo avvenne alla fine del '42 (alleato di Marx era Ruge).

Nel '43 il governo decide di sopprimere diversi periodici, fra cui gli "Annali tedeschi" di Ruge e la "Gazzetta renana" di Marx. Gli azionisti di quest'ultima pensarono di riuscire a salvare il giornale imprimendogli un orientamento più moderato: Marx si dimise e lasciò la redazione. Il suo proposito era diventato quello di emigrare all'estero e di pubblicare, con Ruge, una nuova rivista per la Germania, allo scopo di criticare non solo le idee della Sinistra hegeliana ma anche quelle utopistiche di Fourier, Proudhon, Cabet, Dézamy e Weitling, che cominciavano a diffondersi in Germania, offrendo del comunismo una visione astratta e dogmatica, come un sistema già compiuto.

Prima di recarsi a Parigi (il luogo scelto per l'edizione), Marx sposa Jenny von Westphalen, con cui vive a Kreuznach sino all'ottobre del '43, scrivendo fra l'altro Per la critica della filosofia del diritto di Hegel (edito solo nel 1927 in Urss). Esistono anche i Quaderni di Kreuznach, in cui sono contenuti molti appunti storici sulla rivoluzione francese e sulla teoria e storia dello Stato. Marx leggeva Rousseau, Montesquieu, Ranke, Ludwig..., in quanto ciò che lo interessava di più era il problema dello Stato, soprattutto nei suoi legami con le condizioni materiali di vita della società civile. A suo parere, l'umanesimo di Feuerbach era materialista solo quando doveva spiegare i fenomeni naturali, psicologici, ma restava idealista nella sua concezione della storia, dei rapporti sociali e della politica. Feuerbach insomma dava troppa importanza alla natura e non abbastanza alla politica, mentre solo alleandosi con la politica la filosofia poteva dimostrare la propria verità.

Nella Critica della filosofia hegeliana del diritto, Marx usa la critica che Feuerbach aveva mosso all'hegelismo di aver fatto del pensiero un soggetto e dell'oggetto un predicato, ed afferma che Hegel ha fatto dello Stato e del diritto gli strumenti della logica. Marx cioè sostiene: 1) che lo Stato (idealizzato, neutrale, interclassista) è un prodotto della società civile (egoistica, divisa in classi) e non il contrario, 2) che l'anatomia della società civile va cercata nell'economia politica, 3) che la proprietà privata determina l'essenza stessa dello Stato e del diritto, 4) che la classe che meglio rappresenta l'alienazione dello Stato (separato dalla società civile) è la burocrazia, 5) che la liberazione dell'uomo non dipende da una partecipazione politica all'attività dello Stato, ma da un rivolgimento sociale che porti all'autogoverno, dove la direzione stessa è espressione della comunità.

Marx era pervenuto alla distinzione tra "uomo" e "cittadino", che sarà fra non molto il tema dominante del suo scritto sulla questione ebraica. Detto altrimenti, il soggetto umano è diviso -secondo Marx- in "cittadino" per lo Stato e "uomo" per la società civile: allo Stato non interessa l'uomo reale, "ineguale", che soffre contraddizioni sociali antagonistiche nella società civile, ma interessa solo l'uomo formale, "uguale", giuridicamente e politicamente "libero", in grado di votare, ecc.

Prima di partire per Parigi, Marx invitò Feuerbach a collaborare alla nuova rivista, proponendogli di redigere una critica di Schelling, ma ne ricevette un rifiuto. Feuerbach non era interessato a un impegno di questo tipo.

In Francia, tra le file dei lavoratori erano già diffuse le idee del socialismo utopistico (specie quelle di Saint-Simon e Fourier). Per la prima volta il proletariato parigino si era affacciato alla ribalta storica con la rivoluzione del luglio 1830. Durante il suo soggiorno parigino, Marx entrò in contatto con i leaders della Lega dei Giusti e coi dirigenti della maggior parte delle società operaie segrete francesi, senza tuttavia aderire ad alcuna di esse. Conobbe i socialisti e comunisti francesi L. Blanc, É. Cabet, P. Leroux, P.-J. Proudhon, il grande poeta tedesco H. Heine, il politico russo M. Bakunin. Avendo in progetto un volume sull'economia, Marx prese a studiare i classici inglesi dell'economia politica, A. Smith e D. Ricardo. Si mise a studiare anche quegli storici borghesi come Thierry, Guizot, Mignet, che spiegavano tutta l'evoluzione della Francia e dell'Inghilterra moderne in termini di lotta di classe tra borghesia e nobiltà.

Finalmente riesce a portare a termine con Ruge la redazione del primo numero degli Annali franco-prussiani, pur non avendo ottenuto un solo contributo francese. I socialisti di Francia -scriverà più tardi Marx- consideravano più saggio attenersi al volterianesimo che all'ateismo tedesco del XIX sec. Il primo e unico numero dei nuovi Annali uscì nella primavera del '44. In seguito Ruge si staccò da Marx. I due lavori più importanti di Marx furono La questione ebraica e Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione.

Il primo saggio prendeva spunto da due opere di B. Bauer sulla capacità o possibilità degli ebrei di diventare politicamente liberi (1843). Come noto, nella Prussia dell'assolutismo cristiano-germanico, la religione fungeva da strumento di governo, per cui agli oppositori filosofici (soprattutto alla Sinistra hegeliana) la libertà politica appariva condizionata dall'emancipazione ateistica. Un grosso problema dell'epoca era appunto l'uguaglianza politica degli ebrei, privi di diritti civili a causa della loro religione. Bauer non accettava il fatto che gli ebrei, per essere liberi politicamente, chiedessero il privilegio d'essere riconosciuti dallo Stato in quanto "ebrei". A suo parere, infatti, per emanciparsi politicamente, gli ebrei avrebbero dovuto liberarsi della loro religione, ovvero smettere di essere "ebrei", mentre lo Stato, dal canto suo, doveva abbandonare ogni privilegio religioso, riducendo la religione ad affare privato.

Marx rispose a Bauer superando la tesi feuerbachiana secondo cui il fulcro dell'estraneazione umana sarebbe quella religiosa. Compito della filosofia progressista è diventato ora per Marx quello di trasformare la lotta contro la religione in una lotta contro le condizioni oggettive (socio-economiche) che la rendono possibile. Ciò in pratica significava che la questione del rapporto tra l'emancipazione politica e la religione doveva diventare la questione del rapporto tra l'emancipazione politica e quella umana. Infatti, se è vero che in molti Stati nord-americani -dice Marx- lo Stato è completamente separato dalla religione, è anche vero che in questi Stati la religione si presenta come un fenomeno molto attivo. Ciò quindi implica che un'emancipazione politica non porta di per sé al superamento della religione. E siccome la religione è l'esistenza di un "difetto", la fonte di tale difetto va cercata nello stesso Stato politicamente emancipato.

A giudizio di Marx non solo non serve l'emancipazione della religione per realizzare quella umana, ma non serve neppure quella politica. Lo dimostra il fatto che in molti Stati nordamericani si è creduto di abolire la proprietà privata, abolendo il censo per l'eleggibilità attiva e passiva. In sostanza lo Stato politico va superato non meno di quello religioso, come va superato il concetto di "cittadino" (formalmente "libero") nell'affermazione del concetto di "uomo" (che se nullatenente è "estraniato"). Marx -come si può vedere- criticava anche le Dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del cittadino proclamate alla fine del '700 in America e in Francia. La vera liberazione dunque, per Marx, non è quella ateistica (dell'autocoscienza) né quella politica (dello Stato), ma quella umana, sociale, che deve realizzarsi nell'ambito della società civile. Qui infatti la contraddizione è pratica, concreta, oggettiva, determinata essenzialmente dalla proprietà privata, il cui uso fa dell'uomo un essere egoistico, anche se in quanto cittadino può apparire "persona morale".

