LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Storia ed evoluzione della Grecia classica


Struttura e debolezza dell'Impero di Alessandro Magno

Dopo avere tratteggiato velocemente le vicende che furono alla base della nascita del grande Impero di Alessandro, vogliamo tentare qui - altrettanto velocemente - di delineare quelli che furono i presupposti materiali e ideologici di un tale Impero, nonché le ragioni di quella debolezza di fondo che - nei decenni immediatamente successivi alla morte del conquistatore macedone - lo portarono a una rapida disgregazione.

La nostra analisi (in gran parte peraltro, riferita a quelle regioni asiatiche e persiane che costituirono la vera novità rispetto ai decenni precedenti) affronterà l'argomento puntando l'attenzione su alcuni particolari aspetti di tale Impero, e cioè : a) gli eserciti e i loro insediamenti usuali, cioè le colonie; b) il ruolo svolto dalle istituzioni precedenti l'arrivo di Alessandro e dei conquistatori occidentali (nonché la precedente ideologia del potere regale, le precedenti usanze ecc.); c) ed infine le trasformazioni che, già a partire dagli anni di Alessandro Magno, furono impresse alla vita sociale ed economica dai nuovi dominatori. Infine, d), tratteggeremo le linee essenziali di quel processo di disgregazione che prese avvio alla morte di Alessandro Magno, nel 323.

Gemito - Alessandro Magno (1922)

(a) Il ruolo degli eserciti

Come nel caso di tutti gli imperi di conquista, anche per quello di Alessandro fondamentali e fondanti furono gli eserciti!

Questi svolsero infatti un compito doppio: da una parte, resero possibile la conquista di sempre nuovi territori, mentre dall'altra - per circostanze di per sé già abbastanza chiare, ma che verranno comunque descritte sia qui che più avanti - assicurarono la 'fedeltà' dei satrapi locali al nuovo dominatore.

Dopo una prima fase di 'sfondamento' e di conquista territoriale, era infatti necessario creare dei presidi militari che, insediati stabilmente sulle regioni appena sottomesse, vigilassero sulla corretta gestione di esse da parte di quei funzionari che Alessandro stesso aveva posto o ri-confermato alla loro guida.

Salvo eccezioni, gli eserciti vennero insediati in città coloniali per essi appositamente fondate (cioè le molte "Alessandrie" che sorsero in quegli anni dall'Egitto fin oltre la Sogdiana: Alessandria d'Egitto, Alessandria Bucefala, Alessandria Èscata, ecc.), città poste in luoghi strategici, e nelle quali di solito si svolgeva una vita relativamente simile a quella delle loro omologhe occidentali, loro lontane ispiratrici.

Le milizie dunque, soprattutto in questa primissima fase dell'insediamento delle elitès greco-macedoni, furono il nerbo stesso della dominazione straniera sui territori asiatici.

(b) Il rapporto di Alessandro e dei greco-macedoni con il precedente Stato persiano

Si dice spesso che Alessandro creò un proprio Impero in soli tredici anni, ma ciò non è del tutto esatto: sarebbe molto più corretto dire che egli ne colonizzò uno già esistente - quello persiano - assommandolo poi a quei territori occidentali su cui suo padre aveva, nei decenni precedenti, già esteso le proprie influenze, e guadagnandovi infine (in veste di nuove satrapie) alcune zone dell'India più occidentale.

Fondamento istituzionale di tutta la sua opera di conquista fu il fatto di utilizzare le precedenti strutture del dominio persiano, ovvero le satrapie, inizialmente - il che equivale a dire "nei territori più occidentali" - insediandovi uomini del suo seguito, e in un secondo momento - all'incirca cioè, a partire dagli anni successivi alla battaglia di Gaugamela (331) - mantenendovi con frequenza sempre maggiore le precedenti élites di potere iraniche (seppure, chiaramente, dopo averne ottenuto la sottomissione).

