IL DIRITTO ALLA CULTURA: FAIR USE NO COPYRIGHT

IL DIRITTO ALLA CULTURA
FAIR USE NO COPYRIGHT

 


INTERVENTI DI DAIMON 1-2-3-4-5-6-7

PARERE GIURIDICO Oggetto: C.W. Brown / SIAE

L'utilizzo delle opere dell'ingegno è, in linea di principio, assoggettato al consenso dell'autore, in conformità a quanto dettato in materia, dalla Convenzione di Berna (artt. 1 e 6 bis), dal codice civile (art. 2577) e della legge speciale sulla protezione del diritto di autore del 22 aprile 1941, nr.633.

L'articolo 1 di quest'ultima prevede che: "Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell' ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica alle arti figurative , all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione... "

L'articolo 2 specifica ulteriormente: "In particolare sono compresi nella protezione: ...4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti figurative... "

L'articolo 13 prevede che: "Il diritto esclusivo di produrre ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione".

La normativa stabilisce, inoltre, all'articolo 12, il principio per il quale solo l'autore ha il diritto di pubblicare l'opera, nonché il diritto di utilizzarla economicamente, "...in ogni forma e modo, originario o derivato ... in particolare con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti...".

Pertanto gli articoli 13 e 14, chiariscono l'oggetto del diritto esclusivo di riproduzione dell'opera d'arte e quello di trascrizione. Chiariscono cioè che il diritto di pubblicare non si esaurisce nella prima pubblicazione dell'opera, ma in quanto funzionale anche all'utilizzazione economica esclusiva, si ripropone in ogni ipotesi nelle quali, con qualunque mezzo, dice la legge, "si consenta al pubblico di usufruirne".

La dottrina dominante sul punto ha sempre ritenuto la derivazione di tali regole dal principio contenuto in modo sintetico nell'articolo 2577 codice civile secondo il quale: "L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge... ".

Tale norma riunendo nella stessa formula il diritto di pubblicare e quello di utilizzare economicamente l'opera d'arte in ogni modo e forma, delinea il divieto di invasione di tale potere come difesa della concorrenza nello sfruttamento dell'opera stessa.

La legge, tuttavia, prevede delle deroghe al generale principio del consenso preventivo a qualsiasi opera coperta dal diritto di autore.

Infatti, in virtù della particolare natura del diritto di autore, l'opera che esplichi un'azione sociale, conoscitiva, educativa, ricreativa può essere liberamente utilizzata per soddisfare in tal modo, non soltanto l'interesse personale del creatore dell'opera ma anche quello generale del pubblico.

L'articolo 70 della legge dichiara: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali".

La liceità delle libere utilizzazioni delle opere è, dunque, delimitata, dalla stessa formulazione legislativa.

L'autore dell'opera perciò può, in virtù dell'art. 70 L. 22 aprile 1941 nr 633 e secondo la dottrina prevalente, impedire ogni utilizzo da parte dei terzi che sia economicamente rilevante, e/o anche solo potenzialmente dannoso, ovvero qualsiasi riproduzione di brani, o di opere suscettibile di arrecare pregiudizio ingiustificato ai propri legittimi interessi, e che esuli dalle finalità indicate dalla legge.

Il lavoro critico e didattico, giustifica, dunque, l'utilizzo libero di opere altrui, tuttavia queste finalità, proprio perché chiaramente definite a livello normativo, non possono essere suscettibili di applicazioni estensive, o analogiche, trattandosi in definitiva di utilizzazioni previste e consentite da norme (art. 70 L. 633/1941 e art. 10 Convenzione di Berna) che hanno comunque una portata eccezionale, così come ritiene la dottrina più autorevole.

La giurisprudenza sia di merito che di legittimità appare in tema sufficientemente consolidata nonché priva di contraddizioni al propri interno. E' a citarsi in primo luogo una sentenza del Tribunale di Verona la quale potrebbe, prima facie, apparire favorevole ad un libero sfruttamento dell'opera purché lo stesso non sia accompagnato da alcun fine lucrativo.

Secondo il Tribunale di Verona, infatti, pronunciatosi con sentenza del 11/07/2001: "Costituisce violazione del diritto di autore non ogni attività di fotocopiatura di opere tutelate o di parti di esse, ma soltanto quella che viene svolta in forma imprenditoriale per conto terzi o dei clienti nei locali dell'impresa, poiché in tale ipotesi l'utilizzazione dell'opera avviene all'interno di un processo produttivo diretto al profitto. "

Più nette nell'orientamento nonché autorevoli per la fonte le successive massime.

La Suprema Corte (Sezione 1) con sentenza del 29/05/2003 nr. 8597 prevede che: "I diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore si estendono a qualsiasi forma e modo di utilizzazione, anche parziale, dell'opera, purché sia tale da consentire di coglierla nella sua individualità quale oggetto di elaborazione personale di carattere creativo da parte di un determinato autore ".

