L'ARMENIA E IL SUO GENOCIDIO


CARATTERISTICHE RELIGIOSE DELL'ARMENIA

L’origine della chiesa armena risale al periodo dell’evangelizzazione apostolica. L’Armenia era, durante i primi secoli dell’era cristiana in stretto contatto con l’ovest, da dove la nuova religione penetrò nel paese, mentre ad est subì l’influenza dei siro-cristiani. Secondo la tradizione, i fondatori della chiesa armena furono gli apostoli Taddeo e Bartolomeo. Sin dall’inizio del IV secolo si ha notizia di vescovi armeni e di persecuzioni e martiri negli anni 150, 250 e 284.

L'Armenia fu la prima "nazione cristiana" che contribuì alla disgregazione dell'impero bizantino. Nel 301 il re Tiridate III (261-317) proclamò il cristianesimo religione ufficiale del suo popolo, elevando una barriera permanente contro i persiani, suoi potenti vicini, di fede zoroastriana, contro cui dovettero sempre combattere.

La conversione del re era stata favorita da Gregorio Loosavorich (detto l'Illuminatore, dal fatto che unì due liturgie: quelle di Giovanni Crisostomo e di Giacomo, e che morì nel 325). Anche Gregorio apparteneva alla famiglia reale, ma per lungo tempo fu perseguitato dal re, passando più di 15 anni in prigione.

La liturgia armena, nella fase iniziale si ispirava a quella di Cesarea, la quale a sua volta derivava da quella di Antiochia. La liturgia attualmente in uso risale alla fine del V secolo, con alcune aggiunte posteriori. Oggi il rito armeno costituisce uno dei cinque principali riti delle chiese antiche orientali.

Nel 303 Gregorio, subito dopo essere stato ordinato vescovo, fondò Etchmiadzin, ancora oggi sede del catholicos, il principale capo della chiesa armena. In realtà la dispersione del popolo armeno, costretto dalla sua tragica storia alla diaspora, determinò il formarsi di quattro patriarcati. Il patriarcato universale o Katholicossato di tutti gli armeni a Etchmiadzin, in Armenia, che è la sede preminente della Chiesa Armena. Il Katholicossato di Cilicia con sede ad Antelias, in Libano, ha giurisdizione, su Siria, Libano, e Cipro. I due patriarcati armeni di Gerusalemme (Israele e Giordania) e di Costantinopoli (Turchia) che sono locali e presieduti da arcivescovi.

Il vescovo Sahak I (387-439) e Mesrop Mashthotz (354-440), ex-segretario del re e uomo di grande cultura, tradussero nel 404 in armeno la Bibbia, inventando un alfabeto di 36 lettere che si adattava perfettamente ai suoni di quella lingua parlata da circa mille anni. La nascita della letteratura armena fu una conseguenza di questo fatto.

L’Armenia fu invasa dai persiani lo stesso anno del concilio di Calcedonia (451) e questo impedì ai suoi vescovi, impegnati a difendere il cristianesimo contro la dottrina dei seguaci di Zoroastro (Mazdeismo), di partecipare al concilio ed alle sue decisioni. Per questo motivo la chiesa armena è annoverata tra le antiche chiese orientali, cioè quelle chiese che in quell’epoca non accettarono il concilio di Calcedonia. La chiesa armena accettò pertanto i primi tre concili ecumenici, (Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381, Efeso nel 431), ignorando il quarto.

Tuttavia nel 491 il sinodo di Valarshapet ripudiò la definizione dogmatica emersa al concilio di Calcedonia, relativa alla doppia natura divinoumana del Cristo (il monofisismo parla di natura umana inglobata in quella divina), e gli armeni sottoscrissero la formula di compromesso tra i calcedoniani e i loro rivali, chiamata henotikon, voluta dall'imperatore Zenone, e per questa ragione la loro chiesa fu condannata come eretica (monofisita) dai teologi bizantini.

Diversi tentativi di riconciliazione tra Costantinopoli e Etchmiadzin non furono mai portati a termine. Di questo cercò di approfittare la chiesa cattolico-romana, proponendo un'intesa sotto il papato, che però non riuscì mai.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia contemporanea
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Aggiornamento: 23/08/2013