IL DIRITTO ALLA CULTURA: FAIR USE NO COPYRIGHT

IL DIRITTO ALLA CULTURA
FAIR USE NO COPYRIGHT


LE MAIL 1-2-3-4-5

RICHIESTE DA RIVOLGERE ALLA SIAE

La legge n. 633/1941 va migliorata, precisata, in riferimento alle esigenze specifiche del web www.interlex.it/testi/l41_633.htm

  1. Bisogna evidenziare che l'utilizzo non commerciale di opere protette non può di per sé costituire una violazione del diritto morale dell'artista e dei diritti patrimoniali dei suoi eredi.

  2. La Siae potrebbe anche far controllare agli eredi le nostre pubblicazioni e farci sapere se incappano in qualche violazione. Noi stessi potremmo essere interessati a un rapporto diretto con la Siae. Se però le nostre pubblicazioni gratuite sono in regola, dobbiamo pretendere una liberatoria gratuita della Siae, in grado di tutelarci nei confronti di chiunque voglia rivendicare qualcosa. È da escludere a priori che noi si debba pagare dei diritti per un lavoro senza alcun fine di lucro, anzi vantaggioso economicamente sia all'artista che ai suoi eredi.

  3. In secondo luogo occorre specificare a chiare lettere che il formato JPEG non è in grado di riprodurre alcunché: è un formato troppo povero di informazioni per poter essere usato nell'editoria cartacea o filmica. Nessuno farebbe mai un testo prendendo un ipertesto così com'è. Le immagini andrebbero rifatte completamente e da un fotografo professionista.

  4. In terzo luogo bisogna sostenere il principio che come i giornalisti hanno per il diritto di cronaca facoltà di usare gratis immagini protette, così i docenti, gli operatori culturali vogliono avere la stessa facoltà per il diritto di citazione (didattica, culturale) senza scopo di lucro.

  5. Inoltre questa facoltà deve poter essere esercitata in pubblico, in chiaro, in area fruibile liberamente da tutti, senza alcun limite di accesso. La cultura, la formazione, l'informazione non possono essere messe sotto chiave.

  6. In quinto luogo occorre che la Siae ci dia almeno un anno di tempo per metterci in regola e verificare se possiamo aver violato il cd. "diritto d'autore", ovvero deve darci una moratoria sufficiente per permettere a ogni docente di segnalare alla stessa Siae le proprie pubblicazioni, in cui ha usato opere di artisti protette, per richiederne una specifica liberatoria d'uso.


> Lo sanno gli eredi di Picasso, Kandinsky, Klee, Matisse, Marinetti,
> Balla, Severini, Braque, Cangiullo, Carrà che, obbligandomi a
> rimuovere 70 mega di materiali dedicati a loro, la Siae ha danneggiato
> gravemente i loro interessi?

La cosa tragicomica è che anche se lo sapessero e non fossero d'accordo con la SIAE, non potrebbero farci proprio niente, visto che la SIAE gestisce queste cose in totale esclusiva.

Nemmeno se l'autore stesso, iscritto alla SIAE, concedesse in uso gratuito una sua opera, questa potrebbe essere lecitamente usata, se la SIAE si opponesse.

> Se avesse voluto concederla gratuitamente non si sarebbe iscritto alla SIAE.

Non è detto. avrebbero potuto concederlo a titolo gratuito per alcuni specifici utilizzi.

Tanto per fare un ipotesi, se un cantante volesse fare un concerto di beneficenza, cantando gratis per una qualche associazione, ebbene non lo potrebbe fare. Quando leggete che un cantante si è esibito gratis, in realtà è stato pagato.

http://candido2k.blogspot.com/


Ecco solo alcune delle innumerevoli conseguenze dirette che si verificano rispettando la norma:

1- qualsiasi sito scolastico o blog didattico che utilizza per puro scopo didattico file sonori, immagini protette, citazioni d'autore, rischia ingenti sanzioni e quindi la chiusura immediata;
2- le rappresentazioni teatrali, i saggi di fine anno caratterizzati da sottofondi musicali alla presenza di pubblico o dei genitori sono insostenibili dal punto di vista economico;
3- la realizzazione di cd rom didattici e la creazione di ipertesti sono estremamente costose
4- la libertà didattica e le specifiche competenze professionali degli insegnanti ne risultano condizionate

