DOSTOEVSKIJ ROMANZIERE E POLITICO

DOSTOEVSKIJ ROMANZIERE E POLITICO

I - II

Da noi non è permesso parlare delle cose più importanti.
(Dostoevskij, dal diario di A. S. Suvorin, 1887)

Fëdor Michajlovič Dostoevskij


1821-27

Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821, nell'ospedale degli indigenti, dove il padre prestava servizio come chirurgo. Suo nonno era prete e viveva nella Podolia (nell'attuale Ucraina). La famiglia abitava proprio in un alloggio situato nel recinto dell'ospedale. La madre proveniva da una famiglia di commercianti.

I Dostoevskij erano dei nobili lituani decaduti, originari della Russia sud-occidentale, i cui antenati, nei secoli XVI-XVIII, si erano trovati impegnati a difendere l'ortodossia russa dalle pressioni del cattolicesimo polacco. La consapevolezza di un'origine nobiliare vissuta in un contesto non idoneo aveva fatto diventare il padre di Fedor molto irascibile e scontroso. E' la madre invece che trasmette al figlio i valori della pietà e della cultura cristiana. Il libro di Giobbe sarà una delle sue letture preferite.

Fiodor cresce dunque a contatto con la sofferenza dei ricoverati e apprende da alcune balie contadine la mitologia della favolistica popolare russa, e dalla zia materna, A. Fiodorovna, sposata con un nobile cittadino e consigliere commerciale, notizie sul mondo dei mercanti e della borghesia moscovita.

In quel periodo, dopo la disfatta napoleonica e il Congresso di Vienna, la Russia godeva di grande prestigio tra gli ambienti conservatori d'Europa. Lo zar aveva ordinato la chiusura di tutte le logge massoniche e società segrete russe, che chiaramente erano favorevoli a una transizione verso la democrazia borghese. E, in politica estera, sosteneva, insieme a Francia e Inghilterra, le rivendicazioni indipendentistiche della Grecia nei confronti dell'impero ottomano: infatti nel 1827 la flotta turco-egiziana subisce a Navarino una grave sconfitta. Con la guerra russo-turca (1828-29), la Turchia è costretta a riconoscere ai greci l'indipendenza e ai russi il possesso di alcuni territori a est del Mar Nero e nel delta del Danubio.

Quando muore lo zar Alessandro I (1801-25), sostituito da Nicola I (1825-55), avviene la rivolta decabrista, al fine di ottenere l'abolizione dell'autocrazia e del servaggio, ma essa fallisce e nel 1826 cinque dirigenti vengono impiccati, tra cui il poeta K. F. Ryleev. Subito dopo ha inizio la guerra russo-persiana, che si concluderà nel 1828.

Sul piano culturale domina il Romanticismo, i cui autori provengono soprattutto dall'aristocrazia terriera (Lermontov, Puškin, Turgenev, Tolstoj, Gončarov, ecc.). Le correnti culturali prevalenti sono due: gli slavofili (i fratelli Kireevskij, Aksakov, Khomjakov, Samarin...) e gli occidentalisti (Granovskij, Kavelin, Botkin, Annenkov...), ma esistono anche Herzen e Belinskij favorevoli a un'insurrezione rivoluzionaria. La censura sul libero pensiero era comunque severissima.

1828-36

Nel 1828 la famiglia Dostoevskij viene iscritta nel registro dei nobili di Mosca, ma l'anno dopo la tenuta del padre di Fiodor, nel governatorato di Tula, subisce un devastante incendio.

Conclusa nel 1833 la preparazione elementare ricevuta in famiglia, il giovane Fiodor e suo fratello maggiore Michajl entrano nel pensionato del pedagogista franco-russo Souchard. Nel campo della letteratura mondana Fiodor è affascinato dai romanzi gotici di Ann Radcliffe e dalla rappresentazione teatrale I masnadieri, di Schiller.

Intanto lo zar, approfittando della vittoria sulla Turchia, espande i propri territori nel Caucaso, suscitando ampi malumori tra gli inglesi, che temono per i loro interessi in Medioriente.

