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Hobbes: i frontespizi

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Hobbes, De civeHobbes, De cive

Hobbes si serve del rigore geometrico e, soprattutto nel Leviatano, del ricorso all’autorità biblica, per convincere gli Inglesi ad accettare l’assolutismo, ma ricorre anche alla forza delle immagini visive, in linea con la lunga tradizione iconografica religiosa cristiana. Il De cive e il Leviatano presentano, infatti, entrambi nel frontespizio una sintesi visiva dei loro cardini concettuali.

Il frontespizio del De cive si presenta diviso in verticale e in orizzontale.

La parola RELIGIO costituisce il limite superiore di questo nostro mondo e la base di quello divino. Significa così la sua funzione di punto d’arrivo della cultura umana e di apertura al trascendente.

In alto, è rappresentato il giudizio universale, nel quale il giudice celeste divide in eterno i dannati dai salvati.

In basso, a destra, c’è la statua di un selvaggio sul cui piedestallo è incisa la parola LIBERTAS. Sullo sfondo c’è un paesaggio naturale incolto. E’ il mondo della libertà primitiva, senza freni ma esposta a ogni pericolo e del tutto priva dei vantaggi del vivere ordinato e civile. A sinistra, c’è una la statua di una donna con corona, spada e bilancia. Sul suo piedestallo c’è la parola IMPERIUM. Sullo sfondo c’è un paesaggio in cui s’intravedono uomini al lavoro e, in lontananza, delle costruzioni. La figura femminile dona grazia al potere politico, ma la spada e la scritta del piedestallo ne segnalano la necessaria durezza.

La contrapposizione tra la vita libera ma disordinata e la vita ordinata dall’imperium della spada riflette quella superiore fra i dannati e i salvati.

Il messaggio è chiaro: o la libertà individuale, garantita dal diritto naturale, al prezzo di una vita senza sicurezza e senza i benefici della civiltà, cioè una vita dannata, o la sicurezza ordinata e i vantaggi della vita associata e ordinata al prezzo dell’obbedienza incondizionata al potere, all’IMPERIUM.

Fra lo stato di natura e la vita civile c’è un grande drappo a forma di anfora con il titolo dell’opera e una citazione biblica tratta dai Proverbi: “Grazie a me i re regnano e i legislatori stabiliscono ciò ch’è giusto”.

Quel drappo così grande significa che il passaggio dallo stato naturale alla società civile richiede una grande mediazione culturale: la natura non lo promuove, come ben sapevano gli antichi che ricorrevano ai miti e all’arte per ottenere l’obbedienza al potere costituito. La filosofia greca, soprattutto quella aristotelica, ha esposto la giustizia a discussioni devastanti. La nuova scienza politica, modellata sulla matematica e sulla fisica galileiana, è il ponte che porta dalla libertà selvaggia e dannata alla salvezza, all’ordine dell’imperium.

Hobbes, Leviatano

Anche il frontespizio del Leviatano è diviso in senso verticale.

Nella parte superiore un immenso gigante, dal volto umano e incoronato, con la spada nella mano destra e il pastorale nella mano sinistra, simbolo del potere religioso, e dal corpo composto di una grande moltitudine di uomini, sovrasta un paesaggio rurale e urbano. In alto, una citazione biblica dal libro di Giobbe: “Non esiste sulla Terra un potere che possa misurarsi con lui”.

Lo sguardo dei cittadini volto verso il viso del gigante stesso significa il loro consenso, la loro dipendenza e la loro vigile attenzione ai suoi comandi.

Nella parte inferiore, sotto il braccio destro compaiono cinque piccoli pannelli, in cui sono illustrati: una roccaforte, una corona, un cannone, armi e bandiere, un campo di battaglia. Sotto il braccio sinistro si trovano incolonnati altri cinque pannelli: una chiesa, una mitria pastorale, le folgori della scomunica, un piccolo repertorio delle sottili e acuminate distinzioni della scolastica, e, in fondo, un concilio o, più probabilmente, un’aula di tribunale.

Tra il De cive e il Leviatano c’è stata la guerra civile e la vittoria del padre e capo dei centauri inglesi, Oliver Cromwell. Issione ha preso il posto di Giove.

Pertanto, nel frontespizio del Leviatano il piano divino non c’è più e la testa del gigante politico occupa la posizione del giudice celeste del frontespizio del De cive: non c’è più nulla al di sopra di quel “dio mortale” che è lo Stato.

E’ vero che, nel testo, parlando della genesi dello Stato, Hobbes ha scritto: “E’ questa la generazione di quel grande LEVIATANO, o piuttosto (per parlare con più rispetto) di quel dio mortale, al quale dobbiamo, sotto il Dio Immortale, la nostra pace e la nostra difesa”.1 Dopo il De cive, però, Issione e i suoi centauri hanno trovato nella giustizia celeste la legittimazione della loro rivoluzione. Per togliere ogni possibilità a nuovi centauri di alzare gli occhi al cielo in cerca di una giustizia superiore, della Giustizia celeste, a Hobbes non basta precisare, come aveva già fatto nel De cive, che il solo interprete sulla Terra della volontà e della giustizia del Dio Immortale è il dio mortale, a capo della Chiesa di Stato. Nell’immagine di copertina del Leviatano vuole un messaggio netto, senza equivoci, anche a costo di eliminare il trascendente.

Anche la divisione inferiore è diversa: nel De cive separa il mondo naturale da quello politico, nel Leviatano separa il mondo militare da quello religioso, dominati, però, entrambi dal sovrano che tiene nelle sue mani i due simboli del loro comando. Il mondo naturale non c’è più: Cromwell non è il sovrano di uno Stato nato per contratto sociale dall’abbandono dello stato di natura, ma il vincitore di una guerra civile, ben diversa dalla guerra naturale di tutti contro tutti. Il re ha perso anche perché non è riuscito a tenere il controllo del mondo religioso, lasciando spazio ai centauri. Cromwell, invece, domina saldamente quel mondo e tutti i cittadini guardano a lui, non al di sopra di lui, per sapere quel ch’è giusto.

Torino 14 maggio 2012


Hobbes, Leviatano XVII, a p. 143 nell’edizione Laterza 2011.


Giuseppe Bailone

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999. Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf) Plotino (pdf) L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015