BISOGNA UCCIDERE L'ARTE MODERNA. CIO' SIGNIFICA CHE BISOGNA UCCIDERE SE STESSI SE SI VUOLE REALIZZARE QUALCOSA IN FUTURO.

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INTERPRETAZIONE PSICOLOGICA

L'essere umano, europeo, dei primi del Novecento, non ha più un'identità precisa: deve apparire irriconoscibile. Non c'è più una prospettiva ordinata in cui inserirlo, non ci sono spazio-tempo definiti, ordinati, in cui acquista senso il proprio essere. Tutto diventa relativo, approssimato. E' il caos che domina, l'indeterminato.

La società non offre speranze di una vita migliore: queste speranze sono state distrutte nel 1848 e negli anni delle unificazioni nazionali (col tradimento della rivoluzione da parte della borghesia), nel 1871 (con la sconfitta della Comune di Parigi), nella pratica del colonialismo e del militarismo che lo sostiene e della rivoluzione tecnico-scientifica, al servizio del grande capitale. Se qualcuno può aspirare a un miglioramento della propria vita, si tratta sempre dei ceti borghesi. E anche gli artisti devono adeguarsi alla inesorabile legge del profitto.

Non avendo più un'identità di sé, all'uomo non resta che fingere di essere qualcosa di diverso, non resta che assumere degli atteggiamenti diversi a seconda delle circostanze. L'uomo diventa "uno nessuno e centomila", tante maschere diverse. E ogni maschera ha il suo diverso significato.

L'idea di essere umano definito, normale, rappresentabile, armonico è morta, anche se non ancora sepolta, poiché è comunque un essere umano che vuole vivere, che non vuole fuggire dalla realtà, come Gauguin, o spararsi, come van Gogh.

La Francia ha già i suoi poeti maledetti: Rimbaud (1854-91), Verlaine (1844-96), Baudelaire (1821-67), perché non dovrebbe avere anche i suoi pittori maledetti?

Qui domina l'aggressione della forma artistica, tra l'ironico e il drammatico, ma di lì a poco dominerà l'aggressione politica, di Stati contro altri Stati, in forma tragica.

Picasso ha voluto rompere con tutte le tradizioni perché nella cultura occidentale l'artista, per affermarsi come tale, avverte il bisogno di distinguersi da ciò che lo precede.

A partire da Giotto, l'arte occidentale non ha più lo scopo di porsi all'interno di una tradizione costituita: quando fa questo, viene generalmente giudicata dai critici come un'arte di basso livello.

In occidente, nella cultura artistica borghese, vige il principio secondo cui una corrente artistica che abbia la pretesa di dirsi nuova, deve anzitutto porsi in antitesi a qualcosa che la preceda. Il soggettivismo in campo artistico è appunto la volontà di essere diversi ad ogni costo.

Si deve rompere con il passato, giudicato sempre "accademico", anche quando in realtà non lo è stato, almeno nella fase iniziale, come appunto fu il caso dell'Impressionismo, e creare qualcosa di inedito, anche a costo di arrivare alla fine di ogni concezione artistica tradizionale. Per il giovane Picasso persino l'Impressionismo francese costituiva una forma del passato da superare.

Il ribellismo di fondo del giovane Picasso gli proveniva dalla stessa arte occidentale, benché il recupero del tribalismo pittorico avesse in realtà origini iberiche, da sempre in contatto con civiltà antiche: amerinde e africane.

L'artista è convinto di poter essere libero proprio in questa continua forma autoemancipativa, in cui la discontinuità è molto più forte della continuità. Nel giovane Picasso è acuta l'esigenza di sperimentare continuamente nuove modalità espressive, soprattutto dopo la rottura definitiva col proprio passato iberico convenzionale, accademico.

Forse per questo Picasso non sarebbe diventato grande anche restando in Spagna? Il suo genio, in realtà, era stato immediatamente riconosciuto in Spagna.

Scheda critica di Nacher

Homolaicus - Ultima modifica: 05 agosto 2013 - Sez. Arte