STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


UN INTELLETTUALE DI STILE NON S'IMBARBAGLIA
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Barbaglia contro Galavotti (pdf-zip)

E' incredibile che un insegnante dia del “moralista” a un altro insegnante perché quest’ultimo s’è permesso di dire che non si può criticare una persona mettendo continuamente in luce le sue origini sociali, geografiche o gli studi scolastici che ha fatto in gioventù.

E' come se io in classe dessi per scontato che uno studente di origine bulgara o marocchina o di provenienza rurale o montana non potesse fare altro che prendere un voto scadente.

E siccome Barbaglia sostiene che sulla base di un certo stile letterario è anche possibile concedersi licenze di bassa lega, io in classe potrei tranquillamente prendere in giro gli stranieri, i contadini o i montanari, facendo leva sulle differenze nei livelli di apprendimento, rispetto agli studenti urbanizzati, figli di genitori laureati, posizionati e quant’altro.

Chissà perché non m’è mai venuto in mente di poter usare una “struttura retorica retrostante” con cui dileggiare chi, provenendo dalla montagna, si fa beffe della nostra civiltà inquinata o chi, provenendo dalla Bulgaria, mi dice che la religione ortodossa non riconosce l’autorità del papa.

Interessante inoltre la teoria pedagogica secondo cui è sempre bene mettersi allo stesso livello di chi ci sta di fronte, anche nei casi in cui forse un maggiore distacco avrebbe aiutato meglio il lettore a capire da solo la fondatezza delle tesi dei rispettivi contendenti.

Personalmente non riesco neppure a capire chi abbia stabilito che il digitale meriti meno riguardi del cartaceo, poiché, proprio sulla base di questa erronea percezione di valore, un intellettuale come Barbaglia si è sentito autorizzato ad usare uno stile volutamente polemico. Davvero gli avversari semplicemente “telematici” non hanno credenziali sufficienti per essere trattati con maggiore rispetto?

Peraltro lo stesso Barbaglia è costretto ad ammettere che le tesi di Cascioli vengono “seguite ad occhi chiusi da tantissime persone”. Dunque perché usare uno stile così basso nei confronti di decine di persone, che hanno deciso di proseguire autonomamente nei loro siti e blog le tesi di questo famoso “agronomo”? Solo perché appartengono al web? Eppure lo stesso Barbaglia si chiede perché io non abbia usato, guarda caso, proprio un motore di ricerca per verificare se lui stesso in altri testi non avesse usato uno stile più scientifico. E, di grazia, mi si vuole spiegare il motivo per cui un intellettuale che normalmente scrive in maniera scientifica, improvvisamente scade in un linguaggio da bar quando ha a che fare con un polemista agguerrito ben presente nel web nazionale e internazionale?

O forse la risposta a questa domanda sta nel fatto che Cascioli, secondo Barbaglia, non merita uno stile scientifico in quanto lo stile da lui usato è soltanto provocatorio e denigratorio nei confronti della chiesa? Ma allora perché uno scienziato deve darsi tanto da fare per un testo e un sito che in fondo potrebbero anche giudicarsi da soli? Quanto tempo durano le cose non sufficientemente motivate e fondate? Non sarebbe forse stato meglio ignorarle?

Evidentemente non si poteva e forse proprio perché qui si ha a che fare con “un sito ripreso dai motori di ricerca su circa 60.000 link in tutto il mondo”.
Cascioli è così famoso che secondo Barbaglia lo stesso autore del sito homolaicus.com “ne condivide lo stile e i contenuti”.

Accidenti che svista prof. Barbaglia! Rimproverare a me di non saper distinguere tra “autore reale” e “autore implicito”, solo per il fatto di non aver digitato il suo nome in un motore di ricerca, e cadere nella stessa svista subito dopo non mi sembra un atteggiamento molto “scientifico”: io di Cascioli non condivido né lo stile né i contenuti, e se lei avesse usato un qualunque motore di ricerca si sarebbe accorto che da un decennio in rete ho assunto, in merito all’analisi delle fonti neotestamentarie, una posizione più “storicistica” che “mitologistica”.

E comunque rinfacciare al Cascioli di usare “una forma di scrittura ex cathedra” quando fino alle ricerche protestanti in materia di esegesi la chiesa romana era proprietaria di una forma analoga, mi pare quanto meno ingeneroso. Sono innumerevoli i libri che detta chiesa ha vietato di leggere: www.aloha.net. Sarebbe stato sufficiente sostenere che a dogma non si risponde con dogma e non che le interpretazioni cattoliche del dogma cristiano sono più vere di quelle laiciste.

