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BARUCH SPINOZA: LIBERTA' E NECESSITA'
I -
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XI - XII -
XIII - XIV

Spinoza non aveva tutti i torti quando affermava che libertà e
necessità devono coincidere per essere vere, ma non ha mai chiarito a
sufficienza che tale identificazione, per essere vera, può esserlo solo dal
punto di vista della libertà e non della necessità, altrimenti l'essere
umano non è più grande dell'essere animale.
Cioè a dire, mentre il concetto di libertà, per essere vero, deve
includere quello di necessità, viceversa, quest'ultimo, se viene affermato
prima della libertà o dando per scontato che la libertà vi sia
automaticamente inclusa, porta inevitabilmente alla dittatura, allo
schiavismo delle masse.
La necessità dev'essere acquisita liberamente, altrimenti diventa una
forma d'arbitrio. E non solo liberamente, ma anche progressivamente, al
punto che nessuno potrà mai sanzionare, una volta per tutte, che la
libertà è stata necessariamente acquisita o che la necessità s'è
finalmente realizzata in modo adeguato.
Per Spinoza l'uomo deve adeguarsi stoicamente, cioè passivamente, alla
necessità, vincendo le proprie passioni. Si badi, non è che qui si vuole
sostenere che le passioni sono una forma di attività superiore alla
passività dello stoico; è che il processo dell'adeguamento rischia di
essere, in Spinoza, del tutto conformistico.
Rivoluzionario invece è il suo panteismo naturalistico (o panenteismo,
come alcuni lo chiamano). Qui Spinoza fa dei progressi notevoli rispetto a
Cartesio. Facendo coincidere dio con la natura, Spinoza in pratica afferma
una sorta di ateismo naturalistico (che per quel tempo era il massimo).
In altre parole, egli afferma che la necessità cui adeguarsi, secondo
ragione, è quella della natura delle cose.
In tal senso si può dire che Spinoza mitiga il proprio determinismo
volontaristico, valorizzando la conoscenza razionale. Conformarsi sì, ma
facendosene una ragione - questo, in sintesi, il suo modo di vedere le cose.
Che è poi, in sostanza, quello hegeliano.
Ciò che invece gli difetta enormemente è il senso storico della
libertà. Per Spinoza - come per Cartesio e per tanti altri filosofi di quel
periodo - la libertà è un'acquisizione individuale e intellettuale,
parzialmente vincolata alla religiosità. In ogni caso Spinoza resta più
significativo sul piano giuspolitico che etico e filosofico.
QUEL TERRIBILE SPINOZA
Nella sua Etica dimostrata con metodo geometrico Baruch Spinoza (1632-77) non
fa che parlare di Dio, eppure già a 24 anni lo si sospettava di ateismo,
immoralismo e materialismo.
La sua famiglia benestante, di origine iberica, era fuggita dal Portogallo
rifugiandosi in Olanda in seguito alle persecuzioni che l'Inquisizione aveva
inflitto ai conversos o marrani (gli ebrei costretti a convertirsi al
cattolicesimo). Ad Amsterdam egli apparteneva alla comunità ebraica sefardita
"Talmud Tora" (studio della legge), decisa a eliminare tutte le tendenze
eterodosse serpeggianti nell'ambiente degli ex-marrani, tra i quali vi erano
quelle di Uriel da Costa (di idee materialiste e razionaliste, in quanto non
credeva nell'immortalità dell'anima e nel carattere divino della Legge), e
successivamente quelle di Juan de Prado.
Mentre studiava l'ebraico e le Sacre Scritture presso questa comunità probabilmente assistette alla
flagellazione pubblica del da Costa (che poi però si suicidò), quale condizione
della sua riammissione in comunità. Questo fatto dovette scioccarlo non poco
(aveva otto anni),
inducendolo a parteggiare per qualunque cosa venisse considerata eretica non
solo dagli ebrei, ma anche dai cattolici e dai protestanti.
