STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


L'INQUISIZIONE CATTOLICO-ROMANA

Il sabba delle streghe, incisione di H. B. Grien

I - II - III - IV

Si può lasciare l'Inquisizione senza essere arsi, ma non senza esserne scottati.

PREMESSA STORICA

Quando parliamo di "Inquisizione" i pregiudizi indotti dal Protestantesimo e dall'Illuminismo ci inducono a pensare ch'essa sia stata una caratteristica fondamentale del Medioevo. In realtà, se anche questo fosse vero, noi avremmo il dovere di distinguere fra Alto e Basso Medioevo. Diciamo che nel periodo che va dall'obbligo di una religione di stato, imposto dall'imperatore Teodosio, alle molteplici eresie pauperistiche nate intorno al Mille, più che di "Inquisizione" in senso stretto, sarebbe meglio parlare di "intolleranza cattolico-romana" in senso lato. Un'intolleranza sempre più forte sia contro l'impero bizantino, sia contro la chiesa ortodossa orientale, sia contro i sovrani di origine barbarica presenti in Europa occidentale, sia contro le popolazioni di religione non cristiana (pagane, ebraiche o islamiche).

A queste opposizioni si deve aggiungere quella del papato nei confronti delle autonomie episcopali. In una parola il papato voleva rendersi indipendente dal basileus e da qualunque altro legittimo sovrano, dalla Pentarchia e quindi dai concili ecumenici, e voleva porsi come "super vescovo" nei confronti degli altri vescovi: tutte cose che gli riusciranno perfettamente in quell'area geografica in cui il "latino" s'imporrà come lingua scritta.

Per realizzare questa indipendenza politica ed economica il papato si servì di vari strumenti "secolari": dalle tribù barbariche ai regni romano-barbarici (Longobardi, Franchi, Normanni, Angioini, Sassoni, Svevi, Aragonesi ecc.), ponendo gli uni contro gli altri, scatenando terribili crociate, infinite guerre dinastiche e territoriali, persecuzioni d'ogni genere. Il tutto per poter dominare non solo culturalmente ma anche economicamente e politicamente, dotandosi di un proprio territorio o comunque del pieno consenso da parte di sovrani di territori che non le appartenevano.

Intorno al Mille la chiesa romana era una potenza incontrastata, in grado di scomunicare e far deporre quasi ogni sovrano. Tuttavia non si può ancora parlare di "Inquisizione" vera e propria; ci si deve limitare a termini come "repressione", "persecuzione", "autoritarismo" ecc.

Le cose cambiano dopo il Mille. L'autoritarismo altomedievale della chiesa romana aveva avuto come effetto la crisi dei valori etico-religiosi, la corruzione, la decadenza dei costumi, cui la chiesa di Gregorio VII cercò di reagire accentuando il proprio integralismo politico-religioso.

Questa crisi aveva portato alla nascita di correnti ereticali che volevano o il ritorno al cristianesimo evangelico o una progressiva laicizzazione dei contenuti religiosi, e aveva generato anche una nuova classe sociale: la borghesia, formalmente cristiana e sostanzialmente affarista. Una classe del genere non faceva altro che riprodurre a livello sociale quei disvalori che la chiesa viveva già a livello istituzionale. La borghesia cioè cercava di ritagliarsi uno spazio sempre maggiore di manovra affaristica che la chiesa avrebbe voluto tenersi solo per sé. La differenza tra borghesia e chiesa romana stava soltanto nel fatto che mentre per la chiesa i vantaggi economici erano il risultato di battaglie politiche contro quei poteri secolari ch'essa considerava rivali, per la borghesia invece i vantaggi economici potevano soltanto essere il frutto di una progressiva erosione dei controlli politici esercitati sulla società civile da parte della stessa chiesa e da parte dell'altra classe sociale che ideologicamente era più vicina agli interessi della chiesa: l'aristocrazia terriera. L'Italia fu il primo paese al mondo in cui si sviluppò una notevole classe borghese contestualmente all'affermazione teocratica di una chiesa altamente politicizzata.

Questo processo storico-sociale molto particolare è stato possibile perché mentre le eresie pauperistiche minavano le fondamenta ideologiche della chiesa romana in maniera diretta, ponendosi nettamente in alternativa all'istituzione religiosa al potere, che era vista totalmente incapace di riformarsi; la posizione borghese invece non contestava direttamente la chiesa, meno che mai i suoi dogmi; semplicemente cercava di riservarsi uno spazio di manovra (il business) in cui la propria salvaguardia formale dei valori religiosi non desse motivo all'autorità ecclesiastica d'intervenire in maniera repressiva o coercitiva. La borghesia giustificava il proprio comportamento praticamente irreligioso sostenendo che i vertici della chiesa, nella sostanza, si comportavano nella stessa maniera.

I borghesi italiani erano "protestanti" nel modo di fare già mezzo millennio prima che nascesse il luteranesimo come completa teologia alternativa a quella latina. Lo stesso papato, nei confronti dell'ecumene cristiano basato sul primato del concilio, aveva cominciato a comportarsi in una maniera "protestantica", cioè individualistica, molti secoli prima di quanto avesse iniziato a fare la borghesia intorno al Mille.

Fino al XII secolo la chiesa romana aveva delegato al potere secolare il compito di reprimere il dissenso. Ma quando questo dissenso comincia a farsi preoccupante, il papato pretende di gestire in proprio la repressione, e lo fa istituendo appunto l'Inquisizione. Le prime misure inquisitoriali vennero approvate nel 1179 dal Concilio Lateranense III, legittimando la scomunica e l'avvio di crociate contro gli eretici (in specie i catari). Il procedimento inquisitorio fu formalizzato nella giurisdizione ecclesiastica da papa Lucio III nel 1184 con il decreto Ad abolendam, che stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - che si potesse formulare un'accusa di eresia contro qualcuno e iniziare un processo a suo carico, anche in assenza di testimoni attendibili. La condanna di ogni devianza - teologica, morale o di costume - dal canone religioso dominante venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV, che diede vita all'istituzione della "procedura d'ufficio". Si poteva, cioè, instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni. Non solo: chiunque fosse venuto a conoscenza di una possibile eresia doveva immediatamente denunciare il fatto al più vicino tribunale dell'Inquisizione, altrimenti sarebbe stato considerato corresponsabile.

