LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


Principali eventi del regno di Alessandro Magno (336 - 323)

Possiamo ridurre a tre le fasi dell'Impresa asiatica di Alessandro Magno, cui dobbiamo però aggiungerne una - iniziale - di consolidamento dei confini del proprio stato (sia a nord-est, che in Grecia), e del proprio dominio personale (contro i vari pretendenti al trono).

(a) Imprese militari in Macedonia, Tracia, Grecia (336 - 334)

Ottenuta la corona, dopo la morte del padre e a soli ventitrè anni, con l'entusiastica approvazione da parte dei componenti dell'assemblea dell'esercito macedone, Alessandro dovette risolvere subito due problemi molto urgenti: da una parte quello di sbarazzarsi velocemente di quelle pericolose incognite costituite, tanto per se stesso quanto per la stabilità politica del proprio stato, dagli altri aspiranti alla dignità regale; e dall'altra quello di consolidare i confini a est e a nord della Macedonia, con spedizioni in Tracia e in Illiria (335).

Alessandro Magno

Oltre a ciò, egli ottenne - sempre nel 335 - dagli stati della Lega di Corinto la conferma del mandato di duce, precedentemente attribuito a suo padre Filippo II, della prossima missione in Asia Minore, missione il cui fine avrebbe dovuto essere innanzitutto quello di liberare gli stati greci d'oriente, e in seconda battuta quelli ad essi attigui (Lidia, Caria, ecc.), dalla tirannia del Gran Re.

Sempre nel 335 poi, il giovanissimo sovrano era costretto a sedare una nuova rivolta anti-macedone di alcune delle città-stato della Lega di Corinto, mosse a tale impresa sia dalla convinzione della sua morte nel corso della campagna contro gli Illiri (campagna che, in effetti, era stata molto cruenta), sia dal denaro e dagli incoraggiamenti della Persia, interessata a limitare il dilagare del potere della Macedonia nell'Egeo.

Come del resto aveva fatto anche suo padre pochi anni prima, cioè dopo la battaglia di Mantinea (338), anche Alessandro - vinta la guerra - puniva molto pesantemente la città di Tebe (che era stata la prima a insorgere, incoraggiando le altre a fare lo stesso), risparmiando invece l'altra grande responsabile dell'insurrezione, Atene. Mentre Tebe infatti veniva letteralmente rasa al suolo ed i suoi cittadini erano venduti come schiavi (una pratica questa, come si ricorderà, molto diffusa nell'antichità al termine dei conflitti), Atene al contrario veniva trattata con grande clemenza. E ciò sia per il pronto cambiamento di fronte degli ateniesi, non appena compresa la situazione; sia per ragioni culturali (Alessandro aveva infatti imparato ad amare una tale città in tutta la sua ricchezza, storica e culturale); sia infine, molto probabilmente, per il timore di determinare in caso contrario un riavvicinamento politico e militare tra Ateniesi e Persiani.

Ristabilito in tal modo l'ordine in Grecia (e più in generale nei propri domini), Alessandro si preparava a partire per la grande missione asiatica, un'impresa che avrebbe affrontato soprattutto a mezzo di eserciti macedoni e tessali e con una bassa partecipazione di contingenti greci, oltre che - almeno inizialmente - in condizioni di forte inferiorità numerica rispetto ai nemici persiani. Era l'anno 334.

(b) Le imprese di Alessandro in Asia Minore: dalla battaglia sul fiume Granico (334) a quella di Isso (333)

Nella prima fase dell'impresa asiatica - che iniziò con la battaglia presso il fiume Granico e, ancor prima di essa, con una visita del condottiero macedone alla 'mitica' città di Ilio, e che culminò nell'anno successivo con la battaglia di Isso (333) - possiamo dire che Alessandro si mantenesse fondamentalmente fedele al mandato che lo legava alle città-stato della Lega di Corinto: quello cioè di liberare l'Asia Minore e le regioni a esse attigue dal dispotismo politico del Gran Re.

