LA SCIENZA NEL SEICENTO

L'inizio della fine della natura

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Sguardo d'insieme

1. Platone e Aristotele, nonché tutto il pensiero medievale, spiegavano il divenire delle cose sulla base delle cause finali, com'era naturale che fosse. La vita ha un senso quando c'è un fine da perseguire. Tale fine era in linea con gli elementi fondanti della società schiavistica, o comunque servile. La Chiesa feudale impose tale fine sin dai tempi dell'imperatore Teodosio (che la fece diventare “confessione statale”), senza lasciare spazio ad alcuna alternativa culturale (filosofica o religiosa). Il fine era religioso e la società che lo supportava era aristocratica, basata sulla forza militare, sulla proprietà privata della terra e sullo sfruttamento dei servi della gleba. La differenza tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica stava unicamente nel fatto che la prima si accontentava d'essere una Chiesa di stato, mentre l'altra ambiva ad avere un proprio Stato teocratico, con cui sottomettere gli imperatori alla sua volontà.

2. La nuova scienza borghese, sviluppatasi con la crisi del Medioevo, si basa invece sul presupposto che le uniche cause da considerare per la spiegazione razionale della realtà sono quelle di tipo meccanico. La borghesia voleva far credere che la propria scienza, fondandosi su aspetti molto tecnici e non etici, fosse più precisa, più concreta. Tale scienza doveva apparire anche in tutta la sua neutralità, fatta passare per conoscenza oggettiva delle cose, cioè dimostrabile mediante la tecnologia. Essa non aveva tanto l'intenzione di “negare” la religione, ma semplicemente di tenersi separata dal suo giudizio. Infatti per poter “negare” recisamente una religione dotata di potere politico, occorre un nuovo e altrettanto efficace potere politico che le si contrapponga, e questo sarà un compito delle rivoluzioni anti-istituzionali del Settecento.

In un certo senso si potrebbe dire che il procedimento scientifico-sperimentale moderno si basa sul dubbio (come la filosofia individualistico-borghese cartesiana). Si affermano delle ipotesi proprio perché si pensa che la realtà sociale non offra più una verità convincente. Anzitutto si dubita di un'esistenza sociale, pubblica, che a quel tempo era in fase di dissoluzione, quella dell'esperienza cristiana del cattolicesimo romano. La nuova verità non viene cercata però in una diversa esperienza sociale, ma in una nuova dimostrazione pratica, laboratoriale, di concezioni relative alla fisica e al cosmo, pretendendo di dire delle verità spiazzanti per il senso comune. Galilei è il primo a dire che la “verità naturale” non può essere data né dalla teologia né dalla filosofia ma solo dalla tecnoscienza. La scienza sperimentale si pone obiettivi diversi da qualunque metafisica, laica o religiosa che sia. L'essenza delle cose le diventa estranea: in tale maniera il sapere, pur arricchendosi notevolmente di dati quantitativi (matematici), perde di qualità etica.

In realtà una scienza non è affatto più “scientifica” quanto più è “meccanicistica”. La scienza del Seicento è stata in gran parte smentita, proprio sul piano scientifico, da quella dell'Ottocento e soprattutto del Novecento. Non solo, ma una scienza davvero “scientifica” deve essere strettamente collegata con l'etica, cioè alle necessità strettamente umane. È quindi sbagliato sostenere che alla scienza non devono interessare le “cause finali”. I progetti sulla società dipendono da una teleologia di fondo; e un metodo di ricerca può pretendere d'essere tanto più “scientifico” quanto più rispetta gli obiettivi finali della società. Semmai la discussione è a monte, cioè sul significato di tali obiettivi, sul modo di realizzarli.