Da giovane infatti frequentò alcune sette cristiane minoritarie dissidenti,
particolarmente attive in Olanda, come i mennoniti, i quaccheri, i sociniani e i
collegianti. Si accostò anche al libertinismo francese e al deismo: infatti
aveva studiato anche presso un ex-gesuita libero pensatore (libertino),
Franciscus van den Ende. Presso la scuola di quest'ultimo il sociniano Felbinger
gli aveva insegnato il latino, rendendolo edotto del cartesianismo (che si stava
affermando proprio in Olanda) e della
tradizione aristotelico-scolastica.
Spinoza venne espulso dalla sinagoga nel 1656, proprio perché contestava le
idee di provvidenza, il carattere ispirato delle Sacre Scritture, l'immortalità
dell'anima, i miracoli, i concetti di libero arbitrio e quindi di retribuzione
di premi e punizioni ultraterrene, e applicava la propria visione deterministica
anche a Dio (identificato con l'universo), negando il creazionismo e la libertà
di azione del Creatore (lo stesso Dio-persona non aveva per lui alcun senso).
L'accusa formale parla di "orribili eresie ch'egli sosteneva e insegnava e
azioni mostruose che commetteva". I suoi scritti vennero tutti vietati,
così come qualunque rapporto con lui, anche da parte dei suoi parenti.
Siccome subì un attentato da parte di un fanatico, che una sera, all'uscita
da teatro, gli lanciò un coltello, per fortuna senza colpirlo, preferì
trasferirsi a Rijnsburg, un
piccolo villaggio presso Leida, ove rimase fino al 1663,
svolgendo il mestiere di molitore o tornitore di lenti per occhiali, telescopi e
microscopi.
Dopo la morte del padre le sorelle cercarono di estrometterlo
dall'eredità. Spinoza volle che i suoi diritti fossero rispettati e fece causa
alle sorelle. Sebbene avesse vinto, rinunciò a tutte le sue pretese e volle per
sé semplicemente un letto col baldacchino. Soggiornò per tutta la vita in camere
d'affitto e gli si attribuisce una passione amorosa, non corrisposta, per la figlia di
van den Ende (è l'unico aneddoto sentimentale di tutta la sua vita).
L'unica sua fortuna è che, a quel tempo, a capo delle Province Unite o
Repubbliche olandesi, nate nel 1648 dalla separazione dai Paesi Bassi spagnoli
(all'incirca all'attuale Belgio), vi era il Gran Pensionario d'Olanda, Jan de Witt, espressione del partito dei Reggenti, il cui avversario principale era
Guglielmo d'Orange, del partito monarchico e assolutistico degli Orangisti. Il
premier de Witt, che tenne la carica dal 1653 al 1672, era sostenuto dalla
borghesia ricca e colta, portatrice di un'ideologia liberale, tollerante in
materia di religione, anche perché fortemente influenzata dalle idee umanistiche
di Erasmo da Rotterdam. Tutte le religioni, tranne quella cattolica, potevano
esercitare in pubblico il loro culto. Ovviamente la chiesa ufficiale, dal 1583,
era quella riformata.
Ebbene fu proprio grazie all'appoggio di de Witt e della sua cerchia di
liberali e repubblicani che nel 1670 Spinoza poté beneficiare di una pensione
annua di 200 fiorini e pubblicare il Trattato
teologico-politico, che anticipa la moderna esegesi biblica di matrice
laica e che rappresenta un imponente testo militante in difesa della libertà di
pensiero. Scelse però l'anonimato per timore di gravi conseguenze: mentì persino
sul nome dell'editore e sul luogo di edizione. Infatti faceva circolare le sue
opere inedite solo presso il circolo di amici che si era creato per conto
proprio. Tra questi vi erano i collegianti, una setta cristiana: uno di loro,
Simone de Vries, morendo gli aveva lasciato una cospicua eredità, di cui però
Spinoza accettò solo una piccola parte. L'unico libro che pubblicò a suo nome
furono i Pensieri metafisici (il Breve trattato su Dio, l'uomo e la
sua felicità, scritto a 29 anni, fu pubblicato soltanto due secoli dopo la
sua morte!).