Nel 1830 esplode in Polonia una rivolta antirussa, che però viene duramente repressa dalle forze zariste, che danno inizio a una reazionaria russificazione del paese.

1837-47

Nello stesso anno in cui Puškin viene ucciso in un duello, muore di tisi la madre di Fiodor, dopo aver partorito per l'ottava volta (1837). Il padre dà le dimissioni dal servizio militare, affida i figli minori a una famiglia amica e si ritira in campagna, dopo aver iscritto Fiodor e Michajl ai corsi di ingegneria nel collegio militare di Pietroburgo.

Fiodor studia per conseguire il grado di sottotenente del genio e ottiene un incarico come cartografo in un distaccamento di Pietroburgo. Lo stipendio è modesto e per di più comincia in questo periodo la sua passione per il gioco d'azzardo. Rinuncia all'incarico militare per seguire la vocazione letteraria, vivendo da bohémienne, per un lungo periodo, nei quartieri più poveri di Pietroburgo. Studia attentamente le forme architettoniche degli edifici, gli interni, la loro fisionomia, il loro carattere.

Nel 1839 apprende che il padre è stato ucciso durante una lite dai suoi servi della gleba nella sua proprietà di Čeremošnja.

Mentre in tutta Europa si diffondono le idee dei socialisti utopisti (in particolare quelle di Proudhon), che in Russia, inizialmente, passano attraverso il liberale occidentalista T. N. Granovskij, il giovane Dostoevskij inizia a leggere con avidità le opere di Gogol, Puškin e di altri grandi scrittori russi e francesi, e nel 1843 traduce Eugénie Grandet di Balzac. E' costretto però alla fame e all'umiliazione dei debiti a causa del gioco.

Impressionato dalla miseria del sottoproletariato urbano, scrive il suo primo romanzo realistico, Povera gente, che fa leggere nel 1845 al poeta N. A. Nekrasov e al più influente critico letterario progressista di quel momento, V. G. Belinskij, i quali, restandone colpiti molto favorevolmente, gli permettono di pubblicarlo l'anno dopo. In questo inno d'amore rivolto alle vittime delle circostanze, il giovane Dostoevskij mostra di possedere un'eccezionale capacità di analisi dell'animo umano. La sua idea è quella di superare il movimento romantico in direzione di un naturalismo analogo a quello di George Sand, Eugène Sue e Charles Dickens, ch'egli riconosce come maestri.

Pur restando molto influenzato da Il cappotto di N. V. Gogol, da cui ha preso le mosse, in quanto ne condivide l'orientamento anti-romantico, il nuovo eroe dostoevskijano, Devuškin, è convinto che il comportamento umano racchiuda in sé momenti non prevedibili, non determinabili per mezzo dell'ambiente e delle circostanze. L'importante è elevarsi al disopra dei bisogni meramente materiali, per cui se da un lato si può essere "piccoli uomini" (secondo lo stile gogoliano), schiacciati dalla realtà, sottomessi e umili, dall'altro però (e qui sta la novità introdotta da Dostoevskij) si può anche essere profondi osservatori della medesima realtà, cercando di interagire con questa, proprio perché non si vuole rinunciare alla propria dignità, né si vogliono cercare soluzioni estreme, da disperati, come appunto nel Cappotto. E questo benché egli sappia che la generosità mostrata dalle persone influenti non può cambiare la sorte della povera gente, che è determinata dal proprio ruolo sociale.

Tuttavia il successo del libro, cui farà seguito nel 1846 la pubblicazione de Il sosia, che inaugura la problematica dello sdoppiamento dell'animo umano (una costante nei romanzi successivi), non fanno star meglio il giovane Dostoevskij, né economicamente né affettivamente, in quanto patisce per il distacco da suo fratello Michajl, che si è sposato e vive a Reval.