Ma questa seconda fase del dominio politico di Alessandro va approfondita ulteriormente: in essa infatti risiede non solo la principale ragione di fascino (e di attualità) della sua impresa e della sua stessa figura umana e politica, ma anche la profonda contraddittorietà di tutta la sua opera, costantemente in bilico tra due mondi la cui coesistenza si sforzò senza molto successo di rendere possibile.

Come si è inoltre già accennato, la politica di avvicinamento ai Persiani da parte di Alessandro (una strategia inaugurata, pare, con la volontaria sottomissione del satrapo di Babilonia Mazeo, al quale fu concesso di conservare, seppure in nome di un nuovo dominio, il proprio posto di comando) non si limitò soltanto all'aspetto di cooperazione con le precedenti classi politiche o all'arruolamento delle popolazioni iraniche negli eserciti, ma anche a quello di assimilazione a livello politico e culturale dei connotati della precedente dinastia achemenide, e più in generale delle concezioni e dei comportamenti più tipici della tradizione regale asiatica (dispotismo orientale).

Dichiarandosi ufficialmente, dopo la presa di Persepoli, come l'erede di Dario III, Alessandro si impegnava infatti in qualche modo a ricalcare le orme di quest'ultimo, rinnegando così gli aspetti tradizionali sia esteriori che interiori della sovranità occidentale (come, ad esempio, la natura limitata del proprio potere, sottoposto - come si è già più volte accennato - al giudizio dell'Assemblea dei guerrieri…) e facendo propria la logica di una regalità, quella persiana, caratterizzata da un'assoluta sottomissione di tutti i sudditi - compresi i più stretti collaboratori e amici del Re - alla propria volontà, dall'obbligo (se non per tutti, per quasi tutti) della prosternazione in propria presenza, ecc.

Né è possibile evitare di fare delle ipotesi sul perché di una scelta che - date le implicazioni anti-macedoni e anti-greche che molti, non solo all'interno del suo seguito, ma anche nelle regioni occidentali del suo dominio, vi avrebbero visto - inevitabilmente sarebbe stata foriera di grandi conflitti tra le popolazioni delle zone più occidentali dell'Impero.

Per ciò che riguarda l'aspetto di collaborazione con le classi di potere iraniche e, sul versante degli eserciti, l'arruolamento sempre più diffuso di elementi tratti da tali popolazioni, possiamo dire che ciò fu dovuto essenzialmente ad una sempre maggiore carenza di uomini nelle fila stesse degli eserciti invasori: non vi erano infatti uomini a sufficienza né per creare una classe egemone che controllasse un territorio così vasto, né per mantenere in vita delle milizie i cui quadri originari si andavano col tempo sempre più assottigliando. A ciò si aggiunga poi un ultimo fattore, certo non meno cruciale dei precedenti, e cioè le enormi difficoltà di comprensione - sia linguistiche che (più in generale) culturali - dei greco-macedoni con popolazioni tanto distanti dai loro paesi di provenienza.

Per ciò che concerne invece l'aspetto più profondo della trasformazione di Alessandro Magno, cioè la sua assimilazione non solo esteriore e comportamentale ma anche interiore, alla tradizione regale del dispotismo orientale, possiamo dire che anche in questo frangente un ruolo considerevole fu senza dubbio giocato da considerazioni di natura 'pratica': quali ad esempio l'esigenza di conformarsi ad abitudini e a concezioni sedimentate nella coscienza degli asiatici fin dalla notte dei tempi (al fine quindi, di non tradirne le aspettative riguardo al ruolo del sovrano), come anche l'esigenza molto concreta - data la vastità del proprio dominio - di istituire un centro politico e direttivo forte, attraverso il quale tenere sotto controllo le spinte centrifughe interne ad esso (un fatto che già i sovrani Achemenidi avevano sperimentato, così come, in futuro, avrebbero fatto i sovrani ellenistici e in seguito gli stessi imperatori romani).

