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LA PROSPETTIVA

Picasso ha dimostrato che non è la prospettiva che dà senso alla figura-azione umana. Esattamente come nelle icone bizantine. Con una differenza però: mentre le icone acquistavano il loro senso all'interno di un contesto architettonico (il tempio o l'abitazione del credente), per cui non avrebbero potuto essere collocate in un museo e, oltre a questa collocazione, erano dotate di un background di tradizioni culturali-ecclesiali, in cui il pittore si riconosceva; in Picasso invece, nei cubisti e in genere in tutta l'avanguardia artistica del Novecento e, se vogliamo, in tutta la pittura occidentale a partire da Giotto, l'artista non è che un individuo isolato, alle prese col proprio genio creativo, che vuol cercare d'imporre all'attenzione di una società i cui criteri di vita sono fondamentalmente borghesi.

In particolare nei cubisti ma anche in tanta avanguardia artistica d'inizio Novecento, si trova spesso un'interiorità sofferta, una coscienza inquieta, la percezione di una inadeguatezza rispetto alla realtà borghese, che porta a espressioni formali o stilistiche di rottura, di contestazione, anche molto forti.

Nella loro produzione non sono più i soggetti (artistici) ad acquistare un senso all'interno di uno spazio-tempo definito, consolidato, ma è lo spazio-tempo a diventare funzione della mancanza di senso dei soggetti. Lo spazio-tempo si deforma perché l'uomo è deformato, alienato. Non è uno spazio-tempo deformato dall'importanza positiva dei soggetti, come nelle icone bizantine, dove i soggetti sono chiaramente riconoscibili, idealizzati sì, ma toccanti, persuasivi, coinvolgenti. In Picasso e nel cubismo i soggetti sono irriconoscibili, maschere di se stessi: lo spazio-tempo è deformato proprio perché viene percepito come senza senso e l'uomo vi si trova immerso in maniera casuale, come è casuale il significato della vita.

Picasso vuole porsi fuori da un contesto semantico vero e proprio, esattamente come i suoi personaggi, proprio perché egli si pone in antitesi allo spazio-tempo di quel periodo che va dalla fine dell'Ottocento alla prima guerra mondiale. I suoi dipinti - lui stesso lo dirà - avevano la funzione di esorcizzare la coscienza dai condizionamenti di un mondo impossibile.

Per un artista del genere, che vive l'ideologia del suo tempo in maniera sofferta, come artista sradicato, dal comportamento individualistico se non anarchico, comunque lontano dal sentire borghese convenzionale, che è pago di sé, dei propri successi, il contesto, la prospettiva, lo sfondo non hanno alcun valore.

Per un artista che rifiuta la logica convenzionale del post-impressionismo, non possono esserci prospettive definite, sicure, ma solo punti di vista relativi, osservatori plurimi, piani sfaccettati, asimmetrici, anzi del tutto irregolari, perché volutamente deformati, perché più vicini a un sentire ribellistico, che a una rappresentazione simbolica, realistico-borghese, logico-matematica: di Cézanne infatti Picasso prenderà la svalutazione delle forme realistico-figurative, ma solo dopo averle trasfigurate all'interno di tradizioni o meglio di suggestioni non occidentali, come la pittura egizia e la scultura tribale africana e iberica.

Le figure a destra, quelle che hanno creato il cubismo, violano tutti i canoni della prospettiva tradizionale occidentale, ma anche i canoni della mancanza di prospettiva della iconografia bizantina, poiché il soggetto è irriconoscibile: non è neppure una maschera tribale in cui l'africano possa riconoscersi, quale rimando a una cultura, a una tradizione, a un contesto ben definiti.

E' piuttosto una pura provocazione, una sfida lanciata all'osservatore, in fondo un gioco intellettuale, se non celasse dietro un dramma esistenziale, un vuoto da colmare.

Sono figure scomposte, come dipinte in più pose, in varie forme, figure in movimento astratto (come poi si ritroveranno anche in molti quadri futuristi), ma il cui movimento non è dato dallo sguardo interiore, dal movimento degli occhi, che qui non esistono in quanto sostituiti appunto da una maschera, ma dall'artificio astratto delle varie pose e movenze arbitrariamente giustapposte, sovrapposte tra loro, come in un montaggio scherzoso, sperimentale, certo da non presentare a un pubblico impreparato. Braque, quando vide il quadro, dichiarò: "Mi fece sentire come se qualcuno stesse bevendo benzina e sputasse fuoco".

E' come se i vari tentativi di provare la prospettiva si fossero conclusi con la sua totale negazione. Qui la prospettiva occidentale giunge davvero al capolinea. Dice Andrè Salmon: "Picasso era turbato! appoggiò le tele al muro e depose i pennelli… per giorni e notti intere disegnò, concretizzando dal punto di vista espressivo le idee astratte e riducendone il risultato alle componenti essenziali. Non vi fu mai ricerca più ardua...".

Per far sopravvivere l'io come maschera, Picasso è stato costretto a ricomporlo in maniera artificiosa, intellettualistica, usando una sorta di "prospettiva di multi livello", in cui più movenze del soggetto sono racchiuse in una sola. La sua pittura infatti vuole sì essere di rottura emotiva, esistenziale, ma sempre all'interno di un'operazione logico-concettuale, che eredita la lezione di Cézanne e dell'impressionismo francese, ma che nello stesso tempo si serve del primitivismo africano per ribaltarne i contenuti razionali.

Homolaicus - Ultima modifica: 05 agosto 2013 - Sez. Arte