LA SCIENZA NEL SEICENTO

L'inizio della fine della natura

- 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 -


La rivoluzione astronomica

1. A partire dall'Umanesimo la rivoluzione scientifica (espressa dapprima in forma meramente filosofica, poi fisica e matematica) ebbe la pretesa di porsi in alternativa alla teologia cattolica e in parte anche a quella protestante. Eppure tutti i filosofi e gli scienziati che elaborarono una concezione dell'universo alternativa a quella cattolica provenivano da ambienti ecclesiastici. Cusano, Telesio, Bruno, Campanella1 non erano scienziati, ma avevano sviluppato una filosofia che poneva l'uomo e non Dio al centro dell'universo, pur all'interno di un linguaggio ambiguo, che doveva tener conto della dittatura teocratica del papato.

La scienza del Seicento fu nettamente debitrice di una filosofia umanistica sorta in ambienti ecclesiastici slegati dalle direttive del potere. Ciò fa pensare che all'interno della Chiesa romana (a quel tempo ancora enormemente potente a motivo del sostegno spagnolo) vi erano quei presupposti razionalistici, del tutto estranei alla tradizione ortodossa (greca e slava), che, se svolti in maniera conseguente, avrebbero portato al trionfo delle idee laicistiche.2 Si trattava solo di avere il coraggio di farlo, rischiando di pagarne pesantemente le conseguenze. Per realizzare ciò fu sufficiente recuperare la tradizione classica, greco-romana, svolgendola in un contesto cristiano-borghese.

Non fu un semplice ritorno al regime schiavistico, ma un ritorno dentro una cultura che aveva già vissuto 1500 anni di cristianesimo. Lo sviluppo dell'umanesimo laico e della tecnologia scientifica furono resi possibili dal fatto che l'uomo non si sentiva più “schiavo” come un tempo, quando gli schiavisti lo volevano totalmente privo di personalità, una semplice “res” parlante, paragonabile agli animali. L'uomo urbanizzato, il mercante, l'artigiano, il libero professionista, l'imprenditore si sentivano relativamente liberi e quindi in grado di sviluppare, prima a livello teorico-filosofico, poi a quello tecnico-scientifico una cultura molto diversa dalla precedente.

La rivoluzione astronomica del Seicento si colloca sulla scia della rivoluzione filosofica iniziata nelle Accademie delle grandi Signorie italiane col neoplatonismo borghese; e questa rinnovata filosofia umanistica, a sua volta, sarebbe stata impossibile senza la riscoperta razionalistica dell'aristotelismo avvenuta nell'ambito della teologia universitaria della Scolastica.3 Apparentemente sembrano culture opposte tra loro, ma non lo sono assolutamente nell'esigenza di laicizzare l'esperienza del cristianesimo, quale in Europa era stata trasmessa dall'agostinismo platonizzante e che si era consolidata per tutto l'alto Medioevo. Fu una rivoluzione sostanzialmente teorica (matematica), anche se ampiamente sostenuta dall'invenzione del principale strumento astronomico: il telescopio. E in questo gli olandesi, grazie allo sviluppo delle metodiche applicate all'ottica e alla costruzione delle lenti, erano i migliori in assoluto.

La rivoluzione umanistico-rinascimentale aveva già introdotto, in chiave filosofica, temi come l'infinità dell'universo, la pluralità dei mondi, la fine del geocentrismo, l'idea di un Dio che dà un ordine matematico e geometrico a tutte le forze della natura, l'idea organicistica di una coincidenza tra microcosmo e macrocosmo, la necessità di sviluppare sensi, ragione, esperienza e metodo induttivo in alternativa a dogmi di fede, tradizioni religiose, autorità ecclesiastiche e metodo deduttivo. Si può quindi affermare che la rivoluzione scientifica non ha fatto altro che confermare delle idee filosofiche pregresse.

2. La rivoluzione astronomica del Seicento mette in crisi un modello consolidato da quasi due millenni di analisi scientifiche basate su elementari osservazioni empiriche, semplici calcoli matematici, strumentazioni primitive. Tale rivoluzione critica fortemente il principio di autorità (ecclesiastica, universitaria, scolastica) in nome della ricerca tecnico-scientifica, condotta in maniera libera, individualistica, dal singolo scienziato, chiuso nel proprio laboratorio, in contatto con altri scienziati europei come lui, pagato da capitali borghesi.

Si voleva una ricerca basata su un'osservazione diretta, non mediata da presupposti teologici, capace di utilizzare una strumentazione sufficientemente avanzata, che lo stesso scienziato, ottimo conoscitore della matematica, era in grado di costruirsi da solo o comunque di acquistare presso produttori competenti.

Insomma si stava affermando la centralità di un individuo relativamente isolato che, grazie alle proprie conoscenze tecnico-scientifiche, era convinto di poter conoscere direttamente il mondo sensibile, materiale. La scienza e la tecnica insieme offrivano la convinzione d'essere superiori a qualunque realtà ecclesiastica.

3. Sul piano astronomico il sistema aristotelico-tolemaico presentava una certa coerenza, in quanto, non disponendo del telescopio, si basava sull'osservazione diretta della vista, quindi rispondeva bene al senso comune. Da notare che nel Medioevo si distingueva tra “astronomia” e “cosmologia”. La prima veniva insegnata dai matematici, mentre la seconda dai filosofi, in quanto fondata sul De caelo di Aristotele. Agli occhi dei filosofi-fisici, interessati unicamente alle cause del moto e non alle sue leggi, l'astronomia non era altro che “téchne”, mentre la cosmologia era “episteme”. Peraltro prima del Seicento la meccanica (che si limitava quasi esclusivamente alla statica, in quanto il moto era difficile da misurare) non era neppure considerata parte della fisica.

