LA SCIENZA NEL SEICENTO

L'inizio della fine della natura

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Le Accademie scientifiche

La prima Università del mondo sorse nell'impero bizantino, quella di Costantinopoli (Pandidakterion), nell'848, ma gli Stati dell'Europa occidentale non la riconobbero mai come Università. Le principali facoltà erano quelle di medicina, filosofia, legge e silvicoltura, ma a Costantinopoli vi erano anche varie scuole di economia, dei politecnici, delle Accademie di belle arti, ecc. L'obiettivo era di istruire persone competenti, che potessero diventare burocrati, uomini di stato o di chiesa. Principali punti di riferimento culturali erano le filosofie di Platone e di Aristotele. L'Università venne chiusa dai turchi nel 1453, quando cadde l'impero bizantino.

Le Università euroccidentali nacquero invece nei secoli XII-XIII (quella di Bologna nel 1088), al fine di superare i limiti delle scuole formatesi presso le sedi monastiche o vescovili. Spesso non erano che associazioni tra studenti e professori, provenienti da varie parti dell'Europa, i quali preparavano insieme i programmi e i libri di testo. L'interesse prevalente era per la cultura classica, latina e greca, con particolare riferimento alle opere di Aristotele, che gli arabi presenti in Spagna avevano tradotto dal greco all'arabo e dall'arabo al latino. Si distinguevano quella di Salerno, con la sua antica Scuola medica; Padova e Montpellier per la medicina; Bologna per il diritto; Parigi e Oxford per la teologia e la filosofia.

Tuttavia già nel XIII sec. le autorità civili, i sovrani in Francia e Inghilterra, i magistrati comunali in Italia, il papato cominciarono a imporre il loro controllo su queste realtà formative. Il papato le mise sotto la propria protezione e giurisdizione, assicurando i privilegi giuridici ed economici degli universitari. Con ciò la grande fase di discussione e di scontro intellettuale, nell'ambito della Scolastica, era ormai finita e l'intellettualità universitaria si indirizzava sempre più verso le carriere ecclesiastiche. La sintesi scolastica del XIII sec. aveva, nel sistema tomistico, contenuto lo slancio della speculazione affermatasi durante la riscoperta di Aristotele, riconducendolo alla giustificazione della dogmatica cattolico-romana. Ma già nel secolo successivo tale sintesi appariva in dissoluzione: l'empirismo di Occam, di Ruggero Bacone (ma anche l'originalità di Duns Scoto) minavano le fondamenta del tomismo. Tale scissione tra filosofia e teologia appare forte anche in alcuni testi di Cusano. Anche Telesio pone le basi per una filosofia naturale avente per oggetto la natura nella sua mera fisicità (empirismo sensistico), libera dall'interpretazione teologico-metafisica del peripatetismo scolastico.

Si tende ad affermare l'apofatismo, la dotta ignoranza nei confronti della divinità, e in questa maniera la filosofia tende a liberarsi dei suoi presupposti metafisici. È così che sorge l'idea di una scienza della natura basata sull'esperienza, dominata dal principio di relatività. La natura comincia a essere vista come un ente che ha in sé un proprio autonomo principio di vita e di sviluppo.

Verso il XIV sec. il centro degli studi filosofico-scientifici si sposta a Padova e in alcune Università tedesche e olandesi. Infatti le prime cattedre di matematica, astronomia, fisica aristotelica, filosofia naturale risalgono ai secoli XIV-XV. Senonché per poter insegnare matematica un docente doveva già essere laureato in teologia o medicina o giurisprudenza, cioè in una delle tre discipline superiori, di cui la prima si studiava soprattutto a Oxford e Parigi, mentre le altre due in Italia, già abbondantemente caratterizzata da uno sviluppo comunale-borghese. Infatti gli insegnamenti teologici in Italia aumentarono soprattutto dopo il Concilio di Trento, con la nascita della Controriforma, che fece uscire il Paese dallo sviluppo del capitalismo. Il docente di matematica era tenuto a conoscere anche astrologia, astronomia, ottica, meccanica e geografia. La sua filosofia non poteva essere difforme dal neoaristotelismo della Scolastica, contro il quale la prima nazione ad opporsi, nel Cinquecento, fu l'Olanda, anche se proprio nelle sue Università s'impedirà, nel 1656, d'insegnare la filosofia cartesiana.

