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Il percorso umano verso l’individuazione nel pensiero di Erich Fromm

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Passioni razionali e passioni irrazionali
Narcisismo
Il narcisista risolve il problema del suo rapporto con il mondo sostituendo a quest’ultimo se stesso; non avendo sviluppato il proprio io come centro della sua relazione con il mondo il suo ego crolla quando il suo narcisismo viene ferito, reagendo con rabbia o cadendo in uno stato di depressione.
Il narcisista tenta quindi in ogni modo di evitare tali ferite, e nel far ciò può seguire essenzialmente due strategie. Può aumentare il proprio narcisismo, ponendosi sempre più al di sopra di ogni critica o eventuale insuccesso, soluzione che equivale ad aggravare la propria malattia mentale, che di tal maniera può sfociare nella psicosi.
Può altresì tentare di rendere la realtà conforme alla narcisistica immagine di sé, qualora egli ne abbia le possibilità, cercando di guadagnarsi il consenso e l’ammirazione di un’altra persona che in tal modo viene resa partecipe della sua malattia (folie à deux), o addirittura, nel caso che il narcisista occupi una posizione di leadership (e Fromm mette in evidenza come tale situazione sia tutt’altro che rara), di migliaia o addirittura di milioni di persone, che possono così trasferire il proprio narcisismo personale sulla figura del leader ed identificarsi in lui (folie à millions).
Naturalmente anche il narcisismo non si presenta sempre nella sua forma più patologica: esso ha una forma benigna, nella quale oggetto del proprio narcisismo è il risultato di uno sforzo individuale, indirizzato verso il conseguimento di un qualcosa di concreto. In tal caso, sebbene tale sforzo sia alimentato dal narcisismo, affinché l’attività che ne scaturisce possa dare dei risultati (che saranno anch’essi investiti narcisisticamente contribuendo ad alimentare tale tipo di narcisismo), essa dovrà compiersi in funzione della realtà, in funzione della quale questo tipo di narcisismo risulta autolimitarsi.
Ma, nella sua forma maligna, oggetto del narcisismo diviene un attributo, una qualità o un qualcosa che la persona possiede, a prescindere da cosa possa ottenere per tramite di essa.
In tal caso, nel conservare la grandiosità della propria immagine, la persona narcisista si allontana sempre più dalla realtà, e solo potrà proteggersi dagli attacchi al proprio ego aumentando l’intensità della propria malattia fino agli estremi della psicosi.
Per inciso, si può dire che può dunque considerarsi lo psicotico come colui che, di fronte ad attacchi al proprio ego cui per caratteristiche proprie quali una marcata sensibilità, od oggettive, quali l’eccezionale forza di tali attacchi, non poteva far fronte, si è ritirato dal mondo esterno che lo ha ferito, cercando di dare una soluzione al problema della propria sicurezza confinandosi nel proprio mondo interiore. Tale visione, accolta da Fromm, è stata espressa da Sullivan (12), che con tale concezione restituisce allo psicotico la sua dimensione umana: sarebbe dunque proprio in virtù della sua accentuata sensibilità che lo psicotico giunge a tagliare ogni contatto con il mondo, e si può quindi affermare che la psicosi possa generarsi in individui profondamente “umani” che vengono a contatto con situazioni oggettivamente “disumane”.
Mentre leader politici e capi di ogni tempo hanno ed hanno avuto numerose occasioni di alimentare il proprio narcisismo, tale possibilità non è concreta per la persona media, che dunque trova una soluzione all’espressione del proprio narcisismo trasferendolo su di essi o sul proprio gruppo. Si crea così il fenomeno del ‘narcisismo sociale’, che Fromm individua come la fonte di ogni razzismo e guerra tra i popoli.