La nuova scienza sperimentale dovrà invece imporsi contro l'esperienza quotidiana. Era importante farlo per almeno due ragioni: a) si aveva bisogno di una tecnoscienza che permettesse di navigare facilmente nell'intero pianeta, alla ricerca di terre da colonizzare (con l'astronomia aristotelico-tolemaica ciò non era possibile); b) si volevano porre le basi culturali per un superamento (o almeno un significativo ridimensionamento) di quella cultura teologica che aveva fatto proprio, in maniera dogmatica, il sistema astronomico geocentrico.

Purtroppo le condanne inflitte a Galileo Galilei, Tommaso Campanella e Giordano Bruno indussero a sviluppare la scienza (e la filosofia meccanicistica) soltanto nei Paesi di religione protestante (favoriti, in questo, anche dall'invenzione della stampa), facendo uscire dalla storia del capitalismo europeo i cosiddetti Paesi mediterranei (Italia, Spagna e Portogallo), con gravi ripercussioni anche su quelli che avevano il cattolicesimo come religione di stato (Austria, Ungheria, Polonia, ecc.).4

L'idea di fondo della Chiesa era che quando la Bibbia può essere interpretata in maniera letterale e non c'è ragione per non farlo, nessun'altra interpretazione è possibile. La dottrina copernicana poteva essere sostenuta soltanto se si supponeva che la Bibbia si pronunciasse sull'immobilità della Terra in modo ingenuo, per accomodarsi al linguaggio semplice del “volgo”. Ma siccome nessuno poteva “dimostrarlo”, se non l'autore della stessa Bibbia, allora la teoria copernicana al massimo poteva essere accolta come una semplice ipotesi, non come una verità “scientifica”. Il torto di Galilei stava appunto nell'averla ritenuta vera e nel tentare di dare di taluni passi della Bibbia una doppia interpretazione.

4. Il modello aristotelico (IV sec. a.C.) e quello tolemaico (II sec. d.C.) erano caratterizzati dal geocentrismo, in quanto l'esperienza quotidiana suggerisce la convinzione che siano gli astri, incluso il Sole, a girare intorno alla Terra, e che questa sia al centro dell'intero universo, limitato nello spazio, in quanto se fosse infinito, sarebbe paragonabile a Dio. Cioè in pratica, poiché gli astri paiono girare attorno alla Terra, si dava per scontato che l'universo fosse una sfera perfetta.

Nel mondo greco si dava per scontato che il cosmo fosse sì eterno, non creato da alcuna divinità, ma spazialmente andava considerato finito, in quanto appunto di forma circolare, chiuso in se stesso. L'universo quindi era concepito come un ammasso caotico di materia privo di leggi, cui gli dèi avevano dato un ordine. Erano convinti di questo perché ritenevano le loro città-stato, governate dagli schiavisti, come la quintessenza della più ordinata democrazia, sicché tutto ciò che aveva preceduto la formazione di tali città, non poteva che essere barbaro, informe, caotico. Alcuni loro intellettuali (p.es. Esiodo e Platone), vedendo a quali disastri sociali aveva portato questa convinzione storico-politica e culturale, pensarono invece che in origine fosse esistita un'età dell'oro, ove vigeva libertà e uguaglianza per tutti.5

Conciliando il paganesimo greco con l'ebraismo, la teologia cristiana arrivò a dire che l'universo era stato creato da Dio per un fine di bene, quindi non poteva essere eterno, anche se sicuramente era finito, circoscritto nello spazio, come volevano i Greci. Questo universo, creato da Dio, avrebbe avuto una fine nel momento del giudizio universale da parte del Figlio di Dio; dopodiché si sarebbero formati “nuovi cieli”, cioè un nuovo universo. I cristiani avevano una concezione della storia teleologica, non ciclica. Le cose non si ripetono sempre uguali, ma hanno un determinato obiettivo da perseguire: la liberazione di tutta l'umanità dal peccato originale, che aveva distrutto l'età dell'oro, il paradiso terrestre, il rapporto di familiarità con Dio.

Per la teologia cristiana l'uomo continuava a restare al centro dell'universo, in quanto l'universo era stato creato per l'essere umano. Si doveva solo attendere l'apocalisse, la ricapitolazione di tutte le cose, restando obbedienti alla Chiesa, in quanto l'uomo, da solo, non sarebbe stato capace di liberarsi dalle deleterie conseguenze di tale peccato. L'incapacità di compiere il bene se la portava dentro. Tutto il Medioevo feudale esprime un'ideologia della sottomissione personale al proprio diretto superiore. Era impossibile che ci fosse un vero e proprio sviluppo della scienza, benché un certo progresso tecnico, rispetto al mondo greco-romano, il Medioevo l'avesse sperimentato in maniera molto significativa: il collare da spalla per i buoi, le staffe nella sella del cavallo e il ferro negli zoccoli, i mulini a vento verticali e ad acqua di molto migliorati, l'aratro pesante e la rotazione triennale delle colture, il torchio vinario, il pozzo artesiano, la carriola, il maglio idraulico, ecc. Si trattava però di innovazioni che riguardavano prevalentemente la vita agreste, anche se in Italia, che aveva conosciuto, come altre regioni europee di grandi commerci, un precoce sviluppo comunale (e in altre regioni europee di grandi commerci), molte innovazioni riguardarono anche la vita cittadina.6 La borghesia aveva bisogno di molte più sicurezze per le sue esigenze di profitto, da quelle logistiche a quelle finanziarie, da quelle manifatturiere a quelle assicurative.