A tutto ciò però, è doveroso aggiungere un dato costitutivo della stessa personalità di Alessandro Magno: e cioè la sua inesauribile sete di potenza e di dominio, nonché quelle concezioni (riguardanti la natura divina delle sue due stirpi d'origine) all'ombra delle quali si compirono la sua educazione e il suo sviluppo mentale, fattori che abbiamo già descritto brevemente laddove ci siamo occupati della sua personalità.

Nel complesso dunque, possiamo dire che Alessandro Magno partì dalla Grecia ancora occidentale, ma che col tempo divenne - se non un orientale - quantomeno un individuo fondamentalmente apolide, impossibile cioè da ricondurre nell'alveo di un'unica matrice storica e culturale !

Né va dimenticata inoltre la fase finale del suo impero: fase nel corso della quale (324) Alessandro si decise ad estendere anche ai Greci - e agli occidentali in genere - i metodi di governo tipici della regalità asiatica. Un fatto che, da molti punti di vista, depone a favore dell'idea di un Alessandro oramai anche interiormente "orientalizzato", insofferente quindi alle tradizioni più peculiarmente elleniche e occidentali.

E' anche da osservare però, come egli si rendesse ben conto dell'impossibilità di istituire in quelle zone un cerimoniale di tipo asiatico (quale ad esempio, la pratica della proscinesi o prosternazione dei cittadini di fronte al sovrano), così come dell'impossibilità di giustificare con le idee della tradizione persiana il proprio dispotismo di sostanza. In tale frangente infatti, egli ricorse alla tradizione - tipicamente greca - dell'apoteosi, ovvero dell'innalzamento di un mortale al rango degli dei (un discorso assolutamente improponibile per la cultura persiana, la quale al contrario poneva tra divino e umano una distanza incolmabile !)

In tal modo poi, i Greci vedevano realizzata (e possiamo anche dire, tutto sommato, loro malgrado), quell'aspirazione a un dominatore assoluto e semi-divino, che a partire dalla fine delle guerre del Peloponneso li aveva sempre più ossessionati, e che già in passato si era inverata - seppure in forme decisamente più blande - nel culto della personalità di condottieri del calibro dello spartano Lisandro.

Quanto ai satrapi asiatici, bisogna ricordare una volta di più come Alessandro - meno sicuro ovviamente della loro fedeltà, che non di quella dei suoi connazionali - usasse affiancare ad essi delle specie di 'presidi militari' (le colonie, di cui si è parlato all'inizio del presente paragrafo) al cui comando erano sempre posti dei generali macedoni o - più raramente - greci, il cui incarico era appunto quello di vigilare sull'operato dei persiani.

(c) Trasformazioni sociali ed economiche della Persia sotto la dominazione greco-macedone

Fin qui abbiamo parlato della dominazione occidentale in Asia come se unica particolarità di essa fosse la presenza di un nuovo dominatore (Alessandro Magno) che, affiancato da una schiera di funzionari, in parte greco-macedoni e in parte persiani, non solo non apportò - né livello sociale, né a livello politico - nessun mutamento al precedente sistema di vita, ma che anzi cercò quasi di 'mascherare' (soprattutto nelle regioni più orientali dell'Impero) l'avvenuto cambiamento di leadership, sotto l'apparenza di una continuazione dell'antico dominio achemenide.

Se in ciò vi è effettivamente del vero, non bisogna però nemmeno esagerare la portata di una tale affermazione. Tanto Alessandro quanto - e ancor più di lui - i sovrani ellenistici suoi successori, avviarono infatti delle profonde e sostanziali trasformazioni nello stile di vita degli stati sottomessi e dominati (ciò che fu vero, in particolare, per le città) sia sul piano culturale, sia su quello politico, sia - e certo non di meno - su quello economico.