Egli fece quindi, in una tale fase, ciò che quasi certamente avrebbe fatto anche suo padre, Filippo II - pur senza dubbio più realista e calcolatore di lui -, estendendo l'area di influenza politica e militare del proprio regno e delle città greche delle quali era alleato, sia alle vicine regioni egee che alle zone più interne dell'Anatolia.

Questi i fatti principali. Dopo lo sbarco nella città di Abido, Alessandro si dirigeva presso Ilio (la mitica Troia, in cui - secondo la narrazione di Omero - si era svolta secoli prima una cruenta guerra tra Greci micenei e Troiani) deponendo una corona ai piedi della tomba di Achille, un personaggio mitologico col quale egli si riteneva imparentato.

Era, una tale visita, un atto simbolico il cui fine era sia quello di sottolineare la natura "ellenica" dell'impresa di liberazione dell'Asia minore, sia - e forse soprattutto - quello di ribadire il proprio legame di parentela con un semi-dio, e con ciò implicitamente la propria genealogia divina !

Poco dopo, presso il fiume Granico, si svolgeva la prima grande battaglia tra gli eserciti comandati dal macedone e quelli asiatici del Gran Re persiano: una battaglia che si concludeva con una netta vittoria dei primi sui secondi.

La guerra si spostava allora - dopo la facile presa della città di Sardi, capitale delle satrapie occidentali della Persia - soprattutto nelle città greche della costa. Anche queste ultime cadevano (seppure con l'eccezione di Mileto, nella quale si asserragliavano gli eserciti persiani, e la cui presa costava perciò molto tempo e molta fatica ad Alessandro) in mano al conquistatore praticamente senza combattere.

L'unico "neo" nella fulminea avanzata di Alessandro in Anatolia, fu costituito dagli eserciti guidati da un condottiero greco (per l'esattezza rodio), un certo Memnone, il quale - seppure assoldato dal Gran Re - si batteva in realtà per la causa indipendentista degli Elleni, di cui cercava di liberare le energie a scapito - nell'immediato - di Alessandro, ma in futuro anche della Persia. La morte di Memnone, per la verità il solo temibile avversario di Alessandro, nel pieno del conflitto, significò per quest'ultimo anche la fine dell'unico pericolo reale per l'attuazione dei propri progetti, e fu per lui un evento davvero fortunato!

Infine, con la battaglia del 333 presso la città di Isso (situata sul confine tra l'Anatolia e le regioni dell'entroterra asiatico), Alessandro suggellava - con un'altra schiacciante vittoria - le proprie precedenti imprese, aprendosi contemporaneamente la strada sia verso le regioni africane dell'Impero persiano (Siria, Palestina Egitto), che verso quelle più interne (in primis, la Mesopotamia).

In tale battaglia, cadevano prigionieri del Macedone anche i familiari più stretti del sovrano persiano, ovvero i figli, la madre e la moglie di questi - una situazione che fu occasione di un primo scambio epistolare tra i due rivali. E' inoltre interessante notare come, in un tale scambio, a Dario che implorava al nemico la restituzione dei propri cari, Alessandro rispondesse chiedendogli di essere interpellato come il "Re dell'Asia". Una prova molto eloquente dei suoi nuovi progetti di espansione, ovvero della decisione di appropriarsi dell'intero territorio del nemico - secondo un'idea che, se da una parte andava ben oltre gli accordi stretti con la Lega di Corinto, dall'altra lusingava le sue innate ambizioni e inclinazioni caratteriali.

(c) La conquista dei territori restanti della Persia Achemenide (333 - 327)

Dopo questa prima fase espansiva, limitata ai territori dell'Asia Minore, vi fu l'inizio di una seconda, che sarebbe peraltro culminata con la conquista della totalità dei territori dell'Impero persiano, oltre che - come vedremo - con l'acquisizione del titolo di Gran Re, e più in generale con un allineamento a quelle tradizioni della regalità persiana di cui, quantomeno nelle parti asiatiche dei propri domini, Alessandro si pose (almeno da un certo momento in avanti) come prosecutore.

