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INTERPRETAZIONI CONTRASTANTI
I - II - III -
IV - V -
VI - VII -
VIII - IX
- Tantissime
sono le interpretazioni assegnate a questi personaggi che hanno acquisito con il passare
del tempo una valenza quasi trascendentale. Nati come abbellimento per un monumento
funerario sono divenuti, forse loro malgrado, dei protagonisti della loro stessa storia.
Per ammissione dello stesso Michelangelo non poterono essere collocati nellultima
versione della tomba di Giulio II, alla quale non si adattavano più.
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Lo schiavo morente, iniziato nel 1513 per la seconda versione
della tomba di Giulio II |
Lo schiavo ribelle, iniziato nel 1513 per la seconda versione
della tomba di Giulio II |
- In tutte
le figure, come già detto, vi è una forza plastica erompente, attraverso il contrasto
articolato della massa. I personaggi lottano, scalpitano, si dimenano, cercano di
sfuggire, "ma sfuggire da cosa?". Questo linterrogativo che tanti critici
e studiosi si sono posti. La risposta è tutta lì, in quella massa informe marmorea dalla
quale le figure emergono come da uno specchio dacqua. Staranno forse sfuggendo,
attraverso la morte, alla vita? Sarà lanima che si libera dal corpo? Michelangelo
è riuscito a rappresentare perfettamente ciò a cui noi non sappiamo dare un nome.
- I corpi
che si liberano quindi non rappresentano più la materia ma lo spirito,
vi è una sublimazione del corpo. La materia umana diventa idea che lotta contro la
materia del peccato. Linterpretazione cristiana di questa liberazione è una delle
tante; cè anche chi vede in questa incompiutezza il disagio di Michelangelo di
utilizzare la pietra (quindi "materia") al fine di rappresentare unidea.
- In
realtà, sebbene queste opere siano state spesso sovraccaricate del peso del simbolismo
più erudito ed esoterico, esse possono rispondere anche a interpretazioni più semplici.
Michelangelo era del tutto consapevole dei fondamenti del pensiero
neoplatonico contemporaneo i cui aspetti sono riflessi nella sua
poesia.
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- Non è
certo ch'egli pensasse di tradurre tali concetti in immagini visive. Le sue spiegazioni
sono troppo scarne e confuse per trarne un'idea sicura. Comunque, sostenere teorie
semplificate del simbolismo non vuol dire sottovalutare la grandezza di Michelangelo o la
complessità della sua opera. Una semplice spiegazione di base non esclude ulteriori
elaborazioni o misteri della sua arte.
- Sembra
infatti evidente che lintenzione dellartista fosse quella di rappresentare uno
stato danimo, una tensione dello spirito, comprensibile solo attraverso le emozioni.
Se avesse voluto dare un significato preciso lo avrebbe scolpito con grande maestria.
Inoltre non a caso ha evitato di rappresentare il volto: questo doveva servire per
spersonalizzare le figure in modo che lo spettatore potesse immedesimarsi meglio in quelle
emozioni.
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Diceva nel 1853,
il grande pittore francese romantico, Eugène Delacroix, a proposito
del modo di lavorare di Michelangelo: "una parte
dell'effetto prodotto dalle statue di Michelangelo è dovuto a certe
sproporzioni oppure alle parti incompiute, che accrescono
l'importanza di quelle finite. Mi sono spesso detto che, nonostante
l'opinione ch'egli poteva avere di sé, Michelangelo è più pittore
che scultore.
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Nella sua
scultura egli non procede come gli antichi, cioè per masse; sembra
sempre che abbia tracciato un profilo ideale, che ha in seguito
riempito, come fa un pittore.
Si direbbe che la sua figura o il suo gruppo gli si presenti
solamente sotto una faccia: come a un pittore".
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Cioè in
contrasto col principio delle vedute molteplici, che si affermerà
nei decenni seguenti, Michelangelo concepiva le sue immagini secondo
una veduta dominante, a somiglianza di un altorilievo.
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Il rapporto
dell'immagine col blocco marmoreo tende così a farsi inscindibile
e, come ha osservato E. Panofsky, "ciascuna delle sue figure è
assoggettata a un sistema volumetrico di rigidezza pressoché
egizia. Ma il fatto che tale sistema volumetrico sia stato imposto a
organismi di una vitalità assolutamente lontana dagli schemi egizi,
crea l'impressione di un conflitto interiore senza fine".
Mauro Scozzi |
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