IN CHE SENSO L'UNIVERSO E' ASIMMETRICO?

IDEE PER UNA SCIENZA UMANA E NATURALE


IN CHE SENSO L'UNIVERSO E' ASIMMETRICO?

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Nell'universo non domina la simmetria degli elementi, ma la loro asimmetria. Per quale motivo? Il motivo è molto semplice: ciò che è uguale a se stesso non si sviluppa. Quindi se in origine vi è stata una semplice simmetria, questa doveva comunque contenere un elemento di diversità o di discontinuità che le permettesse di svilupparsi in una forma superiore.

Dunque in principio non vi è l'uno, come sostengono molte religioni, ma il due, che diventa tre, e così via, all'infinito. Il tre è possibile proprio perché il due non è composto da due uno identici, esattamente uguali.

L'uno indica solitudine, il due la relazione. Se l'uno indica il vuoto, certamente l'asimmetria fondamentale della natura è nata dalla rottura dello stato di vuoto. Questo vuol dire che se l'universo era vuoto in origine, era comunque predisposto per essere riempito di energia e quindi di materia, cioè era ricettivo ad altro e quindi non del tutto vuoto, non del tutto pago della propria vuotezza.

Se l'universo primordiale era vuoto, aveva comunque delle particelle in stato dormiente o fluttuante, che dopo il big bang hanno cominciato a condensarsi e a viaggiare nello spazio, espandendolo.

Noi non sappiamo se lo spazio era destinato a espandersi, sappiamo soltanto ch'era predisposto a farlo, ovvero che aveva in sé gli elementi per poterlo fare (quante cose sono polivalenti? Basta vedere il corpo umano). E' stata la materia energetica a imporre l'espansione allo spazio inerte. "Imporgli" sembra però una parola grossa, poiché se l'essenza dell'universo è quella "umana", la libertà di coscienza, che è l'elemento che ci contraddistingue da qualunque altra cosa, deve aver reso "consensuale" l'atto di nascita dell'universo.

Le proprietà di simmetria si modificano a seconda dell'energia che incontrano, a testimonianza che la vita è un processo in cui interagiscono elementi opposti, paritetici, che si integrano a vicenda, pur nella loro diversità.

Gli scienziati sostengono che la storia dell'universo è un decrescere della temperatura, che ha permesso lo sviluppo di forme asimmetriche. Su queste affermazioni bisognerebbe riflettere molto, poiché in cosmologia spesso si finisce col credere in un dio "Primo Motore". Noi, influenzati come siamo dalle religioni, non riusciamo a immaginare possibile che l'essere umano sia a capo dell'universo. Eppure basterebbe considerare l'essere un prodotto dell'essenza umana per convincersene.

La prova inconfutabile che l'essenza precede l'essere è che nell'uomo esiste un elemento la cui presenza è data, cioè non è oggetto di evoluzione: è la libertà di coscienza. Di essa può mutare il grado, l'intensità, la forza, ma non il fatto ch'esista indipendentemente da qualunque caratteristica, persino dal fatto d'averne coscienza. Neppure la morte, che è una semplice transizione da una condizione di vita a un'altra (come qualunque cosa nell'universo) è in grado d'impedire la sua presenza.

La libertà di coscienza permane immutata in qualunque condizione ambientale: deve soltanto relazionarsi diversamente. Tutto è in evoluzione, ma non la libertà di coscienza, che è costitutiva all'esserci, tanto che in essa si riassumono tutte le leggi dell'universo.

Noi dobbiamo uscire da uno stato di minorità non solo sulla terra ma anche nell'intero universo. Cioè non solo dobbiamo convincerci che l'unico essere dotato di libertà di coscienza, nell'intero universo, è l'uomo, ma anche che lo è a prescindere dalla sua esistenza terrena.

Quell'essenza umana che, per ignoranza dovuta a un peccato d'origine, chiamiamo col nome di "dio", in realtà appartiene solo a noi, ed è all'origine della nascita stessa dell'universo. L'unico dio esistente nell'universo e al di fuori di esso (sempre che vi sia qualcosa esterno ad esso) è l'uomo, distinto in maschio e femmina, in quanto l'origine di ogni cosa sta nella coppia.