Questa seconda fase inoltre, può essere a sua volta suddivisa in tre sotto-fasi : a) una prima (333 - 331) culminante nella conquista dell'Egitto, e nella conferma da parte dell'oracolo di Siwa della natura divina di Alessandro, oltre che nella fondazione di una prima e in futuro ricchissima colonia, Alessandria d'Egitto (la prima e la più nota delle tante Alessandrie da lui fondate nel corso delle sue spedizioni militari…); b) una seconda (331 - 330) che si concluse con la presa di Persepoli (la capitale della Persia achemenide) e con la morte di Dario III, ovvero con la dichiarazione di voler essere l'erede della dinastia e delle tradizioni di governo dei suoi precedenti nemici (ciò che costituì una brusca inversione di tendenza rispetto alla precedente fase, ideologicamente motivata dal proposito di vendicare la Grecia dai soprusi dei Persiani!), c) la terza infine (330 - 327), consistente in una lotta all'ultimo sangue con i bellicosi satrapi delle regioni a est dell'Impero, davvero molto riottosi all'idea piegarsi a questo nuovo dominatore.

-- Dalla Siria all'Egitto --

Al termine della battaglia di Isso, Alessandro ripiegava immediatamente verso le regioni occidentali e costiere dell'Impero - Siria, Palestina, Egitto -, basi davvero essenziali per garantirsi un solido appoggio (ovvero un luogo sicuro in cui poter riparare, in quanto oramai sottratte al nemico) in vista delle successive campagne verso est, verso cioè l'interno del territorio persiano.

Come già era accaduto in Asia minore, anche in Siria la resistenza delle città costiere fenicie (nelle mani delle milizie persiane) fu praticamente nulla, ciò che peraltro fa risaltare ancor di più la sola eccezione a tale tendenza, ovvero la resistenza ad oltranza della città di Tiro, che fu presa solo dopo un estenuante assedio. A Tiro era infatti asserragliato lo stesso Dario III, che inutilmente tentò di intavolare delle trattative di pace con Alessandro per una pacifica spartizione dell'Impero.

Dopo le città fenicie, fu la volta della Palestina: una regione che tuttavia non aveva certo forze sufficienti per approntare una difesa efficace (era difatti una regione estremamente povera), non costituendo quindi un reale ostacolo per le armate del conquistatore macedone.

Ma il momento davvero culminante di questa fase espansiva, fu costituito dalla conquista dell'Egitto, una regione da sempre estremamente riottosa a sottostare alla dominazione persiana (si è già ricordato, a tale proposito, come essa fosse riuscita proprio in tempi recenti a conquistarsi l'indipendenza, pur essendo poi riconquistata dall'energico sovrano Artaserse III) a causa soprattutto di un radicatissimo orgoglio nazionale e di consolidate tradizioni indipentiste e autonomiste.

E fu proprio la prospettiva di una liberazione dal giogo straniero, dovuta al fatto che Alessandro non si proponesse agli Egiziani come un conquistatore bensì come un liberatore, essendosi dichiarato - nel rispetto delle loro tradizioni religiose e politiche - nuovo Faraone (…si consideri inoltre che l'Egitto non venne inglobato, quantomeno formalmente, all'interno dell'impero macedone, ma conservò una propria indipendenza) ciò che senza dubbio favorì l'opera di penetrazione militare e politica di quest'ultimo.

Trovato un accordo con le potenti elitès territoriali locali, in gran parte di carattere sacerdotale, egli poté così porre le basi del proprio potere, delegando soprattutto a cittadini Greci (la cui presenza in Egitto aveva origini molto antiche, risalendo - come si ricorderà - alla fondazione della città-emporio di Naucrati) il compito di amministrare una tale regione nel rispetto delle sue strutture e delle sue tradizioni.

