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IL MONDO CONOSCIUTO
CREDENZE E LEGGENDE SUGLI ANTIPODI
I TURCHI
IL CAMMINO VERSO LA CINA E L'INDIA
L'ORO, LE SPEZIE E LE CROCIATE
I PORTOGHESI PRENDONO L'INIZIATIVA
Gruppo di uomini mostruosi secondo un codice medievale
Cap. III
Forse furono i pitagorici i primi ad affermare che la terra era rotonda e in continuo movimento; Platone e Aristotele accettarono tali idee. Platone pensava che l'universo fosse stato creato da Dio per soddisfare le necessità dell'uomo, perciò doveva esser perfetto, dato che Dio non poteva far nulla d'imperfetto. Questo concetto fu ripreso dalle filosofie cristiane medioevali. Durante il Medio Evo si credeva che la terra, completamente circondata dalle acque, si componesse di tre parti: l'Europa, massima perfezione, l'Asia e l'Africa (in relazione con i tre figli di Noè: Sem, Cam e Jafet), formando una sola unità, d'accordo con la legge divina (Uno e Trino). Non condividere tale opinione era considerata una bestemmia.
Dio aveva creato la terra per l'uomo e non potevano esistere altre terre nel mondo o, al massimo, solamente isole disabitate (1).
Le persone colte credevano che la terra fosse rotonda (lo stesso Dante aveva collocato, nella sua "Divina Commedia", la montagna del Purgatorio agli antipodi di Gerusalemme e, al finale del XIII secolo, Roger Bacone aveva calcolato quasi esattamente la lunghezza del meridiano terrestre.
Ora, se la costa occidentale della terra europea era quella portoghese, la costa opposta doveva essere quella orientale della Cina, però a che distanza si trovava? Realmente nessuno lo sapeva.
Il mondo antico europeo conosceva l'esistenza dell'Estremo Oriente; Alessandro Magno attraversò il Gange e penetrò in India col suo esercito; i romani arrivarono in India e in China commerciando con diversi popoli asiatici, importando pietre preziose, sete, spezie e legni pregiati (2). L'invasione dei barbari e la caduta dell'Impero Romano interruppero queste relazioni commerciali, però, intorno al 1000, Pisa e Genova entrarono in contatto cogli arabi, poi coi turchi (3). Le navi veneziane trasportarono i crociati in Terra Santa e tutte le Repubbliche marinare italiane cominciarono a commerciare scambiando lana, legno, armi, ferro e pelli.
Questi scambi commerciali erano abbastanza rischiosi, non solo per le continue guerre tra cristiani e mussulmani, ma anche per gli scontri frequenti coi numerosi pirati arabi, turchi, castigliani, catalani, francesi e italiani, che infestavano il Mediterraneo. Inoltre gli stessi genovesi e veneziani combattevano tra loro per il dominio commerciale.
In queste lotte di tutti contro tutti si svilupparono i commerci, le industrie, le flotte e l'amministrazione finanziaria, prima in Italia, dove nacquero le banche, l'assicurazione, le cambiali e la partita doppia.
A poco a poco il dinamismo europeo riprese vigore, esplodendo nel secolo XV sotto forma di una strana fusione di affari e evangelizzazione. Era necessario giungere alle 'fonti dell'oro', delle spezie, arrivare in China, in Giappone, in India, seguendo la rotta verso ovest. Era troppo forte il miraggio di trovar l'oro in grandi quantità e al prezzo di scarsi rischi ed ostacoli. Non aveva forse raccontato il francescano Pian del Càrpine, nel secolo XIII, che la Cina era un paese favolosamente ricco, dove aveva visto una città con muraglioni d'argento, bastioni e torri d'oro? Non aveva scritto Marco Polo con relazione al Giappone: "Si dice che possiedono oro in grandissima abbondanza... ...il palazzo del re dell'isola è ricoperto d'oro fino, come noi ricopriamo di piombo i tetti delle chiese... ...i pavimenti di numerose stanze sono d'oro fino, di due dita di spessore. Si trovano anche perle in abbondanza... ...e molte altre pietre preziose"? Senza contare il "Libro delle Meraviglie", molto popolare a quei tempi, dell'inglese sir John Mandeville (che oggi sappiamo che era un ciarlatano che non uscì mai dal suo paese), dove si narra che il Gran Khan della China possedeva montagne di pietre preziose e che l'oro gli serviva per tappezzare strade, tetti e pareti.