5. Nella concezione aristotelica l'universo era nettamente diviso in due regioni: da un lato quella terrestre, composta dall'aggregazione e disgregazione di quattro elementi (terra e acqua, che tendono verso il basso, e aria e fuoco, che tendono verso l'alto); dall'altro quella celeste, che va dalla Luna sino alle stelle fisse, le più lontane di tutti gli astri, composte di un solo elemento, l'etere, solido e trasparente.

Nella regione terrestre gli elementi hanno un inizio e una fine. La Terra, ferma al centro dell'universo, fondamentalmente piatta, conosce, al proprio interno, un movimento rettilineo, difforme e limitato nel tempo. Invece nella regione celeste tutto è perfetto e immutabile, con un movimento regolare e circolare (le orbite non sono che cerchi concentrici, assolutamente perfette, infinite, prive di inizio e fine, immutabili). Il Sole, la Luna e gli altri pianeti sono come chiodi fissati sulle delle sfere ruotanti attorno alla Terra, in maniera uniforme e perenne. Le stelle indicano il limite ultimo dell'universo, la sua finitezza, oltre il quale vi è una sfera divina invisibile, una sorta di motore immobile, che mette in moto tutto il cielo, obbligandolo a girare attorno alla Terra. Le stelle appaiono sostanzialmente fisse, in quanto il loro movimento era considerato poco significativo.

Aristotele non ha mai speso una parola contro la schiavitù. Considerava possibile la perfezione solo al di fuori della Terra, ma su questo pianeta, dove pur tutto era in divenire, l'esistenza degli schiavi doveva restare immutabile. Ogni cosa – l'espressione è sua – doveva restare nel suo “luogo naturale”, per cui non aveva senso opporsi a ciò che la natura aveva stabilito.

Sotto questo aspetto, non poteva esistere, per Aristotele, neppure il vuoto, poiché una realtà di questo genere avrebbe messo in discussione il “pieno” esistente, cioè avrebbe impedito il formarsi di gerarchie prestabilite, inamovibili. Nelle sfere celesti, sovraterrene, esiste l'etere (la quinta essenza, oltre a terra, acqua, aria e fuoco), che impedisce l'esistenza del vuoto.

Aristotele era un grande conservatore in politica, anche se in campo logico, scientifico, metafisico, ecc. diede contributi notevolissimi allo sviluppo del pensiero. Era protetto dai Macedoni di Alessandro il Grande, quando essi occupavano la Grecia, almeno finché questa non si liberò del fardello che l'opprimeva. A quel punto egli dovette emigrare, finendo di lì a poco i suoi giorni.

Il contribuito di Tolomeo alla sua astronomia fu reso necessario dal fatto che le orbite dei pianeti non sono affatto così perfette come la tradizione aristotelica voleva far credere. Infatti non erano circolari, bensì ellittiche, di cui però lo stesso Tolomeo nulla sapeva. Il fatto che fossero ellittiche causava fenomeni che apparivano irregolari, anzi incomprensibili (vedi ad es. il cosiddetto “movimento retrogrado apparente dei pianeti”). Gli astronomi greci, di fronte a tale moto, restavano abbastanza sconcertati, proprio perché esso era del tutto incompatibile con la fisica aristotelica, fissata sull'idea di un moto circolare uniforme dei pianeti.

Tolomeo si vide costretto a teorizzare l'esistenza di ben 55 sfere, ipotizzando una combinazione di più moti circolari. Cioè in pratica per confermare il moto circolare uniforme attorno alla Terra, egli era stato costretto a introdurre le orbite eccentriche e i movimenti epiciclici, con tanto di deferenti ed equanti. Il risultato era stato una teoria incredibilmente complessa, anche se, grazie a questa teoria, era stato possibile compiere calcoli molto precisi sulla durata dell'anno sociale (cosa che diede il via alla creazione del calendario gregoriano nel 1582, usato ancora oggi con una piccola modifica).

La Chiesa romana, che amava interessarsi di tutto per poter controllare non solo il popolino ma anche gli intellettuali, non ebbe dubbi nell'accettare questo artificioso impianto. Le bastò trasformare il cosiddetto “motore immobile” in una sorta di empireo della Trinità; dopodiché i teologi equipararono le sfere celesti alle potenze e gerarchie angeliche, e il gioco era fatto. Andare a cercare nella Bibbia quei passi che si potevano conciliare con tale astruseria, era un gioco da ragazzi: furono trovati sia nel Genesi che nel libro di Giosuè.

6. Il primo a mettere in dubbio la logica di tale sistema fu Copernico, astronomo, matematico e presbitero polacco, laureato in diritto canonico. La rivoluzione scientifica iniziò in campo astronomico proprio perché nel XVI sec., con gli strumenti allora a disposizione, la borghesia non poteva fare altro. Tale svolta epocale, una delle più importanti in tutta la storia del genere umano, va dalle Rivoluzioni dei corpi celesti, che Copernico pubblicò nello stesso anno della sua morte, il 1543, ai Princìpi matematici di filosofia naturale, scritti da Newton nel 1687. La moderna scienza fu “europea” per il semplice motivo che i suoi principali protagonisti appartenevano a vari Paesi: Copernico era polacco7, Bacone e Newton inglesi, Galilei italiano, Pascal e Cartesio francesi8, Brahe danese, Keplero e Leibniz tedeschi.