Due cose in particolare meritano di essere ricordate nella permanenza di Alessandro in questa regione: il faticoso viaggio in pieno deserto intrapreso con parte del suo seguito verso l'oasi di Siwa, luogo dell'oracolo che, secondo l'interpretazione di molti storici antichi, gli confermò la sua natura divina (non si deve tuttavia dimenticare, che la tradizione egizia volesse ogni Faraone essere figlio del Dio Amon, cosa che apre molti interrogativi sulla vera natura di tale responso…); ed infine la fondazione, poco prima della partenza dall'Egitto, della colonia di Alessandria, una città che - contrariamente alle fondazioni successive - avrebbe da subito avuto, oltre che un ruolo amministrativo e militare, anche un ruolo commerciale (essendo tra l'altro situata in un punto strategico del Mediterraneo orientale) e ben presto anche culturale.

-- La morte di Dario III e l'adozione di Alessandro nella dinastia degli Achemenidi --

Ma fu presso Gaugamela, una piana situata nei pressi di Babilonia, che si combatté (331) la battaglia decisiva per i futuri sviluppi dell'impresa di Alessandro. Qui infatti, sconfitto una volta di più il suo avversario Dario III, il giovane condottiero macedone si aprì la strada per le successive conquiste verso le regioni dell'interno, lanciandosi inoltre in caccia del sovrano persiano, datosi tempestivamente alla fuga.

Alla battaglia di Guagamela e alla presa di poco successiva (330) della città di Persepoli, capitale dell'Impero achemenide, si può far quindi risalire l'inizio vero e proprio della fase asiatica e 'persiana' della sua missione.

Negli stessi momenti poi, in cui Alessandro giungeva a Persepoli, un uomo del suo seguito mandato in avanscoperta trovava il suo nemico Dario III oramai agonizzante. Il sovrano achemenide infatti, era stato ferito a morte da un suo fido alleato, un certo Besso, satrapo della Battriana (regione delle zone più orientali dell'Impero), il quale avrebbe in seguito conteso al macedone il titolo di Gran Re e di erede dello stesso Dario.

Una tale morte fu, per Alessandro, un'occasione davvero stupenda. In conseguenza di essa difatti, egli poteva celebrare al tempo stesso la presa della prima città persiana e - vista la morte del precedente sovrano, al quale venivano tributati non tanto gli onori che si convengono a un nemico, quanto quelli che si convengono ad un "padre" - la propria ascesa al trono di Persia, in qualità di erede della stessa dinastia degli Achemenidi.

Analizzeremo più vanti quelle che furono le (probabili) ragioni di una simile scelta (quella cioè di porsi come continuatore di una dinastia - quella achemenide - alla quale Alessandro non poteva certo sentirsi realmente legato, oltre che di far proprie le usanze e i metodi di governo di essa e delle elitès persiane che da secoli erano sue alleate nell'impresa di governo), limitandoci qui a sottolineare come una tale condotta provocasse col tempo un diffuso malcontento sia negli eserciti - i cui uomini tra l'altro, sempre più spesso erano costretti a convivere con elementi nuovi, cui venivano in sostanza parificati, reclutati tra le popolazioni autoctone -, sia all'interno del suo seguito greco-macedone - che guardava con preoccupazione al proposito di Alessandro di una fusione con la nobiltà e l'aristocrazia persiana e iranica -, sia infine (anche se ciò avvenne in tempi solo successivi) in quegli ambienti politici che Alessandro stesso aveva posto a guardia dei domini occidentali (e in primis proprio in Antipatro, amico fedele a cui egli aveva affidato il difficile compito di vigilare sull'irrequieta regione greca).

Un ultimo accenno va infine fatto alla guerra che in quegli stessi anni (332 - 331) si combatté in Grecia tra le forze d'occupazione macedone, comandate appunto da Antipatro, e quelle indigene, e in particolare spartane (Sparta difatti, come si ricorderà, non aveva aderito alla Lega di Corinto ed era quindi più libera, rispetto alle altre città-stato, di organizzare una controffensiva anti-macedone) al cui capo si poneva il re spartano Agide III.

