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INTERVENTI DI DAIMON 1-2-3-4-5-6-7Arte, giovani interessati ma ignoranti, una ricerca Fai: la scuola fa troppo poco. Incuriositi, in parte appassionati. Ma in generale un po' ignoranti. Figli della nazione con il più alto numero di beni culturali al mondo, i giovani italiani hanno con l'arte un rapporto controverso. E il problema - emerge da una ricerca presentata a Roma dal Fai (Fondo per l'ambiente italiano) - è prima di tutto a scuola, con programmi limitati e poche ore di storia dell'arte. L'indagine esamina la fascia tra i 15 e i 24 anni: il 38% (un terzo dei ragazzi) si dichiara disinteressato all'arte. Emerge un 41% di "appassionati" e un 21% di "abbastanza interessati". Da aggiungere inoltre che la storia dell'arte è materia di insegnamento soltanto in alcuni istituti, tipo i licei e le scuole professionali d'arte o di grafica, per gli allievi di tutti gli altri istituti e per i loro insegnanti trattare tematiche di questo genere è a dir poco proibitivo, infatti i libri di italiano per esempio sono privi di testi e di immagini che riguardano appunto la storia dell'arte italiana ed internazionale e su internet la legislazione vigente in Italia sul diritto d'autore e la prassi della Siae che pretende soldi anche da quei docenti che vogliono fare cultura a livello gratuito non consente a nessuno di creare ipertesti sui più grandi artisti che hanno fatto grande la storia dell'arte negli ultimi decenni. Alcuni musei hanno persino diffidato la libera enciclopedia Wikipedia dal pubblicare immagini inerenti delle opere d'arte contenute nelle loro sale. Risultato, la storia dell'arte viene ignorata dalla stragrande maggioranza dei nostri studenti e persino dei loro professori e questo contribuisce inevitabilmente ad impoverire la nostra sensibilità e le nostre potenzialità umane, sociali, sentimentali ed artistiche. Da aggiungere inoltre che proteggere eccessivamente le informazioni e le immagini riguardanti la storia dell'arte, ma non solo, può infatti bloccare o inibire la conoscenza e quindi la libera concorrenza e di fatto creare una società sempre più ingiusta e squilibrata. Last, but not least, l'indifferenza di molti docenti sottopagati, demotivati, e scarsamente interessati sia alle potenzialità delle nuove tecnologie e della ricerca scientifica, sia alle vicende dell'arte, della letteratura e della politica, ma soprattutto scarsamente abituati a lavorare in gruppo e a fare tesoro della volontà, dell'abilità, e dell'impegno intellettuale e sociale dei loro colleghi più all'avanguardia e meno succubi di un debilitante, mortificante, e deleterio banale conformismo. Carl William Brown - www.daimon.org/lib/forum_no_copyright.htm Il libero accesso alle informazioni significa partecipazione, democrazia, uguaglianza e quindi crescita culturale, sociale e scientifica di tutta la nostra umanità Carl William Brown Il web 2.0 non è ancora per tutti, infatti i concetti che sono alla base di questa nuova grande rivoluzione sono ancora troppo complessi o comunque limitati a sistemi o a capacità di banda larga che ancora non hanno tutti. Tuttavia la "consumerizzazione" è l'unica e principale tendenza che andrà a modificare l'It nei prossimi dieci anni. L'effetto di questa tendenza è che oggi si parla di consumer to business e di citizen to government e non più viceversa. Il 35 % di utenti occidentali fa uso di home banking, le vendite al dettaglio online sono arrivate all'8% del totale e presto raddoppieranno. La "consumerisation" porterà quindi a nuove forme di relazione digitale attraverso nuovi linguaggi ed esperienza avanzate; nuovi modi di operare che per i cosiddetti "Knowledge worker" si trasformano in maggiore produttività quotidiana grazie a servizi e strumenti innovativi di search, di messaggistica istantanea, di Voice over Ip (Skype), di podcasting, di networking peer-to-peer, di video (youtube) e di nuovi contenuti (wiki). Il ruolo dell'It secondo Peter Sondergaard, capo della ricerca di Gartner, appartiene al passato e le aziende devono imparare a rivedere il modello, lasciando più libertà d'azione e maggiori responsabilità agli utenti. Sempre secondo Sondergaard occorre infatti concentrarsi sul valore di cui l'It necessita per supportare meglio il business e la creatività e le capacità d'uso degli utenti digitali sono, in tal senso, risorse non più trascurabili. Contro questa filosofia, si schierano invece i detentori dei vecchi diritti d'autore. Per esempio in America le radio che trasmettono musica online in streaming sul web non scaricabile d'ora in poi dovranno pagare un ammontare fisso per ogni canzone ascoltata da ogni utente, una cifra di 0,00011 di