STORIA ROMANA


NERVA, TRAIANO E GLI ANTONINI: L'APOGEO DELL'IMPERO

2. Traiano, 'optimus princeps' (98-117)

A. Origini di Traiano

A conferma della volontà di Nerva di assecondare le forze legate al partito imperiale, possiamo dire che il suo successore - da lui stesso appositamente scelto - è un uomo d'armi la cui carriera è legata essenzialmente all'esercito, e le cui origini inoltre - primo fra tutti gli imperatori romani - non sono né romane né italiche, ma spagnole.

La sua elezione al principato è dunque una chiara riscossa delle forze provinciali, della nobilitas di nuova nomina, degli eserciti e in generale delle forze politico-sociali favorevoli a un orientamento imperialistico e in lotta con quelle tradizionaliste filo-repubblicane.

Traiano passerà alla storia come l'Optimus princeps, ovvero come il migliore imperatore conosciuto da Roma nell'arco di tutta la sua lunga storia.

Con lui infatti (anche se, ovviamente, non soltanto per merito suo) l'Impero conoscerà un'impennata nei traffici interni e un periodo di notevole rigoglio economico.

Inoltre, anche grazie all'impegno da lui portato avanti nell'opera (iniziata in realtà molto tempo prima, da Augusto e da Vespasiano) di rinnovamento nella composizione del Senato, si inaugurerà in questi anni un periodo caratterizzato da un atteggiamento di concordia e di riappacificazione tra le istituzioni dell'Impero e la nobilitas senatoria, una sorta di riconciliazione (fittizia) tra i valori dell'universalismo monarchico e quelli della libertas senatoria e nobiliare.

Un altro motivo di prestigio prima e di gloria poi, così presso i contemporanei come presso i posteri, sarà costituito per Traiano dalle molteplici imprese belliche. Il suo periodo coincide, infatti, con l'ultima fase espansiva dell'Impero romano, quella nella quale esso tocca i suoi confini estremi, giungendo perfino a comprendere al proprio interno i territori partici della Mesopotamia.

E anche se in realtà, tali imprese avranno più un valore simbolico (legato cioè al prestigio delle loro tali vittorie militari) che reale (Roma difatti non riuscirà a mantenere a lungo molti dei nuovi territori), esse contribuiranno comunque a consolidare la fama di Traiano come di un eccellente condottiero, e a far ricordare il suo principato come il più "glorioso" dell'intera storia romana.

B. La politica interna

Attraverso la propria politica interna Traiano persegue essenzialmente due finalità: quella del rafforzamento dell'ordine imperiale (sia a livello sociale, sia a livello amministrativo) e quella del mantenimento della centralità politica delle regioni occidentali all'interno della compagine imperiale, in particolare (nonostante le sue origini spagnole) dell'Italia.

Non che una tale politica filo-occidentale sia, in assoluto, una novità. Come noto, essa era divenuta una costante tra gli imperatori dopo il fallimento della linea orientalista di Caligola e Nerone.

Lo stesso vale per la politica monarchica e anti-repubblicana (volta cioè all'indebolimento degli antichi poteri e delle strutture d'origine arcaica) in atto fin dai tempi di Augusto, seppure con le dovute riserve e i dovuti 'camuffamenti'.

Tuttavia nel periodo traianeo, la centralità e il dirigismo dello Stato si spingono a un livello mai raggiunto prima: egli infatti, avendo il vantaggio di partire nella propria azione dalle riforme e dalle conquiste già raggiunte dai suoi predecessori, riuscirà ad infliggere dei duri colpi ai sostenitori della linea tradizionalista e repubblica.

Ciò non deve tuttavia indurre a credere che Traiano, nelle sue manifestazioni pubbliche, manchi in alcun modo di rispetto al Senato.

Nonostante le proprie origini, provinciali e militari, egli dimostra infatti grande deferenza nei confronti di tale istituzione, e più in generale delle tradizioni patrie, sulla base di un programma di riappacificazione (concordia) tra il vecchio e il nuovo ordine: programma reso possibile in realtà anche dal profondo rinnovamento - avvenuto sotto l'Impero - della classe nobiliare, ovvero dalla sostituzione di molte delle più antiche famiglie nobiliari con altre di nuova nomina, molto spesso di origini provinciali ed equestri.

Accanto a tali trasformazioni di carattere politico (miranti a rafforzare la centralità dello Stato e dell'Imperatore), sono in atto già da tempo all'interno dell'Impero anche delle profonde trasformazioni di carattere sociale, trasformazioni il cui elemento caratterizzante è essenzialmente lo sviluppo di una vasta classe media.

Tra i due fenomeni inoltre - quello sociale e quello politico-istituzionale - sussiste anche una profonda interrelazione.

Se infatti a livello amministrativo assistiamo al fiorire di una vasto ceto medio, impegnato in mansioni di carattere burocratico e amministrativo, e di un esercito professionale (le cui funzioni sono prevalentemente di carattere difensivo), si assiste anche parallelamente all'emergere e all'affermarsi di una vasta fetta di popolazione - che si affianca a quella precedente - impiegata in attività affaristiche e commerciali.

