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La domanda che vien spontaneo porgersi, leggendo questa novella, è la
seguente: Pirandello era davvero convinto di poter giustificare il cinismo
del professor Gori mostrando che quello dei Migri era molto più grave, oppure
era convinto che nell'atteggiamento del professore non vi fosse alcuna forma di
cinismo?
Indubbiamente il professore fa la parte del piccolo-borghese progressista,
che non crede al destino; non è il borghese conservatore che si serve del
destino proprio per riconfermare un potere acquisito. Sotto questo aspetto è
facile criticare l'ipocrisia dei Migri, che non dicono il vero motivo per cui il
matrimonio non si dovrebbe fare. Per il Gori il modo migliore di vincere
l'ipocrisia dei Migri è quello di
contrastare il destino, soprattutto quando quelli vanno a cercare, artatamente,
dei nessi pseudo-mistici con la religione.
E' come una battaglia tra due opposti eserciti: piccola-borghesia (il
professore e la sua ex-allieva),
grande-borghesia (Andrea Migri e tutti i suoi parenti), dove però i sentimenti, quelli veri, interiori, non hanno
alcuna parte. Solo che Pirandello non lo vuol dire. Lui si accontenta di
dimostrare che il legame organico tra denaro e religione (ben visibile nella madre di
Andrea) veniva più che altro utilizzato per attribuire alla volontà divina la
necessità di non celebrare le nozze di Andrea con una di rango troppo inferiore.
Il professore piccolo-borghese ha la meglio, sul piano dell'onestà personale,
appunto perché è ateo, appunto perché evita di giustificare delle
favorevoli situazioni
finanziarie e dinastiche con motivazioni religiose. La novella vuol porsi
indirettamente in polemica coi Promessi sposi, poiché con l'idea di
contrastare un destino avverso ("codesto matrimonio s'ha da fare ora stesso"), si
vuole andare oltre i concetti cristiani di rassegnazione e di provvidenza.
Benché dica di esserlo diventato per caso, in
un momento d'ira (la manica troppo stretta e alla fine strappata della giacca
l'aveva fatto imbestialire), il prof. Gori vuol indubbiamente apparire ateo o
agnostico. Naturalmente il fatto che Andrea Migri e Cesara Reis alla fine si sposino in chiesa va
qui considerato del tutto irrilevante e non contraddice l'idea di Pirandello di
far apparire il professore nemico giurato del destino.
Tuttavia questa forma di ateismo rischia d'apparire come una mera forma di
materialismo volgare, come l'altra faccia di una medesima medaglia cinica. E
ora bisognerà spiegarlo, esaminando nel dettaglio il comportamento del
professore.
- Agli occhi dei parenti di Andrea il prof. si rifiuta di passare per
"intermediario", ma di fatto era stato lui a combinare il matrimonio della
sua ex-allieva col vedovo, un matrimonio che sin dall'inizio l'aveva pensato
come un affare soprattutto per lei, e i parenti di Andrea ovviamente lo
sapevano.
- La Reis aveva rifiutato tre-quattro volte l'idea di fare l'istitutrice
dei figli di Andrea, poiché la situazione le appariva soggetta a equivoci da
parte della pubblica opinione (visto che lei era giovane e "bella", oltre
che "virtuosa e modesta"), ma poi, quando s'intromette il suo ex-insegnante
(nei cui confronti evidentemente provava ancora un senso di riconoscenza),
addirittura accetta subito di sposare il ricco vedovo. E' un comportamento
strano, che lascia pensare a una mancanza di personalità da parte della
ragazza, che per tutta la novella appare come una pedina nelle mani del suo
professore, che presume di sapere quale debba essere il destino di lei.
Eppure Cesara appariva, in teoria, come una donna emancipata, avendo un
titolo di studio che le permetteva d'insegnare: avrebbe potuto sposare
tranquillamente un coetaneo. Invece così appare proprio quello che non
avrebbe voluto: una venale opportunista, un'approfittatrice.