E' significativo che proprio nel 1215 il re inglese Giovanni senza Terra concedeva la Magna Charta, in cui si sosteneva che nessun uomo libero può essere arrestato, molestato, spogliato dei suoi beni, esiliato senza un giudizio legale dei suoi pari. Non a caso Innocenzo III qualificherà la Magna Charta come una cosa vile, turpe, empia e abominevole.

Le eresie pauperistiche furono o sterminate tutte o reintegrate nella chiesa. Tuttavia la chiesa non riuscì a impedire lo sviluppo della prassi borghese, anzi si dimostrò tollerante nei confronti della riscoperta accademica dell'aristotelismo, nei confronti dello sviluppo dell'Umanesimo e del Rinascimento, proprio perché queste "eresie borghesi" non mettevano in discussione i dogmi della chiesa, ma solo le pretese del potere politico del clero.

La svolta decisiva avverrà solo con la nascita della riforma protestante, che non si limitò a combattere il clericalismo, ma mise in discussione tutto il tradizionale impianto teologico della chiesa romana, giudicandolo per gran parte affine a idee superstiziose.

Ma, prima di parlare dell'epoca moderna, cerchiamo di chiarire meglio questi aspetti, aprendo un'ampia parentesi. Ancora oggi gli storici confessionali (e purtroppo anche molti non confessionali) non riescono a dare un giudizio obiettivo delle eresie medievali. Vedono questo fenomeno socio-religioso come un elemento disgregativo (sul piano sia sociale che culturale) del mondo cattolico, di cui la chiesa romana non avrebbe avuto alcuna responsabilità. Cioè non lo vedono come una forma di critica sociale (espressa in forma religiosa) nei confronti della crisi della chiesa romana, della sua corruzione, soprattutto nei livelli istituzionali, e della sua stessa deviazione dagli ideali originari.

La chiesa romana, ancora oggi, rimpiange il periodo in cui tutta l'Europa medievale era sotto l'egida del papato. Non vede di quel periodo né il servaggio né il clericalismo, cioè la giustificazione religiosa dello sfruttamento socio-economico e l'uso politico, quindi autoritario, della fede religiosa.

Sicché quando si deve interpretare un fenomeno come quello dell'Inquisizione, pur non giustificandola dal punto di vista etico, in quanto contraria alla libertà di coscienza, la si giustifica dal punto di vista storico, in quanto la chiesa aveva il dovere di difendere l'unità dell'ecumene cattolico latino. Sul piano etico si arriva addirittura a sostenere che la chiesa romana istituì l'Inquisizione per impedire i processi sommari, i linciaggi praticati dalla popolazione nei confronti degli eretici, e non invece per riaffermare con strumenti repressivi la propria autorità sfruttando appunto l'occasione di quei linciaggi.

Nei confronti di tutte le eresie medievali si danno giudizi enormemente negativi, esagerandone a bella posta la pericolosità sociale, e questo senza rendersi conto che tutte queste eresie, a fronte della corruzione della chiesa istituzionale, strettamente legata al potere politico, si ponevano sempre uno dei due obiettivi: o tornare all'epoca del cristianesimo apostolico, in cui la povertà aveva ancora un valore reale e non solo simbolico; o fare un salto in avanti, riducendo il potere politico del clero e quindi laicizzando la fede religiosa.

Di questi due obiettivi il primo fu tipico delle eresie cosiddette "pauperistiche"; il secondo caratterizzò invece tutte quelle eresie che portarono poi alla riforma protestante. Il secondo gruppo di eresie, tipicamente urbano e intellettuale, emerse dopo che il primo era stato duramente represso dalla chiesa. Questo secondo gruppo continuò a parlare di ritorno al cristianesimo apostolico solo teoricamente, in quanto di fatto voleva coniugare alla fede cristiana una prassi borghese. Si servì cioè di una rilettura del Nuovo Testamento soltanto per contestare le contraddizioni della chiesa romana, ma nella sostanza creò nuove contraddizioni sociali, di cui ad un certo punto la stessa chiesa romana dovrà prendere atto, accettando il compromesso di fede e profitto.

Sul piano storico la chiesa romana ancora oggi non vuole ammettere che è stata lei la prima ad aver spezzato l'unità ecclesiale europea nel periodo medievale, separandosi dalla chiesa ortodossa, contraria a considerare il papato superiore al concilio. Inoltre essa non vuole ammettere che la prima confessione cristiana ad aver accettato il compromesso con la prassi borghese non è stata quella protestante ma quella cattolica, soprattutto in Italia e nelle Fiandre, già a partire dalla nascita dei Comuni.

Le prime eresie medievali infatti contestano questa operazione socio-religiosa e si pongono non solo come eresie anti-ecclesiastiche ma anche anti-borghesi. Viceversa il secondo gruppo di eresie, tipiche dell'età moderna, sarà invece soltanto anti-ecclesiastico.

E' dunque evidente che se non si riesce a dare un giudizio storico di questo genere, qualunque considerazione fatta sull'Inquisizione è falsata in partenza. Ancora oggi infatti abbiamo degli storici cattolici che sostengono l'assoluta estraneità della chiesa romana all'Inquisizione spagnola, essendo stata questa gestita direttamente dallo Stato: come se nella Spagna del XV secolo (fino alla dittatura franchista) il cattolicesimo non abbia mai sostenuto un ruolo attivo, di stretta collaborazione col potere, nell'eliminare fisicamente gli islamici, gli ebrei, i non-cattolici, i non-credenti e i dissidenti in generale! Se consideriamo quel che è stato fatto in America Latina si tratta di decine di milioni di persone trucidate, altro che di poche centinaia di giustiziati con regolare processo!