Gli arabi, che avevano raggiunto una civiltà superiore a quella europea, dimostravano un interesse sempre maggiore per questi contatti commerciali con l'Occidente, e s'arricchivano facendo da intermediari tra l'Europa e i popoli dell'Estremo Oriente, però quando cominciò la dominazione turca sugli arabi la faccenda cominciò a complicarsi per il loro fanatismo e barbarie. Da ogni parte si parlava di crociate, però nessuno se la sentiva di prenderne l'iniziativa.
Si diceva che in terre lontane viveva il prete Giovanni, sacerdote-re di un poderoso regno cristiano. Alcuni pensavano che si trovasse in Estremo Oriente, altri nel Sudan o in Abissinia, discendente del re Salomone e della regina di Saba. Forse c'era qualcosa di vero in questa leggenda, infatti avrebbe potuto trattarsi una di quelle comunità cristiane, come la copta, espulsa dall'Egitto dopo la conquista araba. In ogni modo era necessario trovare quel prete, allearsi con lui e prendere alle spalle arabi e turchi.
La Chiesa sognava nuove crociate: Pio II (Enea Silvio Piccolomini) le predicò invano, così pure il bellicoso Giulio II. Carlo VIII, re di Francia, non vedeva l'ora d'esser incoronato re di Gerusalemme e imperatore di Costantinopoli. Lo stesso Colombo pensava d'investire le ricchezze che avrebbe trovato nelle Indie, per finanziare una crociata, sotto il comando dei Re di Spagna.
Il fermento espansionista non poteva esser frenato per molto tempo, però siccome per il momento non esistevano possibilità né di crociate né di conversioni, si doveva pensare, almeno, di continuare ad andare in cerca d'oro, di spezie e di schiavi. Perciò l'unico cammino aperto era quello di costeggiare l'Africa verso sud, sperando di trovare un passo verso l'est, verso l'India, burlando i turchi.
Genovesi, veneziani (4) e portoghesi iniziarono la grande avventura. Soprattutto i portoghesi, direttamente interessati alle vicine terre africane, ed a prevenire un'altra invasione araba, si organizzarono per esplorarle lentamente, però con decisione e perseveranza.
Grazie alla visione del principe portoghese Enrico il Navigante (1394-1460), astronomi, cartografi, saggi e avventurieri portoghesi, spagnoli, italiani, tedeschi, ebrei ed arabi furono da lui convocati, ordinò la costruzione d'un osservatorio, di navi adatte alla navigazioni di cabotaggio lungo le coste atlantiche e la formazione d'una biblioteca eccezionalmente numerosa per quei tempi. Cosicché di colpo i portoghesi si collocarono all'avanguardia del progresso e dettero inizio alla loro gran avventura: la città di Ceuta, nel Marocco, fu occupata nel 1415; Gil Eannés doppiò il Capo Bojador, nel 1433; Nunho Tristao arrivò al Capo Bianco, nel 1442; Dini Diaz, nel 1445, doppiò il Capo Verde pensando di poter giungere via terra all'oro del Sudan e al prete Giovanni d'Abissinia.
Nel 1444 si fondò la Compagnia di Lagos e s'iniziò il traffico degli schiavi negri; Pedro de Sintra arrivò alla Serra Leona, nel 1460; dieci anni più tardi ancora i portoghesi giunsero al delta del fiume Niger pensando di essere arrivati nell'ultimo lembo sud africano, ma continuando la navigazione ebbero la sorpresa di costatare che la terra africana continuava verso sud per altri quattromila chilometri; attraversarono l'Equatore (5) e Fernando Poo scoprì l'isola che prese il suo nome.
Finalmente, nel 1487, Bartolomeo Diaz doppiò la punta dell'estremo sud africano, che chiamò Capo delle Tempeste (o Tormente), ma che il Re del Portogallo fece cambiare per quello di Capo di Buona Speranza, dato che s'era finalmente trovato il cammino verso l'India. E la speranza divenne certezza nel 1498 quando Vasco de Gama arrivò in India.
Nel mentre la Spagna lottava per conquistare l'ultimo regno moro nella penisola (1492), l'Inghilterra e la Francia erano ancora immerse nel loro limitato sistema medioevale e la Russia cercava appena di uscir fuori dalla barbarie.
NOTE
prof. Giancarlo von Nacher Malvaioli
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