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Fasi del neorealismo

Concludiamo i nostri appunti sul neorealismo, riassumendo il discorso fin qui fatto attraverso due proposte di periodizzazione che mi sembrano abbastanza omogenee, coerenti e, in definitiva, le più interessanti.

Luperini [1] distingue nettamente il "nuovo realismo" degli anni Trenta dal neorealismo postbellico. Il "nuovo realismo" si presenta come un fenomeno composito, all'interno del quale coesistono vari filoni: quello del 'fascismo di sinistra', quello inaugurato dall' 'americanismo' di Pavese, quello del realismo meridionale, quello di Moravia.

Ciò che caratterizza il "nuovo realismo", secondo Luperini, è anche il fatto di non essere, a parte poche eccezioni (e tra queste in particolare Fontamara), letteratura di denuncia.

Come letteratura di denuncia si presenta invece il neorealismo (postbellico), perché nasce da un "diverso orizzonte d'attesa", da un mutato "rapporto emittente-destinatario", giacché la guerra e le varie vicissitudini avevano coinvolto tutti, scrittori e lettori.

Nel neorealismo Luperini distingue due fasi: la prima, spontanea e caotica, dominata dalle "cronache", dalle "memorie", dura fino al 1948 ed è caratterizzata da mancanza di una poetica unitaria; la seconda, dal 1948 al 1955-56, si presenta come "tendenza" precisa: la tendenza a creare un romanzo nazional-popolare (influenzato naturalmente dalle teorie di Gramsci), la tendenza alla creazione di 'eroi positivi', alla polemica `antidecadente', la tendenza infine a recuperare sul piano delle strutture narrative la tradizione romantica e veristica.

Corti [2] fissa la cronologia del neorealismo entro gli anni 1943-1950. Nel 1943 ha inizio la Resistenza, e il 1943 è anche "data post quem dell'estendersi dell'etichetta di neorealismo dall'ambito cinematografico a quello letterario" e il vocabolo neorealismo si impone "in modo autonomo rispetto al suo uso letterario negli anni Trenta".

La data 1950 è scelta dalla Corti sulla base dei risultati di un'inchiesta sul neorealismo, apparsa nel 1951, alla quale si è già accennato [3], e nella quale si prende atto dell'esaurimento del movimento.

All'interno di questi limiti cronologici Maria Corti individua ancora due date significative: il 1945 e il 1948. In sostanza il discorso della studiosa è il seguente: il periodo 1943-45 è, naturalmente, il periodo più influenzato dalla Resistenza, dalla "coscienza di una rottura col passato politico e sociale", il periodo in cui si forma una "corrente involontaria", caratterizzata da tradizione orale (racconti di imprese e sacrifici partigiani diffusi a voce) e dalla scrittura clandestina (volantini, giornali). Tutto ciò si sviluppa e si codifica tra il '45 e il '48.

A partire dal '48, anno in cui il fronte delle sinistre (Partito socialista e Partito comunista) viene sconfitto alle elezioni, e si inizia il periodo di egemonia assoluta della Democrazia cristiana, comincia la parabola discendente del neorealismo, che trova nell'inchiesta citata il suo suggello.

E allora: è lecito usare il termine neorealismo in modo ampio, includendo tutta la narrativa generalmente antifascista, popolare, dagli anni Trenta agli anni Cinquanta.

Non bisogna però dimenticare che questo neorealismo attraversa tre fasi. La distinzione fra le tre fasi non può essere naturalmente troppo rigida: vi sono eccezioni, anticipazioni, passaggi dall'una all'altra fase, e tuttavia conviene farla, per lo meno al fine di potersi orientare in un fenomeno così complesso.

  • La prima fase la possiamo chiamare quella del "realismo degli anni Trenta", e più particolarmente quella dei "romanzi d'opposizione antifascista" (diciamo dunque: dal 1929, anno de Gli indifferenti, al 1943, inizio della Resistenza);
  • la seconda fase, è quella della "memoria" e della "cronaca corale" (dal 1943 al 1948), è il periodo centrale della produzione neorealista, in questo arco di tempo si registra una gran quantità di racconti partigiani e, in particolare nel 1947, di romanzi neorealisti. Entrambe le fasi sono caratterizzate da opere eterogenee; ma la seconda fase si distingue dalla prima per la "voglia di raccontare" gli avvenimenti vissuti e per il bisogno di denuncia sociale, di impegno, di protagonismo spontaneo da parte degli intellettuali.
  • La terza fase, infine, è quella della rigida codificazione ideologica, dell' 'eroe positivo' e 'nazionalpopolare' (dal 1943 al 1951-1955), codificazione stimolata dal PCI.

(1) Luperini, Romano, Il Novecento. Apparati ideologici ceto intellettuale sistemi formali nella letteratura italiana contemporanea, Loescher, Torino 1981, p. 669 ss. (torna su)
(2) Corti, Maria, Neorealismo, in: Il viaggio testuale, Einaudi, Torino 1978, p. 25 ss. (torna su)
(3) Inchiesta sul neorealismo, a cura di Carlo Bo, Eri, Torino 1951. (torna su)
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L'autore di questo ipertesto è Giovanni Lanza il cui sito è qui: www.giovanni-lanza.de/appunti_sul_neorealismo.htm
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Ultimo aggiornamento: 12-08-11.