Occorre una buona dose di malafede per sostenere l'estraneità di una confessione religiosa solo perché l'ideologia di questa confessione veniva direttamente gestita non dal papato ma dal potere politico statale. Integralismo politico della fede non vuol soltanto dire che la chiesa cattolica pretende di gestire autonomamente il potere politico e quello religioso, come ha fatto per mille anni nel proprio Stato della chiesa, ma vuol dire anche permettere al potere politico dello Stato di gestire in maniera autoritaria i medesimi principi religiosi della chiesa romana, come appunto è avvenuto nella Spagna di Carlo V e Filippo II, nell'impero austro-ungarico, nella Francia pre-rivoluzionaria e così via. Chiusa la parentesi.

Verso la metà del XVI secolo la chiesa romana istituì una durissima Inquisizione con cui cercherà di reprimere non solo il luteranesimo e il calvinismo, ma anche qualunque autonomia di tipo borghese. Aveva infatti capito che anche questa autonomia sociale poteva costituire, alla lunga, una seria minaccia al proprio potere. E preferì affidarsi all'impero spagnolo di Carlo V e Filippo II per riaffermare il peso dei propri valori tardo-feudali, aristocratici e controriformistici.

Dalla seconda metà del XVI secolo alla seconda metà del XIX la chiesa romana esercita un potere incredibilmente repressivo, senza eguali nella sua storia, proprio perché avvertiva che non era minacciata soltanto la propria egemonia politica ed economica plurisecolare, ma anche quella ideologica e culturale. L'Umanesimo e il Rinascimento avevano cercato di far passare contenuti laici in una forma religiosa, quella cattolica. Era quindi stata una soluzione di compromesso, che il papato aveva in qualche modo tollerato e, anzi, per molti versi sfruttato per accrescere la propria potenza.

Ma la tolleranza nei confronti della riforma luterana sarebbe stata impossibile. Lutero affossava completamente il primato politico e ideologico del clero, le gerarchie, il valore dei sacramenti, persino alcuni documenti canonici del Nuovo Testamento. Tra le due laicizzazioni: quella borghese-umanistica e quella borghese-luterana, la chiesa ritenne la seconda molto più grave, e nel tentativo di combatterla, travolse anche la prima.

D'altra parte nell'immediato aveva ragione: i luterani e i calvinisti erano riusciti a creare un grande movimento di protesta in forme e modi molto radicali, mentre i borghesi italiani erano rimasti sempre circoscritti entro le mura cittadine, non sapendo come coinvolgere le masse contadine.

Tuttavia nel lungo periodo l'umanizzazione laico-borghese avrebbe inferto colpi durissimi non solo alla chiesa romana ma anche a quella protestante, sostituendo le preghiere al dio uno e trino con la devozione al dio quattrino.

Per non parlare dei colpi inferti dall'umanizzazione laico-socialista, che, nata nel XIX secolo, non solo è in grado di evitare la doppiezza borghese di vivere un contenuto laico all'interno di una forma religiosa, ma che ambisce ad affermare anche una piena coerenza di teoria laico-umanistica e di prassi democratico-sociale. Una coerenza che considera la religione in sé una reminiscenza del passato, una forma di oscurantismo che va al di là di qualunque tipo di confessione.

LE PREMESSE GIURIDICHE MEDIEVALI DELL'INQUISIZIONE

La formula consenso o repressione caratterizza la politica penale della chiesa romana già nel IV secolo, allorquando essa comincia a mostrarsi intollerante nei confronti della cosiddetta "eresia" (il reato del pensiero divergente o deviante), pretendendo una repressione "legale" da parte dell'istituzione imperiale cristiana.

Nei secoli V e VI si forma il diritto romano-cristiano come braccio secolare dell'intolleranza cattolica. La religione cristiana viene considerata come l'unica possibile, e per "cristiana" s'intende quella sancita dai Concili ecumenici, cioè da quell'ecumene cristiano che allora coincideva soprattutto con la Pentarchia (Roma, Bisanzio, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme).

Il dogma serviva per dare unità culturale e ideologica, ma la chiesa romana ne approfittava per rivendicare anche un potere politico e per sottomettere con la forza chi la pensava diversamente. A Bisanzio ci si comportava in maniera più soft: si permetteva un ampio dibattito; si decideva in un concilio di fissare i limiti entro i quali un'affermazione teologica andava considerata ortodossa o eterodossa; si chiedeva di aderirvi liberamente, minacciando la scomunica in caso contrario; chi persisteva nelle proprie posizioni veniva abbandonato a se stesso ogniqualvolta la propria regione di appartenenza veniva attaccata da forze non cristiane (cioè arabe, turche, persiane ecc.). Sicché l'impero bizantino, dopo la massima espansione raggiunta nel VI secolo, sotto Giustiniano, sarà destinato a perdere continue porzioni di territorio, divenendo facile preda non solo delle forze non cristiane ma anche di quelle latine. Ancora oggi esistono ampie comunità monofisite e monotelite, pre- o anti-calcedoniane sparse in Africa, in Asia e in Medio oriente.

La legge Cunctos populos, promulgata nel 380, inclusa nel codice teodosiano e giustinianeo, ordinava assolutamente a tutti d'essere cattolici, secondo la fede nicena. La divisione sociale non era più quella tra liberi e schiavi, ma tra fedeli e infedeli. Per un "infedele" era impossibile svolgere qualunque carica pubblica. L'eretico diventa un "deviante", un soggetto socialmente pericoloso, una specie di criminale. Tant'è che nella parte occidentale dell'impero romano-cristiano praticamente non esiste un dibattito teologico minimamente paragonabile a quello della parte orientale: tutte le eresie intorno alla figura del Cristo nascono in oriente.