Ma c'è di più e di peggio. La pretesa neutralità della scienza era solo una finzione, in quanto sin dall'inizio la scienza moderna si è posta al servizio di esigenze borghesi, cioè di una classe particolare, del tutto minoritaria in nazioni dedite prevalentemente all'agricoltura. Questo asservimento è stato accettato dalle Chiese cattolica e protestante, poiché loro stesse ne traevano profitto (si pensi solo all'applicazione della tecnoscienza al colonialismo). La Chiesa romana ha cominciato ad assumere atteggiamenti nettamente autoritari solo quando ha visto che con le teorie scientifiche si stavano scardinando i presupposti teologici su cui si era sempre creduto. Le gerarchie hanno reagito per motivi politici, dando a tali motivi un involucro ideologico basato su quei princìpi della teologia che gli intellettuali consideravano superati proprio in virtù dello sviluppo della pratica economica borghese.

3. La teologia medievale distingue nettamente il sapere teorico (teologia, metafisica, diritto canonico, ecc.) da quello pratico, giudicando le arti meccaniche di tipo servile.1 Ma lo faceva perché il contadino, essendo servo (analfabeta) della gleba, aveva poco interesse a sviluppare la tecnologia.

La borghesia invece è particolarmente incline a fare della tecnologia una finalità specifica della scienza, proprio perché la tecnoscienza è finalizzata al profitto. La classe borghese ha interessi individualistici e non si limita a studiare le scienze esatte in astratto; vuole anzi associare immediatamente la scienza e la tecnica alla matematica, intesa come algebra e geometria, nella convinzione che gli esperimenti compiuti in laboratorio possano essere facilmente applicati alla realtà. Si pensa cioè che tutto quanto risulta vero nel laboratorio, lo sia anche nella realtà. Si è convinti che nel laboratorio dello scienziato sia possibile riprodurre artificialmente qualunque legge della natura. Lo scienziato del laboratorio, padrone della tecnologia (che lui stesso il più delle volte produce, anche se non necessariamente) ha la sensazione o la percezione si poter influire sui processi della natura (riproducendoli in miniatura), e quindi di modificarli nella realtà, o quanto meno di controllarli facilmente, quasi come se egli stesso fosse il loro “creatore”. Scienza e tecnica, tenute insieme sin dall'inizio, fanno credere d'essere onnipotenti. I due strumenti principali solo il telescopio e il microscopio, che il mondo greco-romano, a causa dello schiavismo2, non poté produrre. Lo scienziato Erone, vissuto ad Alessandria d'Egitto nel II sec. a.C., non impiegò le sue macchine a vapore e la sua rudimentale turbina per spostare pesi o trascinare veicoli, ma per aprire le porte di un tempio o per costruire automi e statue semoventi negli spettacoli teatrali.3

4. È bene precisare che il nuovo sapere scientifico non si sviluppa nelle Università, bensì nelle Accademie, finanziate con capitali privati della borghesia. Tuttavia nelle Università la teologia, grazie alla riscoperta dell'aristotelismo, era già discretamente laicizzata. Semmai restava astratta, non essendo collegata con l'attività affaristica emergente (economia mercantile e manifatturiera, nata anche in conseguenza della laicizzazione della fede, che sin dal Mille aveva favorito il processo di urbanizzazione).

Le Accademie sono molto utili, in quanto il sapere viene condiviso tra gli intellettuali di estrazione borghese, per cui ognuno di loro tende a sentirsi esperto in più campi (scientifici, tecnici, artistici, culturali). L'unica scienza che viene considerata superiore a tutte è la matematica. La borghesia è in grado di applicarla in qualunque settore dello scibile umano. Questo perché qualunque fenomeno o realtà materiale viene visto anzitutto in maniera quantitativa. Tutto deve poter essere misurato, calcolato. Per Galilei la matematica è il linguaggio dell'universo, nonché lo strumento fondamentale per ogni ricerca scientifica.

