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LA CROCE DI SPINE
1-2-3-4-5
Cristianesimo ed Essenismo

Un qualunque studioso delle origini del cristianesimo oggi non può non
scrivere un apposito capitolo dedicato al movimento esseno di Qumran. Anche
Giancarlo Tranfo lo fa, nel suo La croce di spine, intitolando il
capitolo 2 forse in una maniera che a un esegeta provetto potrà apparire
eccessiva, in quanto pare davvero impossibile scorgere nelle tesi ivi esposte
qualcosa di veramente originale rispetto a quanto già detto sul tema nell'ultimo
mezzo secolo: "Nuove luci sulla vicenda messianica: i rotoli di Qumran e i
Vangeli di Nag Hammadi".
Senza risalire alle grandi diatribe scoppiate negli anni Cinquanta e Sessanta
tra A. Dupont-Sommer, W. F. Albright, I. De Fraine, R. de Vaux, J. M. Allegro,
C. Roth, M. Hengel, basterebbe infatti leggersi i testi di S. Brandon, tradotti
peraltro nella nostra lingua, per avere già un quadro generale delle ipotesi
interpretative più significative che ancora oggi attendono riscontri oggettivi
convincenti.
Qui tuttavia non vogliamo mettere al vaglio le tesi di Tranfo, facendo pesare le argomentazioni di quegli illustri esegeti che hanno visto nei
rotoli di Qumran una nuova occasione per dimostrare le falsificazioni del Nuovo
Testamento. Preferiamo invece limitarci a fare semplici osservazioni, nella
speranza che uno studioso laico come Tranfo, di cui certamente il web ha
bisogno, ne approfitti per proseguire le sue ricerche in maniera ancora più
approfondita.
Il sillogismo fondamentale di Tranfo, sulla scia p.es. di altri studiosi che
l'han preceduto in rete, come
L. Cascioli e
D.
Donnini, sembra essere il seguente: a Qumran si respirava un clima eversivo,
in quanto gli esseni, nel I sec. d.C., erano molto vicini agli zeloti; nei
vangeli si riscontrano varie cose che sembrano derivare direttamente da quella
comunità (come p.es. la pratica del battesimo e il rito dell'eucaristia, ma
anche l'elogio della povertà, l'obbligo di non giurare, i toni apocalittici ed
escatologici ecc.); dunque Cristo era un rivoluzionario.
Ecco perché - prosegue Tranfo - nei vangeli non vi è alcun cenno esplicito né
agli esseni né agli zeloti; ed ecco perché ancora oggi la chiesa romana tende a
negare questo diretto collegamento, salvo l'ammissione probabilistica (fatta di
recente anche da papa Ratzinger) di un certo legame, privo però di alcun
contenuto politico.
Ora, proviamo a fare altre supposizioni e vediamo se Tranfo sarà in grado di
coglierle e di svilupparle ulteriormente, confermandole o negando ad esse un
vero valore:
- la risposta essenica alla crisi di credibilità delle istituzioni
politico-religiose palestinesi era stata sì faticosa (zona desertica,
rinuncia ai beni personali, disciplina ferrea, isolamento sociale), ma in
fondo pessimistica, in quanto politicamente rassegnata, almeno sino al
momento in cui la comunità non decise di lasciarsi coinvolgere nella guerra
giudaica scoppiata nel 66 d.C. e capeggiata dagli zeloti;
- prima di quella guerra gli esseni avevano subìto l'importante defezione dei
battisti, guidati da
Giovanni (detto poi il Precursore), il quale volle porre all'ordine del
giorno una predicazione ad extra della setta, in grado di coinvolgere
le masse urbane. La differenza tra lui e il Cristo, che gli fu coevo, stava
proprio in questo, che il Nazareno frequentava le masse urbane nelle loro
stesse città, senza chiedere loro di uscirvi per andare a compiere un gesto
di penitenza morale che avrebbe rischiato di porsi come fine a se stesso. Il
Battista infatti, per dare uno sbocco operativo alla propria missione, ad un
certo punto cominciò a contestare la validità giuridica del matrimonio di
Erode Antipa. Non arrivò mai a organizzare un movimento popolare di protesta
politica.
- Il Precursore era uscito dal deserto per stabilirsi in un fiume, per
dare maggiore visibilità e incidenza agli ideali essenici, e aveva proposto
un battesimo di penitenza per gli umili e per i potenti, nella speranza che
si potesse trovare un'intesa comune contro i romani e i collaborazionisti
giudei. Tuttavia, quando il Cristo, coi suoi seguaci, gli propose di
compiere coi suoi discepoli un'azione dimostrativa contro la corruzione del
tempio di Gerusalemme, al fine di indurre la popolazione a emanciparsi dalla
sudditanza nei confronti del clero e della religione in generale, il
Battista rifiutò, ritenendo il gesto troppo "rivoluzionario". Ciò gli fu
fatale, in quanto una parte dei discepoli lo abbandonò per partecipare col
Cristo alla cosiddetta "purificazione del tempio".