Non è certo stato un caso che la rivoluzione scientifico-astronomica sia stata preceduta dalla rivoluzione delle concezioni astronomiche compiuta in campo filosofico al tempo dell'Umanesimo e del Rinascimento. Senza questa preventiva laicizzazione del pensiero religioso non vi sarebbe stata una netta “rivoluzione” in campo scientifico. Al massimo vi sarebbero stati dei miglioramenti tecnologici nella navigazione oceanica, divenuti una necessità dopo l'inizio della colonizzazione ispano-portoghese.

Viceversa, con Copernico, Brahe, Keplero, Galilei e Newton si parla di trionfo “scientifico” delle idee laicistiche della borghesia, già espresse sul piano filosofico da Telesio, Bruno, Campanella, Erasmo e molti altri intellettuali, emancipatisi dalla sudditanza ideologica nei confronti del cattolicesimo-romano. Costoro non erano scienziati e credenti in maniera casuale (cioè semplicemente perché la cultura dominante era caratterizzata dalla religione cristiana), ma erano diventati scienziati proprio perché credevano in un cristianesimo particolare, molto diverso da quello ortodosso dell'Europa orientale. E così bisogna dire dei filosofi umanistico-rinascimentali. L'opposizione alla religione dominante è interna alla stessa religione cattolico-romana non per motivi cronologici o estrinseci, ma proprio per motivi culturali, ontologici. Nell'ambito del cattolicesimo l'individualismo si esprime a livello politico-gerarchico; in quello del protestantesimo si esprime a livello sociale: si abolisce la figura del “sacerdote” per far diventare ogni laico sacerdote di se stesso. Il protestantesimo non è che un'evoluzione borghese più radicale del cattolicesimo tardo-feudale: la rottura è solo apparente.

Non solo, ma senza una rivoluzione scientifica in campo astronomico, resa tecnologicamente possibile dall'invenzione del telescopio, non sarebbe potuta avvenire la rivoluzione industriale del Settecento, e la classe borghese si sarebbe sviluppata molto più lentamente. Questi sono tutti processi tra loro collegati.

Una borghesia, anche piuttosto sviluppata, esisteva ben prima che in Europa, p.es. nelle culture ebraico-islamiche e indo-cinesi. Ma in queste tradizioni e civiltà è sempre mancata una vera laicizzazione del pensiero, unita a un'attività affaristica e imprenditoriale autonoma, non controllata da istanze statuali. La rivoluzione scientifico-astronomica, esattamente come quella filosofico-umanistica e artistica, poteva avvenire solo in Europa occidentale, dove gli abitanti erano stati abituati per un millennio a vedere le gerarchie ecclesiastiche comportarsi in maniera arrogante, individualistica, essendo strettamente legate al potere politico ed economico. Senza la grande corruzione dell'alto clero, la borghesia non avrebbe potuto sentirsi autorizzata a comportarsi nella stessa maniera. Il capitalismo, prima commerciale, poi manifatturiero, infine industriale, non ha fatto altro che estendere a livello sociale una corruzione che per molti secoli aveva dominato sul piano politico-istituzionale nell'ambito delle gerarchie cattoliche, proprio quelle che avrebbero dovuto dare l'esempio di una validità etico-sociale dei valori religiosi.

Ecco perché la rivoluzione astronomica avvenne anzitutto in ambito cattolico. Copernico, che visse tra il 1473 e il 1543, aveva già visto nascere il protestantesimo. Siccome era un presbitero polacco, temette sino all'ultimo giorno della sua vita di poter essere accusato di eresia. Persino il suo cadavere rimase sempre sepolto in un luogo segreto: solo nel 2008 fu ritrovato! La sua opera principale fu pubblicata mentre era in coma irreversibile.

Tycho Brahe era un protestante danese, figlio di nobili ricchissimi e politicamente influenti. Non ebbe mai alcun problema a pubblicare le sue opere, anzi poté dotarsi di personali osservatori astronomici, finanziati da sovrani e imperatori. Il suo miglior discepolo, Keplero, cercò di convincerlo ad adottare completamente il modello eliocentrico copernicano, ma lui, sino alla fine dei suoi giorni, preferì attenersi a un proprio modello compatibile con la versione biblica, secondo cui la Terra è al centro dell'universo. A ciò però aggiunse che tutti gli altri pianeti girano attorno al Sole. Come si può ben notare, fu una soluzione di compromesso, tipica di un esponente non pienamente borghese ma aristocratico. Galilei non le attribuì mai alcuna importanza.

Keplero invece, teologo ed ecclesiastico luterano di umili origini, non ebbe dubbi nel sostenere apertamente il modello copernicano. Anzi, fu proprio nell'Università protestante di Tubinga, ove studiava teologia, che alcuni seguaci dell'eliocentrismo lo convinsero a fare questa scelta con sicurezza. Soltanto anche quando i protestanti si resero conto che l'eliocentrismo, portato alle sue conseguenze più logiche, non sarebbe stato soltanto una teoria anti-cattolica, ma anche una teoria anti-religiosa, il destino di questo grande astronomo mutò direzione. Dapprima infatti il clero protestante accusò di stregoneria sua madre. Il processo durò sei anni e terminò, per fortuna, positivamente. Tuttavia egli morì in disgrazia e in povertà a Ratisbona nel 1630 a 58 anni. A tutt'oggi non si sa dove sia sepolto: infatti la sua tomba si perse nel 1632 quando le truppe di Gustavo Adolfo (impegnate nell'invasione della Baviera durante la guerra dei trent'anni) distrussero il cimitero.