Intanto le tensioni russo-britanniche nel Medioriente si concludono in modo sfavorevole alla Russia: le sue navi non potranno attraversare i canali del Bosforo e dei Dardanelli: l'Austria approfitta di questa debolezza dello zar per occupare Cracovia (1846). In politica interna l'autocrazia è sempre più alle prese con varie rivolte contadine e con la diffusione clandestina delle idee del socialismo utopistico inglese, francese e tedesco.

1848-57

Di fronte alle esigenze rivoluzionarie europee, i romanzi pubblicati da Dostoevskij nel 1848-49 sulla rivista "Quaderni patriottici" (Le notti bianche, allucinata e drammatica storia d'amore, Netočka Nezvanova e altri ancora) appaiono alla critica progressista troppo intimisti e decadenti, e lui se ne risente, anche perché, proprio in questo periodo egli aveva preso a frequentare un circolo politico-culturale vicino alle idee del socialista francese J. B. Fourier, fondato nel 1845 da M. V. Butaševič-Petraševskij (1821-66). In quel gruppo di giovani nobili intellettuali, seguaci di Herzen e Belinskij, vi erano M. Saltykov, A. Plesceev, A. Majkov, agli inizi della loro carriera. I quali, a differenza dei decabristi, vedevano nel popolo una forza attiva, in grado di far cambiare i destini del loro paese. E si diedero da fare per allestire la prima tipografia clandestina della Russia.

Grazie alla denuncia di un infiltrato vengono tutti arrestati nel 1849 e ventuno di loro (tra cui Dostoevskij, che passa otto mesi nella famigerata fortezza di Pietro e Paolo), una volta condannati a morte, sono condotti sulla piazza d'armi Semënovskij di Pietroburgo, con la testa incappucciata e dei lenzuoli funebri addosso. Proprio nel momento fatidico della fucilazione, da una carrozza scende l'aiuto di campo dell'imperatore col decreto di grazia, che commutava la pena in quattro anni di lavori forzati nella fortezza siberiana di Omsk. Questa messinscena surreale verrà poi descritta da Dostoevskij nel romanzo L'idiota.

Terminata la pena nel 1854, Dostoevskij è costretto, per altri sei anni, a fare il soldato semplice nel settimo battaglione di linea siberiano, di stanza a Semipalatinsk (non lontano dal confine cinese), sempre sorvegliato dalla polizia segreta. Qui incontra Marija D. Issaeva, vedova nel 1855 di un doganiere del luogo, che decide di sposare nel 1857. Sarà un matrimonio molto difficile e tormentato sino alla morte per tisi di lei, avvenuta nel 1864.

Intanto la Russia si allea con la Danimarca per impedire che la Prussia diventi troppo forte, avendo essa intenzione di annettersi lo Schleswig-Holstein, e impedisce anche all'Ungheria di staccarsi dall'impero austriaco. Viceversa, in politica interna, nel 1848, lo zar concede ai contadini di acquistare terreni col consenso dei proprietari. E' una goccia rispetto alle loro richieste: vengono liberati 24.000 contadini su dieci milioni.

Nel 1853 la Gran Bretagna rifiuta il piano zarista di spartizione della Turchia e, di fronte alla decisione dello zar di occupare i principati danubiani, fa scoppiare, insieme alla Francia e al Regno di Sardegna, la guerra di Crimea, ponendosi a fianco della Turchia. Le principali potenze europee non vogliono assolutamente che la flotta navale russa entri nel Mediterraneo.

L'Austria, pur senza entrare direttamente nel conflitto, costringe la Russia ad abbandonare i principati danubiani, poiché essa stessa è intenzionata a conquistarli e a scendere fin verso la Grecia.

Dalla guerra di Crimea la Russia esce totalmente sconfitta e col trattato di Parigi (1856) deve cedere la Bessarabia alla Turchia, accettare la neutralizzazione del Mar Nero (cioè la proibizione di tenere qui una flotta da guerra) e la liberalizzazione del traffico marittimo sul Danubio (quindi la fine del protettorato sui popoli balcanici).