Valerio Pedrelli - Presidente dell'associazione Anitel


Scritta a un giornalista di ItaliaOggi, Giovanni Scancarello

Dieci anni fa in rete eravamo quattro gatti, quasi tutti docenti.
Io avevo un sito chiamato www.criad.unibo.it/galarico/ oggi chiuso perché ho trasferito tutti i materiali in www.homolaicus.com Per noi tutti era una novità incredibile poter fare cose didattiche a distanza. Pensa che una delle primissime fu proprio col tuo giornale, dedicata alla pubblicità cartacea volgare, che ora puoi vedere qui: www.homolaicus.com/linguaggi/spot/ Ci aiutò il vostro vice-direttore Claudio Mori.
Per dieci anni nessun docente ha mai pensato di dover chiedere alla Siae i diritti d'autore per delle immagini o dei file midi scaricati dalla rete e messi negli ipertesti.
La stessa Siae è in rete dal 1997 e non ha mai pensato di chiedere qualcosa a qualcuno che lavorasse in campo didattico-culturale.
Ora non so perché si stia comportando così: probabilmente la pirateria informatica ha decurtato i suoi incassi, ma non per questo credo debba prendersela con la nostra categoria.
È vero che da un po' abbiamo iniziato a mettere le pubblicità di Google nei nostri siti, ma sostenere - come fa la Siae - che con queste pubblicità un sito didattico si trasforma in sito commerciale, è pura follia.
Google ti fa guadagnare un euro per (se non ricordo male) 12 clic da parte di 12 persone diverse: alla fine sono cifre assolutamente ridicole, rispetto alle ingenti spese che ogni docente deve sostenere per l'adsl, il software, l'hardware, la documentazione per elaborare ipertesti e soprattutto per l'enorme tempo che occorre per realizzare gli ipertesti.
La Siae mi ha addirittura accusato di tenere un circuito banner pensando a chissà quali favolosi profitti io riesca a maturare. Ebbene, tutti i banner sono stati messi a titolo gratuito o come scambio alla pari, per aumentare la reciproca visibilità. Io non ho p. iva, non sono iscritto al registro delle imprese, non ho una contabilità o un commercialista che me la tiene. Di tutte queste cose non so nulla.
È vero che in certe pagine ho messo delle pubblicità che potrebbero fruttarmi qualcosa, ma se proprio vuoi sapere quello che ho maturato ti do login e password, così lo puoi vedere da solo: 11 euro in 4 anni!
Sotto questo aspetto dovrei almeno essere considerato come quell'extracomunitario che beneficia della sentenza del Tribunale di Roma (15.2.2001), secondo cui non è reato vendere cd piratati quando lo si fa per campare.
Tutto ciò per dirti che un docente non lavora certo per i redditi che ricava dalla rete. Generalmente lo fa per pura passione personale, perché gli piace fare qualcosa.
Noi viviamo del nostro ridicolo stipendio. Alla Siae ho mandato il cedolino e forse avranno strabuzzato gli occhi quando avranno visto il misero importo finale, al netto delle tasse. Io sono persino disponibile a che mi si faccia un controllo finanziario del mio conto corrente.
E poi, stando alle telefonate e alle tabelle, la Siae non fa differenza tra sito didattico e sito commerciale, se non negli importi dovuti: per un sito amatoriale come il mio dovrei pagare 120 euro l'anno per 50 opere protette.
La cosa veramente curiosa è proprio questa, che da un lato la Siae mi rinfaccia di avere aspetti commerciali nel sito e dall'altra che mi farebbe pagare i diritti anche se non li avessi.
Insomma voglio dirti che colpire una categoria come la nostra, che ha creato e sviluppato il web in maniera del tutto gratuita e disinteressata, che ha dato lustro in tutto il mondo soprattutto agli aspetti culturali della nostra rete, è un'azione che a definire inqualificabile sarebbe poco.
Peraltro l'ipertesto su Kandinsky è in rete da un decennio (l'ho fatto insieme a una prof di educazione musicale, Luisanna Fiorini, che qui voglio citare perché ho ancora un gran bel ricordo di lei); anche la Siae è in rete da un decennio, ma solo adesso se ne è accorta e solo adesso lo sanziona. Perché? Un atteggiamento del genere mi pare un po' terroristico.
Se vogliono applicare alle immagini web le stesse regole che applicano per la musica nella riviera romagnola, devono darci il tempo di metterci in regola, visto che per un decennio non ci ha detto niente nessuno.
A noi sarebbe bastato ricevere una comunicazione ufficiale, o da parte del nostro Ministero, o da parte della stessa Siae, che avrebbe potuto fare una conferenza stampa, o mettere un avviso sui maggiori quotidiani.
In sei mesi, un anno al massimo, avremmo controllato tutti i siti nazionali (solo il mio ha più di due giga di materiali).
Questo atteggiamento persecutorio non ce lo meritiamo, anche perché se non ci fossimo stati noi docenti a sviluppare la rete, credendoci anche quando si andava a 14k e col browser si disabilitava la visione delle immagini per rendere più veloce il caricamento delle pagine, non ci sarebbero poi entrate le aziende, gli editori e gli stessi quotidiani come il tuo.