In ogni caso l'Umanesimo non fu sufficiente a trasformare il carattere clericale delle Università europee. In Giordano Bruno il naturalismo diventa un monismo panteistico, in cui la natura appare nella sua infinità fisica e la ragione non deve fare altro che ricondurre a unità gli opposti. In Leonardo da Vinci si può intravedere il primo tentativo di uscire dalle secche della metafisica per unire tecnicismo e matematismo. I problemi tecnico-meccanici assumono in Giovanni Battista Benedetti una forma chiaramente matematica, una scienza che si sviluppa particolarmente anche in Niccolò Fontana Tartaglia e Gerolamo Cardano.

Ci vorrà però la rivoluzione scientifica del Seicento e soprattutto del Settecento per fare della matematica una scienza sostitutiva della teologia e della filosofia peripatetica. Solo la scienza di tipo sperimentale raggiungerà un livello di assoluta indipendenza teoretica da qualunque cultura precedente. In questi secoli gli scienziati potevano ancora aver fatto il loro curriculum studi presso una Università cattolica, ma assai raramente facevano carriera universitaria. Ideologicamente non si sentivano più “cattolici” e, per non avere grane, preferivano optare per una vita defilata, se non isolata, in modo da poter condurre indisturbati il proprio lavoro di ricerca e riflessione. Il confronto tra filosofi e scienziati “non allineati” all'ideologia dominante avviene per lo più tramite lo scambio epistolare.

Nel corso del Seicento nascono circoli o gruppi informali frequentati da intellettuali di spicco, che, a causa delle loro idee “laiche”, non insegnano nelle Università cattoliche. Molti di loro provengono dalla piccola nobiltà e quindi possiedono dei beni di famiglia che consentono loro una relativa tranquillità, ma possono avere anche un'attività specifica (Spinoza p.es. era un ottico), oppure prestare servizio presso qualche persona o istituzione di rilievo (Leibniz p.es. era un diplomatico, Newton il direttore generale della Zecca di Londra), o anche fare il precettore presso una famiglia prestigiosa.1 Non hanno sostegni da parte di un ordine religioso o di una chiesa o dell'Università, né si identificano con una scuola precisa (come p.es. succedeva nel mondo greco con l'Accademia platonica o il Liceo aristotelico). Non hanno un “modello di vita” da trasmettere ai discepoli, ma solo delle concezioni filosofiche o scientifiche; anzi, spesso vengono ritenuti una via di mezzo tra un sapiente e un mago o un alchimista.

Essi daranno vita, di lì a poco, alle Accademie scientifiche vere e proprie, che si presentano come istituzioni aperte a un sapere libero, capace di oltrepassare le contese teologiche e politiche allora dominanti (uno scienziato poteva appartenere a più Accademie). L'intento era quello di favorire la ricerca collaborativa, l'analisi degli esperimenti, le applicazioni tecnologiche di una determinata scoperta o invenzione, quindi ci si preoccupava di far progredire le scienze e le arti, facendo circolare il più possibile le idee. A differenza delle Università le Accademie non erano animate da uno spirito di competizione e di conquista del prestigio, né eleggevano gli aderenti in base al ceto sociale.2

Forse il Paese ideologicamente più aperto durante il Seicento fu l'Olanda, che si era liberata dall'oppressione spagnola e che, in nome del calvinismo affaristico, commerciava col mondo intero. Ad essa confluivano migliaia di esuli che fuggivano dalle persecuzioni religiose e dall'intolleranza politica degli Stati. Molti filosofi o scienziati (tra cui Cartesio, ma in parte anche Galilei) preferivano stampare lì le loro opere, al fine di aggirare la censura ecclesiastica.