Collocandosi però la dominazione di Alessandro giusto agli inizi del processo colonizzazione delle regioni orientali, questi di fatto non ebbe né il tempo né il modo di incidere in profondità sul tessuto sociale di esse. Ciò non toglie tuttavia, che già questo primo sovrano iniziasse ad apportare - attraverso il cambiamento rispetto al periodo degli Achemenidi di alcuni aspetti essenziali della gestione della cosa pubblica - alcune modifiche sostanziali nello stile di vita dei popoli asiatici.

I provvedimenti principali in tal senso furono due : da una parte (e in particolare dopo la presa di Persepoli, sede principale delle immense ricchezze dei sovrani Achemenidi), Alessandro utilizzò i propri fondi soprattutto per finanziare le milizie - anziché tenerli "congelati" sotto forma di ricchezza tesaurizzata, secondo le abitudini dei precedenti sovrani. In questo modo, una massa enorme di nuova ricchezza iniziò a circolare entro i confini dell'Impero, passando dalle casse reali alle tasche dei soldati dei suoi eserciti e riversandosi infine, attraverso il commercio, in quelle degli indigeni : un apporto non indifferente, come si potrà facilmente immaginare, all'incremento dei traffici e delle attività commerciali in genere, nei confini di un Impero quale quello persiano, ancora essenzialmente legato - secondo i connotati tipici delle società asiatiche - ad un'economia centralizzata e statalizzata, in massima parte ancora volta alla sussistenza e all'autoconsumo!

Un altro provvedimento, peraltro essenzialmente legato a quello precedente, fu la creazione di una prima unità monetaria che favorisse la circolazione delle merci all'interno dell'immenso dominio di Alessandro, con l'imposizione del piede attico (moneta argentea) a base unica degli scambi internazionali - una misura che costituì peraltro la soluzione di una precedente situazione di caos monetario, riguardante soprattutto le regioni occidentali, e che aveva ripercussioni negative sulla diffusione dei commerci in tali zone. (Un dato questo, che ci induce a riflettere sui vantaggi che la nascita di una nuova unità politica poteva avere - anche tramite tali provvedimenti monetari - su un'economia in piena espansione, quale era al tempo quella greca ed in generale quella occidentale.)

Bisogna altresì ricordare, una volta di più, come queste primissime trasformazioni sociali ed economiche, frutto dell'intuito e dell'inventiva di Alessandro Magno, avrebbero nei decenni e nei secoli successivi - in coincidenza con lo sviluppo di un'economia di mercato sempre più vasta - conosciuto un enorme sviluppo. E che ciò avvenne, almeno inizialmente, a vantaggio soprattutto delle classi affaristiche e capitalistiche greche e occidentali, le quali in tale nuova situazione trovarono terreno fertile per estendere i propri traffici e, con essi, il proprio giro di affari.

Non si deve d'altra parte credere che tali trasformazioni coinvolgessero in maniera significativa l'intera popolazione dei territori asiatici. Il cambiamento degli stili di vita difatti, rimase confinato soprattutto alle città, coinvolgendo essenzialmente gli abitanti di queste ultime: cioè gli occidentali immigrati (inizialmente componenti delle milizie, cui però nei decenni seguenti si sarebbero affiancati anche mercanti, poeti, filosofi, artigiani… e più in generale i normali abitanti delle città occidentali e, in particolare, di quelle greche), e le popolazioni indigene "ellenizzate" (ovvero, in sostanza, le classi alte delle stesse società asiatiche).

Nelle campagne viceversa, che erano sede tanto della maggior parte della popolazione quanto della vera e propria produzione dei beni d'uso (compresi quelli poi destinati ai mercati), rimase di solito in vigore l'antica economia: centralistica, comunitaria e pianificata, e prevalentemente volta all'autoconsumo (e comunque non orientata in senso capitalistico).