La Siae non fa differenza, se non negli importi dovuti, tra sito didattico e sito commerciale.
Un sito amatoriale o didattico che non avesse nulla di commerciale, neanche gli ad-sense di Google, deve comunque pagare 120 euro l'anno per 50 immagini protette: sono le loro tabelle a dirlo.
E' poi il dirigente Siae che, rendendosi conto dell'assurdità di questa disposizione, che evidentemente non si sono ancora sentiti in dovere di applicare alla lettera, è costretto a prendere a pretesto i miei banner per dire che in realtà io gestisco un sito commerciale.
Il che poi viene contraddetto dal fatto che mi avrebbero fatto uno sconto della pena proprio a motivo del carattere culturale del mio sito.
Se mi avesse dovuto colpire a causa degli ad-sense, che si trovano ormai su tutti i siti, e non a causa dei banner, a quest'ora dopo la mia sarebbero state spedite decine se non migliaia di raccomandate.
Dall'intervista del dirigente Siae si evince che sono proprio i banner a spingerli a intervenire (e non tanto gli ad-sense), quei banner che al sottoscritto non danno assolutamente nulla, in quanto o posti a titolo gratuito o funzionanti in maniera del tutto diversa dagli ad-sense, che come noto sono basati sul semplice cliccaggio.
In quattro anni dai banner ho "maturato" non "incassato" circa 11 euro!
Peraltro negli ipertesti artistici non ho mai messo alcun banner ma solo ad-sense, le cui inserzioni, stando a Google, dovrebbero essere contestuali ai contenuti degli ipertesti (cosa che io non vado certo a verificare).
Insomma le azioni della Siae ci costringeranno in ogni caso, con o senza banner o ad-sense, a mettere i nostri ipertesti artistici sotto password, se vogliamo usare uno degli 80.000 artisti da loro protetti.
Oppure prima di fare un ipertesto andiamo a cercare in quali siti esistono le immagini che vogliamo usare e riprodurle col tag iframe. Davvero vogliamo arrivare a questi livelli di macchinoseria?


È che il mondo della scuola vive separato da quello della società civile.
Noi insegniamo ai ragazzi a volersi bene, a rispettarsi, a non basarsi sull’interesse personale nel rapporto con gli altri.
Poi quando entrano in società si accorgono che è tutto il contrario. E loro cambiano, mentre noi docenti restiamo sempre uguali, tenacemente ancorati a valori che non esistono più da tempo.
Ecco perché chi ci accusa di aver violato il diritto d’autore non si rende conto che noi non potremmo farlo neppure volendolo, proprio perché siamo totalmente privi di mezzi.
La nostra è una battaglia persa in partenza e se la società del business ci vuole morti, che si sappia che ormai lo siamo già.


