LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
dall'esordio al crollo


L'INTERVENTISMO STRANIERO NELLA RUSSIA BOLSCEVICA

I - II - III - IV

L'aggressione contro la neonata Repubblica sovietica fu organizzata subito dopo la rivoluzione d'ottobre. I principali paesi dell'Intesa - Inghilterra, Francia, Italia, Usa e Giappone - si prefiggevano non solo di abbattere il governo bolscevico, ma anche di spartirsi le risorse naturali di quell'immenso territorio.

Ecco perché continuarono ad alimentare la guerra civile tra Bianchi e Rossi, accrescendo il peso del proprio intervento. Per loro il bolscevismo era incompatibile con una pace stabile e non si accontentavano che il governo sovietico fosse pronto, in cambio della pace, a fare concessioni territoriali e a riconoscere gli obblighi contratti dal precedente governo zarista con le nazioni dell'Intesa, durante la I guerra mondiale.

Le zone in cui intervenire militarmente erano state decise nel gennaio 1919: all'Inghilterra spettavano alcune aree del nord della Russia, della Polonia, del litorale baltico, della Siberia e della Russia sud-orientale; agli Usa spettavano alcune regioni della Polonia; la Francia poteva operare in Siberia, Ucraina e Polonia; l'Italia doveva dirigersi in Ucraina, partendo dal mar Nero.

A dir il vero i circoli dirigenti italiani già all'inizio del 1918 avevano messo a punto un piano per una spedizione militare in Georgia, su espressa richiesta dell'Intesa (almeno così disse Nitti, il premier). Si trattava del 12° Corpo d'armata, composto di due divisioni di fanteria e di un reparto di alpini.

La mancata spedizione italiana fu dovuta a motivazioni tutte interne al nostro paese, che stava vivendo gravi tensioni sociali. Le forze della sinistra avvertivano la possibilità concreta di ripetere in Italia una rivoluzione simile a quella russa. Nei giorni 20-21 luglio del 1919 vi era stato un imponente sciopero.

Non a caso il movimento rivoluzionario italiano toccò il culmine negli anni 1919-20, con l'occupazione delle fabbriche. Fu a causa dell'incapacità dei dirigenti socialisti, ancora legati alla tattica e alla strategia riformistica della II Internazionale, di collegare queste battaglie operaie con quelle contadine e col più generale movimento democratico del paese, che avvenne la sconfitta della rivoluzione e la nascita, a destra del socialismo, del fascismo di Mussolini e, a sinistra, del comunismo di Gramsci e Terracini. E sarà il partito fascista (composto da molti ex-militanti socialisti) che riuscirà a prendere le redini in mano, trasformando la rivoluzione proletaria in una rivoluzione della piccola-borghesia.

Non si deve quindi pensare che tutti gli italiani fossero favorevoli a intervenire militarmente in Russia. Non solo esistevano forze socialiste disposte a fare la rivoluzione nel nostro paese, ma molti italiani erano presenti persino nell'Armata Rossa: p.es. nella Legione Internazionale di Pietrogrado (ottobre 1917) e di Mosca (marzo 1918), diretta dal francese A. Ebenholz, i quali avevano preso a combattere i Bianchi già nell'agosto del 1918, inquadrati nel 41° Reggimento moscovita.

Una compagnia di soli italiani, entrata a far parte del Reggimento Internazionale della 16a Divisione al comando di V. Kikvidze, difese con abnegazione Tsaritsyn.

Il Reggimento della 13a Armata sul Fronte sud-occidentale era comandato dall'italiano Arturo Zironi. In difesa della Russia sovietica si forgiarono eroi internazionali come p.es. D. Sticsa, P. Gibelli (che morirà in Spagna contro il franchismo), M. Godoni. In Russia Gibelli fu insignito dell'Ordine della Bandiera Rossa.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia contemporanea
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Aggiornamento: 28/05/2016