Né in realtà la vittoria del 331 di Antipatro e delle milizie occupanti sui ribelli avrebbe decretato la fine - quanto piuttosto un semplice attenuamento - delle velleità indipendentiste greche, le quali infatti sarebbero riemerse con costante periodicità non solo nel corso della storia ellenistica, ma anche nel successivo periodo della dominazione romana!

-- Gli ultimi anni della conquista persiana --

Gli anni finali della conquista dei territori persiani sono interessanti per due ragioni: da una parte, per la maggiore ostilità dei satrapi delle regioni più orientali dell'Impero (rappresentati prima da Besso e poi, dopo la morte di questi, da Spitamene) all'invadenza politica e militare del macedone; dall'altra, per il radicalizzarsi di quella linea politica (che potremmo definire sincretistica) di fusione tra persiani e macedoni a livello di élites di comando, inaugurata da Alessandro negli anni immediatamente successivi alla battaglia di Gaugamela (331) - una linea che, per ragioni cui si è già accennato, avrebbe suscitato in seno al suo stesso seguito dei dissidi e delle fratture sempre più forti, alienandogli il consenso di gran parte dei suoi stessi amici e seguaci.

Quanto al primo punto, dopo l'insediamento di Alessandro sul trono persiano, non restava a questi che di portare a termine l'opera di sottomissione delle regioni ancora non raggiunte dai suoi eserciti, ovvero quelle situate ad est di Persepoli. Secondo la logica degli eventi, il suo compito era infatti ora quello di 'riappropriarsi' di territori che, in qualità di Gran Re, gli appartenevano di diritto.

Egli si lanciava dunque all'inseguimento del suo rivale Besso, dichiarato usurpatore del trono e traditore. Ma le ambizioni di Besso in realtà, non erano quelle di un individuo isolato, bensì piuttosto l'espressione di una volontà molto diffusa nelle zone orientali - già estremamente riottose al dominio degli Achemenidi - di non sottostare al dominio di un nuovo conquistatore, probabilmente anche in ragione delle sue origini occidentali. Né fu un caso che - come si è già detto - l'ultima fase dell'espansione persiana fosse per i Macedoni quella più dura, in ragione appunto della maggiore ostilità dei satrapi di tali regioni.

Raggiunto Besso in Sogdiana, territorio a nord-est della Battriana (la regione dalla quale proveniva appunto Besso), e dopo aver sottomesso al proprio dominio le varie satrapie incontrate lungo il cammino, Alessandro riservava al suo rivale una morte atroce, in stile appunto orientale, con la mutilazione del naso e delle orecchie e in seguito con la crocifissione! Una tale modalità d'esecuzione - assieme ad altri fatti che analizzeremo avanti - ci dimostra poi fino a che punto Alessandro fosse oramai compenetrato del cerimoniale e delle usanze dei sovrani asiatici e persiani, della cui regalità egli aveva inoltre fatto propria anche la natura più profonda (ovvero, in sostanza, l'atteggiamento dispotico, assolutistico e intollerante a qualsiasi dissenso… in una parola, il comportamento spietato e violento).

Dopo Besso, era poi la volta di Spitamente, di colui cioè il quale ne aveva raccolta l'eredità. Anche quest'ultimo veniva infatti nel 328 catturato e ucciso in Sogdiana dalle armate del macedone, proprio mentre quest'ultimo si spingeva con altri dei suoi soldati ancora più a est di tale regione.

Riguardo al processo di fusione e di contaminazione tra elitès occidentali ed elitès asiatiche e iraniche, citiamo qui alcuni eventi che ne dimostrano tutta la consistenza e la rivoluzionarietà. Alessandro era infatti ben deciso ad appoggiarsi alle precedenti classi politiche (qualora, ovviamente, queste ne avessero riconosciuta - con o senza guerra - l'autorità suprema) nella propria opera di governo dei nuovi territori, avendo inoltre - come abbiamo già detto - fatta propria sia la logica che le manifestazioni esteriori più tipiche della regalità asiatica e persiana.