Come io devo dimostrare che col mio ipertesto critico non ho violato la dignità morale dell'artista e i diritti patrimoniali degli eredi, così dovrebbe dimostrare il contrario la Siae, e non punirmi per il semplice fatto di averlo messo.
E per dimostrarlo occorrerebbe un esperto in materia, un critico d'arte, uno Sgarbi insomma.
Quanto alle lesioni patrimoniali, il mio ipertesto dovrebbe porsi in concorrenza con qualcosa, p.es. il fatto che, vedendolo, uno si risparmia di andare in un museo o galleria d'arte per vedere l'originale (il che sinceramente parlando mi pare inverosimile: di norma un ipertesto culturale sortisce l'effetto contrario).
Presso i siti commerciali che trattano d'arte, sotto al quadro ci sono solo due parole di didascalia e poi l'icona del carrello.
Io metto nel mio sito le cose gratuitamente, liberamente scaricabili da chiunque, ma se le stesse identiche cose le avessi offerte a pagamento a qualche sito commerciale, proprio al fine di aiutare l'artista a vendere meglio la propria opera, dubito che questi vi si sarebbe opposto. E allora perché devo essere penalizzato dalla Siae?
E come se la Siae mi dicesse: "guarda che tu non puoi favorire gli interessi materiali di un artista se lo stesso artista non ti autorizza". Col che mi farebbe chiaramente capire che coi miei ipertesti io sto in realtà ledendo gli interessi patrimoniali della stessa Siae, la quale con la questione della dignità morale non vuole fare altro che spaventarmi e farmi sentire un infame.
Meriterebbe d'essere denunciata proprio per aver offeso la mia personale dignità.
Quanto agli ad-sense di Google, se bastano questi a trasformare un sito da culturale a commerciale, allora chiudiamo baracca e burattini e andiamo a lavorare la terra.
Io sono un ignorante in materia, ma qual è l'incasso massimo possibile in un anno per non dover essere costretti a prendere la p.iva?
Stai a vedere che per questi ridicoli ad-sense devo andare dal commercialista!


Il punto che più mi ha dato fastidio nella raccomandata della Siae e che il dirigente ha ribadito pubblicamente su Punto Informatico è proprio questo, che avrei violato la dignità morale dell'artista.
Supponiamo ora che vi faccia vedere (in via del tutto confidenziale, altrimenti mi prendo una seconda denuncia) uno degli ipertesti che la Siae considera lesivo della dignità di Picasso: www.homolaicus.it/picasso/ Ebbene in fondo alla raccomandata in un NB hanno scritto che gli eredi di Picasso si sarebbero riservati di denunciarmi in sede separata per l'immagine messa in un puzzle, che secondo loro io avrei scomposto in tessere, quando invece si tratta di un effetto ottico creato dall'applicativo in java (l'immagine l'ho presa dalla rete).
Un atteggiamento del genere mi fa pensare che qui noi si abbia a che fare con gente che capisce poco o nulla del web.
Prima di dire che un docente viola la dignità morale di un artista, la Siae dovrebbe avvalersi della competenza di un esperto d'arte e comunque in ultima istanza dovrebbe essere un giudice a decidere di una cosa così grave e infamante.
Questo ipertesto l'ho messo in rete dieci anni fa:
www.homolaicus.it/kandinsky/ Nessuno, prima della Siae, mi aveva detto che stavo violando la dignità morale di questo genio dell'umanità.
Vorrei tanto conoscere gli eredi di questi artisti e sentire da loro cosa ne pensano.
Ma la cosa più tragicomica è che anche se questi eredi non fossero d'accordo con la Siae, non potrebbero farci proprio niente, visto che la Siae gestisce gli artisti in totale esclusiva.
Nemmeno se l'autore stesso, iscritto alla Siae, mi concedesse in uso gratuito una sua opera, questa potrebbe essere lecitamente usata, se la Siae si opponesse.
Tu ora potrai dire quello che vuoi, ma io questo atteggiamento lo chiamo mafioso.