Vorrei qui chiudere la questione dello stile riportando questo infelice interrogativo di Barbaglia: “Io dovrei offendermi se mi danno del ‘prete’?”. Personalmente mi chiedo se una domanda del genere sia sufficiente per considerare lecito il fatto che lei abbia dato del “rurale”, dell’”agronomo”, dell’”agrario” a uno studioso del cristianesimo? Temo che questa finta ingenuità non faccia che peggiorare i fastidi di “moralisti” come me.

Per quale ragione infatti lei dovrebbe considerare la parola “prete” un epiteto? Non è forse il suo mestiere? Tra l’essere sacerdote e studioso del cristianesimo vede forse molta differenza? Non ha forse considerato il lavoro intellettuale come una naturale conseguenza di una vocazione interiore?

E' strano che un intellettuale come lei, che pur si è accorto che la maggior parte delle tesi di Cascioli non sono farina del suo sacco ma prese da autori stranieri, non sia arrivato a immaginare che questi stessi autori possono aver documentato ampiamente le loro tesi. E allora che dire di costoro? Che pur non essendo “agronomi” restano degli incompetenti?

Vorrei qui aggiungere che indubbiamente è vero che Cascioli è un novizio rispetto ai grandi esegeti critici del cristianesimo primitivo e che si serve di fonti per lo più francesi, che oggi, nel loro accanito positivismo, consideriamo superate, in quanto preferiamo assumere atteggiamenti più possibilisti circa l’autenticità di una figura storica come il messia Gesù, per quanto enormemente mistificata dai redattori cristiani; ma è anche vero che nel generale torpore in cui versa l’atteggiamento laico verso le fonti neotestamentarie, che sembra preferire l’indifferenza agnostica alla critica puntuale, i lavori editoriali di Cascioli nonché di Donnini hanno determinato un piccolo terremoto nel web nazionale.

Al punto che oggi è praticamente impossibile sostenere che la critica del cristianesimo primitivo non abbia assunto proporzioni preoccupanti per una chiesa abituata da sempre a gestire le verità di fede in termini prevalentemente politici o comunque monopolistici.

Quanto al resto, Barbaglia sa sicuramente meglio di me che gli eventi storici influiscono sulle motivazioni dei ricercatori: quando spopolavano le idee del socialismo, l’interpretazione che si dava del Cristo era quella di un rivoluzionario; oggi che domina il neoliberismo si è tornati a parlare di Cristo redentore e profeta.

Ed entrambe le versioni sono state sempre ampiamente documentate. E non è affatto vero che il tempo, di per sé, rende superate determinate tesi; semmai quelle che paiono più convincenti vengono riprese e riformulate (come fece la scolastica con l’aristotelismo o l’umanesimo col platonismo).

Lo sa bene anche la chiesa, che quando vede teologi del calibro di Hans Kung, Jacques Pohier, Edward Schillebeeckx, Leonardo Boff, Charles Curran, Tissa Balasuriya, Anthony de Mello, Reinhard Messner, Jacques Dupuis, Marciano Vidal, Roger Haight, Jon Sobrino, Uta Ranke-Heinemann fa presto a scomunicarli o a sospenderli dall’insegnamento.

* * *

Cascioli rappresenta la vecchia esegesi positivistica francese, che in Russia si chiamava mitologista, e che partiva dal presupposto dell'inesistenza di Cristo. Questa esegesi si oppone non solo a quella confessionale ma anche a quella storicista di derivazione laica, che parte infatti dal presupposto di questa esistenza, pur mettendo in discussione l'interpretazione datane da tutto il cristianesimo (cioè dal Nuovo Testamento a oggi, con parziale esclusione di quella dei teologi della liberazione).
Indubbiamente i mitologisti fan bene ad affermare che non si può sostenere l'esistenza del Cristo sulla base dei soli vangeli canonici, ma se ci si ferma a questo non si riesce a fare il passo successivo, che è quello di cercare di capire non tanto la falsificazione quanto piuttosto la mistificazione.
C'è differenza tra le due cose: per i mitologisti si tratta solo di falsificazione, per gli storicisti invece c'è di mezzo la mistificazione, che è una falsificazione compiuta su cose realmente accadute.
Portando alle estreme conseguenze le tesi dei mitologisti si arriva a dover concludere che la falsificazione altro non è stata che una pura invenzione di fatti mai accaduti. I vangeli cioè vengono paragonati a una sorta di Donazione di Costantino, con cui comunque la chiesa s'assicurò per ben 700 anni il dominio temporale del papato.

Fonti


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani (sezione Natura/Fiori)

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014