dollaro, una somma non grande ma che può comunque inibire la crescita delle radio online, e soprattutto di quelle di nicchia. Questa è la vecchia politica del Copyright Royalty Board che ha tra le altre cose previsto un raddoppio delle royalties entro cinque anni. Queste radio che consentivano l'ascolto in streaming senza permettere il download, si ponevano in un certo senso come alternativa alla pirateria, ed ora molte di queste saranno costrette a chiudere, anche se secondo molti osservatori questa decisione si risolverà in un boomerang per le case discografiche perché in questo modo i potenziali compratori di musica legale avranno meno occasioni per conoscere nuovi brani. Quindi in questo nuovo mondo di internet e del web 2.0 il labirinto dei diritti d'autore è intricato non solo per gli utenti, ma anche per i detentori. Ogni decisione infatti può avere delle ripercussioni imprevedibili, come finire di danneggiare e penalizzare un diritto quando si agisce invece con l'intenzione di proteggerlo. Secondo Luca de Biase Internet, con l'interdipendenza delle sue componenti e l'innovatività delle sue tecnologie è infatti un sistema che si comprende meglio sfruttando la teoria del caos che non pensando in termini lineari. Quello che stupisce secondo il nostro autore a questo punto non è però la quantità di novità che internet non cessa di generare, ma il fatto che grandi aziende dotate di manager capaci e di uffici legali competenti non abbiano ancora compreso appieno le conseguenze di questa nuova complessa realtà. Per maggiori informazioni http://blog.debiase.com Carl William Brown www.daimon.org/lib/forum_no_copyright.htm Sfida per il libero accesso delle informazioni scientifiche La libertà......è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire di no a una qualsiasi autorità, letteraria, artistica, filosofica, religiosa, sociale, e anche politica. (Ignazio Silone) Andrea Monti, avvocato che da oltre 15 anni si occupa di diritto High-tech (bioinformatica, life science, telecomunicazioni, tecnologie dell'informazione) in un articolo apparso su Nòva del Sole 24 Ore di Giovedi 12 Aprile 2007 denuncia come le attuali normative sul diritto d'autore rischi di condizionare campi importantissimi come genetica e medicina in quanto i frutti della ricerca sarebbero concentrati in pochissime mani. Il futuro che si prospetta se il buon senso comune e la legislazione attuale non si adeguerà core il rischio di diventare a tinte orwelliane e catastrofiche. Il caos e l'anarchia che regna nelle norme attuali soprattutto in Italia consente a delle industrie di intervenire persino nello scambio di informazioni tra utenti e di perseguirli anche legalmente, senza avere peraltro delle prove fondate, ma solo dei semplici sospetti. Questo stato di cose sta cercando anche di mettere i provider con le spalle al muro, vale a dire bloccare il peer-to-peer o essere denunciati dai detentori dei diritti d'autore. Questo secondo Monti dimostra almeno tre cose: primo, la scarsa attenzione che ancora la società civile e la politica dedicano a questi temi; secondo la confusione che regna in questi settori; terzo, dimostra come alcune lobbies stiano riuscendo a costruire dei principi giuridici a loro favorevoli e ovviamente sconvenienti e dannosi per tutta la comunità. Per esempio con la scusa di proteggere la moda, si dà facoltà alle lobbies di affiancare i pubblici ministeri nelle indagini. Non solo sempre secondo Monti la nuova direttiva porta al massimo livello la confusione che regna nel diritto d'autore: "Utilizza il termine "proprietà intellettuale" (da proteggere), mettendovi dentro cose molto diverse come le opere e le invenzioni. Le lobbies infatti vorrebbero estendere il diritto d'autore anche a cose che non sono opere, come le proprietà industriali. Già adesso, la Wipo (World Intellectual Property Organization, agenzia delle Nazioni Unite) è riuscita a far proteggere cose che non sono opere e per le quali non è individuabile nemmeno un autore nel senso classico del termine. E' questo il caso dei database. Ci sono infatti dei database che contengono informazioni pubbliche e che non sono privati, come nel caso delle sentenze giuridiche. Tuttavia anche se il contenuto è pubblico non si può estrarre dal database e
divulgarlo, perché in questo caso si violerebbe il diritto d'autore dell'editore
del database. Inserendo quindi delle informazioni pubbliche in un database,
queste diventano di fatto proprietà di un privato. Questo stato di cose crea un grande e grave problema, ovvero la libera
circolazione di idee di pubblica utilità, soprattutto di natura medica e
scientifica, come dati relativi alla genetica, ai farmaci e alle biotecnologie.