Tale concomitanza poi non è certo casuale: lo sviluppo di un efficiente apparato statale è difatti condizione imprescindibile per quello di una vasta rete di traffici interni, sia attraverso la sicurezza delle rotte marittime e terrestri, sia attraverso un'organizzazione complessiva dei territori a livello amministrativo. D'altronde, l'esistenza di una tale rete richiede e consolida a sua volta quella degli apparati statali.

In questi anni diviene dunque sempre più evidente - toccando al tempo stesso i suoi apici - un processo, le cui origini risalgono ancora al periodo di Ottaviano e della tarda repubblica, di reciproco sostegno tra lo Stato e le classi medie, una sorta di "circolo virtuoso" che sarà una delle basi della solidità dell'Impero.

Possiamo schematizzare così un tale meccanismo:

Un altro elemento amministrativo e organizzativo che, sebbene già introdotto precedentemente, viene da Traiano ulteriormente consolidato, è l'utilizzo di esponenti equestri (anziché quello più tradizionale dei liberti) nelle sfere più alte dell'amministrazione pubblica.

In un unico frangente Traiano si mostra refrattario ad assecondare i nuovi orientamenti politici, laddove decide - in contrasto con la tendenza al decentramento che da sempre caratterizza la politica imperiale - di conservare all'Italia una notevole centralità politico-amministrativa. Ma quest'ultima deve essere intesa, molto probabilmente, come una misura finalizzata essenzialmente al rilancio economico della penisola.

Egli recluta difatti i quadri amministrativi imperiali prevalentemente tra gli esponenti della borghesia municipale italica, nonostante sia in atto - già da tempo - un processo di parificazione politica tra i cittadini dell'Impero (processo che va ovviamente a scapito delle popolazioni romano-italiche, attraverso lo smantellamento graduale dei loro privilegi).

Un ultimo problema con il quale Traiano deve fare i conti è, appunto, la crisi economica e demografica italiana.

Per arginare un tale fenomeno egli prenderà essenzialmente due provvedimenti: la promulgazione nel 108 di un provvedimento che costringe i nobili senatori (in gran parte ormai latifondisti provenienti dalle province) ad investire almeno un terzo dei propri patrimoni in terre italiane; e l'istituzione delle alimentationes, istituzioni statali di carattere assistenziale il cui scopo è di fornire agli orfani italici l'opportunità di studiare e, in età adulta, di entrare a fare parte dei quadri più bassi dell'amministrazione imperiale, nonché - attraverso un meccanismo di prestiti - di favorire e aiutare la ripresa dell'economia italiana.

Bilancio della politica traianea

Gli anni di Traiano conoscono il definitivo decollo dell'economia di scambio, di contro alle antiche resistenze dell'economia (nonché della mentalità e delle tipiche concezioni politiche) del capitalismo fondiario le cui origini risalgono ancora al periodo della monarchia (si ricordi ad esempio, la situazione della Roma monarchica, segnata da una netta contrapposizione tra i nobili latifondisti, o patrizi, e i loro clienti, o plebei).

Ma un tale decollo è favorito e reso possibile - oltre che dalle molteplici opere pubbliche (quali strade, acquedotti, ecc.) portate avanti sia in questi che negli anni precedenti - dal definitivo affermarsi di un nuovo assetto sociale e istituzionale, un fenomeno le cui premesse sono state poste nel corso della lunga trasformazione di Roma in potenza internazionale e imperiale.

L'Impero dunque, nonostante la centralità politica delle zone occidentali, si sviluppa sempre più secondo un modello politico di tipo ellenistico-orientale, essendo caratterizzato da: 1) un forte potere centralistico dello stato ("dirigismo statale"); 2) un notevole sviluppo dei settori amministrativi e dell'economia di scambio: quindi, sul piano sociale, dei ceti medi, 3) il prevalere dell'economia monetaria (cioè dei capitali mobili) su quella terriera (dei capitali immobili).

E' da ricordare, inoltre, l'attenzione riservata da Traiano (ma anche dal suo predecessore, Nerva) ai problemi economici e sociali che funestano la penisola italiana, e il suo tentativo di conservare a essa un ruolo di centralità sul piano amministrativo e politico.

C. La politica d'espansione

Coerentemente con le proprie origini militari, Traiano porta avanti una politica espansionistica molto aggressiva.

Essa segnerà per altro la fine della fase espansiva di Roma, giunta ormai (per ragioni come vedremo qui di seguito) ai limiti estremi di estensione e di governabilità.

Le ragioni che, molto probabilmente, spingono Traiano a perseguire un tale tipo di politica sono da ricercarsi principalmente nel desiderio di prestigio militare (fonte sicura di consensi politici in tutti gli strati della popolazione), e nella prospettiva di un ulteriore arricchimento dell'Impero e dello Stato.

Le campagne sostenute da Traiano nel corso del suo principato saranno essenzialmente cinque: due combattute contro la Dacia, una contro gli Arabi, una contro gli Ebrei della Cirenaica, un'ultima infine contro il regno dei Parti.

