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Che cos’è la Geografia e in che modo si caratterizza rispetto alle altre discipline

La geografia è un punto di incontro, un centro di scambio, un deposito in cui far convergere da diversi orizzonti disciplinari (scienze ambientali, demografia, sociologia, etnologia, economia, scienze politiche, storia) problematiche, temi di dibattito, risultati conoscitivi.

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Vi sono molte cose ancora da scoprire, o meglio vi sono problemi da capire. E i problemi che si pongono oggi non sono costituiti solo dal rilevamento delle realtà territoriali o morfologiche, bensì dalla ricerca delle ragioni dei fenomeni, delle strutture che li determinano, dalle soluzioni possibili per il nostro rapporto con l'ambiente oggi e domani. Da una geografia delle cose si è passati a una geografia dei problemi. La questione è ben sintetizzata dal geografo inglese Graves che dice quanto segue:

A poco a poco i geografi hanno scoperto la natura delle rocce, la flora e la fauna, hanno sviluppato metodi per misurare l’altitudine, inventato linee di livello per rappresentare i rilievi, descritto paesaggi  ed esposta la distribuzione della popolazione mondiale. Ora che il mondo è stato rappresentato largamente nelle carte e fotografato in abbondanza, ora che la popolazione mondiale è stata più o meno accuratamente contata ed è stato fatto un inventario di massima delle sue risorse, compito del geografo non è più quello di scoprire terre nuove, di dare nome a una vetta, di fare l’elenco delle nazioni e imperi della terra, quanto piuttosto di comprendere come le società umane possano risolvere i molti problemi dello spazio posti dal popolamento della terra e dal suo sviluppo ... La geografia non è più semplicemente un elenco dei fatti e dei tratti fisici delle diverse parti della terra. La geografia fa ora grande uso dei fatti per studiare i problemi delle relazioni spaziali sulla terra, problemi evidenziati dalla sovrappopolazione, dal sottosviluppo, dall’estensione dei centri urbani, dalla pianificazione regionale, dalla riforma agraria e dalla politica del territorio.

Proviamo ora a vedere, sulla base di quanto detto da Graves, alcune caratteristiche della geografia:

  • tra le varie discipline è quella che più identifica il proprio linguaggio scientifico con il parlare comune. E’ quindi facile da comprendere, con un linguaggio semplice. E’ uno dei suoi punti di forza: è largamente e immediatamente comprensibile;
  • è una disciplina che non solo si fonda su materiale eterogeneo (dati fisici, dati storici, dati antropologoci, economici, politici), ma che addirittura utilizza discipline diverse. A differenza delle scienze naturali, che sono perlopiù omogenee (geologia, mineralogia, zoologia, botanica, ecc…).

La geografia aiuta a vedere e a capire il paesaggio. Il paesaggio è l’insieme delle forme percepibili (clima, vegetazione, strutture agrarie, insediamenti umani, dunque forme naturali e antropiche) che imprimono ad un dato territorio i suoi caratteri peculiari, la sua individualità. Il paesaggio non è lo spazio. Ma è lo spazio osservato nella sua evoluzione naturale e nella storia delle società umane che lo hanno costruito. Per comprendere il paesaggio occorre dunque disporre di coordinate spazio-temporali.

Spazio e tempo per quanto riguarda la superficie nei suoi aspetti fisici (aspetti costituiti non solo da forme esteriori, ma da strutture interne e da fenomeni dinamici in costante evoluzione che vengono studiati nel loro insieme e nelle loro reciproche relazioni); spazio e tempo per quanto l’intervento umano, anch’esso in costante evoluzione e legato allo sviluppo di una data cultura. Il paesaggio dunque è sempre un’espressione storica.

