LA GUERRA DEL VESPRO (1282-1302)
LU REBELLAMENTU DI SICHILIA
Premessa su Carlo d'Angiò -
Gli Svevi nel Mezzogiorno - La politica
angioina
La politica ecclesiastica - La guerra del
Vespro - Dopo il Vespro - Considerazioni -
Fonti
Considerazioni sul Vespro
- Il fatto che la rivolta sia accaduta anche in assenza di un forte ceto
urbano di estrazione borghese sta chiaramente ad indicare che anche presso
le masse rurali poteva diffondersi la consapevolezza e la capacità
organizzativa di opporsi con forza al colonialismo straniero, anche se,
subito dopo l’insurrezione, i baroni si allearono con la monarchia aragonese,
vanificando le speranze di un nuovo modello di sviluppo economico e di
organizzazione politica.
- I siciliani si fidarono degli aragonesi senza rendersi conto che tra
loro e gli angioini non vi erano differenze sostanziali, ma solo di forma:
entrambe le dinastie infatti ambivano a realizzare un’egemonia commerciale
sul Mediterraneo basata prevalentemente sulla forza militare. Il Mezzogiorno
era una sorta di trampolino di lancio per la conquista del Levante. Tant’è
che gli aragonesi ebbero nei confronti dell’impero bizantino gli stessi
atteggiamenti prevaricatori degli angioini e contribuirono notevolmente a
indebolirlo nei confronti dell’avanzata turca.
- Va detto tuttavia che, quando si sentirono traditi, i siciliani non
persero tempo a liberarsi del successore di Pietro III. In ogni caso se si
può dire che la Sicilia vinse la partita con gli angioini, non si può dire
che la vinse con la propria feudalità interna.
In tal senso se la guerra angioino-aragonese impedirà uno sviluppo
mercantile della Sicilia e dell’intero Mezzogiorno, impedirà anche lo
sviluppo di un’alternativa non mercantile alle contraddizioni antagonistiche
del tardo feudalesimo. Infatti l’assenza di una riforma agraria, che
spezzasse il dominio della grande proprietà privata, porterà,
contestualmente all’assenza di uno sviluppo comunale borghese, a riconoscere
agli spagnoli un’egemonia che nei fatti non darà significativi risultati
allo sviluppo dell’isola.
- E’ assurdo sostenere – come fece il Croce - che col Vespro la Sicilia
aveva spezzato “l’unità della monarchia normanno-sveva”, cadendo “in preda a
un brutale e fazioso baronaggio”, e restando “quasi staccata dalla generale
cultura italiana”. Il “fazioso baronaggio” fu una conseguenza non della fine
del regno normanno (uno dei peggiori che il Mezzogiorno abbia mai
conosciuto), ma del mancato inizio di un’alternativa democratica a tale
regno.
E che questa alternativa non fosse quella promossa dalle città del
centro-nord della penisola è testimoniato dal fatto che quando gli spagnoli
dilagarono in quasi tutta la penisola, esse non seppero opporre alcuna vera
resistenza.
- La disinvoltura con cui il papato consegnò l’Italia meridionale ai
francesi e prima ancora ai normanni, era un chiaro segnale della propria
debolezza politica, benché proprio con queste assegnazioni di terre e poteri
la chiesa romana pensasse di salvaguardare se non di aumentare il proprio
potere politico ed economico.
- L’Italia, nel suo insieme di Comuni e Principati, del nord e del sud,
non seppe reagire con la dovuta prontezza e risolutezza alla duplice crisi
istituzionale dell’impero e del papato, o meglio, se fu in grado di opporsi
alle ultime pretese imperiali, rivendicando l’autonomia dei Comuni, non
seppe con altrettanta forza opporsi alle pretese teocratiche della chiesa,
dandosi un volto nazionale anti-feudale con cui ridimensionare il potere
temporale dei pontefici. La lotta contro la gerarchia ecclesiastica non è
mai riuscita a canalizzare in un’unica direzione le tre seguenti
fondamentali esigenze: superare l’ambito locale-regionale delle
rivendicazioni, contestare a fondo l’ideologia dominante, distruggere le
basi del sistema economico feudale.
- La chiesa di Roma perse l'ultimo porto di lancio per le crociate (che
era Messina) e infatti dopo il Vespro non si fecero più crociate in "terra
santa".
Enrico Galavotti -
Homolaicus -
Sezione
Storia Medievale
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Aggiornamento:
01-05-2015