Poiché era difficile non riconoscere in lui l'autore del Tractatus, le
Corti d'Olanda, dopo aver condannato il libro (insieme al Leviatano di
Hobbes), lo indussero a trasferirsi all'Aja. Lo detestavano non solo gli ebrei e
i protestanti ma naturalmente anche i cattolici, che inserirono le sue opere tra
i libri proibiti nel 1679, confermando la condanna nel 1690. Voltaire invece usò
a piene mani il Tractatus per demolire il concetto di "miracolo".
Purtroppo nel 1672, quando le truppe francesi del re Luigi XIV avevano
occupato quasi tutta l'Olanda, minacciando Amsterdam, era scoppiata
un'insurrezione contro il partito repubblicano dei Reggenti, sobillata dagli
Orangisti, nel corso della quale furono assassinati i fratelli de Witt,
giudicati responsabili di arrendevolezza nei confronti dei francesi. Quando
andarono al potere i calvinisti di Guglielmo d'Orange, il fanatismo religioso
era così forte, nonché le diffamazioni dei cartesiani, che Spinoza si vide
costretto a non pubblicare l'altro suo grande
capolavoro, Ethica more geometrico demonstrata, che lo tenne impegnato
circa 14 anni.
Prima di completare l'Etica, Spinoza aveva rifiutato nel 1673 la
cattedra di filosofia all'Università di Heidelberg, offertagli dall'Elettore
Palatino, in quanto non riusciva a capire entro quali limiti la libertà di
filosofare avrebbe dovuto essere compatibile con la religione pubblicamente
stabilita.
Quando Pierre Bayle, nel suo Dizionario storico-critico, parlò di
Spinoza, dedicandogli un centinaio di pagine (più che a chiunque altro), disse che l'Etica
rappresentava un'idea "mostruosa" di Dio, in quanto veniva
identificato con la materia e gli si negava la libertà di scelta. Bayle era convinto che
Spinoza fosse stato il primo filosofo a fare dell'ateismo una dottrina
sistematica, e non riteneva il suo ateismo attaccabile in maniera razionale. Su
questo anche Jacobi era d'accordo e accusava Spinoza d'essere freddo come il
ghiaccio. Anche per Hegel la "sostanza" spinoziana appariva senza alcuna
vitalità, eppure dall'impianto generale della sua filosofia Hegel si sentì molto
attratto. Leibniz, che lo andò a trovare nel 1676, lo accusava d'essere l'uomo
più pericoloso e più empio del secolo. Gli illuministi Diderot e La Mettrie
consideravano il loro materialismo figlio legittimo dello spinozismo. Plechanov
addirittura riuscì a vedervi un'anticipazione del materialismo marxista.
Morì di tubercolosi a soli 44 anni, anche a causa della polvere di vetro
inalata a lungo nell'intaglio delle lenti. La sua eredità era così misera che la
sorella Rebecca ritenne meno costoso respingerla. Schelling dirà nelle
Lezioni monachesi che "nessuno può sperare di pervenire al vero e al
perfetto in filosofia, se non si è sprofondato almeno una volta in vita sua
nello spinozismo".
IL SUO PENSIERO, IN NUCE
Dal dualismo cartesiano al monismo assoluto
- Spinoza accetta di Cartesio l'idea che la matematica è la forma corretta
della filosofia, ma della matematica accetta solo il metodo
logico-razionale, per cui non produce nulla di matematico.
- Accetta quindi l'idea che il reale è razionale e che la deduzione
matematica (espressa in chiave filosofica) esprime la razionalità. Tuttavia
estende il principio della necessità matematica a tutto l'universo, facendo
coincidere pensiero ed essere.
- Rifiuta il dualismo di sostanza infinita (prima) - che in Cartesio viene
fatta coincidere con dio - e sostanza finita (seconda) - che in Cartesio
viene suddivisa in res cogitans e res extensa.
- Rifiuta anche il dualismo tra res cogitans (pensiero) e res
extensa (materia), perché l'essere è uno ed è la natura, fatta
coincidere con dio. L'uomo è un ente di natura e, come tale, è mente e corpo
insieme.