Ancor meno comprensibile è che il prof. accetti di fare da intermediario
(stando nettamente dalla parte di Andrea), quando sono in gioco gli umani
sentimenti.
- Egli ha avuto indubbiamente una caduta di stile quando ha pensato, al
sentire la frase del fratello di Andrea ("Sarà andato forse a prepararsi"),
che il matrimonio si sarebbe fatto lo stesso, nonostante la morta in casa.
Il disappunto dei Migri è inevitabile e giustificato. La loro ipocrisia sta
semmai nel fatto che pensano di poterne approfittare bocciando
definitivamente l'idea del matrimonio, invece di limitarsi a proporne un
rinvio. Ma Pirandello vuol far credere al lettore che nei Migri vi era
un'ipocrisia congenita, aprioristica, per cui la conclusione che il prof.
Gori aveva tratto da quella frase del fratello di Andrea era legittima.
- Il personaggio dello sposo Andrea è particolarmente odioso, poiché in
fondo era stato lui che aveva fatto di tutto per avere Cesara come
istitutrice e come moglie; poi, quando a lei muore la madre, non muove un
dito per rassicurarla sulla necessità del matrimonio, ma anzi si fa
persuadere dai parenti ad annullarlo definitivamente. E tuttavia il prof.
non fa nulla per chiedere a Cesara se davvero vuol sposare una persona così
ambigua e contraddittoria.
- Sino a quando non porta la Reis in Comune e in chiesa, il prof. non
accetta l'evidenza di non poter fare il matrimonio in quel giorno di lutto.
La prende quasi come una sconfitta personale (il fallimento
dell'intermediazione). Il suo unico obiettivo, in quella situazione
inaspettata, insolitamente disperata, è d'impedire che i Migri possano
prendere a pretesto il lutto per annullare il matrimonio. E' come se il
prof., rappresentante della piccola-borghesia, fosse consapevole che se
avesse proposto di rinviare il matrimonio, i Migri avrebbero fatto di tutto
per annullarlo. Dunque il problema per lui è soltanto quello di trovare il
modo d'ingannare la grande borghesia, cioè quello di non lasciarsi sfuggire
un colpo di fortuna (in questo non per sé ma per la propria ex-allieva). La
situazione personale della Reis viene vista solo dal lato materiale: il
matrimonio le serve per sistemarsi definitivamente.
- Il prof. ha dei pensieri blasfemi nei confronti della defunta, la cui
gravità non viene attenuata semplicemente perché Pirandello vuol presentarci
il personaggio in maniera umoristica, se non addirittura comica. Accusa
inconsciamente quella povera donna di aver sottratto alla figlia il diritto
a tutte le attenzioni, il privilegio della festa più importante della sua
vita. Vede il decesso con crudeltà e quasi vorrebbe imitare il Cristo dei
vangeli che col suo "Talità kum" faceva risorgere i morti. Vorrebbe farlo
non tanto per riportarla in vita o per far contenta la figlia, quanto per
realizzare meglio il suo progetto di intermediazione.
- Che il prof. Gori si sentisse una sorte di "salvatore", in veste laica,
è cosa che si percepisce in tutta la novella. La Reis, rimasta orfana di
padre a 15 anni, andava salvata dalla miseria e ora anche dalla rovina
morale, oltre che materiale. Qui siamo nel 1901: una donna in procinto di
sposarsi che viene abbandonata dal promesso sposo, solo perché le muore la
madre, non avrebbe destato un senso di pietà ma di commiserazione, che è
quella pietà mista a disprezzo. Il prof. doveva per forza svolgere il ruolo
di "salvatore" della dignità in pericolo e, per la terza volta, è indotto
dalle circostanze a fare la parte dell'intermediario (che spesso sconfina
con quella del mezzano o del ruffiano). Non si chiede se sia davvero il caso
di sposare un individuo che non ha il coraggio dei propri sentimenti e che
si lascia nettamente influenzare dall'egoismo dei parenti. Per lui è più
importante salvare le apparenze, impedire che le malignità della gente
abbiano il sopravvento sulla reputazione della ragazza e le impediscano di
camminare a testa alta.