Innanzitutto, egli costrinse i suoi uomini - seppure solo inizialmente ciò riguardasse, oltre agli asiatici, anche i greci e i macedoni - alla proscinesi (proskunesis), cioè alla prosternazione di fronte al sovrano: un'usanza questa che, essendo del tutto estranea alle abitudini degli occidentali, provocò degli enormi dissensi non soltanto tra i suoi soldati ma anche tra molti dei suoi amici e dei suoi più stretti collaboratori.

Inoltre, come reazione agli ultimi sviluppi della sua idea di regalità e ai progetti (da molti giudicati insensati) di espansione a oltranza verso le zone a est, si ebbero in quegli anni più attentati - veri o presunti - alla vita del sovrano, attentati a cui questi reagì mettendo in atto un "repulisti" generale all'interno del suo stesso seguito. Cadevano così teste eccellenti, quali quelle di Parmenione (un anziano e validissimo generale macedone) e di suo figlio Filota, nonché poco dopo quella di Clito (un vecchio e fidato amico di Alessandro, colpevole di non approvarne né le ambizioni d'espansione territoriale, né la loro modalità di attuazione) e dello storico greco Callistene.

Un altro evento esemplificativo della nuova linea politica e dinastica del conquistatore macedone, furono poi le sue nozze con Rossane, una delle figlie di Ossiarte (un potente satrapo iranico). Con esse, Alessandro inaugurava un processo di fusione - ora non più soltanto culturale, ma anche "fisica" - dei greco-macedoni con le precedenti élites persiane, dimostrando una volta di più il suo serio proposito di uniformarsi alle tradizioni dei precedenti dominatori.

Un ultimo fatto - peraltro forse ancora più decisivo dei precedenti per gli equilibri della compagine macedone - va poi ricordato, e cioè il continuo afflusso di elementi indigeni nelle fila dell'esercito di Alessandro. Una scelta questa, dovuta a una sempre maggiore carenza di uomini nelle milizie (molti veterani dovevano infatti essere congedati, e non era semplice far affluire nuovi elementi dalle regioni più occidentali dell'Impero), e all'esigenza conseguente di sempre nuovi arruolamenti. Ma una tale composizione 'mista' degli eserciti non poteva non provocare - ora come in futuro - un profondo malcontento tra i soldati occidentali, abituati a guardare con disprezzo e con un profondo sentimento di superiorità agli indigeni delle regioni sottomesse.

(d) Il tentativo di conquista dell'India, il ritorno a Susa e la morte (327 - 323)

Gli anni conclusivi del regno di Alessandro (327 - 323) furono caratterizzati da una parte da imprese di conquista sempre più azzardate (Alessandro infatti decideva allora di spingersi fino in India, una regione totalmente sconosciuta e inesplorata per gli Elleni, la cui realtà sfumava ai loro occhi nel mito e nella fantasia…) e strategicamente immotivate (se non addirittura controproducenti); e dall'altra da un'ultima fase di riassetto dei propri domini, secondo peraltro le direttive già descritte sopra, improntate alla fusione tra gli invasori occidentali e le precedenti classi di potere.

Per ciò che riguarda la missione indiana di Alessandro, possiamo dire che questi si spingesse nelle zone più occidentali di una tale regione giungendo fino alle foci del fiume Indo, ovvero - secondo le conoscenze geografiche dell'epoca - ben oltre i confini del mondo effettivamente esplorato dai Greci.

Una delle imprese conclusive sul piano militare, fu la sottomissione nel 326 di un potente principe indiano, Poro, i cui domini venivano così inglobati (almeno formalmente) all'interno dei confini dell'Impero Persiano.

Dopo una tale conquista, Alessandro si spingeva ulteriormente a est, spinto questa volta principalmente da interessi di carattere conoscitivo e geografico, patrocinando tra l'altro l'audace esplorazione navale di Nearco, il quale riusciva dalla foce dell'Indo a giungere fino all'attuale stretto di Hormuz (all'imboccatura del Golfo Persico) redigendo inoltre un ampio resoconto del proprio viaggio.

