STUDI LAICI SUL CRISTIANESIMO PRIMITIVO
Dal Gesù storico al Cristo della fede


Home - Premessa - Storia di Israele - Mondo giudaico - Maccabei e Seleucidi - Partiti politici - Qumran - Erode il Grande e l'Antipa - Introduzione generale - Nascita del cattolicesimo - Fede e ragione - Tradimento del Cristo - Ruolo di Paolo - Persecuzioni anticristiane - Persecuzioni nelle fonti romane - Opposizione tra Stato e Chiesa - Svolta costantiniana - Separazione tra Stato e Chiesa - Nascita della teologia politica - Vittoria del cristianesimo - Populismo e non violenza - Schiavismo e cristianesimo - Storiografia russa - Samuel Brandon - Conclusione - Ricerche - Fonti - Giuseppe Flavio - Tacito - Karlheinz Deschner - Storia del popolo ebraico - Nuovo Testamento - Antico Testamento


IL MONDO GIUDAICO AL TEMPO DI GESU'

Mappa di Gerusalemme ai tempi di Gesù
Mappa di Gerusalemme ai tempi di Gesù

Nel I secolo d.C. in cui visse ed operò Gesù, la Palestina era sotto il dominio romano fin dal 63 a.C. Com'era loro politica, i romani non imponevano mai alle popolazioni loro assoggettate il culto esclusivo dei propri dèi, anzi, talvolta subivano gli influssi delle loro religioni e le importavano a Roma, come accadde, per esempio, con le deità greche ed egizie. Molto prosaicamente, ai romani interessava soprattutto lo sfruttamento economico delle popolazioni loro sottomesse.

Il giudaismo come religione perciò non fu mai ostacolato, almeno fino al 66 d.C., quando iniziò la rivolta contro di loro. Con la distruzione del tempio quattro anni dopo e la sconfitta degli ebrei nel 73, si ebbe la loro dispersione nei territori dell'impero romano.

La società ebraica si presentava già da qualche secolo come un mondo molto sfaccettato, frammentato in numerose sette politico-religiose. Queste sette nacquero e si svilupparono in un contesto storico che vide il territorio ebraico soggetto a continue invasioni e deportazioni fin dalla costituzione dell'etnia in nazione.

In una situazione di disperante subordinazione all'invasore di turno, le sette esprimevano, con accenti diversi, l'anelito alla libertà ed al riscatto, ponendo la loro speranza in un salvatore o messia, intorno cui tutto il popolo ebraico si sarebbe raccolto in battaglia. Così, già molto prima dell'arrivo dei romani, gli ebrei avevano prodotto sette messianico-guerrigliere, con una forte connotazione religiosa.

E' sintomatico di questo comune sentimento di riscossa personificato in un messia quanto riportato nei Vangeli di Matteo e di Marco: la moglie di Zebedeo, credendo che Gesù fosse il messia politico-guerriero che stava per rifondare il regno libero di Israele, andò a raccomandargli i figli Giacomo e Giovanni perché avessero dei posti importanti nel futuro stato. Ancora, in più occasioni il lettore potrà notare come anche gli apostoli abbiano inizialmente equivocato sulla funzione di Gesù, pensando che dovesse fondare il regno terreno di Israele.

Tra le maggiori sette si ricordano: farisei, sadducei, esseni e zeloti, cui vanno aggiunte correnti minori costituite da battisti, nazareni, erodiani e forse altre ancora. Queste correnti di pensiero e di azione erano indifferentemente presenti in tutte le tribù. Un discorso a parte meritano i samaritani che erano considerati ebrei impuri, una vera e propria etnia diversa e, sul piano dottrinale, scismatici. (In questo lavoro sono prese in considerazione solo le sette richiamate nei Vangeli.)

In quel contesto si sviluppò la tradizione rabbinica, che distingue la Legge scritta, ossia la Torah, codificata nel Pentateuco, dalla Legge orale, la Torah orale, codificata nella Mishna e nel Talmud. Entrambe sono considerate di origine divina, poiché rivelate contemporaneamente da Dio a Mosè sul monte Sinai. Per vivere secondo la Torah, un ebreo era ed è tenuto ad osservare, ancor oggi, i precetti che si applicano alla sua condizione. Nessuno ha l'obbligo di osservarli tutti, perché alcuni riguardano solo i sacerdoti, altri soltanto i re e così via. Fra questi, la circoncisione, l'osservanza del sabato e dei divieti alimentari, oggi come ieri, sono precetti comuni e fondamentali della religione ebraica.

LE TRIBÙ D'ISRAELE

Ebreo che suona il corno sacro, detto shofar, che annuncia l'inizio dell'era messianica
Ebreo che suona il corno sacro, detto shofar, che annuncia l'inizio dell'era messianica

Nell'accingerci a parlare della società giudaica, torna utile accennare brevemente alle tribù. Queste erano i dodici gruppi, legati da vincoli di parentela, nei quali si suddivideva il popolo ebraico ai tempi dell'Antico Testamento. Ciascuna delle tribù si riteneva discendesse da uno dei dodici figli di Giacobbe (chiamato anche Israele) e ne portava il nome.