Nel secondo contributo, Marx ribadisce le tesi fondamentali della Questione ebraica, chiarendo che l'interesse per il problema religioso, ora che si è appurato, con Feuerbach, che "l'uomo è, per l'uomo, l'essere supremo", deve essere superato dall'interesse (e dalla critica) per l'economia, la politica, il diritto, rivoluzionando i rapporti sociali esistenti. Di questo compito però, in Germania, non può farsi carico la borghesia, ma solo una classe che per i suoi "dolori universali" possieda un carattere universale e non rivendichi alcun diritto particolare, cioè il proletariato. La filosofia (socialista o quella più progressista della Sinistra hegeliana) può trovare nel proletariato le sue armi "materiali" per potersi realizzare, mentre il proletariato può trovare in questa filosofia la sue armi "spirituali" per potersi sopprimere come classe attraverso la rivoluzione. In sostanza, se la Germania non è riuscita a fare nulla in senso "borghese", ora può fare molto in senso "socialista".

Durante il soggiorno parigino, fino all'inizio del '45, Marx si mise a studiare assiduamente i testi dei socialisti francesi, inglesi e tedeschi (quest'ultimi però si riducevano agli scritti di Weitling, Hess ed Engels), concentrando i suoi interessi sulle questioni dell'economia politica. Il frutto di questo lavoro è racchiuso nei tre Manoscritti economico-filosofici del 1844 (editi nel 1932).

In essi Marx scopre che l'estraneazione religiosa del credente (analizzata da Feuerbach), secondo cui quante più virtù si attribuiscono a Dio tante meno se ne conservano per sé, assomiglia molto di vicino all'alienazione "economica" dell'operaio, che quanto più produce tanto più avverte i suoi prodotti come oggetti estranei. La fonte di questa duplice estraneazione risiede, secondo Marx, nella stessa attività produttiva, ovvero nel sistema della proprietà privata, che divide il produttore dal prodotto del suo lavoro. Questa alienazione non procede da nessuna legge naturale, ma è una conseguenza storica determinata. Marx non contesta il valore del lavoro moderno (come autoprodursi dell'uomo), ma il fatto che -come Hegel- ci si voglia fermare a questo aspetto positivo, trascurando quello negativo dello sfruttamento.

Soluzione della contraddizione sociale antagonistica è il comunismo, ma non quello utopistico, per il quale infatti il possesso fisico immediato è l'unico scopo della vita. In tal senso il comunismo diventa un'astrazione come l'ateismo: questo si riduce a una mera negazione di Dio, quello a una mera negazione della proprietà privata. Il comunismo utopistico -dice Marx- prescinde dal talento degli individui e vuole annientare tutto ciò che non è suscettibile d'essere posseduto da tutti in proprietà privata. La prestazione dell'operaio salariato, anziché essere soppressa, viene estesa a tutti gli uomini, così come al matrimonio -come forma di proprietà privata esclusiva- viene contrapposta la comunanza delle donne. Questo comunismo non è altro che l'espressione dell'invidia dei poveri per la ricchezza dei ceti abbienti. L'uguaglianza sociale diventa una forma di livellamento. In realtà, la soppressione della proprietà privata -dice Marx- è solo il primo passo in direzione del comunismo, il quale esiste veramente solo quando l'uomo viene valorizzato in tutte le sue capacità creative, personali e collettive.

Nell'articolo Glosse marginali di critica all'articolo [di Ruge] "Il re di Prussia e la riforma sociale", pubblicato nel '44, nel Vorwärts (organo degli emigrati tedeschi a Parigi), Marx prosegue la critica antistatuale, affermando, contro Ruge, che non si può affidare allo Stato la soluzione della contraddizione sociale e che con un'attività politica che non metta in discussione l'esistenza dello Stato, non si potrà mai conseguire il rovesciamento dei rapporti di sfruttamento esistenti, che quello stesso Stato protegge in tutti i modi. La comunità reale, sociale, supera di gran lunga quella politica. Ruge infatti vedeva nelle agitazioni dei tessili della Slesia (1844) un cieco ammutinamento ideologicamente immotivato, Marx invece vi vedeva i primi passi del movimento operaio tedesco.

Se fino al '48 aveva avuto primaria importanza la formulazione delle basi filosofiche del materialismo storico-dialettico, negli anni '48-'49 si erano posti in primo piano le idee politiche, i problemi di tattica e di strategia. Se la rivoluzione era fallita, ciò era dipeso sia dal fatto che il rivoluzionarismo della democrazia borghese stava già morendo in Europa (rispetto ai due secoli precedenti), sia al fatto che il rivoluzionarismo del proletariato non era ancora giunto a maturazione. Quest'ultimo fatto si evidenziava soprattutto nella mancanza di un'efficiente organizzazione politica, consapevole e risoluta.

* * *

In Inghilterra Marx era al sicuro dalle minacce della reazione prussiana e dei suoi alleati europei. Lì però sarà costretto a conoscere tutte le miserie della vita da emigrato privo di qualunque mezzo di sussistenza. Nel dicembre del '50 gli muoiono infatti due figli. Engels, che intanto aveva ripreso a lavorare nella ditta paterna di Manchester, otteneva un modesto stipendio col quale non poteva aiutarlo granché.

Per ricostituire al più presto la Lega dei comunisti, Marx ed Engels scrissero nel '50 l'Indirizzo del C.C. della Lega dei comunisti, in cui si palesava l'esigenza che in una futura rivoluzione il partito operaio fosse più organizzato, più unanime e più indipendente, senza escludere la lotta in comune con la piccola-borghesia. Però aggiungevano che nei confronti della piccola-borghesia andava riaffermata la necessità di "distruggere" e non semplicemente "trasformare" la proprietà privata, ovvero che i contrasti di classe andavano "aboliti" e non "mitigati" e che l'attuale società non poteva essere "migliorata" ma "rifondata". Ora, la condizione irrinunciabile per la vittoria della futura rivoluzione era la fondazione di un partito operaio che disponesse di un'organizzazione clandestina e pubblica, nonché la trasformazione di ciascuna sua comunità in un centro di associazioni operaie per l'autogoverno locale, difeso da una specifica guardia operaia. Nel secondo Indirizzo del C.C. alla Lega (giugno '50) si informava che erano stati contattati i rivoluzionari francesi del partito di A. Blanqui, i cartisti di sinistra e il partito più avanzato dell'immigrazione ungherese.

A prezzo di enormi difficoltà, Marx riuscì ad organizzare ad Amburgo la stampa della Nuova rivista renana (di economia-politica). Nei 6 numeri che uscirono furono pubblicati i lavori di Marx ed Engels dedicati alle rivoluzioni del '48-'49 in Francia e in Germania. Marx attribuì la sconfitta del proletariato francese al suo isolamento, in quanto la borghesia aveva saputo convogliare tutte le classi contro di esso. Di qui la conclusione secondo cui la classe operaia francese non può distruggere la struttura politica esistente se contro il dominio del capitale non si muovono anche le masse contadine e la piccola-borghesia. Ne Le lotte di classe in Francia, Marx per la prima volta fa uso della formula "dittatura del proletariato", contro la dittatura economica della borghesia, che si esprime in una "formale" democrazia politica. In una lettera a Weydemeyer (1852), Marx afferma che la scoperta della lotta di classe spetta non a lui ma agli storiografi borghesi. Il suo contributo stava semplicemente: 1) nell'aver dimostrato che l'esistenza delle classi è legata a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione e non è eterna, 2) che la lotta di classe conduce necessariamente alla dittatura del proletariato, 3) che tale dittatura non è che il passaggio all'abolizione di tutte le classi e a una società senza classi.

