LA SCIENZA NEL SEICENTO

L'inizio della fine della natura

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Introduzione

La moderna rivoluzione scientifica, quella del Seicento, è potuta avvenire non tanto perché è riuscita ad opporsi alla teologia cattolica, quanto perché era stata favorita indirettamente proprio da questa teologia razionalistica. Certamente è stata una “rivoluzione laica” rispetto alle precedenti idee religiose dell'area europea, ma pur tuttavia nella continuità di un rapporto “violento” tra uomo e uomo e tra uomini e natura. Un antagonismo molto più accentuato nella zona occidentale del continente che non in quella orientale.

La rivoluzione scientifica ha indubbiamente promosso lo sviluppo del razionalismo laico (agnostico o addirittura ateistico) in opposizione anzitutto a quello teologico della Chiesa cattolico-romana e, secondariamente, a quello della confessione protestantica, là dove questa conservava aspetti religiosi più tradizionali (luteranesimo). Ma ha anche favorito lo sviluppo del sistema economico capitalistico, che segnerà la progressiva fine dell'autonomia della natura e la sua subordinazione agli interessi del capitale. Quindi si può parlare di rivoluzione cristiano-borghese della scienza, che ha trovato nel mondo protestante un terreno più fertile in cui svilupparsi, soprattutto là dove si è imposta la corrente calvinistica, che di tutto il protestantesimo era sicuramente quella più secolarizzata.

A sua volta la rivoluzione scientifica (basata sullo sviluppo della matematica, della fisica e della tecnologia) procederà in parallelo con quella filosofica, anch'essa intenzionata a ridimensionare le pretese della teologia. Praticamente tra il 1605 e il 1644 apparvero in Inghilterra, Italia e Francia una serie di libri, da parte di Bacone, Galilei e Cartesio, che spazzarono via la filosofia aristotelica della natura, dopo quattro secoli di aristotelismo quasi indiscusso nel campo delle scienze.1 Filosofia e scienza si influenzeranno a vicenda, finché il divorzio tra le due discipline comincerà a farsi netto con la seconda rivoluzione industriale di fine Ottocento, quando apparirà evidente che scienza e tecnica potevano procedere da sole sulla strada del progresso dell'umanità. Ancora oggi, nonostante le guerre mondiali del Novecento e l'odierna devastazione ambientale, la scienza non ritiene d'aver bisogno di un rapporto organico con la filosofia, che di regola viene tenuta ai margini proprio perché non è in grado di dimostrare scientificamente la validità delle proprie affermazioni: per poterlo fare, la filosofia deve appunto avvalersi del contributo delle scienze.

L'ateismo non è stato sviluppato in maniera conseguente né dalla scienza né dalla filosofia proprio perché la borghesia di quel periodo non poteva assolutamente fare a meno di un “compromesso” con le religioni ufficiali. Essa si era posta il compito di come sottomettere la nobiltà (laica ed ecclesiastica), di come trasformare il contadino in operaio, e di come sfruttare al massimo il lavoro dell'operaio nelle manifatture e nei commerci internazionali. La scienza, soprattutto nei suoi risvolti tecnologici, non ha fatto altro che venire incontro alle esigenze di profitto di tale borghesia imprenditoriale, politicamente favorevole alla centralizzazione degli Stati nazionali.

Anche quando trattava di problemi astronomici, la scienza del Seicento ha cercato subito di unire la teoria alla pratica. Gli scienziati erano assolutamente convinti che senza un massiccio sviluppo della tecnologia sarebbe stato impossibile assumere un atteggiamento di “dominio” nei confronti della natura e delle popolazioni non europee.

La Chiesa romana ebbe torto nell'intromettersi nelle questioni scientifiche dell'astronomia, non essendo di sua pertinenza, ma col senno del poi non possiamo certamente sostenere che la rivoluzione scientifica del Seicento ebbe tutte le ragioni di questo mondo.2 Ai teologi sarebbe bastato denunciare le conseguenze etico-sociali delle applicazioni tecnico-scientifiche nei confronti della natura e dell'occupazione delle terre da colonizzare. Ma non lo fecero mai perché non erano interessati a questi problemi; anzi, l'intera Chiesa romana sfruttò in seguito le conquiste della scienza per ritagliarsi una propria fetta di potere. Solo in rarissimi casi (si veda ad es. Bartolomé de Las Casas) si mise in discussione l'uso della tecnica contro le popolazioni americane schiavizzate dagli europei.