Nella Genesi si racconta che Giacobbe, rifugiatosi a Haran presso lo zio materno Labano per sfuggire all'ira di Esaù con cui aveva barattato i diritti della primogenitura per un piatto di lenticchie, si innamorò della graziosa cugina Rachele.

Per averla in moglie, lavorò gratis sette anni per suo zio. Alla fine del periodo, furono celebrate le nozze che egli credeva con l'amata Rachele. Invece il suocero, la prima notte di nozze, gli fece trovare nel letto la figlia maggiore Lia, non bella e con difetti agli occhi. Il mattino seguente, accortosi dell'inganno, Giacobbe ne chiese ragione a Labano, il quale gli disse che non era uso maritare la figlia minore prima della maggiore ma gli promise di dargli anche Rachele.

Trascorsi i sette giorni prescritti in cui Giacobbe fu costretto a giacere con Lia, finalmente poté sposare Rachele, ma dovette lavorare gratis altri sette anni per riscattare anche la seconda moglie.

Il rapporto tra le due sorelle non era certo facile e si contendevano il favore del loro uomo con ogni mezzo, generando situazioni che oggi potremmo dire boccaccesche. Lia fu subito feconda ed ebbe quattro figli: Ruben, Simeone, Levi e Giuda, mentre Rachele rimaneva sterile. Come era d'uso in quei tempi in casi del genere, Rachele, per dare al marito eredi "venuti" da lei, gli fece mettere incinta la sua serva Bala, la quale partorì due volte: Dan e Naftalì, che ella considerò come suoi figli.

Un precedente famoso di questa usanza, che oggi ci ricorda quella dell'utero in affitto, ci viene riferito sempre dalla Genesi: la moglie di Abramo, Sarah, che non aveva avuto figli ed era ormai molto vecchia, diede la sua schiava egiziana Agar al marito perché gli generasse in sua vece una discendenza e questa partorì Ismaele. Poi, per l'intervento divino, anche Sarah partorì Isacco. Agar e suo figlio furono però allontanati perché il solo erede legittimo era oramai Isacco.

Dalla discendenza di questi avrebbe avuto origine il popolo ebraico, mentre da quella di Ismaele, quello arabo. Per quell'allontanamento, tra i due fratelli non corse buon sangue e la rivalità atavica tra i due popoli è fatta risalire proprio a quella esistente tra i due progenitori. Un confronto dei DNA, eseguito su campioni rappresentativi dei due popoli, effettivamente mostrò che esiste un'affinità genetica, confermando la già nota comune origine semitica.

Attraversando un periodo di infertilità, anche Lia, pur di mantenere l'interesse di Giacobbe per lei, gli fece possedere la sua serva Zelda che generò Gad e Asher. Finalmente anche Rebecca restò incinta e partorì Giuseppe. Successivamente Lia barattò con lei il posto nel letto di Giacobbe e partorì altre tre volte, Issacar, Zabulon e Dina, l'unica femmina della numerosa nidiata.

Rebecca rimase incinta una seconda volta e morì di parto dando alla luce Beniamino. Nella Genesi, tutti i nomi dati dalle due sorelle ai loro figli rispecchiano nel significato lo scontro tragicomico che c'era tra loro.

Dina fu posseduta con la violenza da un giovane non ebreo, che si era follemente innamorato di lei. I fratelli della ragazza però lo uccisero con l'inganno, nonostante egli volesse sposarla a tutti i costi e si fosse anche fatto circoncidere per entrare nel suo clan. Ciò si interpreterebbe come l'annullamento di una potenziale tribù matriarcale non pura, che avrebbe avuto Dina per capostipite.

Le tribù di Simeone e di Giuseppe scomparvero presto. Ne nacquero però altre due che facevano capo ai figli di Giuseppe, Efraim e Manasse, avuti dalla moglie Asenet, figlia del sacerdote egiziano Putifarre e che Giacobbe adottò come figli suoi in punto di morte. Questo episodio assolve gli ebrei dall'eventuale accusa di razzismo che si potrebbe avanzare loro dalla vicenda di Dina: infatti sia Efraim che Manasse erano di sangue misto, essendo egiziana la loro madre.

Le tribù che hanno generato Israele vivevano circondate da potenti popolazioni cui sono sempre state sottomesse. In una situazione di disperante subordinazione, la cultura ebraica si sviluppò come una cultura chiusa, in cui giocarono un ruolo centrale l'anelito al riscatto nazionale e l'unità di fronte all'oppressore.

Quando il popolo d'Israele, guidato da Giosuè, si ristabilì in Palestina (verso il 1200 a.C.), il paese fu suddiviso in undici parti, in ognuna delle quali si stabilì una tribù. Alla tribù di Levi, i cui membri (i leviti) svolgevano il servizio sacerdotale, non fu assegnato alcun territorio.

La tribù di Giuda, la più numerosa, occupò la parte meridionale del paese. Alla morte di Salomone (IX secolo a.C.) la parte nord del paese, in cui predominavano le tribù di Efraim e di Manasse, si separò dalla tribù di Giuda, mantenendo il nome di regno di Israele o regno del Nord ed eleggendo a capitale Tirzah presso Shechem. Responsabile di questa scissione, nonché primo re del regno del Nord, fu Geroboamo.