Deus sive Natura
- La sostanza è principio primo e permanente, indipendente da tutto,
identificabile con dio, infinita ed eterna, causa di se stessa, la cui
essenza implica l'esistenza (esiste in sé ed è concepita per sé), composta
di infiniti attributi.
- Gli infiniti attributi producono le cose spirituali e materiali, che
sono modi di essere di un'unica sostanza o modificazioni di attributi.
Quindi i modi sono determinazioni o limitazioni della sostanza e non
possiedono alcuna autonomia.
- Spinoza afferma un monismo assoluto (una sola realtà), un perfetto
immanentismo (la sostanza è nel mondo come principio interiore, l'universo è
assorbito nella realtà da cui deriva), un panteismo assoluto (l'universo è
dio), un panenteismo totale (tutto l'universo è contenuto in dio).
Natura naturata e natura naturante
- La sostanza è causa efficiente e immanente di tutta la realtà, per cui
la realtà è manifestazione della sostanza.
- La sostanza è natura naturante, e la realtà (il mondo) è natura naturata.
- Nella sostanza libertà e necessità coincidono, nel senso che non può
esserci una forma di libertà che neghi la necessità, poiché questa è
necessità di essere liberi (determinismo assoluto).
- Non esiste nella sostanza né il libero arbitrio, né un'intelligenza o
una volontà simili a quelle umane, troppo condizionate dalla realtà, né
delle cause finali, in quanto agire secondo fini significa essere privi di
ciò che si desidera. La sostanza ha soltanto cause immanenti, poiché dio e
mondo coincidono (dio non è "prima" del mondo, ma "insieme" col mondo: il
mondo esiste simultaneamente a dio. Non esiste il concetto di "creazione".
La sostanza è sovrapersonale, al di là d'intelligenza e volontà).
Pensiero ed estensione
- L'uomo sulla Terra percepisce solo due degli infiniti attributi della
sostanza: pensiero ed estensione, che non sono sostanze
finite, come voleva Cartesio.
- Pensiero ed estensione sono due distinti attributi, dotati di relativa
autonomia, poiché ognuno di essi deve trovare in sé le ragioni del proprio
esistere.
- Tuttavia ad ogni idea corrisponde una realtà corporea e viceversa,
proprio perché la sostanza è una sola, che si esprime in forme diverse,
distinte ma non discordanti: esiste un parallelismo convergente. Spinoza
rifiuta l'idea di ghiandola pineale, con cui Cartesio unisce anima e
corpo.
Conoscenza
- Quando la conoscenza è opinione o immaginazione è lacunosa,
confusa, derivata da idee inadeguate, da una memoria labile, o perché
fondata solo sui sensi, capaci di vedere le cose soltanto separatamente, non
come modi della sostanza. In tal caso il corpo è schiavo delle passioni.
- Quando invece è ragione la conoscenza è chiara e distinta, vera,
adeguata, perfetta, perché vede le cose come necessarie, eterne, infinite.
Le passioni sono sotto controllo (morale stoica).
- Quando si è raggiunta la ragione l'ultimo stadio della conoscenza è
quello intuitivo, che è l'appagamento interiore della verità dei
propri concetti. L'uomo contempla l'universo sub specie aeternitatis,
come essenza necessaria e immutabile della sostanza, e raggiunge una serena
beatitudine.
Schiavitù e libertà
- L'autoconservazione è la principale legge di natura. Ciò che la
favorisce genera piacere, ciò che la sfavorisce genera dolore. Dal piacere
sorge l'amore, dal dolore l'odio.
- Per ottenere piacere l'uomo cerca l'utile. Bene e male non esistono in
sé, ma solo in rapporto all'utile.
- La schiavitù è l'incapacità di controllare le passioni. La libertà è il
dominio delle passioni attraverso la ragione, la volontà e l'intuizione.
Religione
- Spinoza rifiuta l'autorità divina della Bibbia, i miracoli, la
provvidenza, il dio personale e triadico, e tutto ciò che non è
riconducibile a ragione.