Le vicende di Galileo Galilei sono note a tutto il mondo: sospettato di eresia per le sue idee eliocentriche e copernicane, fu condannato dal Sant'Uffizio e costretto ad abiurare. Solo nel 1992 il papato ammise d'essersi sbagliato: lo fece, peraltro, senza rendersi conto che la concezione di “scienza” che aveva Galilei, per quanto giusta se messa a confronto con le pretese teologiche dei suoi accusatori, avrebbe procurato danni enormi all'integrità della natura. Questo perché, a partire dalla sua impostazione metodologica del sapere scientifico (analoga a quella dell'anglicano inglese Francesco Bacone), la natura veniva considerata come una semplice risorsa da sfruttare senza ritegno. Bacone addirittura concettualizzò la “scienza del terrore”, sostenendo le deportazioni dei proletari inglesi e irlandesi più poveri (inclusi i bambini) nelle colonie americane della Virginia, dove venivano utilizzati come schiavi.

Probabilmente l'inizio della fine della natura va attribuito proprio a Galileo Galilei, che nella sua Toscana mercantile e colta, di cultura neoplatonica e neopagana, totalmente avversa al neoaristotelismo degli scolastici, si era già fatto a pezzi, prima che altrove, qualunque tradizione di derivazione bizantina.

Quanto a Newton, è noto che fosse un paranoico litigioso, che non sopportava d'essere criticato da nessuno; restò isolato due anni interi per rifinire i suoi Principia e non esitava a servirsi, nella valutazione dei propri colleghi accademici, dei risentimenti personali. Soffrì per molto tempo di esaurimenti nervosi, che quasi lo portarono alla follia, ma si pensa che ciò fosse causato dal fatto che nei suoi esperimenti alchemici usasse molto mercurio. Fatto sta che, pur non avendo avuto problemi dai sovrani inglesi anglicani, si rifiutò di pubblicare i suoi scritti filosofici e teologici, nettamente contrari al dogma trinitario (tant'è ch'egli viene considerato un precursore del deismo: Dio visto come “orologiaio dell'universo”). Anche i suoi testi scientifici furono pubblicati piuttosto tardi.

Questo per dire che nell'attività scientifica di questi intellettuali le interferenze, i condizionamenti, diretti o indiretti, della religione, sia essa cattolica o protestante, furono sempre molto pesanti. D'altra parte non ha alcun senso esaminare l'evoluzione del pensiero umano, considerando la scienza in sé decisamente più vera di qualunque religione. La scienza dell'Europa occidentale è un prodotto derivato dalla progressiva laicizzazione della teologia cattolico-romana, che però si svolse, in quanto si voleva radicalizzare tale laicizzazione, contro questa stessa religione, anzi contro la religione qua talis.

Non solo, ma resta anche del tutto insensato esaminare l'evoluzione di tale laicizzazione borghese, senza metterla in stretto rapporto alle dinamiche sociali del capitalismo. La transizione dal feudalesimo al capitalismo fece da supporto fondamentale alla transizione dalla teologia cattolica alla filosofia umanistica e alla scienza sperimentale. Questa scienza è anzitutto matematica e fisica ed è applicata all'astronomia, quindi gli studi sull'ottica, sulle lenti e sulla luce vanno considerati fondamentali. Dalla rivoluzione astronomica ad oggi la scienza, nonostante le due guerre mondiali del Novecento e la sempre più grave devastazione ambientale, non ritiene d'aver bisogno di alcun rapporto organico né con l'etica né con la filosofia, che di regola vengono tenute ai margini proprio perché non sono in grado di dimostrare scientificamente la validità delle loro affermazioni. La “scientificità” della scienza è stata ridotta a qualcosa di inerente esclusivamente alla sua dimostrazione pratica o tecnologica. Se le discipline cosiddette “umanistiche” vogliono dotarsi di uno statuto scientifico, devono avvalersi del contributo delle scienze esatte, matematizzanti o tecnologiche.

7. Dunque, ricapitolando: dopo la condanna di Galileo i Paesi che si preoccuparono di ereditare le sue acquisizioni, sviluppando la filosofia meccanicistica, furono l'Inghilterra, l'Olanda e alcune città tedesche. La nuova scienza fu istituzionalizzata in Inghilterra nella seconda metà del XVII sec., mentre all'inizio del successivo si diffuse sul continente europeo.

Aver cercato di bloccare lo sviluppo delle verità matematiche con la teologia o con la politica autoritaria, da parte della Chiesa romana, fece perdere a quest'ultima l'ultima credibilità che le era rimasta. Probabilmente le stesse gerarche ecclesiastiche e inquisitoriali si erano già accorte della differenza tra scienza sperimentale e filosofia umanistica favorevole al laicismo. Infatti, a differenza di Giordano Bruno, Galilei fu posto soltanto agli arresti domiciliari. Non fu mai accusato d'essere un vero eretico sul piano dogmatico. Ciò tuttavia non impedì alla Chiesa romana di avvilupparsi in una serie di contraddizioni da cui non sarebbe più uscita.