La prima vera Accademia fu quella dei Lincei (“investigando la natura con occhio di lince” era il motto), fondata a Roma nel 1603 dal marchese Federico Cesi, appassionato studioso di Paracelso, ovvero di scienze naturali, soprattutto di botanica. Ad essa collaborò Galilei nel 1611, dandole una svolta verso la fisica e l'astronomia. Era vietato a un “linceo” appartenere a un ordine religioso. Non si parlava mai di politica. Si valorizzavano le arti meccaniche e le attività artigianali, prima relegate ai margini della conoscenza. Gli accademici potevano far vita comune, usufruendo di verie strutture tecnico-scientifiche e divulgative (cannocchiali, officine, laboratori, biblioteche e tipografie). Incontrò subito una netta ostilità da parte delle autorità ecclesiastiche e universitarie.

Molto importante fu anche l'Accademia del Cimento (cioè dell'esperimento scientifico: “provando e riprovando” era il motto), sorta a Firenze nel 1657, grazie al principe Leopoldo dei Medici, fratello del Granduca di Toscana, Ferdinando III. Egli ammirava Galilei (infatti l'Accademia era animata da scienziati galileiani), ma quando ottenne la nomina di cardinale, chiuse l'istituzione (1667).3

Anche l'Accademia degli Investiganti di Napoli, nata verso la metà del Seicento, si serviva delle idee galileiane per unirle a quelle del naturalismo rinascimentale, a quelle telesiane, cartesiane e gassendiane. Era stata fondata da intellettuali di tutto rispetto, protagonisti della rivoluzione scientifica del sec. XVII nel Regno di Napoli, tra i quali Tommaso Cornelio, medico, matematico e filosofo e Leonardo Di Capua, medico, scienziato e filosofo. L'Accademia fu soppressa nel 1668 dal viceré spagnolo Pedro Antonio de Aragón. Vari suoi esponenti furono accusati dal Sant'Uffizio di ateismo e atomismo. Ciò a testimonianza che nelle Accademie europee si stava sempre più sperimentando la fine del mondo unitario della filosofia neoaristotelica e scolastica.

Un'Accademia delle Scienze fu inaugurata anche a Bologna, nel 1714, dopo che il fondatore, Luigi F. Marsili (scienziato, militare, geologo e botanico), s'era reso conto che l'Accademia degli Inquieti, nata nel 1691 grazie a Eustachio Manfredi (matematico e astronomo), non aveva ottenuto nulla dalla sua tentata riforma dell'Università. La nuova Accademia pubblica aveva un orientamento galileiano, e Marsili fu eletto socio dell'Académie française e della Royal Society. Nella fase iniziale l'Accademia poté godere di un forte sostegno da parte del papa bolognese Benedetto XIV. In seguito all'occupazione napoleonica, nel 1804, l'Accademia fu sospesa e ripristinata solo nel 1829.

Non essendo finanziate da uno Stato nazionale, le Accademie italiane ebbero molta meno fortuna di quelle europee.

In Inghilterra la Royal Society fu approvata dal re Carlo II Stuart nel 1662, dando veste pubblica al privato Gresham College, fondato nel 1597 da un ricco mercante, ove si discuteva di tutto, meno che di teologia e di politica. Il punto di riferimento filosofico privilegiato era Bacone. La Società, pur ricevendo finanziamenti pubblici, era indipendente dallo Stato. Venivano ammessi intellettuali di differenti religioni, nazionalità e professioni. I più attivi furono Robert Hooke (fisico, biologo e geologo) e Robert Boyle (chimico, fisico, inventore e filosofo naturalista). La Royal Society dal 1703 al 1727 fu presieduta da Newton, grande nemico di Hooke.

A Parigi, nel 1634, volendo imitare l'Accademia della Crusca, si tenne la prima seduta dell'Académie française, i cui 40 membri avevano il medesimo scopo di stabilire il corretto uso della lingua nazionale. Pochi anni prima vi erano stati il Cabinet des frères Dupuy (1615-62), tenuto in vita dal matematico Marin Mersenne, filo-cartesiano, e l'Accademia di Montmor, istituita privatamente da Henri-Louis Habert de Montmor, sostenitore di Cartesio e grande amico di Pierre Gassendi, astronomo antiaristotelico.

