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MALCOLM X RIFIUTO, SFIDA, MESSAGGIO
(I - II - III -
IV)

Il meritorio libro di Roberto Giammanco [1] ricostruisce in maniera
approfondita ed istruttiva la vita del grande leader afro-americano, di cui fu
amico, “democraticamente” assassinato nel Paese, che si priva quotidianamente di
quel cibo spirituale, chiamato Democrazia, per donarlo ai bisognosi del pianeta.
L’accurata ed avvincente biografia di Malcolm X è corredata dai suoi ultimi
discorsi, nonché dalla “Dichiarazione programmatica dell’Organizzazione per
l’unità afro-americana” e dal “Programma fondamentale di unità
dell’Organizzazione per l’unità afro-americana”.
1) Nato nel 1925, ad Ohama, nel Nebraska, Malcolm X a sei anni perse il padre
per una di quelle “fatalità”, non infrequenti nella provvidenziale storia degli
Stati Uniti:
“ Il padre di Malcolm, Earl Little, libero predicatore battista, era stato
attivista coraggioso e tenace della United Negro Improvement Association (UNIA),
fondata nel 1914 da Marcus Garvey e che, negli anni Venti , era diventata una
grande associazione di massa.
Earl Little aveva pagato con la vita il suo impegno nel reclutare i negri beyond
the tracks (“al di là delle rotaie”, dov’erano i quartieri segregati dei neri),
a East Lansing nel Michigan.
Nel 1931, membri della Black Legion, la Legione nera, equivalente nordista del
Ku Klux Klan, in cui militavano lavoratori italiani e slavi di recente
immigrazione, lo assassinarono” [2].
Diversamente da quello che accade nei film, con cui gli Stati Uniti hanno
invaso, pacificamente s’intende, il globo:
“Come succede spesso in questi casi, non solo gli assassini non furono mai
trovati, ma si fece di tutto per non parlare neppure di assassinio e il caso
venne frettolosamente chiuso prima che ai familiari fosse consentito di vedere
il lenzuolo che copriva il corpo martoriato di Earl Little, libero predicatore
battista” [3].
Non si pensi, come direbbe “l’americano de’ noantri”, Veltroni, non si pensi che
questo fu fatto, per nascondere la verità , bensì per una forma di riguardo nei
confronti dei familiari, poiché il padre fu trovato con la testa fracassata
sulle rotaie del tram.
2) Successivamente, la madre di Malcolm, Louise, per metà bianca, essendo
stata sua madre violentata da un bianco, fu dichiarata non sana di mente,
cosicché la famiglia si disperse e Malcolm fu affidato a dei tutori.
Terminata la junior high school con buoni risultati, Malcolm abbandonò la
Scuola, dopo che il suo maestro, Ostrowski gli aveva detto:
“Malcolm nella vita una delle principali virtù è il senso realistico.
Non mi fraintendere … sai che noi qui abbiamo tutti simpatia per te, ma devi
considerare realisticamente il fatto che sei un nigger.
Quella di avvocato non è una carriera realistica per un nigger” [4].
Divenne, così, uno sbandato, ebbe i primi problemi con la Legge e finì in
prigione.
In seguito, lavorò come lustrascarpe presso un night club e come cameriere in un
treno.
Trasferitosi nel quartiere di Harlem, a New York, si diede a una serie di
attività illegali fra cui spaccio di droga, gioco d’azzardo, prostituzione,
estorsione e rapina.
Il 12 gennaio 1946, all’età di 20 anni, Malcolm fu arrestato e condannato a
dieci anni con l’accusa di violazione di domicilio, possesso illegale di armi da
fuoco e furto.
Alla Charlestown State Prison :
“Gli altri detenuti soprannominarono Malcolm “Satana”.
La furia delle sue imprecazioni, l’empietà che manifestava in ogni occasione, lo
spirito ribelle reso più acuto dalla mancanza ( o se si preferisce, visto che i
secondini li vendevano, dalla scarsità) di stupefacenti, convinsero i suoi
compagni ad appiccicargli il titolo supremo dell’iconografia psicologica
occidentale” [5].
3) In carcere, comunque, “Satana” si dedicò così tanto allo studio da
trasformarsi in “Lucifero”:
“Le frenetiche letture di libri di storia, biologia, filosofia, la paziente,
quasi disumana trascrizione dell’intero vocabolario (Roba da non credere! NdA)
per imparare l’ortografia e poter disporre di una ricchezza terminologica
adeguata alla spinta del pensiero, la corrispondenza con Elijah Muhammad,
l’allora oscuro capo della Nazione dell’Islam, sono tutti momenti della
riscoperta della propria vita attraverso la storia del popolo negro” [6].
La Nation of Islam (NOI) si autodefiniva una “setta islamica militante” e
sosteneva che la maggior parte degli schiavi africani erano musulmani prima di
venir catturati, cosicché i Neri avrebbero dovuto riconvertirsi all’Islam.
Inoltre, auspicava la creazione di una nazione nera separata all’interno degli
Stati Uniti.
Malcolm X, rilasciato sulla parola, il 7 agosto 1952, appena uscito di prigione,
si recò da Elijah Muhammad, a Chicago.
“Quando Malcolm aderì alla setta dei Black Muslim , che … esisteva sin dal 1931,
i seguaci di Elijah
Muhammad erano poche centinaia, in gran parte gente anziana, vecchi militanti
della UNIA di Marcus Aurelius Garvey.
Fu Malcolm, con la sua azione infaticabile, le sue straordinarie doti oratorie e
soprattutto con la sua capacità di dare un senso nettamente politico e
combattivo alla mitologia pseudoislamica di Elijah Muhammad , che fece dei Black
Muslim una forza su scala nazionale, un gruppo capace di attrarre a sé le forze
più avanzate del nazionalismo negro.
… Non fu Malcolm a calarsi nello stampo dell’ideologia dei Muslim, ma si trattò
di un incontro da cui la Nazione dell’Islam ricavò una rilevanza storica e
Malcolm uno strumento di lotta, di esperienza e di maturazione politica” [7].
Aderendo ai Black Muslim, Malcolm decise anche di assumere “X” come cognome,
abbandonando quello che aveva dalla nascita, per simboleggiare il rifiuto del
suo “cognome da schiavo” .
Infatti, storicamente, negli Stati Uniti, agli schiavi era stato assegnato il
cognome dei loro padroni.
Malcolm non era figlio di schiavi, ma volle ugualmente recidere questo legame
anagrafico con i padroni bianchi, presso i quali avevano servito i suoi
antenati.
NOTE
[1]
Giammanco Roberto, Malcolm X, Rifiuto, sfida, messaggio, Edizioni Dedalo,
Bari, 1994.
[2] Ibidem, p.28.
[3] Ibidem, p.68.
[4] Ibidem, p.72.
[5] Ibidem, p.72.
[6] Ibidem, pp. 73-74.
[7] Ibidem, p. 74.
Fonte:
www.valeriobruschini.info/?p=391 |