Un altro importante libro di Marx fu Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, scritto subito dopo il colpo di stato del dicembre '85, e pubblicato negli USA. Qui Marx evidenzia l'essenza del bonapartismo, ovvero il fatto che la borghesia, pur di non perdere il proprio potere economico, è disposta anche a rinunciare alla propria democrazia parlamentare per affidarsi alla dittatura personale di un duce. In questo colpo di stato, Bonaparte riuscì a trovare nei contadini un efficace alleato. Marx esprime anche la necessità di "spezzare", "demolire" la macchina statale, evitando di trasferirla così com'è dalle mani borghesi a quelle proletarie.

Engels, nella Nuova rivista renana, pubblicò due importanti lavori: La campagna per la Costituzione in Germania, dove elabora una teoria dell'insurrezione armata, e La guerra dei contadini in Germania (del 1525), ove fa capire indirettamente che l'alleanza del proletariato coi contadini è fondamentale per la riuscita della rivoluzione.

Nell'ultimo numero della rivista (1850), Marx ed Engels erano arrivati alla conclusione che il capitalismo fosse entrato in una nuova fase di ripresa economica, per cui non si poteva parlare di imminenti rivoluzioni. Tuttavia, alcuni membri della Lega si dissociarono da queste conclusioni e cercarono di preparare avventuristici piani di insurrezione armata in Germania. La rottura fu inevitabile. Per salvare la Lega, la maggioranza trasferì il C.C. a Colonia. Marx ed Engels scrissero contro i frazionisti un pamphlet, I grandi uomini dell'emigrazione, che sarà però stampato per la prima volta in URSS nel 1930.

Nel maggio '51 Marx viene informato dell'arresto di molti comunisti del C.C. di Colonia. Nell'opuscolo Rivelazioni sul processo dei comunisti di Colonia, egli smascherò le pretestuose macchinazioni del governo prussiano, ma quell'arresto determinò la rottura dei legami col continente. La Lega nel '52 venne sciolta sia qui che in Inghilterra.

Il primo decennio vissuto da Marx a Londra coincise con un periodo di dura reazione in Europa. Il movimento rivoluzionario ed operaio era in declino. Senza l'aiuto di Engels, Marx probabilmente sarebbe perito sotto il peso della miseria. Nel '55 infatti un altro figlio gli muore. Per guadagnare qualcosa, egli collabora a varie riviste, soprattutto colla Tribune di New York.

Dalla primavera del '50 Marx aveva ripreso a lavorare sull'economia politica. Per i suoi studi si recava alla biblioteca del British Museum. Anche Engels, a Manchester, studiava moltissimo. Gli interessi scientifici erano vastissimi in entrambi. A ciò si potevano dedicare anche perché il partito proletario non aveva più una struttura organizzata vera e propria. Peraltro in Inghilterra, il monopolio industriale-coloniale permetteva ai capitalisti di realizzare tali profitti da poter corrompere i vertici del movimento operaio, i quali si limitavano a rivendicazioni meramente salariali.

Nei suoi articoli sulla Tribune (molti dei quali venivano solo firmati essendo in realtà opera di Engels, che così permetteva a Marx di scrivere Il capitale), Marx dimostrava che in Inghilterra neanche il veloce sviluppo dell'industrializzazione faceva diminuire la povertà dei lavoratori o la loro disoccupazione, e che comunque ad un breve periodo di espansione economica seguiva sempre, necessariamente, una crisi più o meno forte (ciò che poi si avverò nel '57, con la recessione scoppiata dapprima negli USA e poi in tutta Europa: fu la prima crisi economica mondiale). Marx aveva inoltre individuato l'essenza del regime statale inglese -dalla maggioranza dei cittadini considerato, a torto, "sovraclassista"- nel compromesso tra grande borghesia e aristocrazia terriera: di qui il lato falso e ipocrita della vita politica inglese. Egli smascherava anche le manipolazioni elettorali nelle campagne politiche della borghesia e dell'aristocrazia inglesi, che non volevano perdere l'assoluta maggioranza in parlamento. Il ruolo dell'opposizione parlamentare era paragonabile -secondo Marx- a quello della valvola di sfogo nella macchina a vapore. Il tradizionale sistema bipartitico inglese funzionava appunto in modo tale da non cambiare nulla nel corso politico di un qualunque governo, quale che fosse il partito al potere. Marx riponeva grandi fiducie nella lotta dei cartisti per la democratizzazione della vita politica e per la Carta del popolo, inoltre credeva nell'efficacia degli scioperi economici e politici.

Egli dedicò una serie di articoli anche allo sviluppo dell'economia francese, allora contrassegnata da speculazioni e manovre borsistiche. Aveva infatti notato un fenomeno nuovo: l'associazione del capitale finanziario (specie bancario) con quello industriale sulla base della necessità di allargare la produzione a livello mondiale; concentrando i capitali si potevano così formare vasti imperi industriali che avrebbero sicuramente mandato in rovina la piccola-borghesia, infoltendo le file del proletariato. Marx aveva praticamente individuato alcune caratteristiche di quello che a fine secolo sarebbe diventato il capitalismo monopolistico.

Marx scrisse articoli anche sulla Prussia, sull'Austria, sulla rivoluzione spagnola iniziata nel 1854 e poi fallita nel '56 a causa del tradimento della borghesia. Egli s'interessò anche alle sorti storiche dei paesi colonizzati (specie quelli della corona inglese) e alle lotte di liberazione nazionale di questi paesi. E scrisse che la barbarie della civiltà borghese è senza veli solo nelle colonie, non nella madrepatria (vedi gli art. su India, Cina, Irlanda, Birmania, Afghanistan, Iran, Turchia...). Sperava anche che la guerra di Crimea nel '53-'56 sollevasse le popolazioni slave contro lo zarismo. Il che però non avvenne anche perché Francia e Inghilterra facevano di tutto pur di non arrecare troppo danno alla Russia, affinché essa potesse continuare a svolgere in Europa il suo ruolo di gendarme.

Dall'agosto '57 al maggio '58 Marx mise per iscritto il frutto di 15 anni di ricerche economiche: Critica dell'economia politica, che rappresentava il primo abbozzo de Il capitale, e che venne pubblicato integralmente a Mosca nel 1939-41, col titolo di Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica (i cd. Grundrisse). In quest'opera vengono gettate le basi della teoria sul plusvalore. Di fondamentale importanza è la Prefazione. Marx, in maniera assai concisa, sintetizza la sua concezione della storia umana: 1) gli uomini, nascendo, ereditano modi e rapporti di produzione della generazione precedente, che corrispondono a un determinato grado di sviluppo, 2) questa struttura economica condiziona la sovrastruttura giuridica, politica e tutte le forme della coscienza sociale, 3) la rivoluzione da una società a un'altra accade quando scoppia la contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e l'inadeguatezza dei rapporti di produzione (di proprietà), 4) col mutarsi della base economica si sconvolge anche la sovrastruttura, nell'ambito della quale gli uomini possono acquisire la consapevolezza delle contraddizioni antagonistiche e proporre soluzioni per superarle, 5) le contraddizioni però non scoppiano quando la società ne ha consapevolezza, poiché la loro origine è di natura materiale, oggettiva, economica, 6) in ogni caso esse non scoppiano mai in maniera decisiva (tale da porre all'odg il problema della rivoluzione) fino a quando una formazione sociale non ha esaurito tutte le sue potenzialità produttive (l'umanità si propone solo quei problemi che è in grado di risolvere e i problemi sorgono solo quando esistono, in qualche modo, le condizioni materiali della loro soluzione), 7) le forze produttive che si sviluppano nella società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per risolvere le contraddizioni antagonistiche, 8) le contraddizioni antagonistiche della società borghese solo le ultime della preistoria della società umana.