- Finché Gesù resterà vivo, fra nazareni e battisti non vi saranno più
rapporti significativi. Ma dopo la disfatta del 70 d.C., che determinerà la
scomparsa delle istanze rivoluzionarie sia dei cristiani che non si
riconoscevano nel petrinismo, né, tanto meno, nel paolinismo, sia degli
stessi esseni, i cui esponenti più irriducibili perirono nell'ecatombe di
Masada, insieme agli ultimi zeloti (73 d.C.), le cose mutarono rapidamente e,
inevitabilmente, a favore del revisionismo storico. Le Lettere di Paolo,
il testo più antico della cristianità a noi giunto, che fino a quel momento
non costituivano che una variante minoritaria dell'ideologia petrina,
rivolta esclusivamente ai Gentili, divennero la base su cui costruire i
vangeli, il primo dei quali, attribuito a Marco, venne redatto subito dopo
il trionfo dei Flavi.
- Pur avendo sempre evitato qualunque riferimento storico alle vicende del
Cristo, la cui morte veniva interpretata in un modo squisitamente mistico,
portando alle estreme conseguenze la tesi petrina della "morte necessaria" e
della "resurrezione", Paolo si trovò improvvisamente, dopo la propria morte,
ad essere considerato come ideale ispirazione per una ricostruzione storica
altamente falsificata dell'intera vicenda cristica. Avendo a che fare
prevalentemente coi Gentili, Paolo s'era reso conto che un riferimento
storico particolareggiato al Cristo non li avrebbe aiutati di un millimetro
a credere nel proprio vangelo, proprio perché un qualunque discorso
"storico" sulla figura del messia Gesù non poteva non implicare un discorso
"politico" circa il suo messaggio, strettamente connesso a questioni di
"indipendenza nazionale" da Roma. Ma quando le istanze
rivoluzionarie vennero meno, i redattori cristiani poterono cominciare a
parlarne senza rischiare che i propri lettori pensassero che le
condividevano.
- Siccome gli Atti degli apostoli parlano soprattutto degli "atti" di
Pietro e di Paolo, noi non sappiamo quale atteggiamento tennero i seguaci
del Cristo presenti a Gerusalemme sino alla disfatta del 70, cioè non
sappiamo se aderirono alla rivolta armata del 66 o se invece preferirono
emigrare dalla città santa e da altre località della Palestina. Possiamo
però supporre che quando i primi vangeli cominciarono a circolare, la
generazione che aveva seguito direttamente Gesù o che aveva partecipato alla
guerra giudaica, era già definitivamente scomparsa o comunque non aveva
alcun potere per mettere in discussione le tesi apologetiche (filo-romane)
esposte in quei testi. Paradossalmente quindi i redattori dei testi più
"storici" del N.T. (i vangeli e gli Atti) sono enormemente influenzati,
nelle loro tesi di fondo, dalle posizioni antistoricistiche di Paolo. La storia di Gesù Cristo
e della comunità di Gerusalemme fu scritta quasi sotto dettatura dei
discepoli di Paolo.
- Ciò non poteva avere ripercussioni sulla ricostruzione redazionale dei rapporti tra il Battista e Cristo
e, più in generale, tra i cristiani e gli esseni. Dopo aver spoliticizzato
al massimo la figura di Gesù, seguendo le indicazioni di Paolo, in modo che
sui cristiani non pesasse alcun pregiudizio antisemita né alcun sospetto di
sovversivismo, si poteva anche riavvicinare il Battista al Cristo sul piano etico-religioso, prendendo persino dagli esseni alcuni aspetti
mistico-rituali (il primo dei quali fu l'eucaristia) che potevano essere
messi a capo della nuova configurazione religiosa della comunità cristiana.