Con la rivoluzione scientifica del Seicento la cultura non si arricchisce, ma in un certo senso s'impoverisce, o comunque si diversifica a vantaggio dell'utilitarismo, ampliandosi in estensione ma diminuendo in profondità. Infatti, assistiamo al trionfo dell'intelletto specializzato sulla ragione onnilaterale, della tecnica sull'etica, dell'interesse individuale su quello collettivo, della quantità sulla qualità, dell'economico sul sociale, dell'artificiale sul naturale, ma anche della famiglia nucleare su quella allargata, della fede per convenienza sulla fede per convinzione, ecc. Questo perché l'esperienza prevalente, quella che si va imponendo nell'ambito della società civile, è strettamente legata all'uso del denaro, un mezzo di scambio che tende sempre più a trasformarsi in capitale che si autovalorizza. L'opposizione alle gerarchie ecclesiastiche butta via l'acqua sporca col bambino dentro. Per avere un pensiero sufficientemente laico e molto profondo bisognerà attendere la filosofia idealistica di Kant, Fichte, Schelling ed Hegel: gli unici in grado di competere coi grandi teologi della cristianità mondiale e anche coi maggiori filosofi del mondo greco. Non a caso sulle loro basi si svilupperà il materialismo storico-dialettico di Marx ed Engels.

5. La rivoluzione scientifica del Seicento è il punto d'arrivo di un processo di ridefinizione laica del sapere teologico che ha nella riscoperta dell'aristotelismo il suo inizio, mentre nell'Umanesimo neoplatonico e nel Rinascimento delle arti (matematizzate) il suo pieno sviluppo. La riscoperta di Platone (conseguente all'emigrazione degli intellettuali bizantini dalla capitale dell'impero d'oriente occupata dagli Ottomani) verrà usata contro l'uso strumentale dell'aristotelismo (finalizzato alla conservazione dell'egemonia universitaria della teologia scolastica, sempre più ridotta a una filosofia religiosa a causa dell'affermarsi della pratica sociale borghese).

Il neoplatonismo era stato eversivo perché, pur rifacendosi a un filosofo idealista come Platone, l'aveva fatto in chiave laica, anticlericale, valorizzando il singolo individuo tendenzialmente borghese. Anche la riscoperta scolastica dell'aristotelismo fu una laicizzazione della teologia agostiniana, che aveva dominato per tutto l'alto Medioevo, ma la riscoperta del platonismo fu una laicizzazione ancora più forte, proprio perché la borghesia del Quattrocento e del Cinquecento si era molto sviluppata. La Chiesa romana comincerà ad opporsi a tale laicizzazione borghese della fede soltanto quando vedrà che con la Riforma protestante si minacciava seriamente il suo potere politico ed economico. Fino a quando non deciderà di scatenare la Controriforma, il papato, corrotto quanto mai, non aveva avuto nulla da dire nei confronti di tale laicizzazione.

Con la riscoperta del platonismo si era anche ripreso lo studio del greco, sempre grazie agli intellettuali bizantini in fuga verso l'Italia. Con l'uso di questa lingua si era potuto accedere a fonti che durante il Medioevo erano state o rimosse o manipolate dalla Chiesa romana. Si scopriranno dei falsi clamorosi, come p.es. la cosiddetta “Donazione di Costantino”.

Tuttavia nel Rinascimento il sapere scientifico risente dei limiti di una società borghese poco sviluppata, di tipo artigianale-commerciale, con manifatture ancora primitive. Infatti la scienza resta di tipo alchemico, con molti addentellati alla magia e all'astrologia. È vero che le botteghe artigiane inventano e sperimentano nuove tecniche in tutti i campi della cultura e dell'arte (si pensi soprattutto alla pittura, alla scultura, all'architettura, al tessile, all'oreficeria, ecc.). Ma i risultati in campo fisico, chimico, ottico, astronomico... lasciavano molto a desiderare.

Di sicuro con la cultura umanistica si comincia ad avere la percezione che la natura ha proprie leggi (spesso caratterizzate da una coincidenza di opposti che si attraggono e si respingono), funzionanti in maniera indipendente dalla volontà non solo umana ma anche divina, e queste leggi possono essere conosciute dall'essere umano, che è un microcosmo in grado di contenerle tutte. La diversità tra Umanesimo e tecnoscienza sta soltanto nell'uso dei mezzi.