In conclusione, se da una parte possiamo dire che Alessandro riprese le antiche strutture dell'Impero achemenide, utilizzandole come base per il proprio dominio, dall'altra possiamo anche dire che egli pose i semi e i fondamenti di quelle future trasformazioni sociali (legate sia a un ulteriore sviluppo dei commerci su larga scala, sia all'introduzione - seppure prevalentemente al livello delle ristrette élite cittadine - di stili di vita e di pensiero tipicamente occidentali) che nei secoli successivi sarebbero maturati nel grande 'esperimento' della civiltà ellenistica - una civiltà assolutamente inedita, i cui caratteri peculiari sorgevano dalla fusione e dalla reciproca contaminazione di due culture tra loro estremamente differenti : quella orientale e quella occidentale.

(d) Debolezza dell'Impero di Alessandro Magno

Ma la vera debolezza della costruzione di Alessandro, non consisté nella sovrapposizione di una ristretta élite affaristica e cittadina, legata a stili di vita occidentali, ad una massa di contadini e produttori orientali (e ciò anche perché la gran parte delle popolazioni asiatiche era, ormai da secoli, abituata a sottostare alla dominazione di genti straniere, con abitudini convinzioni e comportamenti anche molto differenti dalle proprie…) Vero elemento di debolezza di una tale creazione, fu piuttosto quella componente unitaria che Alessandro - sulla scia dei precedenti dominatori - si illudeva di poter conservare ancora a lungo.

Una tale vastità di territori infatti, che avevano dato del "filo da torcere" anche agli Achemenidi e alle élites dominatrici persiane (espressione di una cultura politica e istituzionale - quella asiatica appunto - da sempre estremamente incline ad organizzarsi in formazioni territoriali di grandi e grandissime dimensioni), non poteva certo essere mantenuta a lungo dalle nuove élites di comando greco-macedoni, abituate a ben altri stili di governo e a stati di tutt'altre dimensioni!

Non a caso, dopo la morte del tutto inaspettata di Alessandro Magno nel 323 a soli trentatrè anni (che ovviamente non diede a questi il modo di designare un proprio successore), i "diadochi", ovvero i potenti generali che, seppure in qualità di 'funzionari' del supremo potere del monarca, già sotto quest'ultimo si erano spartiti tra loro l'Impero, non sarebbero riusciti (né soprattutto l'avrebbero voluto!) a trovare un accordo su chi dovesse comandare su tutti gli altri.

Da ciò, come logica conseguenza, lo smembramento dell'enorme costruzione statale - in un lasso di tempo di circa quindici anni - in alcuni sotto-stati, di per sé peraltro già molto vasti, e i cui confini sarebbero inoltre rimasti sempre di incerta definizione.

Possiamo dire dunque che, dei vari aspetti (e delle varie intuizioni) posti da Alessandro Magno a base del proprio dominio, l'unico a non trovare praticamente alcun seguito dopo la sua morte, fu appunto l'idea di un Impero unitario (erede, almeno nelle sue intenzioni, di quelle tradizioni di potere asiatiche e achemenidi che tanto lo avevano affascinato).

Al contrario, tutti gli altri punti del suo programma di governo - seppure, si intende, in diverse misure -, a partire dalla fusione e contaminazione (politica, culturale, sociale ed economia) tra le tradizioni asiatiche e quelle occidentali, per arrivare alla creazione di una rete commerciale stabile le cui rotte partissero dal Mediterraneo orientale giungendo fin oltre il Golfo Persico, avrebbero nel periodo dei Regni ellenistici e in quello della successiva dominazione romana, conosciuto un notevolissimo sviluppo.

La volontà "immaginifica" di Alessandro Magno era insomma riuscita a porre le basi di un mondo del tutto nuovo, un mondo che - nell'Ellenismo prima, e successivamente nell'Impero romano - avrebbe trovato il proprio proseguimento e la propria eredità!


a cura di Adriano Torricelli

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Antica
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Aggiornamento: 01/05/2015