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GIACOMO IL MINORE, FRATELLO DI GESU'
Controversie sul ritrovamento di una tomba

a cura di Giovanni Santangelo

Di questo autore vedi anche il testo su Barabba

PREMESSA

Prima ancora della straordinaria notizia del ritrovamento della tomba di Giacomo, ero impegnato a cercare dati, fonti storiche e notizie su quest'uomo.

Il lettore assisterà alla riaffermazione del fatto che Maria ebbe altri figli e che, quindi, Gesù aveva altri fratelli.

L'articolo si dividerà in due parti: la prima tratterà della scoperta della tomba di Giacomo, mentre la seconda cercherà di ricostruirne la storia e soprattutto il ruolo che questo personaggio ha avuto nella storia del cristianesimo primitivo.

Non pochi infatti sono gli scritti che lo menzionano e ne danno un'immagine chiara. Anche nella letteratura e nella narrativa questa enigmatica presenza è stata presa in considerazione.

Un esempio è dato dal grande scrittore libanese Gibran Kahlil Gibran che nel suo libro Gesù figlio dell'uomo (settantasette monologhi per descrivere il Cristo attraverso i personaggi del Vangelo) parla appunto di lui nel brano intitolato "Giacomo fratello del Signore: l'ultima cena".

Inoltre rilevante importanza è data a Giacomo nel libro di Robert Lomas e Cristhopher Knight Il secondo Messia.

Cosa molto importante da ribadire è che il Giacomo di cui si parla è il discepolo e fratello di Gesù, detto "il minore" o "il Giusto", da non confondere con Giacomo figlio di Zebedia (o Zebedeo), discepolo e cugino di Gesù, detto "il maggiore" (secondo un ordine "gerarchico" che la Chiesa ha imposto per distinguere i due discepoli).

LA SCOPERTA DELLA TOMBA

Novembre-Dicembre 2002: smarrimento e angoscia soprattutto nel mondo cattolico, che non a caso sin dal primo giorno ha cercato di minimizzare o ha finto di ignorare la straordinaria scoperta.

La scoperta di cinque parole scolpite nella pietra che, ignorate e indisturbate, hanno attraversato duemila anni di storia. Un'iscrizione tombale che ha fatto clamore in quanto è stata definita la prima testimonianza archeologica dell'esistenza di Gesù Cristo e della rivelazione di uno dei misteri che lo avvolge: i fratelli carnali, o meglio, il qui citato fratello carnale Giacomo.

Già, perché la tomba scoperta porta, nell'iscrizione, un messaggio chiaro: Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù!

Notizia che non poteva rimanere nascosta, soprattutto se si pensa al fatto che chi ha scoperto l'urna e la sua iscrizione è Andrè Lemaire, professore di Filologia ed Epigrafia ebraica alla Sorbona di Parigi.

Lemaire, già noto per altri studi del genere, era stato invitato dall'Università ebraica per un periodo di ricerca a Gerusalemme con il compito di analizzare iscrizioni ebraiche. Per sei mesi, dall'aprile al settembre del 2002, lo studioso si è dedicato allo studio della lingua aramaica (la lingua di Gesù) fino a quando, casualmente, non è capitata l'inaspettata sorpresa.

Iscrizione della tomba di Giacomo, scritta in aramaico e tradotta da Lemaire.

Secondo la testimonianza dello studioso l'episodio di questa scoperta è avvenuta visionando delle fotografie di reperti archeologici di un amico. Tra queste foto lo ha colpito una in particolare in cui vi era l'iscrizione in aramaico di un'urna di pietra risalente al I° secolo dell'era cristiana. La scritta, di cinque parole, diceva: "Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù".

La tomba di Giacomo

Lemaire, ovviamente, si è subito accorto della particolarità della scritta e l'ha analizzata ricostruendo quanto riportato sull'urna. Vedremo, infatti, come ci sia stata la ricostruzione della scritta tramite le trascrizioni effettuate su di essa.

