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LE MAIL 1-2-3-4-5Immagino sia noto a tutti che il regime attuale, dietro la foglia di fico della tutela dei diritti d'autore, in realtà è orientato a massimizzare le rendite per una minoranza di "grandi" artisti o presunti tali, nonché gli introiti di un'istituzione, la Siae, che definire anacronistica sarebbe quasi un complimento e che è sempre in prima fila quando si tratta di alzare polveroni in difesa degli interessi del grande business dell'intrattenimento. C'è un paradigma del lucro sulla produzione artistica che resta aggrappato all'ectoplasma di un sistema preistorico e anziché confrontarsi con le pulsioni libertarie e mutualistiche largamente presenti nel corpo sociale, reclama (e spesso ottiene) dispositivi polizieschi (la criminalizzazione degli scambi culturali) o giuridici (l'ampliamento a tempi biblici della copertura del diritto dopo il decesso dell'interessato), per perpetuare il risultato economico di un modello-Zombi che si aggira in un mondo che non è più il suo. Il fenomeno Siae si inquadra in un sistema normativo, veicolato da forme grottesche di deterrenza istituzionale, che si risolve in una funzione di deterrente alla crescita culturale e alla libera circolazione della conoscenza nel nostro Paese. Quante volte ci siamo sentiti dire da qualche amico "non lo posso fare (che so, una serata di poesie o tre quarti d'ora di teatro) perché alla Siae mi hanno chiesto duecento euro..."! È interessante, in questo quadro, notare come l'apparato esistente interagisce con il vasto mondo di creatori e fruitori di opere intellettuali e artistiche rese disponibili al pubblico tramite licenze "libere", che tutelano cioè la paternità ma favoriscono la diffusione. All'iscritto Siae, tanto per cominciare, è fatto divieto, per statuto, di donare al pubblico sue creazioni: la Siae ha sempre e comunque il diritto/dovere di esazione. E se per caso avete intenzione di utilizzare opere rilasciate sotto licenza libera da un autore che, in Italia o all'estero (in quanto iscritto a enti "gemelli" convenzionati per la reciprocità), abbia trasgredito al divieto, secondo la Siae avete torto marcio e sarete trattati di conseguenza (anche se magari nel Paese di origine il divieto non esiste...). Inoltre, a un qualunque libero cittadino che volesse far circolare liberamente una sua creazione, mettiamo un ritornello sul giro di do, è fatto obbligo a norma di legge di pagare la tassa sul supporto utilizzato per riprodurre l'opera, anche se lo fa solo per regalarla alla fidanzata o ai condomini vicini di casa. Personalmente mi è capitato di girare un documentario sulla questione
inceneritori nel quale ho utilizzato esclusivamente musiche rilasciata con
libera Creative Commons,
che ovviamente tutela il diritto d'autore ma consente il libero utilizzo dei
materiali che possono essere rilasciati con una serie di limitazioni a
discrezione dell'autore (se ne può consentire o meno l'uso commerciale,
l'utilizzo parziale in opere derivate, l'utilizzo in altre opere a patto che
siano a loro volta rilasciate con la Come noto, il fenomeno delle licenze libere oggi rappresenta un vasto movimento internazionale, dotato solide basi giuridiche (in qualche caso già all'attenzione del legislatore); l'Italia non fa eccezione, ma le istituzioni non solo ignorano tutto ciò: oppongono resistenza per assecondare le pressioni delle lobby affaristiche del settore "spettacolar-culturale". Pensate, per tornare al mio caso, che quando ho telefonato all'ufficio Siae di Verona, competente per territorio in fatto di bollini e balzelli sulla distribuzione di opere audiovisive, quando ho spiegato che l'intera opera era senza fine di lucro e nasceva e si sviluppava nell'ambito delle licenze creative commons, mi hanno detto che non sapevano di che cosa io stessi parlando... La linea evidentemente è far finta di niente e andare avanti come un panzer, tirare la corda al massimo, sperando che duri. Credo tuttavia sia un obbligo etico di chi ha a cuore il diritto alla conoscenza fare in modo che questo sistema autoritario duri ancora poco, che si strappi il velo ipocrita della tutela del diritto d'autore e si segua la via tracciata dalla moltitudine di persone impegnate nel mondo delle licenze libere, una nuova forma per tutelare il diritto d'autore e il lavoro di artisti e intellettuali. Enti come la Siae avrebbero molto meno lavoro, anche se è ovvio che qualcosa resterebbe da fare, anche in un mondo nel quale l'approccio poliziesco viene sostituito da una gestione dinamica e flessibile del copyright che nulla toglie al diritto dell'autore. L'orientamento poliziesco, fra l'altro, ha un duplice effetto collaterale non so quanto sgradito ai centri di potere: deterrente della libera iniziativa culturale dal basso (di chi ha pochi denari in tasca) e catalizzatore della propensione a "delinquere" trasgredendo a norme talmente rigide che sembrano un invito a non rispettarle. Un altro esempio significativo che ho vissuto in prima persona riguarda le opere pittoriche: pochi anni fa volevo usare una riproduzione del Quarto Stato di Pellizza per la copertina di un libretto su Andrea Caffi. Dato che si parlava di socialismo libertario, mi venne l'insana idea di chiedere l'autorizzazione alla Galleria civica di Milano: ero certo che si sarebbe trattato solo di ricevere due righe via email in cui si specificava che nel libretto avrei dovuto menzionare il museo nei crediti della copertina. Invece mi chiesero 300 euro di diritti di riproduzione. Ovviamente lasciai perdere, non solo perché si trattava di 500 copie di un libro che costava due euro ma sopratutto perché trovai scandaloso che anche su quel quadro-simbolo si andasse a speculare mercificando un'icona del movimento operaio ormai de facto di dominio pubblico... La cultura si può aiutare in molti modi, il peggiore è criminalizzarne i fruitori squattrinati. Zenone Sovilla it.groups.yahoo.com/group/senzabavaglio/message/3770 Non ho mai sentito un giornalista interessarsi di diritti d'autore! In teoria, dovrebbero essere pagati quando un giornale riprende un articolo di un altro giornale, ma non lo fanno mai. Le foto di solito però si acquistano dalle agenzie, che si fanno pagare e poi si arrangiano magari anche con la Siae. Pino Nicotri giornalista dell'Espresso |