La tribù di Giuda (quella di Simeone era già confluita in essa), con la tribù di Beniamino (nel cui territorio si trovava Gerusalemme) e quella di Levi, che non aveva territorio, costituì il regno di Giuda, più piccolo di quello del Nord, su cui regnò inizialmente un figlio di Salomone, Roboamo. Successivamente la regione corrispondente fu chiamata Giudea.

Tra i due regni fratelli non vi furono buoni rapporti e venivano spesso ai ferri corti. Dopo la caduta del regno di Israele ad opera degli assiro-babilonesi, rimanendo solo il regno di Giuda, le parole ebraismo e giudaismo sono diventate intercambiabili, sebbene non indichino espressamente la stessa cosa.

LA DIASPORA

Rabbini in preghiera al "Muro del pianto", resto dell'antico Tempio di Gerusalemme
Rabbini in preghiera al "Muro del pianto", resto dell'antico Tempio di Gerusalemme

Con questo termine s'intende la dispersione del popolo ebraico nel mondo. Non si tratta solo dell'effetto di deportazioni, ma piuttosto di esodi spontanei, causati da situazioni difficili in patria, come carestie, invasioni, turbolenze politiche, ecc.

Al tempo di Gesù, gli ebrei si erano già stabiliti da tempo in quasi tutti i paesi civilizzati di allora: vi erano comunità ebraiche in Italia, in Grecia, a Cartagine, in Alessandria, in Asia Minore e fino in Etiopia. Si calcola che circa quattro milioni di ebrei vivessero fuori dalla Palestina nei territori dell'impero romano. Ancora circa un milione vivevano stabilmente in Babilonia, mentre in Palestina se ne contavano circa due milioni e mezzo. Così, anche prima della distruzione del secondo tempio nel 70 d.C., gli ebrei della diaspora erano più del doppio di quelli viventi in Palestina (che nel Talmud è semplicemente indicata come "la Terra" anche ai giorni nostri).

Il rapporto tra gli ebrei della Palestina e quelli della diaspora è sempre stato molto stretto, allora come nei secoli successivi. Questi ultimi furono sempre gelosi custodi della propria identità culturale ed etnica grazie allo strenuo attaccamento alle loro tradizioni ed alla ferma convinzione nelle loro credenze religiose.

Non a caso tra loro erano molto frequenti i farisei mentre del tutto assenti erano i sadducei. Le loro convinzioni non furono mai intaccate, nemmeno quando furono a contatto con civiltà ben più sviluppate della loro - assira, egiziana, greca, romana - per cui, pur subendone il fascino, non vi fu mai assimilazione. Fa eccezione il periodo dell'esilio in Babilonia, ove l'assimilazione fu notevole.

Ci furono molti, come disse Ezechiele, che adoravano "divinita di legno e di pietra". Tuttavia rimase uno zoccolo duro che mantenne vivo l'orgoglio nazionale e le tradizioni religiose del popolo ebraico. Prova di ciò fu la stesura di buona parte della Bibbia - dalla Genesi al Libro dei Re - proprio durante l'esilio babilonese.

Ben diverso fu il comportamento degli ebrei di Palestina, per i quali la purezza religiosa era meno sentita. Per esempio, nel regno del Nord, in più riprese fu introdotto il culto del dio babilonese Baal. Anche nel successivo periodo ellenico, gli dei olimpici ebbero una certa diffusione, particolarmente tra le classi più evolute, che accettarono di buon grado l'influenza culturale greca prima e romana dopo. Il popolo invece restò più attaccato alle sue tradizioni ataviche.

Fonti

Schürer Emil, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C.-135 d. C.). Vol. 1; Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C.-135 d. C.). Vol. 2; Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C. -135 d. C.). Vol. 3/1; Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C. -135 d. C.). Vol. 3/2, 1980, Paideia;

Paul André, Il mondo ebraico al tempo di Gesù, 1980, Borla;

Horsley Richard A., Hanson John S., Banditi, profeti e messia. Movimenti popolari al tempo di Gesù, 1980, Paideia

Il mondo della Bibbia (2002). Vol. 5: Giuseppe Flavio storico al tempo di Gesù, 1980, Elledici

Lemonon Jean-Pierre, Richard François, Il mondo dove visse Gesù. Vol. 1: Gli ebrei e l'impero romano ai tempi di Gesù, 1980, ESD-Edizioni Studio Domenicano

Punton Anne, Il mondo di Gesù. I luoghi e gente che ha conosciuto. strade che ha percorso.Abitudini e i costumi dei suoi contemporanei, 1980, Elledici

Costantino Biglietto (morto nel 2019)


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Nuovo Testamento - Sez. Religioni - Sez. Storia
 - Stampa pagina
Scarica PDF

Ricerca nel libro

powered by TinyLetter

Translate:

Acquista il libro su Amazon
cristianesimo primitivo

Sia il PDF che il libro su Amazon non contengono tutti i testi presenti in questo ipertesto.


Info | Note legali | Contatto | Facebook | Twitter | Youtube