D'altra parte era il cristianesimo in sé a soffrire di un'antinomia inspiegabile: da un lato predicava che la liberazione umana si sarebbe potuta realizzare solo nell'aldilà; dall'altro vincolava la propria esistenza a una politica di potere, accettando di diventare una Chiesa di stato, o dotandosi addirittura di un proprio Stato territoriale, del tutto indipendente dalle pretese imperiali. Sotto questo aspetto bisogna dire che la rivoluzione scientifica del Seicento pose nuove basi anti-ecclesiastiche per quelle rivoluzioni politiche che la borghesia andrà a compiere di lì a poco.

8. Se ci pensiamo bene, dal punto di vista strettamente fisico-astronomico, l'eliocentrismo è non meno insensato del geocentrismo. Infatti il Sole è al centro soltanto del proprio sistema, il quale appartiene a una galassia di infiniti sistemi stellari, e la stessa galassia è soltanto una di infinite galassie di un universo illimitato nello spazio. In un universo del genere non ha alcun senso parlare di “centro” e di “periferia”.9 Tutto è “centro” e tutto è “periferia”, poiché quel che conta è il punto di vista dell'osservatore, “qui e ora”. Quindi se, in definitiva, è tale punto di vista che conta, l'uomo resta sempre al “centro” dell'universo. Cioè l'oggetto più importante del cosmo infinito è quello che ha consapevolezza della necessità delle leggi universali.

Questo vuol dire che la contrapposizione tra geocentrismo ed eliocentrismo ha un significato quasi nullo sul piano etico. Semmai ne acquista uno quando si associa il geocentrismo alla fede e l'eliocentrismo alla ragione. Sarebbe infatti assurdo sostenere la validità dell'eliocentrismo per negare all'uomo il diritto a una propria centralità nell'universo. È ridicolo pensare di poter sminuire l'importanza assoluta dell'essere umano smontando in materia matematica i calcoli astrusi di Tolomeo. Semmai ha senso sostenere l'idea di eliocentrismo per superare l'idea religiosa di “creazionismo”, in virtù della quale l'uomo deve sentirsi in soggezione nei confronti di una divinità. L'uomo non è figlio di un dio che lo sovrasta, ma è piuttosto l'espressione della materia dell'universo consapevole di sé.

Non è stato certo con la matematica che l'uomo, pur acquisendo nuove e più solide cognizioni scientifiche, ha migliorato il proprio comportamento sul piano etico. Anzi, applicando la scienza e la tecnologia al capitalismo, l'uomo moderno ha creato nuovi antagonismi sociali (e questa volta a livello planetario); e, in aggiunta a ciò, ha completamente devastato l'integrità della natura.

L'umanità non aveva bisogno di una rivoluzione “scientifica”, ma di una rivoluzione “sociale” e “politica”, con cui scardinare il sistema e tornare al comunismo primitivo, o comunque iniziando a costruire un tipo di società in cui l'uguaglianza sociale fosse la conditio sine qua non per la vivibilità umana.

Per tutto il periodo della cosiddetta “preistoria”, pur nell'ignoranza di come funzionasse esattamente il sistema solare, gli esseri umani si erano comportati in maniera assolutamente naturale. Non erano minimamente interessati a sapere se il Sole gira o sta fermo, se è di colore giallo o bianco, se è più vicino alla Terra in estate o in inverno, e altre amenità del genere. Sapevano benissimo che l'osservazione può ingannare, ma si affidavano all'esperienza per non commettere errori, ed era un'esperienza sociale, basata su tradizioni ancestrali. È stato a partire dallo schiavismo che l'astronomia è stata usata per giustificare l'antagonismo sociale e i poteri dominanti, al punto che le autorità non si facevano scrupoli a confonderla con l'astrologia.

Questo per dire che la moderna rivoluzione scientifica non ha avuto alcun ruolo ai fini della liberazione dal servaggio o dal lavoro salariato. È stata un'acquisizione meramente intellettuale, utilizzata dalla borghesia per i propri traffici commerciali. Il mondo contadino ha continuato ad affidarsi alle proprie tradizioni e al senso comune, avendo netta la percezione che si fosse passati soltanto da una forma di “egocentrismo” (quella aristocratica, laica ed ecclesiastica) a un'altra (quella borghese, commerciale e imprenditoriale). Solo che, prima di capirlo, i contadini appoggeranno, illudendosi, le rivendicazioni anti-aristocratiche della borghesia, nella convinzione di poter migliorare la propria miserabile condizione.10

L'idea geocentrica, secondo cui la Terra è ferma e tutto il resto le gira attorno, rispecchiava la società autoritaria dell'epoca schiavistica e servile (o feudale). In queste società autoritarie il monarca o lo schiavista, pubblico o privato, proprietario terriero o funzionario statale, stanno “fermi” e danno ordini ai loro sudditi o sottoposti, che devono eseguire gli ordini senza discutere, quindi muovendosi. Nella fissità sta la perfezione, l'autorevolezza, l'autosufficienza del potere. Ciò ovviamente non era vero, poiché senza sudditi il despota era nulla, ma era comunque questa l'immagine che i poteri dominanti davano di se stessi. Il movimento infatti indica l'esigenza, o meglio, la necessità di lavorare, di obbedire a ordini ricevuti dall'alto. Ci si muove perché non si è liberi.

La Terra quindi è al centro perché è composta anzitutto da persone autorevoli che vogliono comandare su tutti gli altri. Il geocentrismo era frutto di un certo culto della personalità. Quando si cominciò a metterlo in discussione, l'imbarazzo, la paura, il panico furono gli atteggiamenti tipici dei poteri costituiti, dominanti perché dittatoriali.

