LA STORIA CONTEMPORANEA
dalla prima guerra mondiale ad oggi


TRA LA PRIMA E LA SECONDA GUERRA MONDIALE

LE CAUSE - I FATTI - I TRATTATI

SPARTIZIONE DELL'IMPERO OTTOMANO

L'INGRESSO DEGLI STATI UNITI IN MEDIORIENTE

1 - La prima guerra mondiale ha determinato il crollo di quattro dinastie imperiali: Romanov in Russia, Asburgo in Austria-Ungheria, Hohenzollern in Germania, Sultanato ottomano.

2 - Di tutti i paesi dell'Intesa, la Francia (la maggior potenza militare di terra) è il vero grande vincitore. Lo dimostra anche il fatto che i nuovi paesi creati (Cecoslovacchia, Austria, Polonia, Jugoslavia, Romania) hanno le Costituzioni molto simili a quella francese (democrazia parlamentare e liberalismo, dove governo e parlamento si controllano a vicenda e il presidente o sovrano della Repubblica controlla entrambi; separati i tre poteri fondamentali, legislativo-esecutivo-giudiziario; previste le libertà di coscienza, di parola, di stampa, di associazione, di inviolabilità del domicilio, ecc., e dove lo Stato si astiene dall'intervenire nella vita economica, lasciando fare alla libera concorrenza e ai monopoli).

3 - Tuttavia alla fine del 1939 erano rimasti fedeli a questi principi costituzionali soltanto Francia, Inghilterra, Irlanda, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Svizzera, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Cecoslovacchia (smembrata da Hitler nel 1938-39). In altri 16 paesi s'insediano le dittature: Germania, Italia, Spagna, Portogallo, Jugoslavia, Grecia, Albania (invasa dall'Italia nel 1939), Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria (annessa alla Germania nel 1938), Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia: tutti paesi privi di un qualche impero coloniale che potesse permettere loro di affrontare in maniera sufficientemente agevole le contraddizioni sociali provocate dal sistema capitalistico; tutti paesi dove l'agricoltura (se si esclude la Germania) giocava ancora un ruolo prioritario rispetto all'industria e dove l'apparato finanziario non sta svolgendo un ruolo rilevante in Europa.

4 - Gli insuccessi della democrazia parlamentare liberale sono tanto più evidenti quanto più le conclusioni della guerra non erano minimamente servite né a sviluppare l'economia borghese né a garantire una rapida evoluzione da quella feudale a quella borghese. Le conclusioni della guerra erano soltanto servite, nel migliore dei casi, a sostituire regimi dittatoriali con sistemi parlamentari, ma la capacità che questi sistemi avevano di regolamentare in maniera democratica lo sviluppo del capitalismo, antagonistico per definizione, era pressoché nulla.
L'unico paese in cui si tentava di trovare un'alternativa al capitalismo era la Russia, dove però alla fase leninista, favorevole alla democrazia diretta dei soviet e a una parziale reintroduzione dell'economia di mercato dopo la parentesi del comunismo di guerra, s'era andata sostituendo una dittatura del partito-stato che imponeva alla società una nazionalizzazione forzata di tutti i mezzi produttivi (industria, agricoltura, trasporti, banche, miniere e risorse energetiche, ecc.).

5 - Inevitabilmente si sviluppa l'antiparlamentarismo, non solo da parte della piccola borghesia, frustrata dal potere dei monopoli e tradita o schiacciata dai risultati della pace di Versailles, ma anche da parte dei reduci della guerra, di estrazione contadina, che non avevano ottenuto, dai rispettivi governi, dopo i trattati di pace, le terre promesse. Quanto alla classe operaia, era molto forte il desiderio di ripetere in Europa occidentale la stessa rivoluzione compiuta dai bolscevichi.

6 - Nell'Europa centrale, orientale e meridionale la classe contadina, spesso analfabeta, tende numericamente a prevalere e si trova a dover combattere con una ricca aristocrazia terriera molto conservatrice. Generalmente, inoltre, le classi medie erano molto deboli.

Popolazione attiva nel 1930 (%)

Agricoltura Industria Servizi

Austria
Bulgaria
Cecoslovacchia
Estonia
Germania
Grecia
Italia
Jugoslavia
Lettonia
Lituania
Polonia
Portogallo
Spagna
Ungheria

31,9
81
28,4
65,6
28,9
53,7
46,3
82
65,9
79,5
75,9
51,1
56,1
54
33,3
9,2
42,2
13,4
40,4
15,9
30,4
8
13,5
6,2
9,4
18,5
20,9
23,6
34,8
8,8
29,4
14,2
30,7
18,4
22,3
9,1
17
11,9
12,6
25,9
18,1
18,6

7 - Anche la composizione etnica e religiosa delle nazioni nate alla fine della prima guerra mondiale è molto complessa. Le potenze vincitrici avevano creato delle nazioni i cui confini prescindevano del tutto dalle caratteristiche etniche. Questo fatto verrà sfruttato dai nazisti come pretesto per affermare le pretese di uno "spazio vitale". Vi erano infatti molti i tedeschi nella Prussia orientale (1), in Polonia (oltre 1 milione), in Cecoslovacchia (oltre 640.000 nei Sudeti), in Jugoslavia (oltre 500 mila), in Romania (oltre 740 mila) ecc.