Le acquisizioni più importanti della cultura umanistico-rinascimentale furono, in sostanza, le seguenti: il concetto di infinità dell'universo, in senso sia temporale che spaziale (benché si creda ancora nell'esistenza di un Dio che dà un ordine matematico-geometrico a tutte le forze della natura); la possibilità di una pluralità di mondi abitati o abitabili, quindi l'esigenza di superare il geocentrismo; l'idea organicistica di una coincidenza tra microcosmo (essere umano) e macrocosmo (universo); la necessità di sviluppare sensi, ragione, esperienza e metodo induttivo, in alternativa a dogmi di fede, tradizioni religiose, autorità ecclesiastiche e metodo deduttivo (tipico della metafisica).

La rivoluzione scientifica del Seicento non fa che confermare sul piano tecnologico queste intuizioni filosofiche dei due secoli precedenti. Scienza e filosofia procedevano in parallelo contro la teologia, influenzandosi a vicenda. Il divorzio tra le due discipline comincerà a farsi sentire, in maniera piuttosto netta, durante la seconda rivoluzione industriale (fine Ottocento), quando apparirà evidente che la tecnoscienza poteva procedere da sola sulla strada del “progresso” (borghese) dell'umanità.

6. La rivoluzione scientifica avviene nei tre Paesi più sviluppati economicamente o dove la cultura borghese era più forte: Italia, Olanda e Inghilterra. Tuttavia, di questi Paesi il primo non aveva ancora compiuto l'unificazione nazionale, e ciò lo renderà molto debole sul piano politico, al punto che verrà occupato stabilmente da una grande potenza colonialistica di cultura cattolico-feudale, la Spagna, poi coadiuvata da un altro impero di cultura cattolico-feudale, l'austro-ungarico, che pur cercava di modernizzarsi in senso capitalistico.

Degli altri due Paesi, l'Olanda appariva più forte, in quanto non era alle prese con una sanguinosa guerra civile tra borghesia e aristocrazia, come lo sarà l'Inghilterra sino alla fine del Seicento (infatti i secoli in cui gli inglesi saranno oggetto di imitazione in gran parte del mondo, saranno il XVIII e il XIX). L'Olanda ebbe solo bisogno di compiere una guerra di liberazione nazionale contro l'occupazione spagnola, e la fece in nome del calvinismo. Con la fine della guerra dei Trent'anni (1618-48) l'indipendenza dei Paesi Bassi fu sancita in maniera definitiva (il Belgio però resterà cattolico), e l'Olanda si avvierà a diventare, grazie al proprio colonialismo borghese, oltre ad alcune particolari manifatture, la prima potenza mondiale, in grado di eliminare persino la concorrenza portoghese in Asia.

Anche Spagna e Portogallo avevano grandi imperi da sfruttare, i più imponenti, come estensione geografica, prima che fossero superati da quello inglese. Ma non avevano le stesse capacità commerciali dell'Olanda, e tanto meno quelle manifatturiere di tipo tessile (al massimo producevano lana grezza pregiata). La loro ricchezza dipendeva dal saccheggio di metalli preziosi, dal commercio di prodotti esotici tramite la schiavitù degli indigeni, dalla produzione di armi, ecc.

Le capacità manifatturiere in grado di competere con quelle olandesi le aveva l'Italia, ma non avendo fatto né la rivoluzione politica in senso borghese, né una riforma religiosa di tipo protestantico, né l'unificazione nazionale, il suo destino era segnato. Come lo sarà quello della Germania, la quale, pur avendo fatto la riforma luterana, non volle fare l'unificazione nazionale (cosa che avrebbe permesso alla borghesia d'imporsi sull'aristocrazia). La Germania diventerà una grande potenza industriale solo dopo l'unificazione nazionale (promossa e gestita dalla Prussia), ma, non avendo un vero impero coloniale, pari alle sue concorrenti europee, sarà costretta, per recuperare il tempo perduto, a far scoppiare due guerre mondiali, trovando nell'Italia una sponda favorevole in questa esigenza guerrafondaia. In particolare sarà dalla fine dell'Ottocento sino alla prima metà del Novecento che le ideologie borghesi italo-tedesche cercheranno di acquisire, senza mai riuscirvi, un impero coloniale equivalente a quello anglo-francese. I ritardi nello sviluppo del capitalismo pesarono come macigni.