La chiesa romana considera l'eretico come uno che erra con pertinacia e che quindi, come tale, va punito severamente. Da Leone Magno a Sant'Ambrogio e Sant'Agostino è tutto un elogio per le istituzioni statali che aiutano la chiesa a reprimere l'eresia. L'acquiescenza anche della chiesa bizantina nei confronti della politica giustinianea, determinerà l'inizio di quell'importante fenomeno sociale di protesta chiamato "monachesimo". Chi contesta la chiesa di stato si ritira nel deserto o comunque rinuncia a vivere nelle grandi città.

Nel Concilio di Cartagine del 404 si chiede espressamente al potere temporale di eliminare la setta donatista. Sant'Agostino approva pienamente. Le pene sono la confisca dei beni e l'esilio. Non c'era ancora la pena di morte per l'eretico, a meno che egli non volesse difendersi a mano armata, ma a quel punto veniva eliminato come cittadino insubordinato.

Fino al XII secolo la chiesa romana si affidava al potere secolare per reprimere l'eresia. Lo slogan usato era stato preso dal vangelo di Luca (14,23): compelle intrare, dove però l'evangelista l'aveva usato a favore degli emarginati contro i potenti. Quello slogan in realtà doveva servire per far capire alle masse che extra ecclesia nulla salus.

La svolta giuridica si ha col papa Alessandro III (1159-1181), che nel 1176, guidando moralmente la Lega dei Comuni lombardi, aveva sconfitto a Legnano Federico Barbarossa. Con la sua decretale Accusatus aveva ufficialmente introdotto il sospetto come presunzione di colpevolezza nel diritto penale.

La vittoria militare della Lega su quell'imperatore comporterà la vittoria morale e politica della chiesa romana sull'istituzione imperiale, che sarà poi confermata nella lotta per le investiture. D'ora in poi tutte le leggi repressive della chiesa troveranno il tacito consenso degli imperatori d'occidente. Persino la tradizione legislativa romana del passato mondo pagano dovrà adattarsi alla nuova legislazione del diritto canonico.

Al III Concilio Lateranense (1179) Alessandro III invoca l'aiuto del potere laico per sopprimere fisicamente tutti i devianti e autorizza i vescovi a servirsi anche del sospetto. La lotta antiereticale viene direttamente gestita dalla chiesa, e l'istituzione secolare, vincolata con giuramento, svolge una semplice funzione esecutrice (e delatrice).

Che cosa significa basare l'accusa sul "sospetto"? Significa che non è tanto importante ciò che un soggetto fa, quanto piuttosto cosa pensa di lui l'autorità. Sotto questo aspetto è impossibile stabilire oggettivamente quando il reato di eresia vada considerato grave o lieve: se e quando esiste un sospetto, l'inquisito ha solo una possibilità per essere tollerato, che confessi apertamente il proprio crimine. Sarà poi il confessore e, allo stesso tempo, giudice ecclesiastico a decidere.

Per aiutare l'eretico sospetto a confessare è prevista la tortura o comunque una prigione molto dura, che ovviamente non deve portare alla morte ma appunto alla confessione. Tutta la procedura doveva espletarsi celermente, senza tante formalità giudiziarie. La pena di morte scattava in due casi: quando l'eretico non si pentiva e quando, dopo aver abiurato, ricadeva nella medesima colpa, cioè diventava recidivo. In caso di recidiva infatti l'inquisitore non era obbligato ad alcun processo.

Il successore di Alessandro III, Lucio III (1181-1185), dopo essersi accordato a Verona col Barbarossa su come perseguitare gli eretici, dirà nella sua decretale Ad abolendam che, quando è in gioco un sospetto d'eresia, non si deve fare alcuna differenza tra chierico e laico. Il chierico deve essere privato immediatamente di qualunque privilegio e consegnato al braccio secolare, a meno che non abiuri subito in maniera spontanea e soprattutto pubblica. Arbitro assoluto di questa procedura processuale, che di legale non aveva nulla, in quanto non era prevista una regolare difesa dell'imputato (con tanto di avvocato e di testimoni a discarico), è designato il vescovo locale. Per dimostrare la propria volontà riabilitativa, l'eretico, dopo aver confessato, doveva accettare di subire le pene e penitenze previste, in caso contrario lo aspettava la sentenza capitale.

L'Ad abolendam resterà il testo ufficiale sul sospetto per 21 anni. Nel 1215, il Concilio Laterano IV ribadisce la condanna di ogni forma di devianza religiosa ed elabora la "procedura d'ufficio", grazie alla quale si può instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni. A tale scopo Innocenzo III (1198-1216) nomina dei Legati (dei monaci cistercensi), creando così l'Inquisizione Legatina, indipendente dall'autorità dei vescovi, per estirpare le eresie Catare e Valdesi. Proprio sotto il suo pontificato l'eresia fu considerata dall'imperatore svevo Federico II reato di lesa maestà, in quanto sulla religione cattolica si fondava l'impero. Verranno così sterminati in Francia circa 20.000 Albigesi.

Nel 1234 papa Gregorio IX (1227-1241) approva decisamente l'Ad abolendam inserendola nella sua raccolta di Decretali, ed anzi ne aggiunge di nuove ancora più restrittive, come p.es. la bolla Excommunicamus, sancendo che streghe e stregoni potevano essere bruciati sul rogo, senza neanche bisogno di scomunicarli. Sarà proprio questo papa a rendere definitivo il ruolo degli inquisitori, questa volta francescani e soprattutto domenicani, voluto da Innocenzo III. Questi giudici avevano addirittura il potere di deporre i vescovi quando riscontravano inefficienze nel loro operato.

L'altra bolla di Gregorio IX, dal sapore vagamente grottesco, la Super eo, prevede che se un recidivo beneficia di considerazioni benevoli da parte di persone timorate di dio, in grado di assicurare l'onestà del suo pentimento, egli può ricevere il sacramento della comunione prima di essere condannato a morte.