"ANALISI" DELL'ISCRIZIONE E AUTENTICITA' DELLA TOMBA

Questa notizia si è presto diffusa in tutto il mondo suscitando reazioni opposte. Secondo alcuni studiosi è un falso in quanto troppo perfetta per essere vera. Secondo altri l'argomento sarà uno dei "tormentoni" dei prossimi anni in ambito scientifico.

In ogni caso l'autenticità del reperto è stata verificata dai più qualificati esperti del settore tramite test effettuati sia sulla pietra calcarea dell'ossario che sui residui di terra e altri elementi in esso rinvenuti.

Lemaire infatti spiega: "Ho analizzato l'iscrizione e l'ossario e non ho trovato nulla che potesse farmi pensare ad un falso. Le lettere sono state incise con un carattere corsivo usato solo dal 10 al 70 d.C.". Tutto ciò avvalora la scoperta, in quanto la morte di Giacomo è datata all'anno 62 d.C. La stessa iscrizione ha "subìto" un processo per quanto riguarda la sua traduzione. Sotto, infatti, è presentata la ricostruzione di tale processo.

La figura sopra riproduce la scritta originale incisa nell'urna. Da qui si è passati alla prima trascrizione dei caratteri aramaici in caratteri latini che ha dato il seguente risultato:

y' qwb br ywsp ‘hw ywsw'

Si possono notare cinque gruppi di lettere che corrispondono ad altrettante parole. Dopo questo, Lamaire ed altri studiosi sono passati alla seconda trascrizione, in cui, aggiungendo le vocali, si è avuto il seguente risultato:

Ya'aqov bar Yoseph ‘aho Yoshu'a

Fino ad arrivare alla traduzione finale:

Ya'aqov bar Yoseph akhui Yeoshua

E quindi:

Giacomo figlio di Giuseppe, fratello di Gesù

Per quanto riguarda l'urna, è uguale a quelle usate dagli ebrei per i riti funebri tra il 20 a.C. e il 70 d. C.

Si tratta di una scatola in pietra calcarea larga 25 centimetri, alta 30,5 e lunga 50,5 in cui venivano riposte le ossa del defunto un anno dopo la sua morte.

L'urna di Giacomo è stata trovata nei pressi del Monte degli Ulivi, una zona ad est di Gerusalemme in cui si trovano molte tombe ebraiche.

Sull'autenticità dell'ossario, confermata dal Geological Survey di Israele, gli esperti hanno osservato la patina che ricopre l'iscrizione affermando che si tratta di uno strato di sedimenti che si forma con il passare del tempo sugli oggetti antichi, in particolare su quelli che si trovano a contatto con la terra. E' la patina stessa, quindi, a raccontare la storia della tomba.

Inoltre nell'iscrizione non sono state rinvenute tracce di pigmenti moderni , né segni dovuti ad attrezzi successivi alla costruzione. In più, la patina aderisce perfettamente alla roccia rivelando così che l'incisione non è stata aggiunta dopo. Cade così l'ipotesi che qualcuno voleva creare un falso storico.

IL PROBLEMA DEL NOME GESU'

Un problema che è nato dalla traduzione dell'iscrizione è dato dal fatto che sia citato il nome del fratello del defunto.

Infatti, è risaputo che nella tradizione ebraica, nelle iscrizioni funebri veniva indicato il nome del morto e di un suo genitore (quasi sempre il padre).

In questo caso ci troviamo di fronte a una particolarità, poiché, nel caso di Giacomo appunto, compaiono sia il nome del padre che del fratello.

Lemaire, come altri studiosi, ha dichiarato che la citazione di un fratello su un ossario è rara. Arrivando quindi a sostenere che, probabilmente, il fratello di questo personaggio chiamato Giacomo, era molto importante, come poteva esserlo Gesù.

Da tale fatto lo studioso è andato alla ricerca di un collegamento tra il Gesù dell'urna e il Cristo della religione, in quanto, nella tomba, Giacomo non è chiamato "il Giusto" (come veniva chiamato dalla comunità ebraica del suo periodo), né tanto meno compare notizia che il citato fratello venisse da Nazareth o che fosse il Messia.

