L'UNIVERSO CI ATTENDE

TEORIA
Etica Filosofia Antropologia Pedagogia Psicologia Sociologia Ecologia Logica Ateismo...


L'UNIVERSO CI ATTENDE

I - II - III - IV - V - VI - VII

La vita ci è data, non possiamo togliercela. Anche se lo facessimo, non servirebbe a nulla: ci resterebbe lo stesso, seppur in altre forme e modi. Non è solo questione di dover provare dei sentimenti di riconoscimento nei confronti dei propri genitori, in quanto non è per questo motivo che essi possono accampare sulla nostra vita maggiori pretese delle nostre. Loro stessi sono nati da qualcuno e noi non possiamo risalire alla prima coppia che può rivendicare più diritti di tutte le altre.

Sotto questo aspetto l'enorme passato che ci divide dai nostri avi ancestrali può indurci persino a credere che noi in realtà non siamo mai nati, essendo tutti "figli delle stelle", come diceva una bella canzone di Alan Sorrenti.

La vita non ci appartiene appunto perché facciamo tutti parte dell'universo. Neppure il nostro pianeta si appartiene, essendo il prodotto di un'esplosione primordiale e dipendendo attualmente, al 100%, dal sole. Nessuno nell'universo è così assolutamente indipendente da poter dire di non avere alcun rapporto organico o strutturale con altri elementi. Tutto è strettamente interconnesso, anche se ogni cosa fruisce di una relativa autonomia.

Inevitabilmente la vita ci è data, e non tanto perché esiste un dio creatore: è l'infinità stessa dell'universo che ci obbliga a credere in una nostra dipendenza da cose che ci precedono, ab aeterno, nello spazio e nel tempo.

Togliersi la vita, nella convinzione di poter recidere questo cordone ombelicale, è un gesto insensato, non tanto o non solo sul piano etico (che per alcuni è anche religioso), quanto proprio su quello ontologico o metafisico. Anzi, sul piano etico, in talune circostanze, può anche essere del tutto sensato: p. es. per evitare a se stessi sofferenze maggiori e inutili; per timore di non sopportare le torture rischiando di compromettere i propri compagni; per salvare la vita di qualcuno; per non tradire i propri ideali...

L'importante è sapere che lo si sta facendo per un valore superiore alla vita stessa (almeno alla propria) e che, facendolo, si è consapevoli di compiere qualcosa che può essere compreso, condiviso, apprezzato, in quanto rientra nelle possibilità esistenziali di chiunque e non viene considerato qualcosa di assolutamente eccezionale o di stravagante. In tal senso è del tutto normale che p. es. il capitano di una nave prossima ad affondare si sacrifichi per salvare i propri passeggeri. Naturalmente in questi gesti di eroismo o di autoimmolazione sarebbe bene che non vi fossero punte di vanità, forme di orgoglio personale, visioni distorte della realtà. Le cose - come diceva Kant - andrebbero fatte nella loro purezza intenzionale.

Dovrebbe comunque restare assodato che la vita non può essere tolta in alcun modo: su questo pianeta può essere coartata, repressa, frustrata, ma nell'universo non può essere eliminata. La vita è soggetta a continue trasformazioni e quindi è destinata a vivere e chi l'ha in qualche modo violentata dovrà renderne conto. Dovrà farlo anzitutto e personalmente nei confronti di chi ha subito violenza, ben sapendo che non ci saranno giudici o giurie o pubbliche accuse o avvocati che potranno decidere dove finiscono il bene e il male. Sarà tutto una questione di coscienza.

Paradossalmente nell'universo infinito non ci si può nascondere, si è nudi, a meno che uno non voglia continuare a soffrire, da solo, per la colpa che ha commesso. Ma chi lo farebbe, avendo la consapevolezza dell'eternità? Che senso ha voler soffrire liberamente e consapevolmente in eterno, quando col pentimento ci si può liberare del proprio rimorso? L'unica difficoltà che occorre superare, dopo aver avuto il coraggio di ammettere la colpa, è dimostrare l'effettiva sincerità del pentimento, che è cosa però, propriamente parlando, che non si può "dimostrare" ma solo "mostrare".

La vittima deve convincersi da sola che non ci siano secondi fini nell'atteggiamento contrito del colpevole. Ma nessuno potrà obbligarla ad accettare la richiesta del perdono. Noi non ci rendiamo bene conto che quando sono in gioco questioni di coscienza, bisogna essere assolutamente liberi da tutti i condizionamenti esterni, di qualsivoglia natura. Nell'universo saremo come stelle pulsanti, come cuori che battono a cielo aperto. La differenza tra gli uni e gli altri sarà soltanto nell'intensità del calore, nel grado di fusione degli elementi migliori che ci caratterizzano.