- Cesara Reis appare come l'aspetto interiore di quella coscienza
piccolo-borghese che nel professore si manifesta in maniera pubblica ma in
forma diversa. Cesara è il rimosso (sofferente, precario) che il professore
non può più tollerare nella sua propria vita, avendolo già superato
attraverso un impiego statale che gli permette di vivere dignitosamente
(anche se non fino al punto da permettersi di fare un regalo di nozze
adeguato al ceto sociale rappresentato da Andrea). Tuttavia appartengono
entrambi alla piccola-borghesia, con la sola differenza che uno è già
"arrivato", l'altra invece no.
Infatti anche Cesara non è convincente sul piano etico. Docente ed ex
allieva sembrano avere come principale preoccupazione quella della
sistemazione economica. Neanche una volta vediamo Cesara chiedersi il motivo
per cui i parenti di Andrea vogliano non rinviare ma addirittura annullare
il matrimonio. Non ha mai un colloquio diretto con Andrea: non lo mette mai
alla prova, non si chiarisce su alcun aspetto, accetta supina la decisione
dell'annullamento e del ritorno a Torino di tutto il parentado di lui.
Reagisce solo quando il prof. la induce, con una tattica furbesca, a
sposarsi lo stesso: cede alla sua volontà come la volta precedente, senza
mostrare alcun carattere, alcuna personalità. Sembra quasi che reciti la
parte della figlia addolorata a fianco della madre morta. Sembra essa stessa
in una posizione formale, ambigua e il prof. non la toglie affatto, sul
piano morale, da questa ambiguità, ma anzi ne conferma il valore
finalizzandola al conseguimento di un obiettivo materiale: sposarsi al più
presto. Lei è perfettamente consapevole che Andrea ha intenzione di
lasciarla sola, eppure accetta ugualmente la proposta del prof. di sposarlo!
Solo perché lui ha una fortuna che non è possibile lasciarsi scappare. Qui
le differenze di ipocrisia appaiono solo di grado.
- Che motivazione può aver avuto Cesara, oltre quella meramente economica,
quando decide di sposare uno che di fronte alla proposta del prof. Gori, si
guarda attorno, spaesato, per poi dire, con un'arrendevolezza tutta
manierata: "Ma... per me, se Cesara vuole..."? Che senso ha per Cesara
sposare uno che si dichiara disposto a sposarla solo se lei vuole?
Non aveva forse già deciso, per convinzione interiore, di sposarla? E non
aveva forse già deciso di accettare, per opportunismo, la volontà dei
parenti di non sposarla? E il prof., invece di reagire a queste meschinerie
di una morale borghese decadente, cosa dice? "Ecco finalmente una parola che
parte dal cuore!".
Che cosa vuol far capire Pirandello al suo lettore? Che solo il prof.
riusciva a distinguere l'ipocrisia dalla sincerità? che solo il prof.
conosceva le debolezze dell'alta borghesia, incapace di considerare l'amore
al disopra del denaro? che solo il prof. sapeva come mettere in difficoltà
emotiva una borghesia dedita esclusivamente ai traffici? Non è ridicolo che
il prof. parli di "cuore" quando la sua stessa proposta era basata
sull'interesse o convenienza materiale? Si può riscattare il basso livello
morale di un insegnante del genere descrivendolo in maniera tale da farlo
risultare simpatico al lettore?