Gli atteggiamenti narcisistici di cui un gruppo è investito saranno naturalmente incoraggiati socialmente e considerati virtuosi, poiché è proprio dalla proiezione narcisistica su di esso da parte dei suoi membri che dipende la sopravvivenza del gruppo stesso.
Anche a livello collettivo il narcisismo può manifestarsi in una forma benigna, in funzione del conseguimento di risultati da parte del gruppo, o maligna, quando è incentrato su presunte qualità che si suppone il gruppo possieda.
Sintomo più evidente del narcisismo, tanto individuale che collettivo, è la mancanza di oggettività e di giudizio razionale. Per poter essere mantenuto il narcisismo ha bisogno di soddisfazioni, e nel caso del narcisismo di gruppo questo bisogno può determinare situazioni ben più catastrofiche di quanto non possa accadere a livello personale.
Affinché tale bisogno di soddisfazione sia soddisfatto, spesso è sufficiente la comune convinzione della superiorità del proprio gruppo rispetto a tutti gli altri, ma se non si dispone di una minoranza abbastanza debole da poter essere disprezzata e nei confronti della quale manifestare il proprio narcisismo di gruppo, questo condurrà a guerre e brama di conquista.
In tale logica, al narcisismo di gruppo ferito, si può rispondere solo annientando l’offensore per cancellare l’offesa subita (e le reazioni che, anche recentemente, le grandi potenze stanno manifestando di fronte ad attacchi subiti o presunti dovrebbero essere eloquenti, se solo si riesce a sbirciare sotto il velo di necessità e buon senso che copre la barbarie come risposta alla barbarie).
Caratteristica del gruppo narcisista è il bisogno di un leader in cui i membri del gruppo possano identificarsi: nel sottomettersi al proprio leader gli individui proiettano su di lui il proprio narcisismo, vi si identificano e vivono per mezzo di lui. Le personalità dotate di forte narcisismo individuale sono naturalmente le più adatte a ricoprire questo ruolo, essendo prive di dubbi riguardo alla convinzione della propria grandezza.
L’insegnamento essenziale di ogni sistema di pensiero o religione umanistici è la necessità dell’uomo di superare il proprio narcisismo. Nel buddismo, ad esempio, è posta come meta suprema quella di risvegliarsi, condizione che secondo Fromm equivale a liberarsi appunto del proprio narcisismo e ad entrare in relazione attiva con il mondo.
Nella tradizione ebraica, oltre alle tradizionali espressioni ‘ama il prossimo’, ‘ama il tuo nemico’, ‘ama lo straniero’, chiaramente antinarcisistiche, Fromm rinviene tale posizione nella lotta contro l’idolatria. Partendo da una concezione basata sul pensiero di Feuerbach e ripresa da Marx, Fromm spiega come, nell’idolo, una facoltà parziale dell’uomo venga alienata rispetto a sé ed assolutizzata, rendendola oggetto di adorazione. Nell’idolo l’uomo adora dunque se stesso in forma alienata, e l’idolo nel quale egli si annulla diviene l’oggetto della sua passione narcisistica.
Nonostante che lo stesso dio del monoteismo venga poi paradossalmente reso di nuovo idolo (come manifestazione anch’esso di narcisismo collettivo), il principio ebraico di un dio indefinibile e indescrivibile è la negazione stessa del narcisismo, ed in essa, nella negazione dell’idolatria, sta uno dei messaggi principali della religione ebraica.
Anche nelle dottrine socialiste di carattere marxista ed anarchico, la necessità di superare la posizione narcisistica trova la sua espressione nei principi di solidarietà e di internazionalismo, sebbene tali concetti siano anch’essi caduti nell’oblio in certe dannose interpretazioni autoritarie del marxismo.

(12) H. S. Sullivan, “The interpersonal theory of psychiatry” (1953), trad. it. “Teoria interpersonale della psichiatria”, Feltrinelli, Milano (1962).

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Andrea Ciacci - Tesi di Laurea in Psicologia - Anno Accademico 2003/2004
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Ultimo aggiornamento: 04-dic-2004.