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IL SACRIFICIO DI ISACCO

Fabia Zanasi

"Contra spem in spem credidit". Avere speranza contro ogni speranza: le parole di San Paolo esprimono l'incondizionata abnegazione di Abramo nei confronti del Signore e valgono a simboleggiare il modello paradigmatico della fede del cristiano, una fede senza riserve che non vacilla nell'incredulità nemmeno nei momenti più bui dell'esistenza.

Lo stesso Isacco è divenuto figlio di Abramo, infrangendo la norma biologica, poiché generato dalla novantenne Sara.

Le storie di Abramo costituiscono un fondamento culturale e religioso rilevantissimo per Bibbia, Corano e Torah, che tramandano il medesimo episodio del sacrificio. L'incrollabile fiducia del patriarca nei confronti dei dettami divini è univocamente confermata, perché, secondo la versione dei tre testi, il padre è disposto ad immolare il proprio figlio.

Tuttavia, a proposito del sacrificio stesso esiste un elemento controverso, una differenza rilevabile soltanto nel Corano e concernente l'identità della vittima: Ismaele, anziché Isacco. Tale dato offre lo spunto per alcune considerazioni generali.

Innanzitutto le sacre scritture attestano quel rapporto di parentela tra arabi ed ebrei che la ricerca genetica ha anche di recente comprovato, in quanto i fratelli, Ismaele e Isacco, benché nati da madri diverse, sono i progenitori dei due popoli.

Secondariamente, l'identificazione della vittima consente di stabilire il destinatario di una importante profezia riguardante soprattutto i suoi discendenti: "Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce" (Genesi, 22, 17-18). La profezia acquista una rilevanza politica, giacché legittima il possesso della terra e acclama alla potenza della progenie in un contesto addirittura mondiale.

Peraltro le vicende riguardanti Isacco, ovvero "colui che ride" secondo l'interpretazione onomastica, forniscono importanti ragguagli proprio in merito al contesto socio-economico della Palestina: ad esempio, documentano il passaggio dall'esclusivo allevamento di bestiame all'agricoltura, descrivono l'opera di escavazione del terreno per la ricerca dell'acqua e le lotte tribali per il possesso e il controllo dei pozzi.

Sotto il profilo simbolico, invece, come Erich Auerbach ha avuto modo di dimostrare mediante l'esegesi della Divina Commedia, Isacco è prefigurazione del sacrificio del Cristo. Proprio in questa chiave figurale il personaggio diventa interprete di una produzione letteraria assai diffusa in Europa, dal medioevo al diciottesimo secolo. Sono le sacre rappresentazioni, ad esempio, i misteri inglesi della Story of Isaac, ad impadronirsi dell'intreccio biblico, che si presta a ricalcare alcune fondamentali funzioni presenti anche nel racconto popolare: il protagonista deve affrontare una prova, la supera, ottiene la ricompensa finale.

Il reticolo narrativo si presta ad una facile memorizzazione, in quanto l'esordio, l'acme e lo scioglimento della vicenda si associano in modo intuitivo all'avventura terrena di ogni buon cristiano, sempre in bilico tra sfide esistenziali che fanno confliggere tra loro l'umana aspirazione alla libertà e il voto d'obbedienza. La carica drammatica dell'episodio biblico, incentrata su pochi essenziali interpreti, favorisce del resto la messa in scena, grazie a semplici espedienti teatrali.

Nel 1449, nella fiorentina chiesa di Santa Maria Maddalena in Cestelli, si recitò il testo in ottave di Feo Belcari, Abramo ed Isaac. Proprio nell'opera di Belcari il personaggio di Isacco, solitamente relegato ad un ruolo soggiacente nei confronti delle decisioni paterne, acquista spessore psicologico e soprattutto una valenza affettiva molto commovente. Il giovane esprime infatti il proprio struggente rimpianto per la "bella età nella qual sono" e specialmente per Sara, "madre di pietade". E ancora Belcari, mediante le parole di Abramo, esplicita il rapporto esistente tra la figura di Isacco e Cristo, alludendo alla Resurrezione: "ed ancor ti farà maggior signore, / perché susciterà tua carne morta".

L'emotività eroica che alimenta le scelte di Abramo ed Isacco trova inoltre speciali esemplificazioni nei toni appassionati della seicentesca poesia spagnola, laddove la fede del credente è paragonata ad un alto pinnacolo o alla luce del sole. Mistero della vita e tensione nei riguardi delle sue prove costituiscono il senso profondo dei sonetti di Luis de Ribera e Francisco Figueroa. Ma allorché la coscienza individuale non riesce ad interpretare l'enigma della fede, interviene la riflessione teologica ad esplorare il dramma religioso, come avviene nell'Auto sacramental di Pedro Calderón De La Barca, Primero y segundo Isaac.

"O vogliamo cancellare la storia di Abramo o dobbiamo imparare il terrore dell'inaudito paradosso che è il senso della sua vita, così da comprendere che il nostro tempo, come ogni altro tempo, può essere felice, se possiede la fede". Poiché il rapporto dell'uomo con Dio non è razionalizzabile, non resta, ad opinione di Sören Kierkegaard, altra possibilità che l'accettazione della incomprensibilità dei piani divini; secondo la lettura che il filosofo danese propone in Timore e tremore, proprio l'avventura paradossale di Abramo dimostra la fede nell'Incarnazione di Dio e la fiducia nella remissione del peccato. Avere speranza contro ogni speranza implica una disposizione del cuore ad accogliere la felicità su questa terra e solo chi è puro può essere come Isacco, "colui che ride", senza essere stolto.


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