Come noto, queste tesi vennero interpretate in senso meccanicistico durante la II Internazionale e sotto lo stalinismo.

Dopo l'edizione del primo fascicolo sul Tribune (intitolato Per la critica dell'economia politica), Marx si vide costretto a sospendere le sue ricerche economiche a causa dei grandi avvenimenti internazionali che caratterizzavano il '59. La crisi economica del '57, infatti, risvegliò i movimenti democratici e proletari. In particolare, si era riacceso il problema dell'unificazione italiana e della liberazione del Lombardo-Veneto dal giogo austriaco. Luigi Bonaparte intervenne come alleato del Piemonte contro l'Austria. A tale proposito Marx sosteneva che un'effettiva indipendenza e unità del popolo italiano poteva essere acquisita solo con una grande sollevazione popolare, guidata da Garibaldi, che rovesciasse tutte le monarchie italiane, togliesse ogni potere temporale al papa e desse la terra ai contadini, conducendo una guerra contro il dominio straniero.

Con quale passione Marx combattesse contro le infiltrazioni bonapartiste nelle file dell'emigrazione tedesche lo documenta il suo pamphlet Herr Vogt. K. Vogt, naturalista e democratico piccolo-borghese, cercò di screditare moralmente i comunisti agli occhi del popolo. Marx gli contrappose l'autentica storia della Lega dei comunisti, affermando che Vogt era un agente segreto di Napoleone III, il cui scopo era quello di giustificare l'aggressiva politica estera del Bonaparte. Quando, dopo la caduta del secondo impero, vennero pubblicate le liste dei nomi degli agenti di L. Bonaparte, tra essi figurava anche quello di Vogt.

Durante la guerra italo-franco-austriaca Marx ebbe forti divergenze anche con F. Lassalle, tedesco democratico che aveva conosciuto Marx nel '48, dichiarandosi suo sostenitore. Lassalle era contrario alla rivoluzione socialista e alla dittatura del proletariato e orientava la classe operaia tedesca verso una forma di lotta esclusivamente pacifica e legale. Sosteneva che in Germania era sufficiente conquistare il diritto al suffragio universale per ottenere uno Stato libero e popolare. Egli infondeva negli operai l'illusione che lo Stato prussiano potesse aiutarli, mediante l'organizzazione di cooperative produttive, ad appropriarsi dei mezzi di produzione. Lassalle quindi si opponeva alla lotta di classe e allo sciopero, e giudicava reazionario il ruolo storico dei contadini. Dopo la sua morte, avvenuta nel '64 in seguito a un duello, Marx seppe da Liebknecht che Lassalle aveva assicurato a Bismarck l'appoggio degli operai nella guerra della Prussia contro la Danimarca, sperando di ottenere in cambio il suffragio universale.

Nel '63-'64 si verificò l'insurrezione polacca. Prussia e Russia si erano accordate per reprimerla. Entrambe infatti avevano già partecipato alla spartizione della Polonia, col beneplacito di Francia e Inghilterra. Marx denunciò l'aristocrazia polacca che aveva venduto se stessa e il proprio paese agli stranieri.

Marx si accorse che la sconfitta della Russia nella guerra di Crimea aveva acuito le profonde contraddizioni di questo paese. Ecco perché seguiva con grande interesse il risveglio del movimento contadino. Come noto, nel 1861 lo zar aveva abolito la servitù della gleba.

La sua collaborazione alla Tribune venne meno quando durante la lotta antischiavista del 1861-65, nella redazione del giornale si manifestarono simpatie per le posizioni favorevoli al compromesso col Sud. Marx caratterizzava la guerra negli USA come una lotta tra il sistema capitalistico e quello schiavista, quest'ultimo certamente meno progredito dell'altro. La classe operaia inglese, in questo caso, pur vedendo entrare in crisi la propria industria cotoniera a causa di quella guerra, non parteggiò mai per gli schiavisti americani.

Il risveglio del movimento proletario europeo indusse Marx ed Engels ad allargare e rafforzare i legami con gruppi, associazioni e personalità socialiste e comuniste, che appartenessero a tutte le nazioni europee, inclusi gli USA. Nel settembre '64 si fondò a Londra la prima associazione internazionale degli operai, cioè la I Internazionale, i cui programma e statuto vennero stilati dallo stesso Marx.

Nell'Indirizzo inaugurale e nello Statuto provvisorio si dichiarò la disponibilità ad aprire le porte dell'Internazionale alle organizzazioni operaie di vario tipo e ai socialisti di tutte le sfumature ideologiche. Si consideravano due vittorie acquisite dal proletariato inglese la legge sulla giornata lavorativa di 10 ore e il movimento cooperativistico (quest'ultimo, naturalmente, come preludio alla conquista operaia del potere politico). Marx esprimeva anche l'esigenza di creare un partito proletario, organizzato e cosciente.

Il primo problema che Marx dovette affrontare nell'ambito dell'Internazionale fu il rifiuto a condurre lotte economico-sindacali da parte di owenisti, proudhonisti e lassalliani. I quali sostenevano che l'aumento dei salari porta con sé l'aumento del prezzo delle merci, per cui gli scioperi sono alla fine controproducenti. Marx, con una relazione su Salario, prezzo e profitto, tenuta nel giugno '65 (poi pubblicata dalla figlia Eleonora nel '98), cercò di dimostrare che l'aumento dei salari in realtà diminuisce il profitto dei capitalisti e che il prezzo delle merci aumenta a prescindere dagli scioperi. E così l'Internazionale decise di sostenere economicamente, nei limiti del possibile, tutti gli scioperanti dei diversi paesi.

La lotta contro il proudhonismo (forte soprattutto in Francia e Belgio) e i lassalliani (forti in Germania) continuò a svolgersi alla Conferenza di Londra del '65, ai Congressi di Ginevra del '66, di Bruxelles del '68, di Basilea nel '69. In Germania i lassalliani cercavano di collaborare col governo di Bismarck per creare una sorta di socialismo statale, monarchico-prussiano. Ciò rese impossibile qualunque rapporto dell'Internazionale coll'Associazione generale operaia di Germania. Ecco perché l'Internazionale pensò di organizzare in varie città tedesche delle proprie sezioni. Due esponenti di queste sezioni, Liebknecht e Bebel, furono eletti deputati al parlamento della Germania del nord. Nel '69 ad Eisenach fu fondato il partito operaio socialdemocratico tedesco, avente un programma sostanzialmente marxista.

Nello stesso momento in cui il marxismo otteneva la sua affermazione ideologica sul proudhonismo venne alla ribalta il bakunismo. Marx aveva conosciuto M. Bakunin a Parigi nel '43. Nel '64 a Londra Bakunin gli aveva assicurato d'appoggiare l'Internazionale. Contrariamente però agli impegni assunti egli aveva continuato a partecipare all'attività dell'organizzazione borghese "Lega per la pace e la libertà". Non avendo in questa ottenuto alcun successo, Bakunin decise di fondare, su principi anarchici, una propria Alleanza internazionale della democrazia socialista. Egli vedeva il principale nemico da sconfiggere non nel capitale e nella proprietà privata dei mezzi produttivi, ma unicamente nello Stato. Il suo atteggiamento verso la lotta politica era di tipo ribellistico: egli chiamava le masse alla distruzione immediata e ininterrotta delle istituzioni statali, indicando come unico mezzo di liberazione le insurrezioni e le rivolte. A tale scopo riponeva le sue maggiori speranze negli emarginati e nel sottoproletariato. Il bakunismo ebbe la sua maggior diffusione nei paesi dove dominava la piccola produzione (Italia, Spagna e Svizzera), essendo espressione della disperata protesta piccolo-borghese contro la produzione capitalista industriale. Il suo programma, tra l'altro, prevedeva non l'eliminazione ma l'uguaglianza delle classi, l'abolizione del diritto di eredità (preso da Saint-Simon), l'ateismo come dogma imposto agli aderenti e soprattutto l'astensione dalle lotte politiche (vedi Proudhon).