Lo zar Alessandro II, successore di Nicola I, spaventato da questa situazione, dichiara necessaria l'abolizione della servitù della gleba, cosa che farà, nel 1861, in maniera più che altro formale.

1858-64

In Siberia Dostoevskji non era diventato soltanto epilettico, ma anche religioso, per quanto per tutta la vita considererà la chiesa istituzionale un semplice instrumentum regni. E si era altresì convinto che il popolo russo fosse destinato a espandersi verso la Russia asiatica, al fine di civilizzarla.

Finito il servizio militare e riottenuti i diritti civili e nobiliari, torna a Pietroburgo nel 1859, dieci anni dopo la condanna, e si mette a leggere con avidità Turgenev, Ostrovskij, Pisemskij e l'opera completa di Puškin e ricomincia a scrivere, ma i racconti Il sogno dello zio e Stepančikovo e i suoi abitanti (1858-59) sono un fiasco solenne, a causa del lato grottesco della loro comicità.

Invece hanno un grande successo le Memorie da una casa di morti, pubblicate sulla rivista "Russkij mir" ("Il mondo russo") nel 1861-62, in cui viene narrata la sua vicenda da carcerato siberiano e dove comincia a delinearsi, per la prima volta, l'idea mistica che la pena, vissuta in una coscienza religiosa, può assumere un valore catartico, in grado di dare un senso alla sofferenza, un valore alla vita. Ha capito che deve dare un taglio definitivo alle influenze gogoliane.

Infatti nel 1862 decide di pubblicare a puntate, nella rivista "Il tempo" (fondata dal fratello Michajl e dal critico N. Strachov), il primo dei suoi grandi capolavori, Umiliati e offesi, che scuote le coscienze degli intellettuali per la sua carica espressiva. Scritto sotto l'influenza dei Miserabili di V. Hugo e dei Misteri di Parigi di E. Sue, il romanzo viene costruito con molti artifici, al fine di tener vivo l'interesse del lettore. La cosa fu anche dovuta alle circostanze, in quanto Dostoevskij, continuamente bisognoso di denaro, scriveva sulle riviste i suoi romanzi senza ancora averli compiuti. I critici radicali tuttavia non gli perdonano di aver fatto dire al principe Valkovskij che la società umana può basarsi soltanto sull'ingiustizia e la sofferenza, e a nulla varrà la difesa di V. Solov'ëv quando dirà che "i migliori moralmente sono insieme i peggiori per la società".

Esasperato dal fatto che la rivista viene chiusa dalla censura nel 1863, per un articolo poco prudente di Strachov sulla questione polacca, Dostoevskij decide di recarsi a Parigi per incontrare una giovane femminista che lo ammirava, Apollinarija P. Suslova. Successivamente con lei a Baden-Baden incontra Ivan Turgenev, ma alla roulette perde tremila franchi e a Ginevra gioca il denaro che gli era rimasto. Per giungere in Italia deve impegnare l'orologio. A Napoli vede A. Herzen. Quando ritorna a Berlino per rifarsi, sempre al gioco, delle perdite subite, la Suslova lo lascia e se ne ritorna a Parigi, da dove gli spedisce una somma perché possa prendere il treno per Pietroburgo.

Questo primo viaggio all'estero gli suscita una reazione molto negativa nei confronti dell'occidente europeo, che trova riscontro nelle Note invernali su impressioni estive (1863). La Suslova invece gli ispirerà alcune figure femminili dei suoi romanzi, specie la Paolina ne Il giocatore (1866).

Mentre assiste la moglie morente, cui non aveva mai chiesto il divorzio, scrive sulla rivista "Epocha", a puntate, Memorie dal sottosuolo (1864), che, pur tenute in gran conto dalle correnti irrazionalistiche del pensiero moderno, non suscitano particolari simpatie tra i contemporanei, perché sembravano essere scritte contro la teoria dell'"egoismo razionale" del progressista Černyševskij (condannato proprio nel 1864 ai lavori forzati in Sibieria), scritte cioè allo scopo di dimostrare che gli elementi più poveri e reietti della società russa non sarebbero mai diventati socialisti, in quanto il popolo russo non riesce ad accettare le classificazioni ideologiche, si sente troppo anarchico, troppo tragico e individualista, troppo convinto che il bene sia irraggiungibile per poter credere in utopie rivolte al futuro. Una filosofia, questa, che si ripercuoterà in tutti i romanzi successivi.