Né è da credere che l'inquieto sovrano macedone avrebbe concluso lì le proprie avventure. A ciò egli fu piuttosto costretto dallo sfinimento delle proprie truppe, le quali - piegate da fatiche davvero inumane - ad un certo punto si rifiutarono categoricamente di procedere.

E' certo inoltre che egli - fatto ritorno prima a Susa, e poi a Babilonia - intendesse un tale rientro, oltre che come un provvedimento necessario a ristabilire l'ordine su domini ormai da troppo tempo abbandonati a se stessi, anche come una pausa in vista di nuove imprese di conquista sia verso oriente, sia - un fatto che non si deve assolutamente trascurare! - verso occidente, verso cioè il Mediterraneo occidentale e i domini dei Fenici.

Il ritorno dall'India nel 324, fu contraddistinto da tre eventi principali: prima di tutto le cosiddette "nozze di Susa" nelle quali Alessandro costrinse (coerentemente con il proprio programma di formazione di una classe dominante "mista", composta da greci, macedoni e persiani) un'ottantina circa dei suoi ufficiali e mille dei suoi soldati a prendere in moglie delle spose persiane; un altro evento, molto indicativo degli attriti che una tale politica di commistione culturale suscitava all'interno delle milizie, fu la rivolta di queste nel 324 presso la città di Opi, in conseguenza della sempre maggiore parificazione tra i quadri occidentali e quelli asiatici (detti "epigoni", ovvero <<i venuti dopo>>) posta in atto da Alessandro.

Un ultimo evento, certo non meno significativo dei precedenti, va poi ricordato: l'ingiunzione fatta nel 324 alle città-stato greche di permettere il rimpatrio dei propri esiliati, seguita poco dopo dalla richiesta - cui esse si sottomisero molto presto - di un riconoscimento della propria natura divina (apoteosi), e con ciò implicitamente della natura assoluta del proprio dominio su tutti i territori dell'Impero !

Aveva così esplicitamente inizio una nuova fase nel governo di Alessandro sulla Grecia, e in generale sulle regioni occidentali. Se infatti, fino ad allora, egli aveva comandato tali regioni essenzialmente nel rispetto degli accordi che lo vedevano come un "tutore" e un alleato delle città aderenti alla Lega di Corinto, da allora in poi sia lui che i suoi successori - i sovrani ellenistici - avrebbero comandato su di esse in qualità di sovrani assoluti, despoti la cui volontà non era sottoponibile ad alcun giudizio!

Nel 323 presso Babilonia, la città che avrebbe voluto trasformare nella capitale del suo regno, Alessandro moriva per un attacco di malaria, senza dubbio a causa di un organismo che - pur giovane - era già alquanto affaticato e indebolito da una vita estremamente intensa e troppo spesso sregolata (egli era infatti di frequente impegnato in banchetti e bevute di 'dionisiaca memoria'…).

Morendo, il Macedone lasciava ai posteri un Impero enorme e praticamente ingestibile in una forma unitaria: sia a causa della sua vastità, sia a causa della sua debolezza istituzionale e dei dissidi che essa inevitabilmente finiva per generare tra i suoi uomini più potenti (i diadochi) - un argomento questo, del quale ci occuperemo nel prossimo paragrafo.

Possiamo dunque, in conclusione, asserire che Alessandro iniziasse la sua opera di conquista dell'Asia e della Persia in veste di sovrano occidentale, assumendo in un secondo momento (dal 330 circa) i connotati tipici della regalità asiatica e persiana, ed estendendo infine negli ultimi due anni della sua vita (324 - 323) tali connotati anche alle regioni occidentali - peraltro abituate a tutt'altro stile di governo… - del proprio dominio.

Vediamo ora le ragioni di queste trasformazioni, e con ciò il divenire stesso a livello istituzionale e politico-militare del grande regno di Alessandro Magno.


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015