- Rifiuta il motore immobile di Aristotele, perché trascendente e
indifferente al mondo. Rifiuta il dio cristiano, perché personale, libero,
triadico, creatore dell'universo e quindi separato dal mondo. Rifiuta il dio
di Plotino perché questi lo ritiene ineffabile, incomprensibile all'uomo e
trascendente al mondo. Rifiuta il dio di Cartesio, perché separato dalla
natura.
- Spinoza è più vicino al dio di Cusano e di Bruno, che è
produttore-creatore e insieme prodotto-creato.
- Ragione e religione sono nettamente separate, oppure si può dire che la
religione è tutta assorbita dentro la filosofia. Accetta l'idea che si debba
obbedire alle leggi universali e necessarie e l'idea di amare il prossimo
come se stessi, in quanto siamo tutti manifestazione di un'unica sostanza.
Politica
- Secondo la teoria di Hobbes accetta che lo Stato sia fondato su un
patto tra i cittadini per impedire i conflitti che avvengono nello stato
di natura, all'interno del quale nulla è proibito, vigendo la legge del più
forte.
- Tuttavia per lui (contro Hobbes) lo Stato non ha un diritto illimitato
sui cittadini. Lo Stato riceve fiducia da parte dei cittadini, ma deve
assicurare libertà di pensiero e di azione, oltre che protezione e
sicurezza.
Fonti
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- Spinoza Baruch; Leibniz Gottfried W.,
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L'eresia di Spinoza. L'immortalità e lo spirito ebraico, Einaudi
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Il tempo della moltitudine. Materialismo e politica prima e dopo Spinoza,
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Alle origini del panteismo. Genesi dell'Ethica di Spinoza e delle sue forme di argomentazione, Franco Angeli
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La mente affettiva di Spinoza. Teoria delle idee adeguate, Il Poligrafo
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Origine e natura delle passioni secondo l'Etica di Spinoza (1867),
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Con Atti del Seminario di Studi «L'impostura ieri e oggi: dai miracoli alla
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Scintille ebraiche. Spinoza, Vico e Benamozegh, ETS
- Basso Paola,
Il secolo geometrico. La questione del metodo matematico in filosofia da
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Sostanza e assoluto. La funzione di Spinoza nella scienza della logica di
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- Del Lucchese Filippo,
Tumulti e indignatio. Conflitto, diritto e moltitudine in Machiavelli e
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Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello,
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La critica della religione in Spinoza, Laterza
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La ferita non chiusa. La ricezione ebraica di Spinoza nel Novecento,
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Nietzsche e Spinoza. Ricostruzione filosofico-storica di un incontro
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Potenza e beatitudine. Il diritto nel pensiero di Baruch Spinoza,
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Baruch Spinoza e l'Olanda del Seicento, Einaudi
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Etica arte scienza tra Descartes e Spinoza. Lodewijk Meyer (1629-1681) e
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La libertà necessaria. Teoria e pratica della democrazia in Spinoza,
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Gli ebrei ad Amsterdam all'epoca di Spinoza, ECIG
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La fabbrica dell'imperium. Saggio su Spinoza, Liguori
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Mente e corpo. Studi su Cartesio e Spinoza, Quattroventi
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Natura umana e dominio. Machiavelli, Hobbes, Spinoza, Longo
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Substantia sive organismus. Immagine e funzione teorica di Spinoza negli
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L'impensato della politica. Spinoza e il vincolo civile, Guida
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Doppia verità, doppio errore. La questione dell'uomo nell'«Etica» di
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Hobbes e Spinoza. Atti del Convegno di Urbino,
Bibliopolis
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Spinoza nel 350° anniversario della nascita. Atti del
Congresso (Urbino, 4-8 ottobre 1982),
Bibliopolis
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L'orizzonte. Da Spinoza a Goethe. La poesia dell'infinito,
Edizioni Scientifiche Italiane
- Bordoli Roberto,
Vitae meditatio. Gramsci e Spinoza a confronto, Quattroventi
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Quaderno Spinoza 1841, Bollati Boringhieri
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La dottrina della scienza in Spinoza, Pàtron
www.fogliospinoziano.it
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