Dopo la morte della moglie, scompaiono anche il figlio avuto da lei e il fratello Michajl, per epatite, la cui famiglia viene presa in carico dallo stesso Dostoevskij.

Intanto le sue previsioni di colonizzazione russa dell'oriente si avverano: dopo aver sottomesso i territori del Caucaso, l'impero zarista prosegue la sua marcia fino a raggiungere le sponde del Pacifico, dove viene fondata Vladivostok. Nel 1870 il governo abroga anche la neutralizzazione del Mar Nero.

1865-71

La rivista "Epocha" chiude nel 1865 per mancanza di fondi: il fratello gli aveva lasciato un debito di 25.000 rubli. Dostoevskij è minacciato di pignoramento per mancato pagamento di cambiali. Quando nel 1866 pubblica Il giocatore, scritto in ventiquattro giorni, sembra un uomo completamente distrutto, interessato unicamente alla scrittura.

L'inizio della stesura di Delitto e castigo è principalmente rivolto a soddisfare le richieste dei creditori. L'editore F. Stelovskij gli aveva detto che se non l'avesse consegnato entro una certa data, si sarebbe impadronito di tutti i diritti d'autore delle sue opere precedenti già pubblicate. Per questo motivo è costretto ad assumere una stenografa, Anna G. Sniktina, che acceleri i tempi di lavorazione: l'anno dopo diventerà sua moglie e gli resterà a fianco tutta la vita.

Nel romanzo un giovane allucinato ammazza una vecchia usuraia, lasciandosi poi redimere dalla sofferenza purificatrice. Questa contraddizione tra essere (pazzo) e dover essere (cristiano) si riflette anche nel comportamento del principe Myškin, protagonista dell'Idiota (1868-69), che Dostoevskij inizia a scrivere a puntate sul "Russkij vestnik" ("Il Messaggero russo"), quando, nel 1867, con la moglie aveva già lasciato la Russia per sottrarsi all'assillo dei creditori. Il tema de L'idiota è la ricerca di una bontà assoluta.

Quella fu una stagione meravigliosa e irripetibile per la letteratura russa: proprio negli stessi anni Tolstoj dava alle stampe Guerra e pace, la cui tecnica narrativa, così fluida e pacata, era all'opposto di quella nervosa e febbrile di Dostoevskij.

Nel 1868 diviene padre di una bambina, che però gli muore dopo pochi mesi. Trasferitosi in Svizzera (Basilea e Ginevra), stringe amicizia con N. P. Ogorëv, con cui fa un viaggio in Italia (Milano Firenze Bologna Venezia), ma rimane disgustato dagli ambienti sociali e culturali dell'Europa borghese e matura risentimenti - stando alle lettere scritte - nei confronti degli occidentalisti russi, come Belinskij, Strachov, Granovskij, Turgenev, Černyševskij, accusandoli di non tener conto delle radici popolari russe e di guardare la cultura europea con occhi ingenui, incapaci di vederne i profondi limiti, e dice di apprezzare soltanto la Comune di Parigi e comunque di stare dalla parte dei francesi nella guerra in corso franco-prussiana.

Nel 1869 nasce la seconda figlia, Ljubov', e pubblica nel 1870 il romanzo breve L'eterno marito, in cui affronta il tema della gelosia.

1872-81

Giunto a Pietroburgo nel 1871, la moglie gli partorisce un nuovo figlio, Fiodor e comincia a mettere ordine alle dissestate finanze del marito, il quale fa promessa di rinunciare definitivamente al vizio del gioco. Dopodiché si mette a scrivere, sulla rivista di destra "Il Messaggero russo", i Demoni (1871-72), il cui obiettivo è quello di smontare le assurdità del nichilista Nečaev, che per motivi politici aveva ucciso lo studente I. I. Ivanov nel 1869 a Mosca.