C'è da dire anche che i nomi menzionati nell'urna, Giacomo, Giuseppe e Gesù, erano nomi comunissimi nella Gerusalemme del I° secolo e che, quindi, si potevano calcolare una ventina di persone di nome Giacomo, a loro volta figli di persone che si chiamavano Giuseppe e che erano fratelli di persone di nome Gesù!

Con i dati a disposizione non si può uscire dal campo della probabilità, ma ci sono indizi che vanno verso l'identificazione di Gesù con il Cristo dei Vangeli.

Infine, secondo quanto affermato da Lemaire, forse il fratello di questo Giacomo aveva un ruolo importante e particolare nella cerimonia funebre. Probabilmente era un personaggio famoso e la morte di Giacomo è collegata a questa figura.

Quindi, alla luce di tutto ciò, l'identificazione di "Giacomo, figlio di Giuseppe e fratello di Gesù" con il discepolo Giacomo "il minore" o "il Giusto", fratello del Messia è estremamente probabile.

Il riquadro evidenzia la parola

PER CAPIRE IL PERSONAGGIO

Questo capitolo cerca di ricostruire chi era Giacomo e che ruolo ha avuto nella storia del cristianesimo primitivo.

Per molti è già un mistero se la tomba ritrovata possa essere connessa alla figura di Gesù; per il sottoscritto, invece, è un mistero come Giacomo sia rimasto "nascosto" per duemila anni alla conoscenza pubblica pur essendoci degli scritti che ci parlano chiaramente di lui.

Ovviamente tale condizione ci porta a pensare che volutamente lo si sia voluto tenere nascosto di proposito, in quanto, in secoli di dominio spirituale, la Chiesa cattolica ha ritenuto opportuno non rivelare il fatto che Gesù avesse fratelli, perché sconveniente.

Basandosi sempre sull'idea errata che "i fratelli di Gesù" fossero "fratelli di spirito o cugini (?)" la Chiesa di Roma ha costruito il proprio potere alterando, eliminando o, addirittura, cambiando alcune parti di scritti sacri che parlano chiaramente di tale tema e di Giacomo in particolare.

Vedremo infatti come ci siano testimonianze su questo personaggio e come gli autori inglesi, Robert Lomas e Chistopher Kinight, nel libro Il secondo messia, abbiano ricostruito la storia di Giacomo il minore detto "il Giusto", attraverso scritti che parlano di lui. Il sottoscritto si fa quindi portavoce di quanto il lettore leggerà, dopo aver riscontrato direttamente quanto affermato negli scritti storici e prende posizione a sostegno di tali ipotesi.

UN UOMO NASCOSTO. LE TESTIMONIANZE

Giacomo detto "il Giusto". Chi era quest'uomo che oggi, quasi prepotentemente, si insinua nella storia sconvolgendo alcuni dogmi sia storici sia religiosi?

La risposta è per un verso semplice, per un verso misteriosa. Giacomo "il Giusto" è anzitutto uno dei dodici discepoli di Gesù che la Chiesa chiama "Giacomo il minore".

Ma la particolarità sta nel fatto che quest'uomo era fratello carnale del Messia. Infatti, assieme a Simone e Giuda ed alcune sorelle (le ultime scoperte hanno portato alla luce i loro nomi: Assia e Lidia), Giacomo faceva parte della famiglia di Gesù unitamente a Giuseppe e Maria di Nazareth.

Per quanto si sappia che Giacomo sia nato dopo Gesù (quindi figlio di Giuseppe e Maria) nel Protoevangelo di Giacomo (apocrifo del II° secolo) si dice che Giuseppe aveva avuto, da un precedente matrimonio, questo figlio.

Inoltre lo stesso scritto presenta Giacomo come "il figlio di Giuseppe che guidò l'asina su cui viaggiò Maria verso Betlemme".

Nonostante tutti questi tasselli di storia stiano venendo alla luce, c'è ancora chi nega tali scoperte. Eppure questo personaggio è stato sempre preso in grande considerazione dagli storici e da chi lo circondava.