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

La massima della sentenza di cui sopra evidenzia come l'art. 70 della citata legge sul diritto di autore e l'art. 10 della Convenzione di Berna prevedono limitazioni dell'esclusiva economica riservata all'autore, allorquando da un'opera protetta vengono tratte parti o brani per specifiche finalità o entro precisi limiti che dalle rispettive norme si desumono.

La legge sul diritto di autore come la Convenzione di Berna contengono, come poc'anzi citato, strumenti volti alla protezione del diritto di autore, prevedendo fattispecie di libertà di utilizzazione che si pongano come eccezionali, perché situate oltre le frontiere dell'esclusiva riservata all'autore.

Ecco, dunque, che l'articolo 70 della norma nazionale, prevede che la libertà di utilizzazione di un'opera si possa giustificare essenzialmente con la circostanza che l'opera di critica, di discussione, di insegnamento abbia fini del tutto autonomi e distinti da quelli dell'opera citata, i cui, "frammenti" riprodotti, per ciò stesso, non creano una neppure potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore.

Nello stesso senso la giurisprudenza di merito: "La riproduzione di opere dell'arte figurativa in cataloghi d'arte o di mostre rientra nel diritto esclusivo dell'autore di utilizzazione economica dell'opera; la disposizione dell'art. 70 (libere utilizzazioni) della legge sul diritto di autore 22 aprile 1941 nr. 633, può trovare applicazione nel campo della riproduzione di opere dell'arte figurativa, solo nell'ipotesi di riproduzione parziale (c.d. particolare) dell'opera, nei limiti giustificati da finalità critica, discussione e anche di insegnamento e purché la riproduzione non costituisca concorrenza alla riproduzione economica dell'opera" (Tribunale Roma, 10/08/1990).

Infine la Suprema Corte stabilisce che: "La pubblicazione di un catalogo contenente la riproduzione fotografica di opere d'arte inserite in una mostra è idonea a fondare le pretese della SIAE di riscuotere i diritti di riproduzione spettanti agli autori, in quanto l'art. 13 della L n. 633 del 1941 non vieta solo la moltiplicazione di copie fisicamente identiche all'originale, ma protegge l'utilizzazione economica che può effettuare l'autore anche mediante qualunque altro tipo di moltiplicazione dell'opera in grado d'inserirsi nel mercato della riproduzione, né l'indicata riproduzione, allorché sia integrale e non limitata a particolari delle opere medesime, quale che sia la scala adottata nella proporzione rispetto agli originali, integra alcuna delle ipotesi di utilizzazione libera, previste in via di eccezione al regime ordinario dell'esclusiva dall'art. 70 della citata legge" (Cassazione civile, Sezione 1, 19/12/1997, nr. 11343).

Non vi è dubbio, dunque, anche alla stregua del chiaro principio enunciato dalla Corte di Cassazione, come la legge non abbia voluto vietare solo la riproduzione di copie fisicamente identiche all'originale, così da moltiplicare lo stesso messaggio estetico, bensì abbia voluto proteggere l'utilizzazione economica che possa effettuare l'autore mediante qualunque tipo di moltiplicazione in grado di inserirsi nel mercato della riproduzione. La riproduzione di cui all'articolo 13 della legge sul diritto di autore, infatti, si riferisce senza alcun dubbio, ad una riproduzione integra dell'opera quale che sia la scala adottata e dunque la proporzione rispetto all'originale.

Si sottolinei inoltre il contenuto dell'articolo 87 secondo cui: "Sono considerate fotografie, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di questo capo, le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute con il processo fotografico o con processo analogo...".

L'articolo 90 prevede che: " Gli esemplari della fotografia devono portare le seguenti indicazioni
1) il nome del fotografo, o, ...della ditta da cui il fotografo dipende;
2) la data dell'anno di produzione della fotografia;
3) il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata.

Qualora gli esemplari non portino le suddette indicazioni, la loro riproduzione non è considerata abusiva e non sono dovuti i compensi indicati agli articoli 91 e 98 a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore". Appare evidente, da una attenta lettura della norma di cui sopra, come la stessa analizzi esclusivamente l'opera c.d. "fotografica" costituendo, dunque, specifica disciplina di tale fattispecie artistica, nulla avendo a che vedere con l'opera pittorica.

Si precisi, infine, per mero scrupolo, come la fattispecie in oggetto non integri alcuna violazione di cui all'articolo 20 della legge sul diritto di autore così come impropriamente dichiarato dagli uffici della SIAE nella lettera raccomandata a Lei inviata. Tale articolo dichiara, infatti: "Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera, previsti nelle disposizioni della sezione precedente... l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera ...e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed ad ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione... "

Nessuna violazione di tale tipo veniva da lei integrata. Avvocatessa di C.W. Brown

Carl William Brown - www.daimon.org/lib/forum_no_copyright.htm


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Diritto
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Aggiornamento: 22/04/2015