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LE MAIL 1-2-3-4-5FORMAZIONE IN AREA RISERVATA? Questo sito universitario www.wbt.it/index.php?risorsa=diritti_autore i cui autori prendono molto seriamente la questione del diritto d'autore che, considerato qua talis, credono assai poco praticabile alla rete, specie là dove si fa e-learning. Rifacendosi all'esperienza americana, essi propongono di non chiedere affatto l'autorizzazione a usare materiali protetti quando in gioco è la formazione didattica; tuttavia propongono di gestire tale formazione in area riservata, offrendo i materiali solo agli iscritti, i quali ovviamente ne potranno fare soltanto uso personale. La necessità dell'area riservata la ritengono inevitabile in quanto l'art. 70 della legge 633 non garantisce a sufficienza i docenti da una "ritorsione" Siae nel caso in cui la formazione sia pubblica. La Commissione Cultura della Camera ha già presentato una proposta di legge, nell'ottobre 2006, per scongiurare un'interpretazione della legge che vedeva la copia per uso personale di un programma da punirsi con la stessa durezza riservata a chi copia programmi a fine di lucro, per rivenderli clandestinamente e guadagnarci. Ora però la questione s'è generalizzata alla possibilità stessa di fare formazione gratuita e pubblica con materiali protetti. E' quanto meno anticostituzionale impedire a un docente di usare liberamente per fini didattico-culturali, senza scopo di lucro, opere artistiche degli ultimi 70 anni. SCRITTA AGLI AUTORI La prima domanda è questa: visto che la Siae non m'avrebbe fatto pagare i diritti d'autore se avessi messo i miei ipertesti in area privata, e visto che in un'area del genere avrei potuto far pagare l'utente per poterli visionare, utilizzare o scaricare, ha senso secondo voi che io debba pagare dei diritti per aver messo in chiaro, senza alcun fine di lucro, dei materiali protetti? Premetto anzitutto che alcuni materiali (quelli di Kandinsky) sono in rete da
un decennio (lo stesso periodo del sito Siae) e nessuno finora mi aveva mai
detto nulla. Detto altrimenti: è giusto che vi sia più differenza tra area privata e area pubblica che tra sito commerciale e sito culturale? La Siae infatti nel suo tariffario non fa differenza, se non negli importi dovuti, tra siti con o senza fini di lucro. In area pubblica l'unica possibilità per non pagare royalties sarebbe stata quella di utilizzare il tag iframe, permettendo comunque alla Siae di leggere bene i sorgenti html. Oppure quella di iscriversi all'albo dei giornalisti, nel qual caso avrei potuto beneficiare del diritto di cronaca. Non avete l'impressione che la Siae stia usando il diritto d'autore come arma contro il diritto alla cultura libera, gratuita e pubblica? Se pensiamo che in un'area privata si potrebbe anche fare formazione a
pagamento, che senso ha non chiedere royalties per un'attività del genere e
chiederle per un'attività analoga offerta a titolo gratuito? La Siae in sostanza fa questo ragionamento: in area privata il docente è docente, in area pubblica è editore. In area privata può utilizzare liberamente ciò che è protetto, tanto non verrà mai messo in chiaro da chi ne fruisce; in area pubblica, anche se edita a titolo gratuito le stesse cose che farebbe pagare in area privata, è soggetto a royalties, poiché qui chiunque puo' scaricare i materiali e metterli nel proprio sito. E considerando che i diritti durano 70 anni, praticamente il web culturale si
trova ad analizzare liberamente solo l'arte di 70 anni fa. In tal senso vi debbo dire che questa vostra affermazione (che per me è
decisiva): "La più importante di queste utilizzazioni libere è proprio quella
che permette l’utilizzabilità dell’opera di ingegno a fini didattici e di
ricerca. La valenza di tale eccezione è così ampia da far si che essa sia
applicata a tutti i tipi di opere tutelate, senza esclusioni, e la sua presenza
si riscontra nella generalità degli ordinamenti nazionali" non trova riscontro
nelle tabelle dei tariffari previsti dalla Siae. Anche questa vostra frase: "All’interno di contesti didattici, infatti, senza
il consenso del titolare dei diritti d’autore, una parte o brano di un’opera può
essere riprodotta...", mi viene contestata espressamente dall'avvocato della
Siae (se volete posso inviarvi la sua raccomandata), il quale vieta la
riproduzione non autorizzata sia parziale che integrale di un'immagine relativa
a un dipinto. Resta comunque difficile da capire come si possa fare un ipertesto artistico
su un dipinto utilizzandone solo una porzione. La Siae fa chiaramente capire che a fronte di quanto voi scrivete: "Nel
nostro ordinamento, in particolare, ciò è sancito dall’art. 70 della Legge n.
633/41 che dispone che "il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o
di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico" sono liberi se effettuati
per fini di insegnamento o di ricerca scientifica e purché detto utilizzo
avvenga "per fini non commerciali" - è possibile non pagare diritti solo a
condizione che l'utilizzo didattico avvenga in area riservata. In caso contrario
tutti devono pagare, seppure in forme diverse. Le tabelle Siae prevedono
pagamenti di royalties anche per siti didattico-culturali, senza scopo di lucro,
siano essi intestati a persone fisiche o giuridiche (e in quest'ultimo caso sono
rilevanti). La seconda domanda che vorrei farvi è non meno importante: ha senso sostenere che una jpeg è copia fedele di un originale, che in questo caso è addirittura un dipinto? Un formato così povero di contenuto digitale come può costituire una riproduzione oggetto di compenso? Quale editore cartaceo utilizzerebbe mai un ipertesto, con le sue immagini jpeg, per farne un testo? Una jpeg non è una fotografia, ammesso e non concesso che anche una foto possa considerarsi copia fedele di un dipinto (secondo me copia di un dipinto è solo un altro dipinto, e se è copia è un falso e se è un falso la violazione è non solo civile ma penale). |