8 - Finita la guerra, torna di nuovo a svilupparsi il nazionalismo:
a) nazionalismo economico: si tende a favorire il protezionismo doganale e il consumo di prodotti nazionali, ovvero l'indipendenza economica, cercando di risanare la grave situazione finanziaria, caratterizzata da un forte debito pubblico, dall'inflazione (anche per l'eccessiva emissione di cartamoneta) e dalla necessità di riconvertire l'industria da bellica a civile. I principali paesi europei spesero per la guerra, in media, quattro volte il loro prodotto interno lordo del 1913. Tutti erano debitori nei confronti degli Usa (soprattutto Inghilterra, Francia e Italia);
b) nazionalismo politico, determinato da tre fattori:
b1) umiliazione dei popoli vinti, cui sono stati sottratti parti di territorio per creare nuovi Stati; o sono state imposte condizioni riparatorie inique (in particolare la Germania ha perso il 13% del proprio territorio, il 10% della popolazione, tutte le colonie, la Renania e il Patinato per 15 anni a favore della Francia, il 75% dei giacimenti di ferro e tutti i centri industriali dell'Alsazia, della Lorena e dell'Alta Slesia, tutta la flotta navale, ha perduto parte della sovranità doganale e deve pagare ingentissimi danni);
b2) delusione per una vittoria giudicata inutile: è il caso soprattutto dell'Italia, che sperava di ottenere dalla pace di Versailles molti più territori in Dalmazia, come prevedeva il patto di Londra del 1915. Pur avendo ottenuto Trentino e Alto Adige, Trieste e le zone italofone dell'Istria, l'Italia inizia subito a rivendicare la città di Fiume, ove i due terzi degli abitanti sono di origine italiana. Nel settembre 1919 il poeta-militare Gabriele D'Annunzio la occupa insieme a un gruppo di ex-combattenti, restandovi sino al dicembre 1920 (solo nel 1924 si raggiungerà un accordo, dando la città all'Italia e la periferia alla Jugoslavia);
b3) la paura del bolscevismo: la classe borghese e quella agraria sono letteralmente terrorizzate dal rischio di dover perdere tutto se in Europa occidentale si dovesse ripetere una rivoluzione analoga a quella russa. Infatti i primi tentativi si verificano in Germania, con i leader comunisti Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che vengono assassinati, e in Ungheria, con Béla Kun, che deve riparare in Russia.
Gli stessi dirigenti dei partiti socialisti fanno molta fatica ad accettare le 21 condizioni avanzate nel 1920 da Lenin per aderire alla III Internazionale (p. es. rottura coi riformisti, centralizzazione del partito, disciplina ferrea, strutture clandestine da affiancare al partito, propaganda sovversiva negli eserciti e nelle colonie, sottomissione totale al Comintern di Mosca). Questa linea rimase in vigore fino al 1935, quando ci si rese conto che, di fronte all'affermazione del fascismo in tutta Europa, i comunisti avrebbero fatto meglio ad allearsi con tutte le forze democratiche. Il Comintern verrà sciolto nel 1943;
b4) il nazionalismo (sciovinismo) portato all'estremo produce anche xenofobia e antisemitismo: nei periodi di crisi economica la borghesia tende a scaricare la causa dei problemi sulle minoranze etniche, religiose, o sugli immigrati. In particolare gli ebrei vengono accusati di essere deicidi, antipatriottici, cinici, venali e materialisti, comunisti, padroni della finanza, della grande industria e del commercio. (Ci si avvale anche di un documento falso, i Protocolli dei Saggi di Sion (1903), prodotto dalla polizia segreta zarista, per avvalorare la tesi di un complotto ebraico per dominare il mondo. L'inautenticità del documento viene ufficializzata in Svizzera nel 1934-35). In Polonia gli ebrei sono particolarmente odiati, essendo il 10% della popolazione. La loro presenza è molto forte anche in Germania, Romania, Ungheria e Austria.

9 - La debolezza della sinistra europea. I tentativi compiuti in Italia, Germania, Ungheria e Bulgaria di ripetere la rivoluzione russa vengono duramente repressi, anche perché i partiti socialisti, a differenza di quelli comunisti, vogliono restare all'interno della legalità, della democrazia parlamentare, del riformismo progressivo e delle rivendicazioni sindacali e, in genere, rifiutano l'adesione alla III Internazionale. Anzi, in genere sono proprio i socialisti o i socialdemocratici che, alleati con la borghesia, si rendono responsabili delle repressioni a carico dei comunisti rivoluzionari. Sicché i nazifascismi vanno al potere proprio perché la sinistra è divisa e debole. Anche in Spagna la rivalità tra comunisti e anarchici determinerà l'ascesa del franchismo (1936-39). Questa situazione favorirà in Russia la linea stalinista, secondo cui il socialismo andava costruito in un solo paese.