Marx ed Engels, nonostante questi principi anticomunisti, avevano accettato la richiesta di adesione dei bakunisti all'Internazionale, ma a condizione che sciogliessero la loro organizzazione (l'Alleanza Internazionale). Bakunin lo promise, ma poi la mantenne in vita come associazione segreta, cercando nel contempo di mettersi a capo dell'Internazionale: a tale scopo si serviva dell'appoggio dei lassalliani e della corrente riformista delle tradeunions inglesi (che era antiproudhonista riguardo alle questioni degli scioperi, ma antimarxista riguardo alla socializzazione della proprietà privata). Il tentativo però non gli riuscì. Marx aveva tra l'altro ottenuto un valido appoggio contro Bakunin dalla sezione russa dell'Internazionale fondata a Ginevra nel '70.

Tra la gioventù rivoluzionaria russa, il nome di Marx stava diventando sempre più popolare. Dopo l'uscita del Capitale nel '67, Marx ricevette proprio da quella gioventù la prima proposta di traduzione in lingua straniera. Marx scrisse a Kugelmann che la Miseria della filosofia e Per la critica dell'economia politica da nessuna parte avevano trovato uno smercio maggiore che in Russia. Di qui l'esigenza di studiare la lingua russa e di accingersi alla lettura degli scrittori progressisti allora più famosi (Dobroljubov e soprattutto Cernyscevskij).

Erano invece peggiorati i rapporti tra Marx e gli esponenti del liberalismo operaio inglese, soprattutto quando, sul finire degli anni '60, venne a trovarsi al centro della vita politica inglese la questione irlandese. Dopo la sfortunata insurrezione del '67 (l'Irlanda era infatti una colonia dell'Inghilterra), il governo inglese si era dato a una feroce campagna di persecuzione contro gli organizzatori del movimento d'indipendenza irlandese: i Feniani (la cui tattica era cospirativa). A tale proposito, Marx rivide la tesi sostenuta in precedenza, secondo cui l'oppressione nazionale sull'Irlanda sarebbe stata eliminata con la presa del potere da parte del proletariato inglese, ed affermò esattamente il contrario, e cioè che il proletariato inglese non avrebbe potuto prendere il potere fintanto che l'Irlanda non fosse divenuta libera. Marx infatti vedeva nell'Irlanda la roccaforte dell'aristocrazia inglese, la fonte principale della sua ricchezza e della sua influenza politica. Se con una rivoluzione agraria fossero crollati i landlords inglesi in Irlanda, allora sarebbe crollata anche l'aristocrazia terriera in Inghilterra. Inoltre proprio nella questione irlandese stava il segreto -secondo Marx- della debolezza della classe operaia inglese, che si era lasciata dividere dalla borghesia in classe "operaia" e in classe operaia "inglese". Marx riteneva che in Inghilterra vi fossero già i presupposti materiali per la rivoluzione socialista, quello che mancava era lo spirito e il coraggio rivoluzionario. A suo parere, questo spirito sarebbe potuto nascere a partire dalla questione irlandese.

Ma una delle prove più severe cui fu sottoposta l'Internazionale fu la guerra franco-prussiana iniziata nel luglio 1870. Non appena scoppiò, Marx scrisse un Indirizzo a tutti i membri dell'Internazionale in Europa e negli USA, definendo la guerra come il tentativo di Luigi Bonaparte di mantenere la Germania nella frammentazione politica. Annettendosi infatti l'Hannover, l'Assia-Cassel, il Nassau e la città di Francoforte, la Prussia era diventata lo Stato dominante di una Confederazione della Germania del Nord, comprendente 22 Stati, presieduta dal re di Prussia. Napoleone III, preoccupato dall'ascesa della Germania, cominciò a perseguire progetti di annessione della riva sinistra del Reno, del Belgio e del Lussemburgo. Bismarck, a sua volta, non aspettava altro che apparire nel ruolo dell'aggredito, per scatenare una guerra contro la Francia, espandendosi verso ovest. La guerra si concluderà nel '71 con la sconfitta della Francia e l'annessione da parte della Germania dell'Alsazia e della Lorena del nord.

Marx, all'inizio, chiese agli operai tedeschi di non trasformare una guerra da difensiva a offensiva; poi, dopo la vittoria di Sedan, di non trasformare la vittoria in una annessione dell'Alsazia-Lorena, prevedendo che, in tal caso, la Francia si sarebbe alleata con la Russia ai danni della Germania.

In Francia, con la caduta dell'imperatore, era nata la Repubblica -e questo per Marx doveva considerarsi l'esito più significativo della guerra. Ora però gli operai non avrebbero dovuto approfittarne in senso rivoluzionario, perché -diceva Marx- il nemico, la Prussia, batteva quasi alle porte di Parigi. Invece nel '71 venne proclamata a Parigi la Comune. Marx descrive l'impresa dei comunardi ne La guerra civile in Francia.

Il 18 marzo 1871, per la prima volta nella storia dell'umanità, il potere statale passò, anche se solo per 72 giorni, nelle mani del proletariato. Subito dopo la caduta del II Impero nel settembre '70, con la sconfitta di Sedan, in Francia s'era instaurata la Repubblica. Ma l'accettazione da parte dell'Assemblea Nazionale delle pesanti condizioni imposte dall'armistizio con la Prussia, aveva subito suscitato forti malcontenti, tanto che per un certo tempo non si riuscì a firmarlo. Quando poi la borghesia cercò di scaricare tutte le conseguenze dell'armistizio sul proletariato, questo insorse, insieme alla piccola-borghesia radicale, proclamando la Comune.

Il governo fuggì immediatamente a Versailles, ma, non essendo stato attaccato subito, si ricompose militarmente preparando la controffensiva. Un secondo errore commesso dai comunardi, capeggiati da proudhoniani e blanquisti, fu quello di trascurare ogni misura immediata contro gli elementi controrivoluzionari che cercavano di sabotare la Comune dall'interno. I comunardi si preoccuparono soprattutto di preparare le elezioni politiche, onde sottrarsi all'accusa di aver conquistato illegalmente il potere, mentre in quel momento bellico sarebbe stato meglio concentrare le forze in un organismo direttivo fortemente compatto, centralizzato e autorevole.

In politica interna la Comune abolì l'esecito permanente basato sul servizio di leva e lo sostituì con battaglioni di riserva della Guardia Nazionale. Si affermò il principio della elettività, responsabilità personale e revocabilità per tutti i dipendenti statali, inclusi gli eletti alla Comune. Lo stipendio dei più alti impiegati non doveva superare la paga di un operaio qualificato. Si rifiutò il parlamentarismo, in quanto la Comune era nel contempo organo legislativo ed esecutivo del potere.

Sul piano economico-sociale la Comune incorporò le fabbriche abbandonate dai capitalisti, ma promise loro un compenso in denaro se fossero rientrati a Parigi. Poi instaurò il controllo statale-operaio sulla produzione di alcune grosse imprese. Proibì il lavoro notturno nei panifici, le trattenute arbitrarie sul salario. Intraprese misure a favore dei disoccupati. Stabilì un salario minimo garantito. Requisì tutti gli appartamenti sfitti. Restituì gli oggetti di valore impegnati ai monti di pietà. Abolì il pagamento degli affitti per 9 mesi. Prolungò di 3 anni il termine di pagamento di ogni tipo di effetto commerciale...