Oggi, a distanza di quattro secoli, le certezze, l'ottimismo, il senso del progresso trasmesso dalla scienza applicato alla tecnologia (tecnoscienza) sono andati progressivamente scemando, soprattutto di fronte alle periodiche crisi finanziarie mondiali, di fronte alle due guerre mondiali e alle tante regionali, di fronte alle grandi devastazioni ambientali planetarie e persino alle pandemie internazionali. La crisi della scienza è sotto gli occhi di tutti, ma non s'intravvede alcuna alternativa; anzi si spendono somme astronomiche nelle imprese spaziali e nella costruzione di armi sempre più sofisticate.

Ovviamente la crisi della scienza non deve favorire la rinascita della religione, anche se le religioni di tutto il mondo sfruttano proprio le contraddizioni del progresso capitalistico per dimostrare la giustezza delle loro tesi mistiche. Occorre però associare il laicismo della scienza al socialismo democratico, ripensando completamente la metodologia con cui si sono sviluppati i moderni criteri borghesi della scienza. Tale metodologia si basa sulle esigenze del profitto della borghesia come classe sociale, che, solitamente, non guarda in faccia a niente e a nessuno.

L'ateismo individualistico (conseguente non solo alla rivoluzione scientifica ma anche alla riforma protestante) si è sviluppato contro la fede vissuta in maniera collettiva, una fede che nel mondo cattolico veniva strumentalizzata politicamente dalle gerarchie ecclesiastiche, giunte persino ad affermare la teocrazia pontificia.

Quando la scienza è riuscita ad affermarsi in sede politica, con le rivoluzioni olandese, inglese, americana e francese, e con le unificazioni nazionali di Italia e Germania, lo Stato laico ha cercato di convivere pacificamente con tutte le Chiese, naturalmente dopo averle sottomesse con la forza. Le stesse Chiese si sono chiaramente pronunciate a favore del capitalismo; anzi, in due casi (fascismo italiano e nazismo tedesco) ha collaborato attivamente a impedire la diffusione del socialismo ateo.

Oggi nessuna Chiesa contesta la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche, salvo casi rari. Al massimo intervengono quando tali applicazioni implicano delle conseguenze che chiaramente interferiscono con l'etica religiosa: ciò avviene nell'ambito di alcune “materie sensibili” (concepimento, aborto, morte ecc.).

Tuttavia oggi la scienza, postasi a servizio di un capitale sempre più forte, è diventata un grande nemico dell'umanità e della natura, a prescindere dalle intenzioni dei singoli ricercatori. Eppure essa continua a illudere gli ingenui sulla sua capacità di risolvere i problemi sociali e di rendere la vita più comoda, più facile, più divertente. Ha una tale capacità distruttiva che ormai sfugge a qualunque controllo.

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La crisi del Medioevo come civiltà agraria, aristocratica, ecclesiastica è avvenuta in maniera progressiva, secondo tappe irreversibili, sulla base di processi strutturati, complessi, tra loro integrati e di lunga durata.

La prima grande contestazione alla teocrazia dogmatica, totalitaria del clero cattolico, corrotto dal potere temporale, è avvenuta coi movimenti pauperistici ereticali, posteriori al Mille, avversi anche allo sviluppo comunale borghese. I protagonisti di questi movimenti opponevano un modo democratico di vivere il vangelo, più egualitario rispetto a quello autoritario e integralistico della Chiesa romana. Furono ridotti al silenzio, sterminati o costretti a vivere in luoghi impervi e isolati.

Tuttavia molte delle loro idee verranno ereditate dalla riforma luterana, che non si limiterà a opporre un'esperienza di fede a un'altra, ma addirittura elaborerà un nuovo pensiero religioso, più laico, più individualistico, anche se non fino al punto di ciò che fecero gli intellettuali umanistici e rinascimentali con la loro riscoperta del platonismo, il quale, sul piano filosofico, volle opporsi a una precedente riscoperta filosofica, quella di Aristotele, mediata dalla cultura islamica, che ne tradusse in latino alcuni testi.