Che l'universo sia finito o infinito è un aspetto di secondaria importanza. Anche il fatto che il tempo sia eterno o meno. Quando è in questione l'universo, ogni teoria diventa una mera congettura. Noi possiamo fare esperimenti scientifici sulla terra, non nell'universo, anche se questa limitazione non ci impedisce di fare riflessioni di grande portata.

Il fatto è che l'universo è così esteso e si è sviluppato in un tempo così lungo, che per noi le due cose risultano sufficienti per affermare che l'universo è infinito nello spazio e illimitato nel tempo. O comunque ci vorrebbe così tanto tempo per vederne il limite che per noi sarebbe come infinito. E quand'anche riuscissimo a vederne il limite, scopriremmo ch'esso in realtà è l'inizio di un nuovo percorso, diverso dal precedente, per cui, sapendolo, a che pro porsi una domanda così inutile? A noi non interessa sapere se l'universo sia finito o infinito, ma se esiste la possibilità di viverci godendo dell'infinità della nostra libertà di coscienza, dei nostri sentimenti e del nostro pensiero.

Tutte le domande che ci poniamo intorno all'universo non servono a farci decidere se in esso dobbiamo vivere o no. Noi dobbiamo comunque viverci e sarebbe meglio se ci chiedessimo quale sia il modo migliore per farlo. E questo modo non verrà fuori dalla risposta che avremo dato alla domanda se l'universo è finito o infinito.

Il cosmo non è molto diverso dal nostro pianeta: ciò che è vero per il nostro pianeta non può essere falso per l'universo, poiché la terra ne è parte organica.

L'universo deve facilitarci nella realizzazione dei desideri, ma non è tenuto a soddisfare curiosità oziose, domande retoriche, atteggiamenti intellettualistici. Nell'universo dovremo anzitutto imparare la sobrietà, che è quella virtù che ci permette di essere soddisfatti quel tanto che basta per sentirci realizzati nella nostra interiorità.

Sono seimila anni che su questa terra amiamo strafare, cioè vivere oltre le nostre possibilità, o comunque facendo pagare ai più deboli il prezzo del nostro progresso. Dobbiamo riabituarci a stare ognuno al proprio posto, a non invadere il campo altrui, a contare sulle proprie risorse. Il consenso non si può pretendere: bisogna dimostrare con l'esempio che se ne è degni.

Se il taoismo ha ragione, dovremmo dire che il "non essere" ha generato l'essere. "Nulla iniziò la prima mossa", e questo "nulla" è proprio un "soggetto", un agente che fa. Il "non essere" è ciò che permette all'essere l'assoluta libertà, è ciò che gli impedisce d'identificarsi con se stesso, di credere di non aver bisogno di "nulla". Invece del nulla noi abbiamo sempre bisogno, poiché è ciò che permette all'essere di essere diverso, è ciò che induce un certo modo di vivere l'essere a guardare oltre, verso un modo diverso di vivere l'essere.

Quando diciamo che "nulla può esistere fuori dell'universo", dobbiamo intendere la parola "nulla" come un sostantivo personificato. "Nulla", in effetti, è cosa che può esistere, anzi, in un certo modo, è la garanzia della libertà dell'essere, della sua infinita mutevolezza.

Se l'essere fosse soltanto e sempre uguale a se stesso, diverrebbe col tempo la cosa più povera di questo mondo e dell'intero universo. Se invece diciamo che il "non essere" è altrettanto importante, noi ci siamo assicurati una libertà assoluta. Riconosciamo dunque al nulla la sua dignità, dicendo tranquillamente che "nulla può esistere". Se lo faremo daremo sicurezza a noi stessi, speranza ai nostri sogni. E' il nulla che ci fa sognare, che ci permette di essere diversi da quel che siamo.

Noi ovviamente non siamo fatti per vivere nel nulla, però è importante sapere che il nostro essere non è un essere definito o definitivo. Esiste sempre il nulla (o il non essere) come possibilità. Il nulla è la possibilità. E questa nessuno può togliercela.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza -  - Stampa pagina
Aggiornamento: 14/12/2018