Noi oggi ci lamentiamo della lungaggine dei processi, ma nell'universo il rifiuto di concedere il pentimento potrebbe anche essere eterno. Ci lamentiamo che non esiste giustizia, che i colpevoli la fanno sempre franca, ma nell'universo la verità è a portata di mano: bisogna solo essere disponibili ad accettarla, e questo non è scontato che avvenga. Anche se - ce ne possiamo rendere conto sin da adesso - difficilmente uno potrà accettare di non concedere il perdono, quando, facendolo, farebbe star meglio non solo il colpevole ma anche se stesso.

Questo poi senza considerare che uno può sentirsi in colpa più di quanto la vittima si senta offesa. Ecco perché sarà assolutamente necessario chiarirsi su tutto. Avremo il vantaggio di poter fare quanto su questa terra qualcosa ce l'ha impedito.

ANDARSENE PER RICOMINCIARE

Abbiamo il tempo contato. Per quanti sforzi noi si faccia di durare il più a lungo possibile, per quanto ci si possa illudere di restare sempre giovani - il destino è segnato. Su questa Terra, che per molti versi amiamo, non possiamo restare in eterno. La odiassimo a morte, non c'importerebbe nulla; anzi, forse non vedremmo l'ora di andarcene. Il fatto è che, accanto a motivi di rabbia e di sofferenza, ce ne sono molti di soddisfazione, e questi, alla fine, sembrano prevalere. Ci dispiace andarcene. Anche se ci dicessero che passeremo a miglior vita, non sarebbe per noi una grande consolazione.

Alla Terra ci siamo abituati; ci è diventata familiare; la sentiamo come la nostra seconda casa. E' per noi difficile pensare a qualcosa di più bello, anche perché, guardandoci attorno, nell'universo, vediamo soltanto pianeti aridi e inospitali, infinitamente più brutti del nostro. Non riusciamo a immaginare qualcosa di più bello della Terra.

L'unico vero motivo che può spingerci a desiderare d'andarcene, è la progressiva devastazione ambientale procurata alla Terra dagli esseri umani. Probabilmente questo desiderio aumenterà quanto più gli uomini renderanno il nostro pianeta invivibile, e non solo sul piano ecologico, ma anche su quello dei rapporti umani, poiché l'antagonismo sociale sembra incupirsi sempre più.

Tuttavia, se davvero siamo destinati ad andarcene, è bene precisare almeno una cosa: ricominciare da capo, nell'universo, nelle stesse condizioni in cui lasceremo la Terra, è una prospettiva assolutamente da rifiutare. Non sarebbe in alcun modo sopportabile. Quindi, se qualcosa ci costringe ad esistere anche al di fuori del nostro pianeta, occorre che vengano ripristinate le condizioni della vivibilità umana e naturale. Non è possibile che chi vuole tornare a vivere in pace con se stesso, a contatto diretto con la natura, in armonia con tutto l'ambiente che lo circonda, debba essere condizionato negativamente da chi si oppone a queste sue aspettative. Deve essere data a chiunque la possibilità di realizzarsi come persona, cioè di essere quel che si vuole essere. E questo non è possibile se qualcuno o qualcosa ce lo impedisce.

Certo, noi stessi non possiamo pensare di realizzarci a danno degli altri, impedendo l'esercizio dell'altrui libertà; ma questo deve valere anche nei nostri confronti. In fondo l'universo è infinito: ognuno può scegliersi lo stile di vita che preferisce. La condizione, valida per tutti, è che non si devono danneggiare gli altri in alcuna maniera, non si deve dar fastidio alla libertà altrui.

Questa cosa avremmo già dovuto metterla in pratica sulla Terra, e anzi per moltissimi secoli l'abbiamo fatto. Poi qualcosa s'è spezzato e non siamo più riusciti a ricomporlo. Quindi se l'universo, per noi, vuole essere una nuova possibilità, dobbiamo utilizzarla nel migliore dei modi.

L'ideale sarebbe che fossimo messi in grado di ricostruirci un habitat adatto alle nuove caratteristiche umane e naturali che avremmo. Sarebbe infatti alquanto frustrante trovare le cose già pronte. L'essere umano è un lavoratore e soprattutto un creativo. Ha bisogno di agire in prima persona sull'ambiente in cui vuole andare a vivere.

Indubbiamente oggi siamo diventati così ignoranti in materia di eco-compatibilità, che, prima di fare qualunque cosa nell'universo, dovremmo essere rieducati come scolaretti delle elementari. Probabilmente i nostri maestri saranno gli stessi uomini primitivi che, con fare sprezzante e supponente, abbiamo considerato "preistorici". In ogni caso avremo tutto il tempo che vogliamo per imparare: ne avremo un'eternità.

La concezione della morte


Web Homolaicus

Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 14/12/2018