- L'opera di persuasione del prof. Gori, che si straccia definitivamente
la manica della giacca, ha un che di teatrale, di ridicolo, di ostentato, di
artificioso. Paragonare la rottura delle convenzioni alto-borghesi con la
rottura della manica del frac sarà umoristico, ma non serve a dimostrare che
le intenzioni del docente erano davvero utili a valorizzare i sentimenti
della sua ex allieva e del suo stesso fidanzato. La sua proposta riparatrice
restava unicamente in ambito giuridico, senza lambire minimamente quello
morale: serviva a tutelare un interesse formale, ch'era sostanziale solo nel
patrimonio, ma che non aveva nulla di spirituale. Pirandello non può
sostenere, come invece ha voluto far credere, l'equivalenza simbolica tra
"rottura della giacca" e "superamento dell'ipocrisia", proprio perché i
fatti si sono svolti, alla resa dei conti, in maniera opposta: il prof. ha
semplicemente ribadito la necessità di salvare le apparenze, per cui qui, al
massimo, vi è soltanto l'opposizione di una convenzione contro un'altra, di
un interesse contro un altro.
Questa novella pare scritta da un autore che dopo aver trovato, a fatica,
una propria sistemazione, non può accettare che il destino si opponga alla
volontà di un suo pari, anch'egli intenzionato a riscattarsi come lui dalla
miseria, contro la quale, pur di vincerla, ogni compromesso è lecito.
- Il subitaneo rivolgimento di fronte, sul finire della novella, è poco
convincente. In nome delle apparenze da salvare (l'onore di Cesara che non
può essere lasciata sedotta e abbandonata, men che meno in un momento
storico in cui la verginità aveva ancora un valore sociale), ora alcuni
mutano atteggiamento, con grande gaudio dell'irascibile professore. "Subito
lo sposo corse incontro [a Cesara], la raccolse tra le braccia,
pietosamente. Tutti tacevano. Il professor Gori, con gli occhi lucenti di
lagrime...". Alcuni sono commossi, pietosi, caritatevoli, mentre i parenti
di Andrea si sforzano di frenare l'indignazione. Si stava finalmente per
compiere un'opera di bene: impedire che una bella fanciulla, modesta e
virtuosa, non venisse abbandonata dopo essere stata convinta a cedere, a
darsi a un ricco vedovo con figli.
Sarebbe stata una sconfitta anche per il professore, che in fondo si sentiva
massimamente responsabile di questo matrimonio combinato.
- Il finale Pirandello se lo poteva risparmiare. Dopo aver denunciato
l'ipocrisia dell'alta borghesia, egli infatti fa capire che il prof. Gori
l'aveva fatto solo a causa della marsina troppo stretta, che lo aveva
alterato psicologicamente. Dunque solo un caso fortuito lo aveva indotto
alla critica! Se avesse avuto un abito su misura avrebbe agito diversamente.
Pirandello ha voluto esagerare a bella posta? Sì, ha dovuto farlo, proprio
per poter introdurre elementi di comicità in una situazione tutto sommato
tragica, che avrebbe richiesto ben altro affronto etico.
Infatti, invece di cogliere la morte della madre di Cesara come palla al
balzo per esternare il proprio disprezzo verso l'ipocrita morale borghese,
il professore, che vuol far la parte del borghese altruista (statale) contro
dei borghesi egoisti (privati), non può vincere la sua battaglia che con
armi improprie: la goffaggine nel portare un frac che non sente come
proprio, lo strappo plateale della manica, l'improvvisato paladino
dell'oppressa, l'intermediario che si schermisce, il professore che storpia
di continuo il cognome di Andrea...
Qui si ha a che fare con un borghese altruista che vuol farsi largo tra
borghesi egoisti e che diventa egli stesso egoista, seppur in forme e modi
diversi, la cui natura meschina viene da Pirandello minimizzata proprio
rendendo comico il protagonista (e facendo passare per "virtuosa" la sua
creatura). Quanto consapevolmente Pirandello abbia fatto un'operazione del
genere è impossibile dirlo. Noi sappiamo soltanto che lui non è stato capace
di sfruttare la morte di quella madre come occasione per realizzare un
destino in cui i sentimenti prevalessero sugli interessi economici.
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