Stabilì la separazione tra Stato e chiesa e laicizzò la scuola. Venne introdotto lo studio gratuito e obbligatorio per la scuola primaria e organizzò per la prima volta in Francia la scuola professionale. I teatri passarono dalle mani degli impresari a quelle degli artisti. Si riorganizzarono musei e biblioteche...

Ovviamente quasi nessuna di queste riforme poté essere portata a termine, anche perché i comunardi non vollero confiscare il denaro e altri preziosi conservati nella Banca di Francia. I proudhoniani si rifiutarono sempre di agire con forza nei confronti della proprietà borghese. E così proprio quei capitali finirono col sovvenzionare la controrivoluzione di Versailles.

Altro errore fondamentale fu la sottovalutazione del ruolo dei contadini, senza l'appoggio dei quali nessuna insurrezione è in grado di reggere per molto tempo. Parigi infatti rimase isolata completamente dalla provincia.

Il governo di Versailles riuscì ad ottenere anche l'appoggio della Prussia. Gli junkers e la borghesia tedesca temevano che gli avvenimenti francesi potessero influire sul movimento operaio del loro paese; inoltre temevano che il governo di Parigi non mantenesse fede al trattato di pace e che rinnovasse la guerra per riprendersi l'Alsazia e la Lorena. La Comune invece si dichiarò pronta a pagare alla Germania 500 mil. di franchi come primo acconto sulle riparazioni di guerra, se il governo tedesco fosse rimasto neutrale. Bismarck accettò le trattative ma solo per impaurire il governo di Versailles, il quale infatti si convinse a firmare il trattato di pace e ad accettare tutte le pesanti condizioni imposte dalla Germania.

Quando i versagliesi riuscirono a entrare a Parigi, il massacro fu enorme. Morirono più di 30.000 comunardi e più di 50.000 furono fatti prigionieri. L'unico appoggio che riuscirono ad ottenere fu quello della I Internazionale.

Con la caduta della Comune iniziò un periodo molto pesante per l'Internazionale, contro la quale si allearono quasi tutti i governi europei. La guerra civile in Francia aveva attirato su di sè l'attenzione dei circoli dirigenti borghesi di molti paesi. Marx praticamente era diventato l'uomo più calunniato di Londra. Due leaders tradeunionisti uscirono dall'Internazionale. Il bakunismo si stava di nuovo rafforzando.

Nel Congresso a porte chiuse del '71 a Londra, Marx si pronuncia a favore della lotta politica della classe operaia: "contro il potere compatto delle classi abbienti, gli operai possono agire come classe solo se organizzati in un partito politico autonomo", svolgendo una tattica pacifica là dove è possibile, e con le armi dove è necessario. Poi disse che se la classe operaia va al potere, come nel caso della Comune, è suo dovere affermare la dittatura del proletariato e costituire un esercito proletario. La Comune aveva altresì insegnato che lo Stato non va trasferito da una classe all'altra, ma va "spezzato".

I bakunisti contrattaccarono cercando di dividere l'Internazionale. Marx ed Engels si videro costretti a emanare una circolare segreta, Le pretese scissioni nell'Internazionale, mettendo in luce la lotta di Bakunin contro ogni disciplina, autorità e potere, lotta che portava a disarmare il proletariato. E' vero che Bakunin poneva la "volontà" a fondamento della rivoluzione socialista, ma faceva questo nell'ignoranza più completa delle condizioni economiche. Egli era convinto che il proletariato al potere avrebbe fatto nascere un altro proletariato oppresso. Marx si era anche pronunciato contro l'abrogazione del diritto di eredità propagandata da Bakunin: questa misura, infatti, portava il contadino ad accettare subito, per forza di cose, la proprietà collettiva, mentre per Marx il processo doveva essere graduale, soprattutto con l'aiuto della produzione cooperativistica.

A fianco dei bakunisti si trovarono i leaders delle tradeunions inglesi e altri gruppi, anche americani. Il Congresso dell'Aia nel '72 decise di espellere Bakunin dall'Internazionale. La sede del Consiglio generale venne però trasferita a New York, in quanto la situazione europea rischiava di favorire il formarsi in seno al Consiglio di una maggioranza di riformisti inglesi e di blanquisti.

E così, pur uscendo vincitrice sulle tendenze frazioniste dei bakunisti, l'Internazionale aveva dovuto riconoscere che il principale ostacolo che impediva la coesione tra il comunismo scientifico e il movimento operaio era l'influenza liberal-borghese e riformistica sugli stessi operai, nonché le varie forme di socialismo e anarchismo settari e piccolo-borghesi che caratterizzavano molti leader dell'Internazionale. In Francia, con la disfatta della Comune di Parigi, il movimento stentava a riprendersi; in Inghilterra si lasciava corrompere dall'aumento dei salari (reso possibile dai monopoli e dal colonialismo); in Germania il movimento nazionale borghese aveva appena vinto e in Russia dominava ancora la reazione feudale. Marx ed Engels intuirono la necessità di una lenta preparazione della rivoluzione sociale e che a tale scopo la struttura dell'Internazionale si rivelavano inadeguate (con le sue sezioni e federazioni eterogenee per composizione, sparse nei diversi paesi): occorreva costituire dei partiti proletari di massa. La I Internazionale cessava di esistere come organizzazione unitaria nel 1876.

Dopo la caduta della Comune, dopo il periodo burrascoso che va dal '48 al '71 [rivoluzioni borghesi, fallimento delle rivoluzioni proletarie del '48, fine del socialismo utopico, Comune di Parigi, nascita dei partiti proletari indipendenti con la fine della I Internazionale ('64-'72), socialdemocrazia tedesca], l'Europa conosce un periodo relativamente pacifico, senza scosse rivoluzionarie, almeno sino al 1904. L'occidente aveva terminato le rivoluzioni borghesi e l'oriente non era ancora maturo per esse. In Europa occidentale i partiti socialisti imparano a servirsi del parlamentarismo borghese, a creare la loro stampa quotidiana, le loro istituzioni di educazione, i loro sindacati, le loro cooperative. Il marxismo si diffonde in estensione (soprattutto in Germania), mentre nel primo periodo era solo una dottrina fra le altre.

Marx approfitta di questo periodo di calma politica per completare Il Capitale. Cura la seconda edizione tedesca e prepara quella francese, apportando sostanziali mutamenti alla struttura originaria del libro. Nel contempo sistema i materiali raccolti per il secondo libro ("Il processo di circolazione del capitale") e per il terzo ("Il processo complessivo della produzione capitalistica"). La sua attenzione verte sempre più sui processi di centralizzazione e concentrazione dei capitali, nonché sulla tendenza al monopolio da parte delle grandi compagnie azionistiche che investono grandi capitali oltre che in operazioni finanziarie, anche nella costruzione di fabbriche, esercitando un'influenza notevole sulla produzione industriale e sul commercio. Gli interessa inoltre il fenomeno della crescente esportazione dei capitali. Egli in sostanza aveva avvertito il passaggio ad una nuova epoca, quella dell'imperialismo.