Il paesaggio, in altri termini, va visto sempre in una visuale dinamica: non come in una fotografia, ma come in un film perché nel suo interno vi è un costante movimento di esseri biologici, di fenomeni naturali e di interventi antropico-culturali. In questo modo il paesaggio verrà non solo osservato, ma anche compreso nelle sue ragioni e nelle funzioni che si celano sotto il mantello delle cose materiali: un paesaggio che continuamente si trasforma, si sviluppa e si degrada. La lettura del paesaggio va perciò al di là delle sue forme e non è mai immediata perché richiede analisi e ricerca di motivi e di fenomeni non direttamente visibili e apparenti

Occorre tenere sempre presente che quando il geografo parla di intervento umano, di cultura, di società parla sempre di un determinato gruppo di uomini, diverso da altri gruppi per i differenti aspetti della sua storia: storia che lo ha portato a avere quella cultura. Non parla mai di uomo in senso astratto, né di uomo in senso fisico o biologico.

Oggetto della geografia è dunque l’azione delle società umane che trasformano lo spazio naturale in spazio sociale (o geografico). Dunque non esiste spazio geografico senza le società e le loro storie. Questa è la visione che la geografia ha di sé oggi. Anche questa visione è frutto di una storia. E’ opportuno ripercorrere brevemente questa storia per comprendere a pieno il punto di vista della geografia di oggi.

Tra le impostazioni tradizionali che risalgono ai geografi antichi e che continuano nella cultura moderna (anche se ormai solo marginalmente) vi è quella che si ispira al determinismo naturale, cioè quella corrente di pensiero che dà primaria importanza agli influssi determinanti della natura sugli individui e sulle società, sull’organizzazione economica e sulla storia stessa dei popoli. Scriveva Ippocrate di Coo, tra il V e il IV secolo che i caratteri e le vicende delle genti umane dipendono dai caratteri locali dell’aria e dell’acqua. Aristotele (IV secolo) riteneva che gli abitanti delle regioni fredde fossero pieni di coraggio e portati alla libertà, mentre quelli della calda Asia fossero fatti per il dispotismo e la schiavitù. Strabone (siamo a cavallo dell’era cristiana )vede nelle situazioni naturali le ragioni della storia d’Italia. Anche lo scrittore e politico francese Charles de Montesquieu riafferma l’importanza dell’influenza del clima e della natura sulle società.

All’opposto si colloca la visione prevalentemente storicistica secondo la quale la spiegazione delle realtà attuali della superficie terrestre va cercata soprattutto nelle vicende del passato e nella loro diversa natura. Le ideologie, il potere, la tecnica plasmano l’ambiente. Questa corrente di pensiero (neoidealismo, o determinismo storico) dà peso primario ai valori delle diverse società e nega ogni valore alla natura.

Entrambe queste tendenze prendono in considerazione un aspetto e lo fanno dipendere dall’altro. La tendenza attuale, nota con il nome di possibilismo, è invece, quella di analizzare entrambi gli aspetti e di metterli in relazioni senza farli dipendere rigidamente uno dall’altro. Essa vede le società come continuamente interferenti con le dinamiche della natura. Il quadro naturale provoca l’iniziativa degli uomini, offre loro delle occasioni, ed essi reagiscono in modo diverso a seconda della loro cultura, dei loro mezzi e dei loro interessi. Questo spiega come ad ambienti naturali simili possano corrispondere situazioni molto diverse. Il potere delle società umane non è tale da poter trascurare la natura, ma è in grado di modificare entro limiti più o meno ampi la natura stessa secondo i diversi fini di queste società, in un rapporto che sempre si aggiorna e si rinnova.

Quindi il problema del rapporto tra le società umane e le condizioni ambientali non è mai risolto una volta per tutte. Le società infatti mutano e si evolvono e pertanto, come dice il geografo Lucio Gambi, qualunque cosa di questo mondo non ha continuativamente un medesimo valore, ma lo muta secondo gli uomini.

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I contenuti di questo ipertesto sono della docente
Agnese Visconti - SILSIS - Università di Pavia
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Questo ipertesto si trova nella sezione di Economia del sito Homolaicus
Ultimo aggiornamento: 25-giu-2005