PLOTINO

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PLOTINO

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PLOTINO E LA SCIENZA

Plotino non ha fatto che trasferire sul terreno filosofico la speculazione cristiana nata 200 anni prima, pretendendo di dire cose nuove, alternative, in nome di una rinascita del paganesimo. In realtà ha soltanto deformato notevolmente la teologia cristiana, avendo cercato di riformularla passando attraverso la metafisica di Platone.

Plotino ha preso a piene mani da Giovanni, da Paolo, da Origene e dallo stesso Filone, cercando di approfondire, con una sorta di filosofia religiosa, il discorso teologico relativo alla trinità, ma si è astenuto dal rivelare le sue fonti, ed ha fallito completamente l'obiettivo di rinnovare il paganesimo (come lo fallì Giuliano l'Apostata).

Plotino non è che una caricatura della patristica ortodossa. Il suo disprezzo per la natura, la materia e per lo stesso uomo appare come una forma di alienazione. Con lui inizia quella speculazione mistico-religiosa, in ambito filosofico e quindi individualistico, che caratterizzerà, infettandolo, gran parte del pensiero occidentale sino all'Umanesimo compreso.

Gli aspetti positivi del suo pensiero (ad es. riguardo all'infinità dell'universo) sono una semplice concessione al materialismo e non dicono nulla di veramente originale. Plotino non solo è stato un pessimo filosofo, a causa dei suoi presupposti religiosi, ma è stato anche un pessimo teologo, a causa delle sue ambizioni filosofiche. Egli ha voluto flirtare col cristianesimo, pensando di superarlo, ma ha finito col fare una figura abbastanza meschina.

L'unico vero punto interessante della sua filosofia è quello meno religioso, relativo all'autocoscienza. Plotino sostiene ch'essa non implica ancora la piena identità di sé, poiché in essa vi è la necessità di una coscienza del bene (che deve differenziare il bene dal male). La vera identità - dice Plotino - è l'unità di sé vissuta in modo spontaneo e naturale. Quando siamo in salute - fa un esempio Plotino - ci identifichiamo con noi stessi senza esserne coscienti, mentre la malattia ci rende coscienti dell'alterazione del nostro essere.

Tuttavia, l'identità affermata da Plotino è un concetto astratto, sublime quanto si voglia, ma antistorico, non solo perché essa è invivibile in un contesto sociale dominato dagli antagonismi di classe, ma anche perché egli riteneva che tale identità, dopo la cosiddetta "caduta dell'anima nel corpo", non potesse mai essere per l'uomo una condizione normale d'esistenza.

L'identità cioè sarebbe stata impossibile anche se la divisione in classi fosse stata superata. E questo non solo è assolutamente falso, ma spiega anche il fallimento del suo neoplatonismo, il quale non poteva soddisfare le esigenze di uguaglianza e giustizia delle classi oppresse, quelle classi che videro appunto nella chiesa un'alternativa al potere dominante.

Plotino ha cercato insomma di assimilare i contenuti della religione cristiana dal punto di vista della filosofia greca, solo per impedire che si formasse una teologia cristiana in modo autonomo, nettamente separata dalla filosofia classica. Il suo tentativo fallì, ma, almeno in Occidente, fallì anche la pretesa di elaborare una teologia del tutto separata dalla filosofia greco-romana. La teologia patristica non può essere considerata una vera alternativa alla filosofia greca, ma semmai una sintesi di questa filosofia con la teologia ebraica e con altre religioni orientali (ad es. l'orfismo). In ultima istanza tende a prevalere nella Patristica l'idealismo greco.

Con la Scolastica poi si realizza un vero e proprio tradimento nei confronti della Patristica. L'idealismo della Scolastica non ha più alcuna traccia della teologia ebraica.

PLOTINO: il giudizio di B. Russell

“Nel III secolo, e nei secoli successivi alle invasioni barbariche, la civiltà occidentale fu prossima alla totale distruzione. Fu una fortuna che, mentre la teologia era quasi l’unica attività mentale sopravissuta, il sistema accettato non fosse puramente superstizioso, ma conservasse, per quanto a volte fortemente svirilizzate, dottrine che contenevano molto del lavoro dell’intelletto greco e molta della devozione che è comune agli stoici e ai neoplatonici. Ciò rese possibile la nascita della filosofia scolastica; poi, con il Rinascimento, lo stimolo derivò dal rinnovato studio di Platone e degli altri antichi.

D’altra parte, la filosofia di Plotino ha il difetto di incoraggiare gli uomini a guardare in se stessi anziché a guardar fuori; quando guardiamo dentro vediamo il Nous che è divino, mentre quando guardiamo fuori vediamo le imperfezioni del mondo sensibile. Questo tipo di soggettivismo andò gradatamente crescendo; lo si può trovare nelle dottrine di Protagora, Socrate e Platone, come negli stoici e negli epicurei. Ma al principio era solo dottrinale e non sentimentale; per lungo tempo non riuscì ad uccidere la curiosità scientifica (…) Gradatamente, però il soggettivismo invase il sentimento degli uomini non meno delle loro dottrine. La scienza non venne più coltivata e fu stimata importante solo la virtù. La virtù, come era concepita da Platone, implicava tutto ciò che era allora possibile sulla via delle conquiste del pensiero; ma nei secoli successivi la si pensò sempre più limitata alla sola volontà virtuosa e non la si immaginò come un desiderio di capire il mondo fisico o di migliorare il mondo delle istituzioni umane. Il Cristianesimo, nelle sue dottrine etiche, non era esente da questo difetto, per quanto, in pratica, la convinzione dell’importanza di espandere il credo cristiano dette un oggetto concreto all’attività morale, che non rimase così più limitata al perfezionamento di se stessi.

Plotino è contemporaneamente una fine e un principio, una fine per quel che riguarda i Greci, ed un principio per quel che riguarda il Cristianesimo. Per il mondo antico, stanco per secoli di disillusioni, esausto dalla disperazione, la sua dottrina poteva essere accettabile, ma non era certo stimolante. Per il rude mondo barbarico, in cui l’energia sovrabbondante aveva bisogno d’essere arginata e regolata, piuttosto che stimolata, ciò che del suo insegnamento riuscì a penetrare ebbe un effetto benefico, dato che il male da combattere non era la rilassatezza ma la brutalità. Il compito di trasmettere ciò che poteva sopravvivere della sua filosofia fu assolto dai filosofi cristiani dell’ultimo periodo di Roma”.

Bertrand Russell, Storia della Filosofia Occidentale, vol. II, Da Aristotele a S. Tommaso, Milano Longanesi 1966, pagg. 407-8.

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015