Con la bolla papale Ad extirpanda Innocenzo IV (1243-1254) lascia all'inquisitore la possibilità di avvalersi di un vero e proprio corpo di polizia, avendo libera competenza e territorialità e, siccome ne era stato assassinato uno a Seveso da parte dei catari, sostiene che la tortura può servire a portare alla luce la verità, e si autorizzano i podestà dei Comuni italiani a utilizzarla.

Papa Alessandro IV (1254-1261), in un rescritto del 1258, dirà che la situazione di recidiva, per un eretico, dimostra che il sospetto iniziale era fondato, per cui era giusto ritenere il sospettato come colpevole d'eresia a tutti gli effetti.

I papi Urbano IV e Bonifacio VIII non avranno alcuna difficoltà ad accettare quanto deciso dai loro predecessori. E sarà così fino alla metà del XIV secolo, dopodiché il potere della chiesa verrà ridimensionato dalle nascenti monarchie assolute (soprattutto dalla Francia), in cui il ruolo della borghesia cominciava ad essere significativo. La chiesa romana subirà uno smacco dietro l'altro: dalla cattività avignonese allo scisma d'occidente sino al Concilio di Costanza (1414-18) con cui si proclamò la superiorità del concilio sul papato.

Unica eccezione, in questa ventata di anticlericalismo, fu costituita dalla Spagna di Ferdinando d'Aragona e di Isabella di Castiglia, i quali nel 1478 diedero vita al Tribunale dell'Inquisizione, con cui sorvegliare e punire gli eretici, obbligare gli islamici e gli ebrei a diventare cristiani e, ovviamente, reprimere anche gli oppositori politici. L'Inquisizione spagnola fu infatti un tribunale di stato, essendo i giudici nominati personalmente dal re (il più noto dei quali fu Tommaso Torquemada). Senza l'appoggio di questa Spagna così fortemente retriva, sarebbe stato impossibile per la chiesa romana far rinascere l'Inquisizione in epoca moderna, contro l'eresia protestantica.

DIFFERENZE GIURIDICHE TRA DIRITTO ROMANO E DIRITTO CANONICO MEDIEVALE

Tra il diritto canonico medievale e la legislazione classica dei romani era andata affermandosi, dopo il Mille, una differenza notevole: il procedimento accusatorio era stato infatti sostituito con quello inquisitorio. E questo proprio mentre nell'ambito delle Università cattoliche s'andava riscoprendo l'importanza della giurisprudenza romana. Cioè mentre da un lato la prassi spregiudicata della chiesa romana, interessata esclusivamente al proprio potere, portava le classi possidenti, specie quelle borghesi, e persino la stessa intellighenzia accademica a elaborare dei principi e dei valori che con la religione tradizionale avevano sempre meno a che fare, ponendosi più su un terreno filosofico che teologico, dall'altro la chiesa istituzionale andava configurandosi come una realtà sempre più regressiva e oscurantista, unicamente preoccupata a impedire che gli sviluppi dell'eresia la relegassero a un ruolo marginale.

Il papato, a fronte della minaccia crescente delle eresie pauperistiche, comincia a considerare il diritto processuale e penale romano come troppo garantista per il colpevole. Il diritto romano infatti sosteneva che nessuno può essere punito per il solo pensiero, nessuno doveva essere condannato sulla base di semplici sospetti o perché diffamato dai propri concittadini, e che in ogni caso era meglio lasciare impunito il colpevole che condannare un innocente. Inoltre non si poteva mai giudicare un assente e se chi accusava non riusciva a provare la fondatezza delle proprie accuse, rivelandosi in sostanza un semplice calunniatore, rischiava d'essere sottoposto alla legge del taglione. In ogni caso l'accusato aveva diritto a difendersi e a essere difeso da avvocati. I processi infine erano pubblici, non esistevano segreti, né erano ammesse denunce segrete. Il giudice ascoltava entrambe le parti e alla fine decideva.

Viceversa nel sistema processuale della chiesa inquisitoriale le cose venivano rovesciate, naturalmente usando tutte le astuzie possibili, la prima delle quali era quella di mettere in evidenza i pregi di ciò che si voleva superare.

Anzitutto si poneva l'accusa in una posizione privilegiata. L'inquisitore è infatti allo stesso tempo accusatore e giudice, e, come tale, non solo agisce in segreto e usando la tortura, ma, sulla base di un semplice sospetto, può decidere se condannare l'inquisito alla pena capitale o a pene minori. Di assoluzione non si può neppure parlare, proprio perché il sospetto o la diffamazione o anche un semplice indizio sono elementi sufficienti per imbastire un processo penale dalle conseguenze molto gravi.

Per il papato il sistema accusatorio romano non poteva andar bene per i reati di coscienza o di pensiero, così tipici nel fenomeno ereticale. Per questo tipo di reato si preferiva procedere d'ufficio, senza tante formalità processuali, attraverso le quali gli avvocati rischiavano più che altro di far perdere tempo prezioso.

Il sistema accusatorio viene definitivamente rifiutato con la decretale Saepe contingit di Clemente V (1305-1314), dove si dirà a chiare lettere che il giudice e accusatore può comportarsi a propria discrezione, può cioè rifiutare le eccezioni, può respingere gli appelli, può non ammettere dei testimoni, può far tacere gli avvocati, può abbreviare come vuole i tempi del processo.

Onde evitare abusi personali, il papato obbligava l'inquisitore a registrare minuziosamente tutto quello che avveniva nel corso del processo, affinché l'autorità centrale (la curia pontificia) potesse documentarsi leggendo gli atti. Il rischio di abusi, in effetti, c'era, in quanto gli inquisitori venivano pagati con un terzo dei beni confiscati agli inquisiti, a titolo di onorario per le spese giudiziarie.