Tra il '78 e l'82 compone un saggio storico sul calcolo differenziale in due manoscritti Sulle funzioni derivate e sui differenziali: applicando la dialettica alla matematica elaborò un nuovo metodo di calcolo differenziale per gli studi economici. Questi testi sono stati pubblicati a Mosca nel 1968. Marx scrisse anche molti quaderni sulla storia della tecnologia e del macchinismo. Negli anni '79-'81 compose degli Estratti cronologici per una storia dell'India. Dalla fine dell'81 alla fine dell'82 compose un panorama sinottico della storia politica degli Stati europei, che comprendeva i principali avvenimenti a partire dal I sec. d.C. sino alla metà del XVII sec. (vi sono anche degli excursus sulla storia dei paesi afro-asiatici legati all'Europa dal colonialismo). Dalla metà degli anni '70 in poi Marx mostrò grande interesse per lo studio delle formazioni sociali precapitalistiche e soprattutto per lo studio della dissoluzione delle società primitive. Soprattutto su due ricercatori aveva soffermato la propria attenzione: l'etnologo americano L. G. Morgan (di cui vedi La società antica del '77) e lo studioso russo M. Kovalevsky che con il libro La proprietà fondiaria in forma di obscina (1879) permise a Marx di capire il carattere universale della proprietà fondiaria in forma di comunità esistente nei tempi antichi presso varie popolazioni delle terra. I materiali di Marx vennero poi utilizzati da Engels per l'opera Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, ch'egli considererà quasi come un'esecuzione testamentaria per l'amico. Le conoscenze enciclopediche di Marx riguardavano anche tutti i campi delle scienze naturali, benché su questo Engels abbia prodotto di più.

Intanto in Germania, dove il proletariato aveva subìto la guerra austro-prussiana del '66 e quella franco-prussiana del '70-'71 senza ottenere nulla in cambio, si stava cercando di mettere in pratica le ultime disposizioni dell'Internazionale relative alla costituzione di un partito operaio di massa. Si partì dal fatto che l'unificazione del Paese era avvenuta praticamente "dall'alto", per via controrivoluzionaria, nella forma più svantaggiosa per i lavoratori, in quanto si erano conservati la monarchia, i privilegi politici ed economici di determinate classi e altri retaggi feudali.

Nel febbraio '75 la socialdemocrazia tedesca tenne a Gotha il suo primo Congresso, al quale fu sottoposto anche un programma. A causa delle concessioni fatte ai lassalliani, esso subì severe critiche da parte di Marx ed Engels. Al Congresso si cercò la riunificazione su basi opportunistiche degli eisenachiani (Bebel e Liebknecht) con i lassalliani. Lassalle e i lassalliani, al tempo della Germania "divisa", vedendo che la via proletaria e democratica aveva scarse possibilità di successo, si erano adattati all'egemonia bismarckiana, portando il partito operaio sulla via di un socialismo statale-bonapartista. Con la Germania "unita" venivano a cadere le principali divergenze tattiche che dividevano i due gruppi del partito.

Con la sua Critica al programma di Gotha (pubblicato da Engels nel '91), Marx rifiutò il progetto di riunificazione sostenendo che il partito non doveva venir meno alla purezza dei suoi ideali teorici e doveva respingere l'opportunismo dei lassalliani, cui contestò l'idea che la società comunista sia possibile edificarla subito dopo la rivoluzione. Marx precisa che occorre distinguere nel comunismo due fasi: una, inferiore, detta "socialismo", e un'altra, superiore, detta "comunismo". La prima fase è caratterizzata dalla liquidazione della proprietà privata dei mezzi produttivi, dalla costituzione di una proprietà socialista comune e dalla eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ma nonostante ciò la divisione del lavoro resta, per cui a ineguale attitudine individuale, a ineguale capacità di rendimento e a ineguali condizioni di vita (un operaio sposato e uno no, uno con figli e uno senza, ecc.), deve corrispondere necessariamente un'ineguale distribuzione del reddito. Ciò significa che il principio lassalliano del "reddito integrale del lavoro" non ha senso, anche perché dal prodotto sociale complessivo vanno detratte le spese per la riproduzione allargata, per i mezzi di consumo, per i servizi sociali, ecc.

Dunque nel socialismo il diritto dei produttori è proporzionale alle loro prestazioni di lavoro. L'uguaglianza consiste nel fatto che il termine di paragone è sempre lo stesso: il lavoro (chi non lavora non può partecipare alla distribuzione del reddito). Soltanto nella fase avanzata del comunismo, con la scomparsa della subordinazione degli individui alla divisione del lavoro, con la fine del contrasto tra lavoro intellettuale e manuale, tra città e campagna, e con l'affermazione del lavoro quale primo biosgno vitale (di creativa espressione), solo allora si potrà dire: "Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni".

Marx critica anche la concezione lassalliana dello "Stato libero" (ente autonomo che possiede proprie basi spirituali, morali...). Lo Stato in realtà -dice Marx-, nei moderni paesi civili, è sempre lo Stato della borghesia, mentre quello del proletariato al potere è uno Stato transitorio, utile a sconfiggere la borghesia e la proprietà privata, ma destinato a estinguersi.

Queste osservazioni critiche di Marx furono recepite in misura insignificante dal Congresso, ma dato che il fatto della riunificazione veniva interpretato positivamente dagli operai, Marx ed Engels rinunciarono a intervenire pubblicamente contro il programma. Tuttavia, nelle loro lettere ai leaders del partito essi avvertivano dei pericoli insiti in tale ricomposizione.

L'immaturità teorica del programma di Gotha si manifesterà infatti in forme ancora più nette lungo tutta la storia della II Internazionale. Intorno al 1875 di tale debolezza aveva già dato prova E. Dühring, libero docente all'università di Berlino e uno dei primi critici del Capitale. Molti capi del partito avevano accolto con entusiasmo le sue idee. Fu Liebknecht a chiedere ad Engels di rispondere agli attacchi di Dühring (Marx era troppo impegnato nella stesura del Capitale). Engels lo fece malvolentieri, perché stava lavorando a un libro sulla Dialettica della natura, che sarà pubblicata postuma nel 1925. Engels spedì una serie di articoli, che poi vennero raccolti in un unico volume dal titolo Antidühring, che è una vera enciclopedia del marxismo, trattando in modo organico di filosofia, economia politica e socialismo (il 10o cap. è opera di Marx: è un profilo storico del pensiero economico). Engels ne approfittò anche per fare un bilancio dei suoi studi sulle scienze naturali, dimostrando che in natura sono operanti quelle stesse leggi dialettiche del movimento che anche nella storia dominano l'apparente accidentalità degli avvenimenti.

Le apprensioni di Marx ed Engels si dimostrarono fondate quando il governo di Bismarck introdusse nell'ottobre '78 delle leggi eccezionali contro i socialisti. Portando avanti una politica di blocco agrario-borghese, Bismarck intendeva introdurre dazi protezionistici sulle merci industriali ed agricole, aumentare le spese militari e accrescere le imposte. La socialdemocrazia, che già impensieriva il governo a causa dei suoi successi elettorali, rappresentava un ostacolo all'attuazione di queste misure. Di qui il divieto a qualunque organizzazione e organo di stampa di fare propaganda socialista, nonché la concessione alle autorità locali della facoltà di proclamare lo stato di semiassedio sul loro territorio, onde permettere alla polizia di espellere le persone "sgradite".

Marx difese la socialdemocrazia tedesca dalle calunnie di quanti la volevano vedere compromessa con gli attentati terroristici contro l'imperatore. In ogni caso con le leggi eccezionali il partito non poteva più sussistere legalmente. A quel punto, il C.C. di Amburgo, che svolgeva allora il ruolo di direzione del partito, si limitò unicamente a ratificare lo scioglimento e non anche a mutare tattica passando a organizzare strutture di partito clandestine (solo Bebel si oppose allo scioglimento unilaterale). Ultima isola di legalità rimase la tribuna del Reichstag, ove però i molti parlamentari del partito non seppero fare altro che chiedere l'abolizione delle leggi eccezionali (che durarono dal '78 al '90).