Anche la Francia non ebbe una riforma protestante, ma il cattolicesimo, condizionato fortemente dal calvinismo ugonotto, divenne una religione di tipo esclusivamente politico (indipendente dal papato), che sul piano etico era molto somigliante al calvinismo, tant'è che subito dopo la rivoluzione del 1789 questo Paese diventerà il numero due nel mondo, dietro ai padroni degli oceani, gli inglesi, e sarà il primo come forza terrestre militare nel continente europeo.

Dunque la vera nazione che sostituirà l'Olanda nell'egemonia commerciale mondiale sarà l'Inghilterra, subito dopo aver concluso la rivoluzione politica a favore della borghesia e aver acquisito le tecniche manifatturiere in campo tessile dagli stessi olandesi. Saranno gli inglesi a compiere la prima vera rivoluzione industriale, quella del Settecento basata sul ferro e sul carbone, che trasformerà completamente l'industria manifatturiera e i trasporti. Prima di trovare un vero concorrente mondiale (la Spagna lo resterà solo in America Latina), l'Inghilterra dovrà attendere che in Francia si compia la rivoluzione politica, poi l'avventura napoleonica, infine il colonialismo in Africa e in altri territori del mondo. Solo alla fine della seconda guerra mondiale sia la Francia che l'Inghilterra verranno subissate dalla superpotenza nordamericana.

La grandezza degli Stati Uniti si formò a partire dal momento in cui la rivoluzione politica inglese si concluse con un compromesso tra borghesia calvinistica e aristocrazia cattolica. Di tale intesa politico-religiosa, la monarchia anglicana costituiva l'espressione più eloquente. I calvinisti più radicali emigrarono in America, liberarono le colonie dall'egemonia inglese (e in parte anche francese e spagnola) e fecero degli Stati Uniti la prima potenza industriale e commerciale del mondo. Oggi questo primato è messo in discussione dalla Cina, in cui lo sviluppo borghese dell'economia è addirittura favorito da un partito sedicente comunista, che, sul piano politico, si pone in maniera dittatoriale.


1Nella formazione scolastica delle sette Arti liberali, propedeutiche all'insegnamento della teologia e della filosofia, la suddivisione era la seguente: il Trivium riguardava tre discipline filosofico-letterarie: grammatica (lingua latina), retorica (arte di comporre un discorso giudiziario o politico) e dialettica (introduzione alla filosofia). Il Quadrivium comprendeva quattro discipline attribuite alla sfera matematica: aritmetica, geometria, astronomia, musica. Queste Arti precedevano l'ingresso all'Università, ma col trionfo del neoaristotelismo si sviluppò una classificazione più ampia delle scienze.

2Sotto lo schiavismo la possibilità di migliorare la tecnologia non interessava né lo schiavo (che sarebbe comunque rimasto tale) né lo schiavista (che poteva acquistare sui mercati gli schiavi a poco prezzo). Anzi una tecnologia troppo sofisticata veniva guardata con molto sospetto dagli imperatori, i quali pensavano ch'essa avrebbe fatto aumentare le persone senza lavoro, oggetto di assistenza pubblica.

3Il suo trattato di Meccanica porta a sistemazione definitiva l'aspetto teorico e pratico di questa scienza, riconducendola alle cinque macchine semplici – leva, argano, carrucola, vite e cuneo – il funzionamento delle quali dipende dal principio della leva. Egli inoltre aveva già capito come trasformare l'energia termica in energia meccanica, sfruttando la pressione derivante dal riscaldamento di acqua all'interno di una sfera metallica.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza
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