LA MODERNA INQUISIZIONE

Nel 1542 la chiesa romana, nei suoi livelli istituzionali, inizia la propria controriforma, trasformando l'Inquisizione, con l'appoggio dell'impero spagnolo e sul modello organizzativo di quella spagnola, da medievale a moderna. E' l'anno in cui papa Paolo III, con la bolla Licet ab initio, fonda la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione o Sant'Uffizio, che corrisponde alla vecchia Inquisizione e che ancora oggi viene chiamata Congregazione per la Dottrina della Fede. Tre anni dopo inizierà il Concilio di Trento.

Tra l'Inquisizione medievale e quella moderna esiste una precisa differenza amministrativa: quella di Paolo III è molto più centralizzata, avendo una struttura molto somigliante a quella spagnola, ch'era stata autorizzata da papa Sisto IV nel 1478. Inoltre s'introducono nuovi strumenti repressivi, in conformità al progresso del tempi: censura preventiva sui libri, sanzioni finanziarie e penali per tipografi e librai, pubblicazione di un Indice dei libri proibiti ecc. L'autorità secolare è tenuta ad eseguire senza discutere le sentenze capitali. In Italia si forma per la prima volta una sorta di unificazione nazionale su basi poliziesche.

Papa Giulio III, con la bolla Cum meditatio cordis, del 1550, revoca a tutti i cristiani (esclusi gli inquisitori) la lettura di testi eretici, anzi nello stesso anno fa organizzare il primo rogo di libri eretici a Roma, dove anche quelli ebraici vengono bruciati. Gli eretici più "pericolosi" sono ovviamente i luterani, i calvinisti e gli ugonotti. Il principale sovrano preposto allo sterminio di questi eretici è Carlo V, re di Spagna, re d'Italia, arciduca d'Austria e imperatore del Sacro Romano Impero Germanico.

Fu proprio Carlo V a pretendere il Concilio di Trento, al fine di trovare un'intesa col mondo protestante. La chiesa romana era sfavorevole a questa idea, poiché nei concili precedenti di Costanza e Basilea i prelati avevano sostenuto la superiorità del concilio sul papato. Questo spiega perché il Concilio di Trento non sortì alcun effetto pratico di mediazione o di compromesso, ma anzi finì col porre le basi della grande controffensiva cattolica.

Il papato non aveva di mira soltanto la sconfitta del nemico, che questa volta però era sostenuto da molti legittimi sovrani, ma anche e soprattutto la possibilità di realizzare una centralizzazione dei poteri in quei territori ancora dominati dalla confessione cattolica.

Il concilio fu un fiasco, dal punto di vista diplomatico, e non poteva essere diversamente, visto ch'era già stato preceduto da una riforma dell'azione penale della chiesa romana orientata chiaramente in senso oscurantista: Roma dava per scontata l'impossibilità di qualunque intesa coi protestanti e pretendeva soltanto una capitolazione senza condizioni. Quando nella notte di San Bartolomeo vennero sterminati migliaia di ugonotti, papa Gregorio XIII ordinò un generale giubileo, assolvendo la Francia cattolica da ogni errore.

Con questo ovviamente non si vuole sostenere che i protestanti fossero migliori dei cattolici: Lutero innalzerà roghi contro i papisti e farà duramente reprimere i contadini rivoltosi. Calvino farà bruciare un grande intellettuale come Serveto. E alle proteste degli umanisti italiani Melantone e Beza reagiranno negativamente con gli stessi argomenti degli inquisitori cattolici.

La volontà di annientare fisicamente il nemico era talmente forte che già Paolo III, con la bolla In apostolici culminis, del 1542, dirà di agire nei confronti di chiunque, inclusi i vescovi, con la massima severità al minimo sospetto. Persino i giudei saranno costretti a convertirsi se vorranno conservare i propri beni (si veda la bolla Cupientes Iudaeos, sempre del 1542 o quella del 1581, Antiqua iudaeorum improbitas), oppure verranno rinchiusi nei ghetti (Venezia sarà la prima a farlo). Nel XVI secolo l'antisemitismo pontificio sarà durissimo.

Il pluralismo medievale, in cui i vescovi esercitavano ancora una certa autorità a livello diocesano, stava per essere sostituito dal moderno centralismo pontificio. Tutto doveva essere diretto da Roma, in modo particolare dall'ordine dei cardinali. Il Sant'Uffizio doveva diventare il modello di tutte le altre congregazioni (o ministeri). I sinodi non avevano più bisogno di essere convocati.

Per la prima volta, paradossalmente, si affermava l'uguaglianza giuridica di tutti i cristiani di fronte alla legge penale, senza distinzione di gradi o qualifiche o privilegi (anche i nobili potevano perdere immediatamente tutti i loro titoli e benefici). Gli inquisitori generali avevano il dovere di procedere contro chiunque fosse sospettato, ivi inclusi i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti e persino gli stessi cardinali, in caso di necessità. P.es. il cardinale Morone, uno dei conduttori del Concilio di Trento, verrà arrestato, inquisito e processato nel 1557, anche se poi diventerà l'uomo di fiducia del papa assolutista Pio IV, che farà arrestare e condannare a morte altri cardinali di spicco, non meno favorevoli all'Inquisizione, come Alfonso e Carlo Carafa, che sotto il papato precedente avevano avuto il coraggio di arrestare il Morone.

Tra inquisitori e vescovi doveva per forza esserci unanimità di intenti, anche perché, per la prima volta, la giurisdizione degli inquisitori andava considerata "internazionale".

Gli inquisitori generali, scelti fra i chierici o i religiosi di qualunque ordine, o fra i dottori e maestri di teologia, non potevano avere meno di 30 anni, e potevano essere nominati e revocati dalla commissione cardinalizia del Sant'Uffizio in qualunque momento. Prima di far eseguire la sentenza di condanna a morte dei prelati e delle persone di alto rango dovevano chiedere l'autorizzazione a Roma. Da parte dei loro inquisiti era interdetto qualunque appello a un'istanza superiore, anche se il papa si riservava il diritto di concedere la grazia. Questi inquisitori potevano processare anche i defunti, facendone bruciare i resti.