Marx ed Engels rimasero sconcertati dall'opportunismo dei leader socialdemocratici. Solo con Bebel e Liebknecht la classe operaia potè ristabilire i legami troncati e rifondare il partito. Tuttavia l'opportunismo, il revisionismo e il riformismo avevano già trovato molti seguaci nelle file della socialdemocrazia. Con una Lettera circolare Marx ed Engels denunciarono i tentativi dei "tre di Zurigo" (Höchberg, Bernstein e Schramm, seguaci di Dühring) di ridurre, col loro "manifesto", i compiti della socialdemocrazia a una "generale conciliazione" col capitalismo e quindi a un rifiuto della lotta di classe. La protesta di Marx ed Engels si fece sentire e i "tre" non poterono più pubblicare i loro articoli nell'organo di stampa del partito, che inizialmente li aveva ospitati.

Nel primo Congresso clandestino del partito, tenutosi in Svizzera nell'80, la maggioranza espulse l'ala estremistica che rifiutava l'impegno parlamentare e cancellò dal programma di Gotha la parte in cui si diceva che il partito avrebbe raggiunto i suoi scopi solo coi mezzi legali, riconoscendo così la necessità di associare al lavoro legale-parlamentare l'attività clandestina.

In Francia, intanto, il partito operaio veniva a ricomporsi per opera di J. Guesde, ex-bakunista passato al marxismo, e P. Lafargue, che insieme posero le basi del rinato partito al Congresso di Marsiglia nell'ottobre '79. Su richiesta di Lafargue, Engels rielaborò per la Révue socialista tre capitoli dell'Antidühring, che divennero poi noti col titolo L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza.

Marx ed Engels rimproveravano spesso Guesde e Lafargue per la loro tendenza al fraseologismo rivoluzionario e, soprattutto Guesde, per il settarismo e il dogmatismo. Tuttavia la loro corrente seppe opporsi validamente a quella filo-anarchica, che era su posizioni "possibiliste" (rivendicare cioè solo quello che si pensa immediatamente conseguibile, lasciando perdere gli scopi finali). Nel settembre '82 al Congresso di Saint-Étienne vi fu la scissione fra le due correnti. Marx ed Engels sottolinearono che quando era in gioco una lotta tra il carattere proletario del partito e l'opportunismo, la scissione poteva salvaguardare l'unità e la coerenza del partito.

Viceversa in Inghilterra, dopo la caduta del movimento cartista, gli operai non manifestavano più alcuna autonomia politica e non sapevano legare la loro quotidiana lotta economica ad uno scopo finale. Tre cause avevano contribuito a tale situazione: 1) la politica coloniale dell'Inghilterra che garantiva alti profitti e quindi possibilità di alti salari in cambio di una scelta non-rivoluzionaria (gli alti profitti erano garantiti anche dal monopolio industriale, ma già dalla fine degli anni '70 questo era minacciato dalla concorrenza americana e tedesca); 2) la tradizionale indifferenza degli operai inglesi per le questioni teoriche; 3) le forti tendenze sciovinistiche tipiche della nazione inglese. Marx apprezzava solo i pubblicisti Belfort Bax e W. Morris.

Non minore difficoltà incontrava la formazione di un partito operaio negli USA. Dopo la guerra di secessione il capitalismo aveva cominciato a svilupparsi in modo burrascoso. Proprio qui si manifestarono con più evidenza quelle nuove linee di sviluppo del capitalismo che Marx aveva notato sul finire della sua vita: prodigiosa concentrazione del capitale, crescita di una forza monopolistica, influenza delle grandi compagnie che si sono assicurate, dall'inizio della guerra civile, il dominio dell'industria, del commercio, della terra, delle ferrovie, delle finanze. "Le cricche degli affaristi -diceva Marx- hanno messo le mani sugli organi legislativi trasformando la politica in oggetto di commercio".

Il movimento operaio americano tardava a formarsi anche perché a quel tempo gli operai avevano ancora la possibilità di ottenere una terra e diventare dei farmers (il capitalismo poteva espandersi verso ovest). Inoltre gli operai bianchi erano privilegiati rispetto ai neri e ai nuovi immigrati. Come quello inglese, l'operaio americano aveva interessi esclusivamente economici. Infine i principali propagandisti del socialismo in America erano emigrati tedeschi, in maggioranza lassalliani, inclini al dogmatismo e al settarismo, avulsi dalla quotidiana lotta degli operai.

Ciononostante nell'estate del '76 venne fondato il partito operaio americano, capeggiato da Sorge, O. Weydemeyer jr. e McDonnell. Sul loro organo di stampa, Labour Standard, Engels pubblicò nel '78 la serie di articoli Gli operai europei nel 1877. Ma già nel '77 i lassalliani avevano ottenuto la maggioranza, per cui il partito entrò in una profonda crisi.

Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 sorsero partiti o gruppi socialisti anche in Austria, Danimarca, Belgio, Spagna, Portogallo, Olanda, Italia, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia e Russia. Verso quest'ultima, a cominciare dagli anni '70, presero a rivolgersi le speranze di Marx. Ciò che soprattutto lo interessava erano i rapporti agrari, l'evoluzione della obscina, i processi avvenuti dopo l'abolizione della servitù della gleba. Tra la fine dell'81 e l'inizio dell'82 egli scrisse Note sulla riforma del 1861 e sullo sviluppo della Russia dopo la riforma. In questo lavoro Marx respingeva nettamente l'idea populistica secondo cui la sussistenza dell'obscina (la comune agricola) avrebbe preservato la Russia dallo sviluppo capitalistico e in ogni caso l'obscina non avrebbe potuto da sola evolversi in una più alta struttura sociale, in quanto non aveva i presupposti materiali per farlo. Solo una rivoluzione proletaria -secondo Marx- avrebbe potuto salvare l'obscina dalla sua definitiva rovina. Marx ed Engels avevano previsto che in Russia si poteva evitare il capitalismo trasformando con la rivoluzione socialista la proprietà comune rurale in punto di partenza per una evoluzione comunista.

Quando in Russia si formò la prima organizzazione marxista, "Emancipazione del lavoro", capeggiata da Plechanov, Marx era già morto. Egli si spense a Londra nel marzo del 1883, un anno dopo la morte della moglie e della figlia di 38 anni Jenny.

Engels si trovò subito di fronte a un compito immane. Dovette anzitutto provvedere all'edizione del II e III libro del Capitale. Mantenne poi contatti epistolari con la maggior parte dei movimenti rivoluzionari. Scrisse infine L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (1884) e L. Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca (1886). Nel marzo '95, poco prima della sua morte, redasse un'introduzione alle Lotte di classe in Francia di Marx, che fu considerata come il suo testamento politico e di cui si serviranno i revisionisti per deformare il suo pensiero. Bernstein infatti affermerà che Engels in quel testo aveva ripudiato la rivoluzione come mezzo di conquista del potere, a favore della lotta parlamentare. In realtà Engels aveva voluto distinguere "le lotte di strada" (le barricate) dalla rivoluzione vera e propria: le prime hanno solo lo scopo di paralizzare le truppe nemiche, di scuotere la resistenza dell'esercito avversario; la seconda invece è conquista attiva del potere, trasformazione dei rapporti sociali ed economici. Se le "lotte di strada" resistono fino al punto che il nemico, demoralizzato, si ritira, allora si può approfittare per fare la rivoluzione; se invece si pensa di fare la rivoluzione solo con le "lotte di strada", allora è meglio la lotta parlamentare. Le rivoluzioni non si improvvisano, né si fanno con piccole minoranze coscienti. Affinché le masse comprendano ciò che si deve fare, occorre una lavoro lungo e paziente. Engels morì nell'agosto 1895.

cfr Il giovane Marx


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 26/04/2015