Per esempio un'azienda che scopre delle informazioni importanti inerenti la cura
di alcune malattie, anche con finanziamenti pubblici, le mette poi al riparo in
un file, e chiede ai medici e ai ricercatori che le vogliono leggere di pagare
la licenza del software necessario per accedervi. Sempre in questa ottica dobbiamo aggiungere che Giovanni Ziccardi, docente di diritto all'università degli studi di Milano, segnala come le cose siano appunto ingarbugliate, infatti il software viene protetto a volte come brevetto e a volte in quanto diritto d'autore e le cose si complicano riguardo i database. La mancanza di una disciplina univoca diviene drammatica quando si pone il problema dell'accesso ai dati sensibili. Infatti proteggere eccessivamente le informazioni può infatti bloccare o inibire la conoscenza e quindi la libera concorrenza e di fatto creare una società sempre più ingiusta e squilibrata. Più moderata la posizione di L. Lessig, che tra eccesso di protezione e No
copyright, suggerisce l'approccio open source anche al biotech, con l'utilizzo
di software aperti e disponibili a tutti. Il mercato mondiale dell'editoria scientifica, tecnologica e medica è molto ricco ed oscilla tra i 7 e gli 11 miliardi di dollari. Sotto accusa sono soprattutto i grandi editori come i britannici Reed Elsevier e Blackwell e il tedesco Springer i quali, pubblicando centinaia di testate, tra cui quelle più prestigiose come "Lancet" e "Nature" sono in posizione di forza nelle negoziazioni degli abbonamenti con i centri di ricerca. Questo grande aumento dei prezzi degli abbonamenti è stato possibile perché i Journal sono uno strumento indispensabile per la ricerca, sia per validare le nuove conoscenze attraverso la revisione pre-pubblicazione da parte di altri scienziati, sia per diffonderle. Ogni pubblicazione consente inoltre di citare gli autori in altri studi e questo contribuisce a fare aumentare l'importanza di molti studi. Il tutto però ha un costo per i laboratori che può variare a seconda della testata in questione dai 1.500 ai 4.000 dollari. Da qui l'invito a moltiplicare le sperimentazioni di nuovi modelli di business aperti e basati sull'online. Tra queste ricordiamo la "Springler Open Choice", la Public Library of Science (Plos), la casa editrice non-profit nata nel 2000 a San Francisco con il sostegno di 34.000 ricercatori di 180 diverse nazionalità che oggi pubblica solo online sei riviste "open-access" nel settore biomedico senza costi per gli autori e PubMedCentral che nello stesso campo raccoglie 110 testate. A Cambridge, in Gran Bretagna, l'Istituto europeo di bioinformatica sta sviluppando un archivio elettronico aperto da 21 milioni di euro. In America una proposta di legge di un senatore repubblicano del Texas prevede che ogni organo pubblico con un budget superiore ai 100 milioni di dollari garantisca l'accesso libero imponendo ai ricercatori che abbiano beneficiato di fondi pubblici di rendere disponibile una copia elettronica del proprio articolo entro sei mesi dalla pubblicazione e che il lavoro sia conservato in maniera permanente in un archivio aperto ai cittadini. Questo è un approccio realmente pragmatico e secondo il senatore questa legislazione migliorerà il ritorno dell'investimento che ogni cittadino fa pagando le tasse, perché la libera circolazione di idee e scoperte produrrà più innovazioni e migliori terapie. Carl William Brown e Autori www.ictlex.net |