Sino al 1622 la repressione poliziesca e militare sarà lo strumento fondamentale per realizzare la nuova unità cattolica dell'Europa. Quando sotto Clemente VIII viene mandato al rogo Giordano Bruno, o quando sotto Paolo V e Urbano VIII viene costretto all'abiura Galileo Galilei, il terrore già regnava sovrano.

Dopo il 1622 si istituirà anche la congregazione De propaganda Fide, avente come compito quello di convertire, con gli strumenti dell'ideologia, gli eretici, gli scismatici e soprattutto gli indigeni e tutti i pagani delle colonie conquistate. I protagonisti principali di questa forma intellettuale di inquisizione non saranno più i francescani e i domenicani, bensì i gesuiti, alle dirette dipendenze del papa e organizzati in una disciplina di tipo militare.

Era talmente forte la paura di pensare autonomamente che quando gli intellettuali scrivevano qualcosa, su qualunque tema, mettevano subito le mani avanti dichiarando, in una specie di autocritica preventiva, ch'essi avevano orrore dell'eresia e che se nel proprio testo si fosse trovato qualcosa di errato, lo si doveva imputare alla propria ignoranza o imbecillitas, e che in tal caso ci si dichiarava disposti a sottostare all'ammonizione e ad altre pene.

CONCLUSIONI

Spesso i cattolici sostengono che l?inquisizione era socialmente giusta in quanto i movimenti ereticali, col loro stile di vita, costituivano un pericolo oggettivo per la sicurezza sociale dei cittadini, e in questo sono particolarmente interessati ad accentuare fino all'inverosimile i lati negativi che questi movimenti potevano avere, esattamente come nell'Odissea, al fine di valorizzare la civiltà commerciale rappresentata da Ulisse, venivano dipinti i suoi avversari in vari modi spregevoli, fino a raggiungere, nel caso di Polifemo, la caricatura mostruosa.

E' talmente basso il livello morale di questi cattolici ed è talmente forte il loro pregiudizio contro la laicità che non si rendono neppure conto che l'Inquisizione resta una violazione della libertà di coscienza anche quando chi esercita questa violazione, può essere oggettivamente dalla parte della ragione, cioè anche quando chi la subisce può essere oggettivamente dalla parte del torto. E qui prescindiamo volutamente da qualunque considerazione storica, poiché se gli storici cattolici fossero anche solo un minimo obiettivi non potrebbero certo sostenere che per la sicurezza sociale dei cristiani d'allora erano più pericolose le esagerazioni di qualche eresia che non le nefandezze politiche che la chiesa romana compiva a livello istituzionale. Ancora oggi non si riesce a trovare uno storico cattolico che metta in rapporto la nascita del fenomeno ereticale con la corruzione dell'alto clero cattolico.

Una qualunque violazione della libertà di coscienza (e non ci si venga a dire che nel Medioevo questa libertà non esisteva perché non poteva esistere) rende falsa una posizione vera e può rendere vera una posizione falsa. La chiesa romana, approfittando dei tre secoli di persecuzione subìta, ha creduto d'essere pienamente legittimata nell'ereditare l'autoritarismo degli imperatori pagani. L'eliminazione violenta dell'eresia era stata praticata dal papato ben prima della nascita dell'Inquisizione, praticamente già con la nascita dello Stato confessionale voluto da Teodosio.

Sicché l'Inquisizione medievale non è stata soltanto una violazione della libertà di coscienza, ma anche uno strumento per salvaguardare un potere diventato sommamente iniquo: sotto il pretesto della pericolosità dell'eresia, essa servì per assicurare il controllo dell'ordine pubblico, cioè per ribadire che nonostante l'esercizio abusivo dell'autorità ecclesiastica, questa non poteva essere messa in discussione da nessuno.

Sotto questo aspetto possiamo tranquillamente sostenere che in tutte le forme di governo autoritario, siano esse laiche o religiose, esiste immancabilmente l'uso dell'Inquisizione. Nel Novecento ciò è stato molto evidente sotto il fascismo, il nazismo, lo stalinismo, il maoismo, il maccartismo ecc.

Ci si può anzi chiedere se il venir meno dell'inquisizione politica sia il riflesso di un'effettiva aumentata democrazia o non piuttosto il riflesso di una piena omologazione ai poteri dominanti. In altre parole nel cosiddetto "Occidente democratico" non si reprime più come una volta perché il potere politico è diventato più democratico e quindi non ha bisogno di ricorrere a questi strumenti espliciti di paura e terrore, oppure perché la società civile è più rassegnata a svolgere un ruolo subordinato rispetto allo Stato?

In questo "Occidente democratico" siamo tutti potenzialmente inquisibili, poiché su ognuno di noi esistono banche dati in grado di monitorare un'infinità di cose (l'uso del telefono fisso e mobile, l'uso del conto corrente, l'uso di strumenti elettronici di pagamento o di navigazione in rete, le informazioni scolastiche, sanitarie, fiscali, poliziesche e militari ecc.) e, nonostante la legge sulla privacy, i progressi della democrazia e lo sviluppo della giurisprudenza, la "conoscenza" continua ad appartenere a pochi soggetti, che facilmente, se a monte esiste una determinata volontà persecutoria, possono diventare inquisitori.