Anche la riscoperta dell'aristotelismo, posteriore al Mille, fu una forma di laicizzazione della fede religiosa alto-medievale, in quanto puntò la sua attenzione, con lo sviluppo della teologia scolastica e della filosofia peripatetica, sulle questioni logiche e metafisiche dell'aristotelismo, ribattezzate in chiave cristiana, così come l'agostinismo aveva fatto in precedenza col platonismo.

L'Umanismo italiano del Quattrocento e della prima metà del Cinquecento non fu molto interessato alla riforma luterana, semplicemente perché si sentiva culturalmente più avanzato, cioè più laico, avendo beneficiato dell'influsso del neoaristotelismo cristianizzato.

Tra la riforma protestante e l'Umanesimo neoplatonico da un lato, e le rivoluzioni politiche della borghesia dall'altro si pone la rivoluzione scientifica compiuta in campo astronomico, che determinerà, rendendo il neoplatonismo molto più coerente coi suoi princìpi laici, un rivolgimento completo del tradizionale modo teologico di pensare il sistema solare e quindi la collocazione dell'uomo nell'universo.

Già nel periodo tardo-scolastico si era prospettata l'idea di fare della ragione una facoltà più importante della fede. Ora, con la scienza sperimentale, si pongono le basi pratiche, di tipo meccanicistico, per dimostrare tale superiorità. Con lo scientismo del Seicento si costruiscono le fondamenta su cui edificare la filosofia illuministica del secolo successivo, sempre più chiaramente ateistica o, quanto meno, agnostica.

In tal senso si può sostenere con certezza che la filosofia ha avuto un ruolo genetico nella formazione della scienza moderna. Anche la teologia, indirettamente, l'ha avuto, prima nella forma cattolica, poi in quella protestantica. Naturalmente questo ruolo creativo è stato involontario, poiché se la filosofia e la teologia avessero potuto prevedere che la scienza di sarebbe ribellata contro di loro, avrebbero agito diversamente (ammesso e non concesso che, una volta poste le premesse pratiche di un'esperienza arbitraria, sia poi possibile impedire che si formi un sapere non meno arbitrario). In realtà esiste un filo conduttore che va dalla riscoperta medievale dell'aristotelismo alla sua negazione nel Seicento: un filo che solo per superficialità conoscitiva o, peggio, per cecità ideologica non si vuol vedere. Infatti, come ai credenti non piace pensare che l'ateismo scientifico sia un prodotto involontario del loro modo di vivere la fede, così agli scienziati non fa piacere sapere che le fondamenta del loro sapere vanno cercate nella stessa teologia tanto odiata.

Il substrato sociale sotteso a tutte queste svolte epocali fu lo sviluppo di un tipo di società di natura mercantile, manifatturiera, capitalistica, in cui la borghesia presume di poter fare ciò che vuole. Nata coi Comuni italiani, la classe borghese non ha mai smesso di svilupparsi, pur in presenza di gravi battute d'arresto, dalle epidemie di peste alle continue guerre per il dominio del pianeta, fino alla sempre più eclatante devastazione ecologica dell'ambiente.

La scienza moderna del Seicento è nata in concomitanza con lo sviluppo del sistema capitalistico, ne siano stati gli scienziati più o meno consapevoli. Se non ci fosse stata la manifattura, se non ci fossero stati i commerci extraeuropei causati dal colonialismo, probabilmente la scienza non avrebbe avuto uno sviluppo così impetuoso, né la forza per scardinare delle certezze acquisite da molti secoli. Essa non si è limitata a distinguersi o a cercare un proprio spazio autonomo tra le due ideologie che allora continuavano a dominare incontrastate sin dal basso Medioevo: la teologia scolastica e la filosofia peripatetica. Ma ha posto le basi metodologiche perché quelle due discipline (che avevano pretese totalitarie, “generalistiche”) perdessero ogni credibilità agli occhi della pubblica opinione.

