L'ARMENIA E IL SUO GENOCIDIO |
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L'ARMENIA NEL SECOLO XIX
Fino al XVIII secolo la condizione armena non segna sostanziali modifiche, ma l'avvio del declino della potenza ottomana e la nascita del sentimento nazionale armeno, contemporaneamente alla conquista dell'indipendenza del popolo greco, alle prime insurrezioni dei popoli balcanici (Bosnia, Erzegovina, Bulgaria, Serbia, Montenegro) e all'annessione, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, da parte dell'impero russo dell'Armenia orientale, concorrono a spezzare gli equilibri esistenti. Inoltre anche le maggiori potenze europee, ansiose di accrescere i propri interessi nell'area, premono sull'Impero pretendendo delle riforme interne che la Sublime Porta si vede costretta a prendere in considerazione. Sul piano economico l'impero ottomano sta vivendo una profonda decadenza, specie nel suo settore principale, quello agricolo, dove i contadini sono vessati dai proprietari fondiari e dagli esattori delle tasse. I settori commerciali sono in mano alle potenze straniere e anche molti armeni vi si dedicano con successo. La concorrenza delle merci straniere distruggeva l'artigianato locale, le enormi spese per l'apparato burocratico e militare, nonché gli sperperi alla corte del sultano, i rovinosi accordi per avere prestiti stranieri: tutto ciò minava profondamente la stabilità del regime feudale turco. In questo clima drammatico l'azione armena si esplica su due fronti: il primo a Costantinopoli, dove il patriarcato armeno solleva la questione del riconoscimento della specificità armena, il secondo in Armenia dove nascono i primi partiti rivoluzionari armeni clandestini. Alle richieste degli armeni di ottenere riforme volte a tutelare le loro vite, le loro persone ed i loro beni, il sultano Abd al-Haziz rispose con dei massacri di massa. Le grandi potenze occidentali, interessate a smembrare l'impero turco, s'ingerivano continuamente negli affari interni del governo turco e pretendevano delle riforme. Anche i Giovani Turchi, un'organizzazione politica segreta, sorta a Istanbul nel 1865, pretendono sempre più una monarchia costituzionale e una transizione dal feudalesimo al capitalismo. Una manifestazione di 40.000 turchi a Istanbul nel 1876 obbligò il nuovo sultano Abdul Hamid II a emanare una costituzione che concedesse uguali diritti a tutti i sudditi (quindi anche agli armeni). I senatori venivano scelti dal sultano, ma i deputati dal popolo. Tuttavia il sultano dichiarò nulla la costituzione nel 1878 e rifiutò un accordo sui Balcani proposto dalle potenze europee. La Russia, col pretesto di difendere gli armeni, penetrò nel territorio turco, ma venne sconfitta. Le forze turche e le bande kurde infierirono contro gli armeni sterminandone a migliaia. Preoccupato del loro attivismo ed anche dello sviluppo economico che questo popolo stava vivendo e per scaricare le colpe del dissesto politico-economico del paese su un nemico interno, Abdul Hamid II decise di iniziare vere e proprie persecuzioni di massa, mettendo altresì alla prova le titubanti potenze straniere: durante i pogrom compiuti dal 1895 al 1897 furono trucidati circa 300.000 armeni. Nel 1879 il governo dichiara la bancarotta finanziaria. Le più importanti fonti di reddito dell'impero: i monopoli del tabacco, del sale, la tassa del bollo e altre importanti tasse commerciali passano sotto la gestione delle potenze creditrici: Inghilterra, Francia, Germania, Austria-Ungheria e Italia. Vengono costruite banche e ferrovie a vantaggio di queste potenze, sfruttati i giacimenti minerari... La Turchia si stava trasformando in una semi-colonia. L'ideologia ufficiale divenne il panislamismo, che avrebbe dovuto aiutare le classi dirigenti turche (feudatari, alto clero, generali) a tenere sottomesse tutte le popolazioni, specie quelle non musulmane. Per fronteggiare le dure repressioni la comunità armena si convinse ch'era giunto il momento di dar vita a un'autodifesa armata, d'intraprendere la guerriglia e di costituire un movimento rivoluzionario clandestino. Fu creata la Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche Dachnak, con basi nella vicina Armenia russa e fortemente sostenuta dalle popolazioni locali. I due partiti principali, Dashnaktsutiun e Hintchakian, nati all'estero per opera dell'emigrazione armena, chiedevano anzitutto il ripristino della costituzione del 1876. Nel 1878 le potenze europee riuscirono a ottenere da parte del governo turco impegni formali a migliorare le condizioni di vita della popolazione armena e a tutelarla dalle violenze. Ma anche questa volta il sultano si rimangiò la promessa: organizzò dei reparti di cavalleria guidati da ufficiali dell'esercito regolare, composti nei gradi inferiori e nella truppa dai capi e dagli uomini delle tribù e delle bande curde, sicché il banditismo curdo veniva ufficialmente armato e posto al servizio del sultano. Le incursioni anti-armene si fecero ancora più violente. Nel 1895 gli armeni di Costantinopoli organizzarono una manifestazione pacifica per protestare contro questi massacri, ma per tutta risposta ottennero una recrudescenza delle violenze. Gli ambasciatori occidentali reagirono ma nel biennio 1895-96 vi furono almeno 200.000 armeni uccisi, 100.000 donne rapite, 100.000 persone costrette a convertirsi all'islam, 2.500 villaggi distrutti. Alla fine dell'Ottocento riprende l'attività clandestina dei Giovani Turchi, organizzati nel partito Unione e Progresso, ma, essendo poco legati ai movimenti rivoluzionari interni al paese, svolgevano un'azione prevalentemente all'estero. Preferivano le rivolte di palazzo alle insurrezioni popolari. |