L'ATEISMO DI SPINOZA

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L'ATEISMO DI SPINOZA

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SPINOZA

Inizialmente Spinoza non fu in tanto ateo in quanto anticristiano, ma, essendo egli ebreo, in quanto antiebraico. E non fu ateo in quanto odiava l'ebraismo, ma in quanto non credeva nell'esistenza di alcun dio supremo, che fosse assolutamente superiore alla natura. Poi, in quanto ateo, egli inevitabilmente prese le distanze anche dal cristianesimo e da qualunque altra religione.

Egli dunque partì col contestare l'ebraismo solo per un motivo incidentale: in realtà era giunto a conclusioni che andavano ben oltre la sua religione di appartenenza giovanile. Egli infatti volle sviluppare in maniera ancora più rigorosa l'ateismo cartesiano, approfondendo, sul piano metafisico, le pretese del cogito. Si spinse così in là che persino i seguaci di Cartesio lo contestavano.

Tuttavia se si pensa di poter trovare nelle sue opere una trattazione esplicita del tema dell'ateismo, si resterà molto delusi, poiché qui non si ha a che fare con un filosofo libero di esprimere il proprio pensiero. Spinoza fu forse uno dei pochi che scatenò su di sé le ire congiunte di ebrei, cattolici e protestanti proprio sulla sua concezione di "dio".

Come già Cartesio prima di lui, Spinoza dovette avventurarsi in una jungla piena di insidie e pericoli, dove il più piccolo errore avrebbe potuto essergli fatale. I suoi accusatori furono così tanti (L. de Velthuysen, J. Thomasius, G. Ostens...) che alla fine lo misero a tacere. E pensare che l'Olanda del Seicento si vantava d'essere la nazione culturalmente più libera d'Europa, tanto che ospitava volentieri gli esiliati deisti ed empiristi dall'Inghilterra.

Sul piano metodologico generale bisogna dire che quando si prendono in esame filosofi del genere, costretti a vivere in ambienti aperti nei confronti delle religioni ma non nei confronti dell'ateismo, l'ambiguità linguistica, sempre ben visibile nelle loro tesi, non va vista come un limite ma come un modo di sopravvivere: si usano tutte le sfumature possibili dell'intelletto. Non dimentichiamo che la sua opera venne qualificata anche con aggettivi come idealistica, spiritualistica e persino mistica. In tal senso si può dire che l'interpretazione più corretta del suo pensiero bisogna farla risalire alla Sinistra hegeliana (Feuerbach, Strauss...), su cui però qui non possiamo soffermarci.

L'accusa di ateismo venne indirizzata a Spinoza sin dal 1656, anno in cui fu espulso dalla comunità ebraica di Amsterdam (dopodiché fu costretto a lasciare la stessa città). La sua Ethica, che lo tenne impegnato per quattordici anni, fu pubblicata postuma. Anzi l'unico testo che volle editare col suo nome furono i Principi della filosofia cartesiana, con gli annessi Pensieri metafisici (1663). Quando, sette anni dopo, pubblicò anonimo il Trattato teologico-politico, era già abbondantemente inviso agli ambienti clericali, tanto che persino l'editore preferì celare il proprio nome e il luogo della pubblicazione.

Le direzioni fondamentali in cui si svolgeva l'accusa di ateismo erano sostanzialmente quattro:

  1. assoggettando tutto alla legge della più rigida necessità, la libertà dell'uomo viene ridotta a un nulla, per non parlare del suo rapporto con dio;
  2. dio viene identificato coll'universo, ove le leggi della materia sono necessarie e inviolabili, indipendenti dalla stessa volontà divina;
  3. l'etica è completamente separata dalla religione, avendo proprie leggi;
  4. la ragione non può interpretare la Bibbia considerando tutti gli aspetti sovrannaturali come una forma di superstizione.

Dopo aver preso le mosse da Cartesio, per il quale il pensiero o lo spirito (res cogitans) e la materia (res extensa) erano del tutto autosufficienti nella loro esistenza ricevuta da dio, Spinoza volle fare un passo in avanti, sostenendo che se l'uomo è potenzialmente come dio (in quanto col cogito si autopone), allora a maggior ragione lo è la natura, che non ha certo i limiti e le contraddizioni dell'essere umano. Anzi, a ben guardare - dice Spinoza - parlare di una indipendenza dell'uomo da dio non ha senso, neanche se questo dio fosse sostituito con la natura. Il soggetto umano è un ente di natura che deve sottostare alle leggi universali e necessarie di quest'ultima. Quindi l'unica vera infinita sostanza è l'universo, ove libertà e necessità coincidono, mentre all'uomo non resta che adeguare la propria libertà alla necessità della natura, cioè alle sue leggi eterne e immutevoli.

Naturalmente Spinoza non poté parlare in termini così espliciti, ma che la sostanza del suo discorso fosse questa è testimoniato appunto dal fatto che venne immediatamente accusato di ateismo. A quel tempo, per rischiare un'accusa del genere, era sufficiente equiparare dio alla natura, pur non mettendone in discussione né l'esistenza né l'attribuzione di qualunque forma di assolutezza alla sua entità. E tale accusa era spesso associata a quella di immoralità. Non dimentichiamo che il tomismo e la Scolastica erano ancora oggetto d'insegnamento nelle scuole e nelle università, tant'è che Spinoza, per giustificare il proprio ateismo, si servì di tesi teologiche elaborate dai nominalisti, da Suarez, da Avicenna ecc.

Quando assunse la propria difesa fece in qualche modo capire che non aveva alcun interesse a criticare questa o quella confessione, in quanto il vero problema per lui era "filosofico" non "teologico", cioè quello di come porre le fondamenta di un'etica indipendente da ogni religione. E infatti nella sua famosa formula, Deus sive Natura, egli poneva la coincidenza dei due enti, affermando che qualunque fede religiosa poteva arrivarvi. Che poi Dio fosse la Natura o la Natura Dio, ciò dipendeva dal punto di vista che si assumeva: etico o religioso. Quel che resta - diceva Spinoza - è il fatto che sia l'ateo sia il credente devono conformare interiormente la loro libertà a una necessità che li supera infinitamente.

Il suo determinismo monistico era assoluto, come quello idealistico di Hegel o materialistico di Marx, che infatti apprezzavano enormemente questo eretico impenitente. Le accuse di panteismo o panenteismo che gli vennero mosse, restano del tutto insignificanti. Nella prima redazione dell'Etica non si trovava neppure il nome di dio, ma solo quella di natura: fu il suo traduttore latino, il medico L. Meyer, a metterlo col suo consenso, onde evitare immediate e pesanti accuse di miscredenza.

Il limite di Spinoza sta semmai altrove, non certamente nel suo ateismo. Egli infatti non sarebbe mai arrivato ad ammettere che è proprio l'essenza umana all'origine dell'universo e che il segreto della sostanza della natura, l'intelligenza e la sensibilità della materia cosmica è tutta racchiusa nella libertà umana di coscienza, e che ogni legge dell'universo è un nulla a confronto di questa libertà.

Come noto l'ateismo spinoziano non era di natura antropologica (come p.es. quello kantiano o feuerbachiano), ma era di natura cosmica. Tuttavia non gli riuscì mai di vedere le due cose coincidenti: l'umano gli appariva troppo limitato. E l'accusa che gli venne fatta d'immobilismo era in fondo pertinente. Un'esistenza senza libertà, che concepisce un ente di sola necessità, non ha movimento, e il movimento della libertà di coscienza è infinitamente superiore a qualunque necessità.

Fonti

www.fogliospinoziano.it

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015