Per poter mettere in discussione una concezione astronomica così autoritaria, occorreva una classe sociale economicamente forte (assai diversa da quella schiavizzata o servile), avente cognizioni tecniche e scientifiche completamente sottovalutate dalle classi dominanti (l'aristocrazia laica ed ecclesiastica). Tale classe sociale non poteva essere che la borghesia, la quale, nella parte occidentale dell'Europa, ove dominava la religione cattolico-romana, che verrà poi estremizzata, in taluni suoi aspetti individualistici, da quella protestantica (soprattutto nella sua variante calvinistica), aveva l'abitudine a comportarsi in maniera autonoma, essendo molto insofferente a controlli di tipo “istituzionale” (papato, impero, Stato nazionale...).

Era una borghesia molto diversa da quella sviluppatasi in area bizantina o islamica o in altre parti del mondo. Era una borghesia che anche quando riusciva a impadronirsi delle leve del potere politico, concepiva quest'ultimo in funzione degli interessi economici. Era una borghesia che aveva sostituito al culto della divinità quello per il denaro: un culto fine a se stesso, cui sottomettere ogni valore, ogni istanza umana, ogni cultura. Tutto veniva misurato sulla base dell'interesse puramente materiale. Il denaro andava accumulato a prescindere dalle proprie esigenze di sopravvivenza, di sicurezza, dalle proprie capacità di spenderlo. E per poterlo accumulare in maniera progressiva, illimitata, la strada migliore era quella di sfruttare il lavoro altrui: di qui la pretesa trasformazione del contadino in schiavo salariato, giuridicamente libero, occupato in un'azienda ove la scienza si è unita alla tecnologia. Senza la nascita della moderna manifattura, senza la nascita di una mentalità borghese imprenditoriale, non sarebbe stata possibile la rivoluzione scientifica in campo astronomico. Infatti, tale rivoluzione veniva incontro a esigenze tipicamente affaristiche, le quali dapprima si manifestarono in ambito cattolico, già al tempo Comuni, e poi si svilupparono enormemente in quello protestantico.

Insomma, l'unico vero progresso della rivoluzione scientifico-astronomica fu soltanto quello di aver indotto buona parte della popolazione europea a distinguere nella lettura della Bibbia l'interpretazione letterale da quella metaforica, e di averlo fatto usando non solo il latino ma anche le lingue nazionali.11 Nessuno scienziato rinunciò alla religione tout-court: semplicemente ci si limitò a dire che nell'analisi dei fenomeni naturali occorre la ragione e un'adeguata strumentazione tecnologica.12 E questo non tanto per comprendere la natura in maniera più adeguata, ma, anzitutto, per poterla “dominare”.


1Per vedere imporsi la figura dello scienziato vero e proprio bisogna attendere gli studi matematici e fisici di Copernico, Keplero, Brahe, Galilei, Newton... Di questi però Copernico e Keplero provenivano da ambienti ecclesiastici. Il giovane Galilei aveva addirittura imparato l'astronomia copernicana dai suoi professori gesuiti di Roma, che la insegnavano per confutarla.

2Da notare che anche l'apofatismo teologico degli ortodossi poteva portare all'ateismo, ma, nell'insieme, la loro confessione aveva come esigenza primaria quella di salvaguardare l'autorità centrale dello Stato imperiale, mentre una società borghese tende a favorire la prassi economica individualistica, insofferente ai poteri superiori che la controllano. Questo atteggiamento borghese fu reso inizialmente possibile, nell'ambito del cattolicesimo, proprio perché lo stesso papato si poneva come istanza politica individualistica all'interno della cristianità, cioè come istanza favorevole alla propria infallibilità di giudizio, al culto della propria personalità. Sarà poi compito del protestantesimo, che lottò contro l'autoritarismo pontificio, estendere l'individualismo anche a livello di società civile, rendendolo prassi dominante.

3Con l'ultima Scolastica, quella inglese di Duns Scoto, Ruggero Bacone e Guglielmo di Ockham, si arriva chiaramente a sostenere che il sapere scientifico è più importante di quello teologico e filosofico; che la scienza deve basarsi soltanto su di sé e su nessuna “autorità” indiscussa; che quando la scienza si basa su se stessa, deve dare più importanza all'esperienza che non alla logica astratta e tanto meno ai dogmi della fede; che l'esperienza, di cui la ragione deve servirsi, è quella fisica basata sulle leggi della matematica (aritmetica + geometria); che le verità che si traggono da questa esperienza scientifica sono relative al tempo in cui vengono formulate; che la conferma delle verità trovate è data dalla tecnologia (a Bacone p. es. si attribuisce l'invenzione degli occhiali da vista).

4Quando Galilei fu condannato agli arresti domiciliari dal Sant'Uffizio (1633), i suoi libri furono portati clandestinamente in Olanda per essere prontamente ristampati. Da notare ch'egli non cercò mai appoggi da parte del popolo ma solo da parte dell'élite colta. Temeva enormemente di fare la fine del Savonarola o di Giordano Bruno, e sperava che affrontando l'astronomia in maniera puramente intellettuale, il papato avrebbe avuto meno motivi per condannarlo al rogo. Tuttavia, a causa del protestantesimo, la curia romana, a quel tempo, vedeva nemici da tutte le parti.