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Il rapporto dei cattolici latini (cioè dell'Europa occidentale) con gli islamici e coi bizantini fu nell'insieme devastante, per il numero di morti causati dalle guerre di sterminio: ogni guerra di lunga durata, compiuta senza esclusioni di colpi e con un sottofondo ideologico, comporta sempre un'infinità di stragi spaventose.

Tuttavia il rapporto, a causa questa volta dell'ironia della storia, fu anche molto proficuo. Nel primo caso gli islamici residenti in Spagna fecero conoscere al mondo latino, dopo averli tradotti dal greco all'arabo, i testi del mondo greco classico, ritraducendoli dall'arabo in latino.3 Gli islamici sono sempre stati grandi conoscitori delle lingue straniere. Per la teologia cattolica fu un fulmine a ciel sereno, cui la Chiesa romana non poté opporsi. La riscoperta dell'aristotelismo e di molti altri filosofi e scienziati dell'antichità comportò il superamento della teologia agostiniana, che per mezzo millennio, col suo recupero del platonismo, aveva trionfato incontrastata. Il caso volle che ciò avvenisse nel corso delle crociate, cioè proprio quando l'occidente latino si stava urbanizzando e quindi imborghesendo. La riscoperta di Aristotele servì proprio per dare un fondamento più laico e materialistico alla teologia cristiana, facendola uscire dalle secche dell'idealismo platonico ereditato da Agostino d'Ippona. Un esempio eclatante di tale rivoluzione culturale fu l'abbandono della tradizione simbolico-bizantina nella pittura, ad opera di quella giottesca, che inaugurò in quest'arte una visione geometrica e naturalistica della realtà. La teologia cristiana prese a codificarsi a livello universitario, diventando la cosiddetta “Scolastica”. Divenne una teologia più laica e razionalistica, legata alla logica e soprattutto alla metafisica, nonché all'astronomia aristotelico-tolemaica.

Successivamente, seguendo il percorso laico di questa teologia (che pur nel Seicento appariva profondamente clericale), si cercò di renderla ancora più umanistica grazie all'emigrazione dei filosofi e teologi bizantini, che, fuggendo dalle grandi città dell'impero bizantino, ormai del tutto conquistato dai Turchi Selgiuchidi, portarono in Europa una filosofia di derivazione platonica, che si collegò alle teorie umanistiche dei filosofi occidentali del Quattrocento e del Cinquecento, anticipando nettamente la rivoluzione scientifica del Seicento. È dunque sbagliato vedere tale filosofia umanistica in contrapposizione a quella della Scolastica. Si tratta solo di un percorso che ha portato alle conseguenze più logiche taluni presupposti impliciti nella cultura precedente, ovviamente in polemica contro questa stessa cultura.


1Bacone e Cartesio saranno poi ricordati prevalentemente come filosofi, mentre Galilei verrà ricordato più che altro come scienziato. Cartesio aveva detto due cose: 1) nei corpi materiali la sostanza coincide con la loro forma o estensione, poiché la materia, presa in sé e per sé, è inerte (se le si attribuisse una forza interiore, per spiegarne il movimento, si finirebbe nella magia); 2) per spiegare il movimento perenne della materia (secondo una certa linea retta) bisogna pensare a una divinità che l'ha impresso inizialmente, lasciando poi ai corpi piena autonomia.

2Qui si può ricordare che anche Lutero e Melantone erano nettamente contrari, in nome della Bibbia, all'eliocentrismo di Copernico. Semmai furono i calvinisti a favorire le scienze fisiche, biologiche e astronomiche nei secoli XVI e XVII secoli, separandole dallo studio della Bibbia.

3Da notare che quando la Scuola di Atene verrà chiusa nel 529 da Giustiniano perché non cristiana, la Scuola di Alessandria assumerà il ruolo guida per il passaggio della cultura dall'antichità al Medioevo, grazie alla svolta avviata da Ammonio e proseguita da Filopono (nel senso che saranno loro a portare al pensiero della seconda Scuola quella linfa vitale che la Scuola di Atene andava perdendo), per cui sarà la Scuola di Alessandria l'anello di congiunzione, dopo l'invasione musulmana, dell'aristotelismo alla cultura araba, dalla quale sarà nuovamente reintrodotto in Occidente nel sec. XIII.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza
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