Il romanzo, che scatena polemiche a non finire, è tuttavia ostile anche a quelle autorità zariste che col loro comportamento assurdamente autoritario non facevano che favorire le esplosioni di violenza, i gesti più estremi. Se il cinismo è la nota dominante del potere politico, non vi è differenza tra zarismo e nichilismo, faceva chiaramente capire nei Demoni. I burocrati vengono criticati proprio in quanto imitatori dei tedeschi (d'altra parte gli stessi Romanov risultavano frutto di incroci con varie famiglie principesche tedesche).

Tutta la società russa era in ebollizione, in quanto, con le riforme volute dallo zar Alessandro II, i contadini non avevano ottenuto la terra e la società non aveva visto la Costituzione. Anzi nel 1873 Russia Austria e Germania concludono la "Lega dei tre imperatori" che li impegna a collaborare alla difesa del sistema monarchico.

Il governo russo si trova sempre più impegnato su due fronti: internamente è intento a reprimere le formazioni operaie di stampo socialista; esternamente invece l'esercito muove contro la Turchia (1877), avanzando fin quasi a Costantinopoli e permettendo alla maggior parte degli Stati balcanici di diventare indipendenti.

In un contesto del genere I demoni non potevano che restare misconosciuti, e infatti verranno rivalutati solo agli inizi del Novecento, quando si imporrà il problema culturale se il rinnovamento della società potesse avvenire con o senza il contributo della religione. Non dimentichiamo che in quel romanzo Kirillov si uccide per dimostrare l'inesistenza di dio. Dio viene negato come qualcosa di trascendentale, in quanto la sua esistenza verrebbe a negare la possibilità che ogni uomo possa considerarsi dio.

E comunque sarebbe scorretto pensare che in quegli anni Dostoevskij avesse assunto posizioni chiaramente di destra. Certamente l'amicizia con K. Pobedonoscev - uno degli intellettuali più influenti e più conservatori di Russia - che di lì a qualche anno diventerà procuratore del Santo Sinodo, che scomunicherà Tolstoj, non lo favorì nel suo rapporto coi progressisti. Dagli archivi zaristi resi pubblici dai bolscevichi si verrà comunque a sapere che Dostoevskij continuò a essere tenuto sotto controllo dalla polizia sino alla fine dei suoi giorni.

Nel 1873, a Pietroburgo, inizia a collaborare alla rivista conservatrice "Graždanin" ("Il Cittadino"), che gli pubblica a puntate il Diario di uno scrittore, una serie di articoli d'attualità. Influenzato da due pensatori religiosi russi: V. Solov'ëv e N. Fëdorov, le cui idee si ritroveranno anche nei Fratelli Karamazov, specie nei personaggi di Alëša e dello starec Zosima, il Diario non è solo un originale dialogo giornalistico coi lettori, ma anche il contenitore di racconti molto importanti, come p.es. Il sogno di un uomo ridicolo, Il contadino Marej e La mite, che verranno pubblicati successivamente, dopo che sarà costretto a lasciare la rivista perché ha dichiarato che potrebbe essere considerato un nečaeviano potenziale.

Questo fatto lo turba e, proprio mentre la stampa progressista lo accusa di aver rinunciato agli ideali rivoluzionari giovanili (N. K. Michajlovskij gli dirà di aver trascurato il principale "demone" dell'epoca moderna: l'avidità), pubblica L'adolescente (1874) su una rivista di sinistra, "Otečestvennye zapiski" ("Quaderni patriottici"). Il ceto colto russo, impersonato nel romanzo da Versilov, è favorevole all'ateismo, sia pur con alcuni tratti crepuscolari, nello spirito del "Paesaggio marino con Aci e Galatea", il quadro di Claude Lorrain che lui preferiva.