5Secondo le leggende, durante l'età dell'oro gli esseri umani vivevano senza bisogno di leggi, né avevano la necessità di coltivare la terra, poiché da essa cresceva spontaneamente ogni genere di pianta. Non esisteva la proprietà privata, non c'era odio tra gli individui e le guerre non flagellavano il mondo. All'aurea seguirono, con progressivo declino, la stirpe argentea, empia e bellicosa, sterminata da Zeus; la stirpe bronzea, violenta al punto da autodistruggersi; la stirpe degli eroi, annientati dalle guerre; la stirpe ferrea, la peggiore di tutte, che vive nel dolore in un mondo abbandonato da Aidos (Pudore) e Nemesis (Giustizia).

6Altre innovazioni importanti furono le prime Università, i numeri arabi, gli occhiali, gli orologi meccanici, la bussola e il timone girevole a poppa, le tecniche costruttive dei castelli e delle cattedrali (la volta a crociera, la manovella...), le prime grandi cartiere, gli altoforni, l'uso del luppolo nella birra e del camino nelle abitazioni, la gru galleggiante nel porto, la pittura a olio, la filigrana nelle banconote, l'uso dei bottoni nel tessile. La stampa a caratteri mobili fa entrare il Medioevo nell'epoca moderna.

7A dir il vero Copernico era figlio di una famiglia tedesca, che viveva in uno Stato autonomo governato da un re polacco. La sua lingua madre era appunto il tedesco. Tuttavia egli non amava considerarsi né un tedesco né un polacco bensì un prussiano.

8Per non aver noie coi teologi francesi, Cartesio, sin dal 1629, preferirà trasferirsi nei Paesi Bassi. Temeva seriamente di fare la fine di Bruno o di Galilei.

9La nostra galassia, nata circa 13,8 miliardi di anni, possiede da un minimo di 200 miliardi di stelle a un massimo di 400 miliardi, e vi sono almeno altre 100 miliardi di galassie nell'universo osservabile. Il Sole (una nana gialla di colore bianco) brilla in maniera regolare da poco meno di 5 miliardi di anni e lo farà per altri 5 miliardi senza grosse variazioni di intensità, nonostante che la sua massa si alleggerisca ogni secondo di 4 milioni di tonnellate (la sua massa rappresenta da sola il 99,86% della massa complessiva del sistema solare). L'energia che ha nasce dalle reazioni di fusioni nucleari di idrogeno che si converte in elio a circa 15-16 milioni di gradi di temperatura. La pressione è elevatissima: intorno a 500 miliardi di atmosfere.

10Si badi che l'ampio uso delle conoscenze matematiche, applicate alla fisica, all'astronomia, ecc., non ridusse affatto il divario tra cultura popolare e cultura elitaria, anzi, semmai l'approfondì. Infatti, se prima, per essere contadini non si aveva alcun bisogno di cognizioni matematiche, ora, per essere borghesi, bisognava averne non poche. Lo stesso Galilei era convinto che la nuova scienza dovesse restare separata dal linguaggio della gente comune. I matematici dovevano confrontarsi, secondo lui, solo tra loro o, al massimo, coi teologi interessati ad ampliare le loro conoscenze. Tuttavia i teologi si confrontavano anche col popolo (p.es. nei pulpiti delle chiese), presentando i matematici nella maniera più negativa possibile, e proprio in questa manipolazione delle menti stava la loro forza.

11Newton, Eulero, Gauss, Linneo... pubblicarono tutte le loro opere in latino. Copernico lo fece col suo capolavoro, De revolutionibus orbium coelestium. Anche Spinoza scrisse la sua Etica in latino e Bacone il Novum Organum, anche se poi traduce in inglese il proprio saggio Sul progresso del sapere umano. Hobbes e Cartesio non avranno dubbi nell'usare, rispettivamente, l'inglese per il Leviatano e il francese per il Discorso sul metodo. Galilei usò il latino per il Sidereus Nuncius, allo scopo di rivolgersi all'intera comunità degli scienziati europei, ma con le sue opere della maturità, Il Saggiatore e Dialogo sopra i due massimi sistemi, scelse il volgare toscano. Forse anche per questo il Dialogo venne considerato dagli inquisitori “più pericoloso delle scritture di Lutero”: di qui la decisione di condannarlo senza remore. Il latino sopravviverà come lingua franca per i letterati e gli scienziati fino al 1800 circa, quando verrà soppiantato in questo ruolo dal francese e, in parte, dal tedesco; poi sarà la volta dell'inglese.

12Newton addirittura scrisse vari testi di teologia e di storia della chiesa: un'analisi di tutti i suoi scritti rivela che di circa 3.600.000 parole solo 1.000.000 furono dedicate alle scienze, mentre circa 1.400.000 furono dedicate a soggetti religiosi. In particolare egli non sopportava l'idea meccanicistica secondo cui la natura è autosufficiente. Non solo, ma arrivò ad accettare l'arianesimo, cercando di dimostrare che Cristo non era Dio, finché in punto di morte rifiutò i sacramenti. Eppure con lui la gestazione del metodo scientifico può considerarsi compiuta e può iniziare quella presa di possesso della natura da parte della scienza, che avanzerà trionfalisticamente per due secoli.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza
 - Stampa pagina
Scarica PDF

Ricerca nel libro

powered by TinyLetter

Translate:

Acquista il libro su Amazon
La scienza nel Seicento


Info | Note legali | Contatto | Facebook | Twitter | Youtube