Bibliografia

  • Canosa Romano, Storia dell'inquisizione in Italia. Dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, Sapere 2000, Ediz. Multimediali 2002
  • L’Inquisizione. Atti del Simposio internazionale: Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998, a cura di A. Borromeo, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, 2003.
  • Italo Mereu, Storia dell'intolleranza in Europa, Bompiani 2000
  • Italo Mereu, La morte come pena, Donzelli 2007
  • Italo Mereu, Giudici, Rizzoli
  • Jules Michelet, La strega, Einaudi 1980
  • Jules Michelet, La strega. La rivolta delle donne nel romanzo-verità dell'inquisizione, Nuovi Equilibri 2005
  • Bennassar Bartolomé, Storia dell'inquisizione spagnola. Fatti e misfatti della «Suprema» dal XV al XIX secolo, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli 2003
  • Moneti Andrea, Eretica pravità. Inquisizione, corruzione, eresia nella cattolicissima Italia del XIII secolo, L'Autore Libri Firenze, 2004
  • Leonardi Melita, Governo, istituzioni, inquisizione nella Sicilia spagnola. I processi per magia e superstizione, ed. Bonanno 2005
  • Benazzi Natale - D'Amico Matteo, Il libro nero dell'inquisizione. La ricostruzione dei grandi processi, ed. Piemme 2006
  • Andrea Del Col, L'Inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Mondatori 2006
  • Giovanni Romeo. Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Sansoni, Firenze
  • Romeo Giovanni, L'Inquisizione nell'Italia moderna, Laterza, Bari 2006
  • Gustav Henningsen. L'avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Garzanti, Milano, 1990
  • Rawlings Helen, L'inquisizione spagnola, Il Mulino, Bologna 2008
  • Franco Cardini; Marina Montesano. La lunga storia dell'inquisizione. Luci e ombre della «leggenda nera», Città Nuova, Roma 2005
  • Audley Anselm, Inquisizione, ed. Nord 2003
  • Testas Guy - Testas Jean, L'inquisizione. Storia di un olocausto, ed. Bonanno 2007
  • Baigent Michael – Leigh, L'inquisizione. Persecuzioni, ideologia e potere, Tropea 2005
  • Oscar Di Simplicio. Autunno della stregoneria. Maleficio e magia nell'Italia moderna, Bologna, Il Mulino, 2005
  • Calimani Riccardo, L'inquisizione a Venezia, Mondatori 2003
  • Brambilla Elena, La giustizia intollerante. Inquisizione e tribunali confessionali in Europa (secoli IV-XVIII), ed. Carocci 2006
  • Prosperi Adriano, L'inquisizione romana. Letture e ricerche, ed. Storia e Letteratura 2003
  • Lea Henry C., L'inquisizione spagnola nel Regno di Sicilia, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995
  • S. Pavone, I gesuiti dalle origini alla soppressione, Roma-Bari, Laterza 2004
  • Firpo Massimo, Inquisizione romana e Controriforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone (1509-1580) e il suo processo d'eresia, Morcelliana 2005
  • O. Niccoli, Il seme della violenza. Putti, fanciulli e mammoli nell’Italia della Controriforma,
    Roma-Bari, Laterza, 1998
  • P. Scaramella, L'Inquisizione romana e i valdesi di Calabria (1554-1703), Napoli, Editoriale
    Scientifica, 1999
  • P. Scaramella, Inquisizioni, eresie, etnie, Bari, Cacucci, 2005
  • B. Lewak, La caccia alle streghe, Bari-Roma, Laterza 1998
  • M. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell'Italia del Cinquecento, Bari-Roma, Laterza 1993
  • M. Gotor, Chiesa e santità nell'Italia moderna, Roma-Bari, Laterza 2003
  • Del Col Andrea, L'inquisizione nel patriarcato e diocesi di Aquileia (1557-1559), ed. EUT 1998
  • Solinas Luigi, Inquisizione sarda nel '600 e '700, Grafica del Parteolla 2005
  • Green, Inquisizione. Il regno della paura, Armenia Pan Geo (Gruppo Editoriale) 2008
  • L'inquisizione e gli storici. Un cantiere aperto. Tavola rotonda (Roma, 24-25 giugno 1999), Accademia Naz. dei Lincei 2000
  • Migliorini Aldo, Tortura, inquisizione, pena di morte. Brevi considerazioni sui principali strumenti commentati in merito ai tre argomenti dal Medioevo all'epoca industriale, ed. Lalli 1997
  • G. R. Scott, Storia della tortura, ed. Mondadori
  • L'Inquisizione santa, ed. Giunti Demetra, 1999
  • De Boni Filippo, L'inquisizione cattolica e il massacro dei calabro valdesi, ed. Lacaita 1995
  • Méchoulan Henry, Gli ebrei e l'inquisizione spagnola. Eroismo e mascheramento all'epoca del Siglo de oro, Ecig 2005
  • Leo Moulin (1906-1996), L'Inquisizione sotto inquisizione, trad. it., a cura dell'Associazione Culturale Icaro, Cagliari 1992
  • Dedieu Jean-Pierre, L'inquisizione, San Paolo Edizioni 2003
  • Nativo Giuseppe, Inquisizione, questa sconosciuta. Approccio ad una esplorazione documentaria, ed. La Biblioteca di Babele 2004
  • Brian van Hove S.J., Oltre il mito dell'Inquisizione, in “La Civiltà Cattolica”, anno 143, n. 3419, 5-12-1992, pp. 458-467; e n. 3420, 19-12-1992, pp. 578-588;
  • Jean-Baptiste Guiraud, Elogio della Inquisizione, Leonardo, Milano 1994
  • AA. VV., Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1995
  • G. G. Merlo, Discorrendo di inquisizione «medievale» e «moderna», in “Bollettino storico vercellese”, XXXI, 2002, pp. 5-20.
  • M. D’alatri, Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, Il Duecento, vol. I, Roma, Collegio San Lorenzo da Brindisi, Istituto storico dei Cappuccini, 1986
  • G. Biscaro, Inquisitori ed eretici a Firenze, in “Studi medievali”, VI, 1933, pp. 161-207
  • Il libro che la tua chiesa non ti farebbe mai leggere, ed. Newton Compton

Download


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015