Il re Luigi XIV e il ministro Colbert fondarono l'Académie Royale des Sciences nel 1666, allo scopo di valorizzare non solo la lingua francese, ma anche per approfondire le teorie baconiane, che in Inghilterra spopolavano. L'Accademia però ridusse di molto la sua importanza dopo la revoca dell'Editto di Nantes (1695), che le fece perdere gli scienziati stranieri non cattolici. In ogni caso gli scienziati si resero ben presto conto che lo Stato aveva solo intenzione di usarli per delle mansioni non strettamente inerenti alla ricerca scientifica vera e propria (consulenti governativi, insegnanti, amministratori, ecc.).

In Prussia all'istituzione dell'Accademia Reale delle Scienze nel 1700 fu decisivo l'apporto di Leibniz, il quale collaborò anche alla fondazione delle Accademie di Pietroburgo e Vienna. L'obiettivo era di favorire la lingua tedesca, approfondire le scienze, espandere l'industria, propagare un cristianesimo universale mediante la scienza, nel tentativo di tenere insieme le scienze naturali e quelle umane. Nel 1746 Federico II chiamò Moreau de Maupertuis (matematico, fisico, filosofo, naturalista e astronomo) a dirigerla. Così facendo però la lingua ufficiale dell'Accademia diventò il francese. Fu finanziata dallo Stato solo a partire dal 1809.

Nel Settecento ogni Stato voleva una propria Accademia di scienziati. La diffusione delle scienze (anche in forma enciclopedica) fu molto forte per tutto il secolo, anche se durante la rivoluzione francese i giacobini vedevano gli scienziati delle Accademie come una nuova élite aristocratica, preferendo di gran lunga l'opera politica di Rousseau. Tant'è che non ebbero scrupoli a chiuderle e a far fuori eminenti scienziati come Lavoisier e Condorcet.

In ogni caso la Francia diventò il centro degli studi matematici derivanti da Cartesio, mentre l'Inghilterra diventò il centro degli studi scientifici di derivazione baconiana. A Newton si richiamano due filoni: quello matematico e quello ottico. Egli fu l'ultimo matematico inglese in grado di competere coi grandi matematici francesi (Eulero, Lagrange, Laplace, Gauss e Bernoulli). Alla Royal Society interessava soprattutto sviluppare l'industria.

Solo nell'Ottocento le Accademie perderanno la loro importanza, in quanto la loro attività verrà totalmente assorbita dalle Università, le quali però non saranno più dominate da un'ideologia religiosa. La scoperta galileiana delle leggi della meccanica, utilizzate da Newton e da Lagrange, rimarranno a fondamenta di tutta la fisica sperimentale fino alla metà del XIX sec. in tutte le Università europee.


1Uno dei pochi che poté liberamente insegnare nelle Università della Germania e dell'Austria fu Keplero, ma era protetto dall'imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo II. Galilei ottenne un contratto triennale per una cattedra di matematica all'Università di Pisa grazie all'intercessione del Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici, e poté insegnare a Padova per 18 anni grazie alla Repubblica di Venezia, che forse s'era pentita d'aver consegnato Giordano Bruno all'Inquisizione romana poco tempo prima.

2Da notare che gli studi astronomici di Copernico e di Tycho Brahe, quelli matematici di Niccolò Tartaglia e di Simon Stevin, quelli di meccanica di Guidobaldo del Monte, quelli fisici di G. B. Benedetti assai raramente furono recepiti nell'istruzione universitaria del Cinquecento.

3A Firenze, nel 1583, nasce anche l'Accademia della Crusca, con l'obiettivo di promuovere il purismo della lingua italiana, allora coincidente col fiorentino, separando “il fior di farina della lingua dalla crusca”. Il suo prodotto principale fu la compilazione di un Vocabolario.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza
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