10 - La debolezza della Società delle Nazioni e del ruolo diplomatico degli Stati Uniti.
A) 14 punti del presidente americano Wilson, proposti al congresso americano nel gennaio 1918 e poi alla conferenza di pace di Parigi. Essi prevedevano:
a) abolizione di accordi internazionali segreti, b) libertà assoluta di navigazione sui mari, in tempo di pace e di guerra, nel rispetto delle acque territoriali (ovvero libertà di commercio con qualsiasi nazione belligerante e divieto del blocco marittimo all'avversario), c) soppressione del protezionismo doganale (ovvero il riconoscimento del principio dell'uguaglianza delle possibilità di commercio in tutto il mondo), d) contenimento degli armamenti nazionali per i soli scopi difensivi, e) istituzione di una Società delle Nazioni con cui gestire i territori sottratti alla Germania e alla Turchia ed evitare nuovi conflitti mondiali, f) apertura perenne degli stretti del Bosforo-Dardanelli, g) il diritto della Polonia a uno Stato, h) il diritto della Serbia a un accesso al mare, i) il diritto dell'Italia a delle frontiere che rispettino le effettive nazionalità, l) il principio di autodeterminazione dei popoli, m) il diritto della Francia a riavere Alsazia e Lorena. In sostanza gli Stati Uniti, che avevano subito danni irrisori dalla guerra, volevano superare con la forza delle loro merci gli ostacoli del monopolio anglo-francese, che tendeva a imporre dazi e dogane e che considerava le zone coloniali di propria esclusiva competenza. In particolare il principio di autodeterminazione dei popoli in Europa si scontrava con la presenza di molti Stati plurietnici e, al di fuori dell'Europa, con gli immensi imperi coloniali. Gli stessi Usa non l'avrebbero mai applicato alle loro colonie, tant'è che proprio Wilson, mentre proponeva questi punti alla conferenza di Parigi, autorizzava uno sbarco di marines in Costa Rica per "normalizzare" la situazione.

B) La Società delle Nazioni. Vi aderirono 42 paesi: la Russia fu esclusa perché comunista e, nonostante il parere di Wilson, anche la Germania, perché aveva scatenato la guerra. Il Consiglio permanente avrebbe dovuto essere rappresentato solo dai delegati autodesignati e inamovibili di Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Italia e Giappone, oltre quattro delegati di altrettanti paesi eletti dall'Assemblea generale ogni tre anni. Per qualunque risoluzione importante occorreva l'unanimità dei cinque paesi permanenti del Consiglio, per cui il potere decisionale era alquanto limitato. Non esisteva una comune forza armata in grado di far rispettare le risoluzioni (la Francia era favorevole, ma non Inghilterra e Usa, che preferivano una sorta di arbitrato tra grandi potenze, unite in un'alleanza, al fine di impedire l'aggressione improvvisa di una nazione contro le altre). Gli Usa, non avendo ratificato i trattati di Parigi, non parteciparono mai alla Società, perché non volevano sottostare a vincoli internazionali permanenti. Le uniche attività svolte dalla Società furono le rettifiche dei confini, per le quali bastava il consenso dei tre quarti dei paesi-membri (p. es. tra Iraq e Turchia) e i conferimenti dei mandati (p. es. la redistribuzione delle colonie tedesche a Inghilterra, Francia, Giappone e Belgio, e dell'impero turco a Francia e Inghilterra: gli Usa avrebbero voluto che i mandati venissero assegnati ai piccoli paesi-membri della Società). Naturalmente ai territori arabi dell'ex-impero turco si prometteva l'indipendenza a tempi brevi (cosa che non venne mai fatta), mentre alle ex-colonie tedesche in Africa non si promise alcuna indipendenza. La Società non fu neppure in grado d'impedire che la Polonia, che aveva rifiutato i confini stabiliti dalla Società nel 1919, dichiarasse guerra alla Russia (pace di Riga nel 1921). Alla Società tornò comodo la presenza di uno Stato-cuscinetto più ampio di quello previsto a Versailles, posto di fronte alla Russia comunista, ma in tal modo la Polonia si trovava ad avere il 40% di abitanti non polacchi, con oltre 1 milione di tedeschi tolti alla Germania e 4 milioni di ucraini, senza considerare che per avere uno sbocco sul Mar Baltico, col corridoio di Danzica, era stata separata la Prussia orientale dalla Germania. Dopo 123 anni la Polonia era rinata come Stato, ma in una maniera tale che diventerà il principale pretesto per scatenare la seconda guerra mondiale.

Note

(1) Da notare che nel 1920, sullo sfondo della guerra polacco-sovietica, nella Prussia orientale ci fu il plebiscito, in forza del quale i cittadini dovevano scegliere se la loro madrepatria dovesse far parte della Repubblica di Weimar, oppure se appartenere alla Polonia. La quasi totalità della popolazione (il 97,89%) votò per rimanere all’interno della Germania.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 05/12/2012