IGINO - MITO 2

GAIO GIULIO IGINO

L’Inquietudine

G. De Chirico, La méditation autumnale (Coll. privata, USA, part.)

Fabia Zanasi

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Nel momento in cui attraversava un fiume, l’Inquietudine scorse del fango argilloso: si fermò pensosa e cominciò a modellare un uomo. Mentre considerava tra sé e sé ciò che aveva fatto, sopraggiunse Giove; lo pregò l'Inquietudine affinché infondesse lo spirito nell'uomo, cosa che ottenne da Giove facilmente. Ma allorché l'Inquietudine pretese di dargli il proprio nome, Giove lo impedì e disse che invece bisognava dargli il suo.

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Mentre l'Inquietudine e Giove disputavano sul nome, si fece avanti anche la Terra: sosteneva che bisognava imporgli il suo nome, giacché essa aveva offerto il proprio corpo. Allora scelsero come giudice Saturno e a loro sembrò che Saturno, dopo aver fra sé deliberato, avesse deciso giustamente: "Tu Giove, poiché infondesti lo spirito, dopo la morte dell'uomo, riceverai la sua anima; la Terra che fornì il corpo, riprenderà il corpo. L'Inquietudine, giacché per prima lo ha modellato, lo possederà finché egli vivrà. Ma, in quanto esiste una disputa a proposito del nome, sarà chiamato uomo, visto che fu creato dall'humus".

(Da Hygini Fabulae, a cura di H. I. Rose, Siathoff, Lione 1933)

ANALISI TESTUALE

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Come già detto, questo testo, tratto dalle Fabulae redatte in latino dallo scrittore spagnolo Gaio Giulio Igino, racconta un mito antropogonico.

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Al pari delle altre fabulae della raccolta, anche questa non è invenzione originale dell'autore, ma ripropone, ad opera del mitografo, una tematica antica. Il testo illustra anzitutto una componente psicologica dell'uomo, un elemento costitutivo del suo temperamento, giacché connaturato fin dalla creazione primordiale: si tratta dell'Inquietudine, che diviene immagine personificata di un concetto astratto ed è pertanto dotata di potere d'azione e di pensiero.

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Il tema di fondo, che è comune a tutti i miti antropogonici, esprime un concetto di rilevante importanza: la creazione dell'uomo spiegata come evento di origine soprannaturale. Tale scoperta è preziosa e illuminante per l'autocoscienza non solo del gruppo sociale, ma anche per l'accrescimento spirituale del singolo individuo.

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Il racconto, che ripropone la storia della creazione, permette, a chi lo ascolta, di rivivere una esperienza primigenia, che si colloca nella notte dei tempi, ma si riproduce nell'attualità tutte le volte in cui le parole la rinnovano. Origine soprannaturale e nel contempo speranza di riunirsi al principio divino, dopo la morte, sono i motivi consolatori che rendono più accettabile una condizione esistenziale contrassegnata psicologicamente dall'inquietudine.

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La parola Inquietudine nel testo latino equivale a Cura, un termine dotato di grande polisemia, nel quale concorrono varie sfumature di significato, che si chiariscono di volta in volta a seconda del contesto d'applicazione. Pertanto Cura corrisponde non solo ad inquietudine, ma anche a sorveglianza, governo, lavoro, curiosità, ricerca ecc., tutte attitudini della struttura psichica umana.

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Il mitografo conclude il proprio racconto con un'osservazione a carattere etimologico, che chiarisce la provenienza terrestre della parola uomo, homo in latino, derivante da humus, una voce di ascendenza indoeuropea, sinonimo di terra.

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Il testo è stato elaborato da Igino in modo icastico e l'azione, che è l'aspetto prevalente, viene dunque rappresentata con vivezza di immagini. Non esiste un'esatta determinazione cronologica, giacché la vicenda è simultaneamente concepita come primordiale e attuale per il ricevente. Le congiunzioni temporali servono dunque soltanto per scandire la successione delle azioni, facilitando l’evidenza espositiva.

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L'accessibilità lessicale e stilistica della fabula fa presupporre la sua introduzione in ambito didattico, in un piano di lettura volto probabilmente a favorire alcune tecniche e abilità fondamentali quali la memorizzazione o la riesposizione orale da parte degli scolari dell'antica Roma.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 25-04-2015