Tra esse le più significative sono senza dubbio l'ultima e le prime due, mentre le guerre contro gli Arabi e gli Ebrei possono considerarsi in gran parte fasi intermedie di un più ampio piano di estensione e consolidamento dell'Impero verso Est, piano culminante appunto nell'ultima grandiosa campagna contro il nemico storico di Roma: il regno dei Parti.

La guerra dacica viene portata avanti principalmente per due motivi: la ricchezza naturale delle zone danubiane, e l'esigenza di arginare le continue incursioni - guidate dal re Decebalo - dei popoli risiedenti in quella regione.

Mentre la prima campagna (101-102) si concluderà con una sottomissione parziale della Dacia, che - seppure rapidamente 'romanizzata' - non sarà ancora ridotta a provincia romana; la seconda campagna (105-106), che si deve alla ribellione dello stesso re Decebalo, dai romani conservato sul trono al termine del conflitto, si concluderà nel 106 con l'annessione definitiva di tale regione all'Impero.

Una tale annessione inoltre rimpinguerà parecchio le casse dello Stato, essendo la Dacia abbondantemente provvista, tra le altre ricchezze, d'oro (uno dei motivi peraltro alla base di queste guerre!)

Le imprese militari di Traiano in Dacia verranno infine celebrate nella celebre 'Colonna traiana', un'opera del 113.

Al termine delle campagne danubiane, Traiano inizia una nuova serie di conflitti, stavolta nelle zone orientali.

Motivo di essi è la ripresa delle ostilità tra Roma e le regioni partiche, le quali - non più funestate dalle incursioni degli Unni e dell'esercito della dinastia Han (proveniente dall'estremo oriente) - hanno interrotto la tregua bellica sui propri confini occidentali, più precisamente su quelli armeni.

In questi anni tuttavia, forse anche a causa del clima di insicurezza e di debolezza creato dalla ripresa delle ostilità in Armenia, anche altre zone orientali si mostrano irrequiete.

Traiano è costretto difatti a intervenire militarmente anche in Siria, in Arabia (fondando nel 106 una nuova provincia: l'Arabia Petrea) e in Cirenaica (dove l'esercito romano dovrà sedare una rivolta delle popolazioni semitiche).

Tali episodi d'intolleranza verso la dominazione romana dimostrano molto bene come il tempo non abbia in realtà definitivamente sedato i conflitti tra questi due diversi mondi, e come il fuoco della ribellione continui a covare sotto la cenere. [Un fatto che trova un'ulteriore conferma nella nostalgia dell'Oriente per la dominazione di Nerone, figura attorno alla quale si sono create addirittura delle leggende popolari, nonché il caso molto singolare di un 'falso' Nerone che si aggirerebbe tra esse…]

Ma la vera e propria guerra partica verrà combattuta tra il 114 e il 115 e si concluderà prima con la conquista dell'Armenia, e successivamente con quella della Mesopotamia, vero e proprio cuore dell'Impero nemico - un'annessione quest'ultima, con la quale il dominio di Roma giungerà addirittura fino al golfo Persico!

E tuttavia il mantenimento di tali regioni costituirà un'impresa troppo onerosa e irta di ostacoli, perché esse possano essere mantenute a lungo.

Se difatti già le regioni medio-orientali si dimostrano estremamente difficili da governare attraverso prassi e criteri di dominio politici romano-occidentali, una tale opera sarebbe ancora più difficile da portare avanti per regioni ancora più distanti, sia geograficamente che culturalmente.

Già nel 116 iniziano infatti le prime rivolte nei territori partici della Mesopotamia, le quali dimostrano appunto la precarietà della dominazione romana in quelle zone.

Traiano, costretto dagli eventi a riparare in Cilicia, morirà poco dopo, nell'agosto del 117.

D. Conclusioni sul principato di Traiano

Ulpio Traiano verrà ricordato - complice anche Plinio il Giovane, che tra i letterati dell'epoca ne è il principale sostenitore politico - come l'Optimus princeps, e ciò sia per le proprie gloriose imprese militari e conquiste territoriali, sia per l'impegno dimostrato nella gestione degli affari interni dell'Impero, a partire dall'assistenza ai poveri per arrivare alle questioni riguardanti la giustizia.

Lo sviluppo che egli è riuscito a imprimere alle strutture politiche e istituzionali di Roma ha poi delle ripercussioni molto favorevoli anche sui commerci e sulla mobilità interna, essendone poi a sua volta alimentato.

Tutto sommato, dunque, quella traianea è una delle epoche più felici della storia imperiale, l'inizio di quella che viene definita "Età aurea", e che proseguirà con gli Antonini.


1. Nerva, imperatore municipale (96-98)
3. Gli Antonini
A. L'Età Aurea
B. Elio Adriano, imperatore "ellenizzante" (117-138)
C. Antonino Pio (138-161)
D. Marco Aurelio, l'imperatore filosofo, e la prima invasione barbarica (161-180)
E. Commodo e la ripresa della tradizione autocratica (180-192)
Traiano e l'apogeo dell'impero (pdf)
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014