- La riabilitazione del Battista e quindi, pur senza dirlo, degli esseni
rientra nella linea revisionistica inaugurata da Pietro e proseguita da
Paolo; è una riabilitazione puramente simbolica, avente uno scopo meramente
etico-religioso. Nei vangeli il Battista riconosce Gesù come messia quando
del messia Gesù non ha alcuna sembianza politica. Fa eccezione il IV
vangelo, ove viene detto in maniera sufficientemente chiara, nonostante le
evidenti interpolazioni e manomissioni, che tra Gesù e Giovanni non vi fu
alcun rapporto politico organico, in quanto il Battista non accettava il
lato rivoluzionario della strategia politica del Cristo. E di quest'ultimo
viene detto espressamente che non battezzò mai nessuno: il che lascia
supporre che Cristo non abbia mai avuto alcun vero rapporto né con gli
esseni né coi battisti. La miglior critica esegetica esclude tassativamente
che Giovanni abbia mai battezzato Gesù.
- In virtù dei risultati della critica ateistica sarebbe banale oggi
sostenere che il riconoscimento, da parte del Battista, della messianicità
del Cristo in quanto dipendente dalla sua "figliolanza divina", è cosa del
tutto inverosimile sul piano storico. Oggi forse si può fare un passo avanti
azzardando un'ipotesi che farà meno piacere alla chiesa romana di quella che
considera gli aspetti mistico-rituali del cristianesimo come originari del
mondo essenico. E l'ipotesi potrebbe essere questa: Giovanni non fu in grado
di riconoscere nel Cristo il messia politico-nazionale non solo perché lo
riteneva troppo "rivoluzionario", ma anche perché lo riteneva assolutamente
"ateo".
- Se questo è vero, allora dobbiamo dire - contro Tranfo - che tutti i
possibili agganci evangelici alle tradizioni esseniche non sono una
dimostrazione del lato "rivoluzionario" del Cristo, ma, al contrario, il
tentativo di negare proprio questa caratteristica. Infatti egli non istituì
alcun sacramento (il IV vangelo, proprio nel descrivere l'ultima cena, parla
soltanto di "lavanda dei piedi"); il "comunismo primitivo" descritto dagli
Atti è sì di derivazione essenica, ma esso non ha nulla a che fare col
tentativo di una insurrezione armata contro Roma e il potere
collaborazionista giudaico; l'escatologia esseno-zelota presente in tutte le
piccole "apocalissi" dei Sinottici (il Discorso sul Getsemani) sono
indubbiamente influenzate dall'essenismo, ma non a caso esse si presentano
come un'ammissione di sconfitta politica sublimata in chiave mistica.
Insomma, se è vero che i più fedeli continuatori del messaggio etico-religioso degli esseni
sono stati proprio i cristiani, che di quella comunità presero gli aspetti
più mistici, integrandoli con quelli petrini e paolini, è anche vero che
questa operazione poté avvenire soltanto dopo aver depurato
di ogni riferimento politico sia il Cristo che gli stessi esseni.
Ora però dobbiamo porci alcune domande invitando Tranfo a proseguire le sue
ricerche:
- il tentativo insurrezionale del Cristo, per come fu impostato, può
essere considerato l'ultimo tentativo possibile di un'insurrezione
antiromana vittoriosa, oppure esisteva ancora questa possibilità dopo la sua
morte? (Qui si può ricordare che il procuratore Floro e la sua guarnigione
caddero nelle mani degli insorti di Gerusalemme in pochissimo tempo e
persino il governatore della provincia di Siria, C. Cestio Gallo, accorso in
aiuto di Floro, dovette ritirarsi con gravi perdite).
- Poiché questa possibilità non trovò alcun successo, si deve pensare che
ciò dipese dal fatto che non si vollero applicare le direttive che il Cristo aveva
indicato, oppure perché in realtà anche il suo tentativo (troppo prematuro?) non aveva in
sé alcuna possibilità di successo?
- Di questo insuccesso furono responsabili anche i suoi più stretti
seguaci? Cioè possiamo sostenere l'ipotesi che i principali responsabili
della disfatta del cristianesimo politico antiromano furono proprio quelli
che a tutt'oggi vengono considerati i fondatori del cristianesimo: Pietro e
Paolo?
- Gli esseni furono distrutti una ventina d'anni dopo il fallimento del
tentativo insurrezionale del Cristo: quando aderirono alla rivolta giudaica
degli zeloti lo fecero con lo stesso settarismo con cui rifiutarono di
accettare quella proposta dal Cristo? (Quel settarismo che sicuramente
caratterizzò il movimento zelota, che al tempo del Cristo s'era limitato a
operazioni di tipo terroristico o di guerriglia limitata nello spazio e nel
tempo).
- E' possibile sostenere che sino al 135 d.C., data della definitiva
distruzione di Gerusalemme ad opera di Adriano, che eliminò il messia Simone
ben-Koseba, esisteva la possibilità di una riscossa nazionale contro Roma?
Fonti
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Dal nulla al divenire della pluralità. Il pluralismo ontofisico tra energia,
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