L'adolescente, che pur non ebbe particolare successo (anche perché nello svolgimento della narrazione si aprono continue deviazioni che rendono dispersiva la lettura), è l'unico romanzo interamente compiuto dopo i Demoni, e il suo tema dell'ateismo verrà ripreso nel racconto fantastico Il sogno di un uomo ridicolo e nei Fratelli Karamazov. Con questo romanzo Dostoevskij sembra pervenire a una rivalutazione del nichilista Nečaev, in quanto lascia capire che un modello da imitare poteva essere la Comune di Parigi, specie per il regime di separazione tra chiesa e Stato, ovvero per la possibilità di costruire una società atea e democratica, in cui alla scomparsa della religione dovrebbe subentrare la riscoperta della natura.

Non dimentichiamo che, dopo aver pubblicato L'idiota, a Dostoevskij venne in mente di scrivere un ampio ciclo narrativo che avrebbe dovuto avere come titolo L'ateismo, che poi si tramutò in La vita di un grande peccatore, diviso in cinque parti separate. Di queste parti le prime due praticamente furono I demoni e L'adolescente, mentre I fratelli Karamazov costituivano la terza parte, di cui il Diario di uno scrittore (1871-81) non voleva essere che una ricerca preliminare dei suoi numerosi motivi.

I fratelli Karamazov, la sua autobiografia spirituale (in quanto i tre fratelli sono in realtà le tre tappe del suo cammino morale), sono ispirati, tra le altre cose, da un processo per parricidio di cui, in Siberia, aveva conosciuto il presunto colpevole. Ci lavora dal 1878 al 1880, l'anno dopo in cui viene accolto come membro-corrispondente dell'Accademia delle Scienze per la sezione di lingua e letteratura russa, pubblicandolo sulla rivista "Il Messaggero russo". In quegli anni gli muore Alësa, il più piccolo dei suoi figli.

Nel romanzo, che ebbe un successo clamoroso, anche per l'incredibile atmosfera allucinante e misteriosa che lo pervade, il personaggio più agghiacciante è sicuramente Ivan, il quale sostiene che dio non va negato per dare all'uomo la possibilità di diventarlo, ma proprio perché non può esistere un dio di fronte alla malvagità dell'uomo. Se il mondo fosse buono, dio non sarebbe necessario, ma se di fronte alla malvagità dio resta impotente, allora all'uomo è tutto permesso. Col che Ivan contribuisce moralmente al parricidio compiuto dal fratellastro Smerdjakov. La soluzione al problema del male nel mondo viene data dal figlio Alëša e dallo starec Zosima, simboli dell'amore universale, per il quale tutti sono colpevoli di tutto e per tutti c'è salvezza: la sofferenza di chi patisce il male non è inutile se ognuno si assume su di sé le colpe altrui. La fratellanza universale la si ottiene dopo essere passati attraverso il grande caos della crudeltà umana.

Durante le celebrazioni in onore di Puškin nel giugno del 1880, Dostoevskij legge un discorso composto per l'occasione, che viene accolto entusiasticamente dal pubblico e, nei giorni successivi, dalla stampa. Il numero speciale del Diario di uno scrittore contenente il discorso vende quindicimila copie.

L'enfisema polmonare lo uccide nel gennaio 1881, lo stesso anno in cui lo zar Alessandro II viene assassinato. Una folla enorme accompagna il feretro al convento di Aleksandr Nevskij, dove viene tumulato, secondo le sue disposizioni, accanto alla tomba del poeta N. A. Nekrasov. Il suo monumento funerario, costruito grazie a una pubblica sottoscrizione, reca lo stesso motto ch'egli prepose al romanzo dei Karamazov: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Gv 12,24). Una frase analoga la disse S. Kierkegaard sul letto di morte, l'altro grande esistenzialista dell'Ottocento, per indicare il valore della sofferenza post-mortem.

Nel 1884 esce la prima edizione postuma delle sue opere complete in quattordici volumi.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019