E qui ne voglio aggiungere un'altra. Fino a ieri (anche stando alle telefonate fatte alla Siae) ero convinto che solo i giornalisti, in virtù del diritto di cronaca, potessero utilizzare liberamente immagini protette senza pagarne i diritti.
Ora leggi cosa mi dice un avvocato che insegna all'università di Padova:
"Sul fatto che i giornalisti non si pongano problemi in ordine al diritto d'autore, questo e' fatto noto.
Confermo invece che intendevo parlare del diritto di cronaca e non solo del diritto di citazione di un'opera.
Infatti, temo che sull'argomento si faccia (volutamente) un po' di confusione. Se si parla dell'esimente prevista dall'art. 51 del codice penale per il reato di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca e di critica viene *normalmente* riconosciuta ai giornalisti.
Ma, piu' in generale, il diritto di cronaca e' derivato dalla libertà di espressione, ovviamente sancito dalla Carta costituzionale e dalla Conv. europea dei diritti umani (che Ti consentirà evidentemente una tutela dinnanzi alla CEDH)."

Cioè non solo non dovremmo guardare i giornalisti come dei privilegiati nei nostri confronti, ma dovremmo addirittura considerarci al pari di loro, proprio in virtù della Costituzione.


Il mondo della scuola sa bene che gli ipertesti didattici e culturali offrono un valore aggiunto alla rete. Con un ipertesto critico, motivato, offerto a titolo gratuito, non solo non si violano i diritti patrimoniali degli eredi ma al contrario li si incrementano.
Più un dipinto viene commentato, esaminato da intellettuali ed esperti e più esso nei musei, nelle aste, nelle gallerie aumenta di valore.
Dovrebbero essere i docenti a fruire di royalties da parte degli eredi degli artisti.
Quanto paga un artista per essere presente in un catalogo, in una mostra, per avere una recensione da parte di un critico d'arte?
Con noi invece non paga nulla, anzi beneficia di pubblicità e sponsorizzazione praticamente a tempo illimitato in uno spazio illimitato per un pubblico illimitato.
Perché dobbiamo essere noi a pagargli i diritti d'autore quando non glieli pagherebbe neppure un giornalista che usasse le stesse immagini?
I nostri stessi ipertesti sono opere di ingegno creativo, eppure noi li mettiamo a disposizione di tutti. E in questo momento non siamo neppure protetti giuridicamente da chi volesse farne un uso commerciale senza chiedercene il permesso.
Dunque perché questo accanimento contro degli operatori che si vogliono muovere semplicemente per il bene della cultura e della formazione libera e pubblica?
Ha forse piacere un artista essere presente solo in un sito commerciale di arte in cui accanto al suo dipinto vi è una didascalia di poche righe e l'icona del carrello?
Vi sono alcuni che vorrebbero arrivare alla conclusione che nel nostro caso dovrebbe essere il Ministero della P.I. a pagare i diritti d'autore, magari in maniera forfettaria.
Io invece sostengo che i docenti dovrebbero fruire gratuitamente di una sorta di bollino Siae, che li tuteli dalla pirateria o da un uso improprio o lucrativo dei loro materiali, e anche dalla eventualità di denunce da parte di terzi, ivi incluse le Siae di altri paesi.
E' assurdo sostenere che i diritti vanno pagati da chi non trae alcun beneficio economico.
A meno che qualcuno non voglia sostenere che gli ad-sense di Google trasformano un sito da didattico a commerciale, ma allora dovremmo chiarirci sul significato della parola.
In rete i siti commerciali sono quelli che "vendono" beni (materiali o immateriali) e servizi, sono quelli che fanno B2C o B2B, sono quelli che hanno carrello e partita iva, sono quelli che hanno circuiti banner a pagamento, sono quelli intestati a persone giuridiche. Da me non c'è nulla di tutto questo.
E comunque la Siae non fa differenza, se non negli importi dovuti, tra sito didattico e sito commerciale. Le loro tariffe parlano chiaro.


La cosa singolare in questa vicenda è che sono stati proprio gli americani a pretendere il fair use contro il copyright.
E' difficile pensare a una qualche motivazione filantropica quando si muove uno yankee.
Quindi è molto probabile che il fair use, pur venendo incontro alla diffusione libera della cultura, sia in realtà una forma di incentivo per gli artisti minori, per farli conoscere in un mercato dominato dai monopoli della comunicazione (bisognerebbe analizzare il background che ha fatto nascere il fair use).
E sai com'è, da cosa nasce cosa: una volta noto in maniera sufficiente, uno comincia a essere chiamato per fare questo e quello, e certamente non in maniera gratuita.
Perché questa forma di capitalismo liberale non è possibile da noi? Per la semplice ragione che il nostro capitalismo è dominato dalla logica della rendita.
Quando la Siae dice che il diritto d'autore è un diritto al lavoro, può aver ragione nei confronti dell'artista, ma sicuramente ha torto nei confronti dei suoi eredi, i quali appunto, come la stessa Siae, vogliono campare di rendita.
Qui si è in presenza di una cultura vetero-cattolica che non si è sufficientemente protestantizzata.
La Siae è un rudere del passato, che poteva andar bene quando gli editori sfruttavano senza scrupoli gli autori letterari (famosi i casi di Salgari, Pirandello...). Ma nell'era digitale, dove è proprio la facilità della riproduzione che permette ampia diffusione della cultura, essa non ha più senso.


Nei libri di testo c'è sempre il bollino Siae, per non parlare del fatto che non puoi usare più del 15% fotocopiato o scansionato senza dover pagare la Siae, mentre oltre questa percentuale devi pagare www.aidro.org

La differenza tra le due società è che la prima ti fa pagare per l'uso personale, l'altra per l'uso commerciale.

La cosa curiosa è che la Siae non riesce a capire che l'uso "personale" o privato o individuale è per un docente immediatamente "didattico".

Infatti che bisogno avrei di andarmi a fotocopiare un libro di testo non adottato quando potrei averlo gratis direttamente dall'editore? Se faccio delle fotocopie è perché penso di usarle coi miei ragazzi. Ebbene, entro il 15% dovresti pagare dei diritti, in quanto distribuendo fotocopie di un testo ancora in commercio per un'utenza che, essendo "classe", è "pubblica", tu danneggi editore e autore. Li danneggi proprio mentre fai "didattica"! A meno che ovviamente il testo sia fuori commercio. Solo che gli editori mettono in preventivo che le ristampe le faranno anche per i prossimi 10 anni (anche se poi magari non è vero), sicché tu non puoi fotocopiare gratuitamente parti di un testo che è destinato a restare teoricamente sul mercato.

Oltre il 15% queste società danno per scontato che tu voglia vendere le fotocopie o le immagini scansionate, per cui devi pagare l'Aidro.

Questa cosa è scritta in tutti i libri di testo, in quanto esiste un accordo del 18-12-2000, firmato non solo dalla Siae ma anche da Confartigianato, Confcommercio, CNA ecc.

Ed è talmente vergognosa che verrebbe voglia di dire agli editori (ma dovremmo farlo come categoria) che se nei libri di testo non appare la dicitura: "Sono ammesse fotocopie illimitate solo a condizione che la finalità sia didattica o culturale e che la distribuzione avvenga a titolo gratuito nell'ambito della medesima scuola in cui opera l'insegnante", noi non li adotteremo.

Io da quest'anno evito di adottare libri di testo ove appare la dicitura: "Non sono vendibili separatamente".

La scuola italiana è totalmente schiava degli editori e il Ministero ci obbliga a tenere la testa bassa, perché per non adottare alcun libro di testo si va incontro a un milione di beghe.


In questa intervista il presidente Assumma della Siae www.lastampa.it
sta pensando di proporre una tassa sulla registrazione dei domini, partendo dal presupposto che sul web viaggiano materiali protetti da copyright. In questa maniera si reitera, trasferendola in altro settore, la guerra preventiva contro la pirateria informatica, inaugurata dalla legge Urbani nei confronti del costo dei cd vergini.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Diritto
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Aggiornamento: 22/04/2015