Non pochi sono, infatti, gli scritti che lo menzionano: Marco nel suo Vangelo lo nomina, così come lo nomina anche S. Paolo.

Vediamo alcuni estratti che riguardano appunto Giacomo:

Anche lo storico Flavio Giuseppe parla di Giacomo nella sua opera Antichità Giudaiche e precisamente nel capitolo XX:

Queste le conferme di quanto detto prima. Davanti a tali prove non si riesce a comprendere come tutto ciò non sia stato preso con la dovuta considerazione.

LA STORIA DOPO CRISTO

Dopo la crocifissione di Gesù Cristo, il suo diretto successore non fu Pietro come molti pensano, bensì il fratello minore Giacomo, primo vescovo di Gerusalemme.

Se fino ad oggi ciò non è stato reso pubblico lo si deve alla Chiesa. La Chiesa è sempre stata dispensatrice delle "verità" della cultura occidentale, ma con il graduale emergere di prove incontrovertibili si è vista costretta a veder minata la secolare pretesa di infallibilità del papato.

Il ruolo di Giacomo, fratello di Gesù, ha rappresentato e rappresenta sempre una minaccia agli occhi della Chiesa cattolica romana, ed essa fin dalle sue origini ha manipolato la storia tacendo i fatti relativi a questa figura estremamente importante.

Ma andiamo per ordine. Giacomo, noto come "il Giusto", dopo la morte del fratello crocifisso, fu suo successore, offrendo una guida sia alla comunità nota come Chiesa di Gerusalemme sia agli ebrei della Diaspora (la dispersione degli ebrei nel mondo), tra cui, per esempio, le comunità stanziate ad Efeso, in Turchia, ad Alessandria e a Roma stessa.

Vescovo di Gerusalemme, Giacomo il Giusto era stato nominato dagli zeloti capo ufficiale del Tempio, in opposizione ai sommi sacerdoti sadducei o betusiani, favorevoli a Roma.

Il suo ruolo, legato al movimento nazoreo, fu ed è riconosciuto anche dai teologi cristiani che lo hanno definito il primo mebbaker o vescovo di Gerusalemme.

E' risaputo che costui indossava una mitra o mitria episcopale, un copricapo derivato dalla corona di Amon- Ri'e, dio creatore della città di Tebe, da cui l'ebraismo derivò le sue principali dottrine religiose.

Il geroglifico egiziano del dio creatore Amon-Ri'e.
Secondo la tradizione, Giacomo il Giusto portava tale copricapo religioso.
Si può ben notare come il copricapo sia molto simile alle mitrie usate oggi dai vescovi cattolici.

Ma qual è l'episodio che fa di Giacomo tale personaggio carismatico e amato dalla sua gente? C'è un fatto molto importante che porterà alla sua morte.

Nei capitoli che vanno dal 66 al 70 delle Clementine recognitiones si legge del discorso pubblico tenuto da Giacomo presso il Tempio sulle dottrine del fratello Gesù, e delle sue risposte ad alcune domande postegli dai famosi rabbini Gamaliele e Caifa.

L'eloquenza e la logica di Giacomo stavano per conquistare la piena approvazione dell'uditorio quando un nemico (in cui molti studiosi riconoscono S. Paolo e su cui torneremo più avanti) provocò un gran trambusto.

Fu in quel momento che Anania, colui che aveva convocato il Sinedrio accusando Giacomo di aver infranto la Legge, gli pose una domanda che doveva probabilmente racchiudere un segreto conosciuto solo da Giacomo e che nessun studioso ha ancora capito:

"Giusto, a cui tutti noi dobbiamo obbedienza…. Dicci qual è la porta di Gesù" (Sha'ar- Yeoshu'ah in aramaico).

Secondo quanto dice Eusebio, storico ecclesiastico del III° secolo d. C., Giacomo, deciso a non esporre le proprie convinzioni a quegli ebrei da lui considerati inferiori, replicò un'affermazione che alle orecchie dei suoi inquisitori risultò del tutto offensiva.

Essi allora presero il vescovo e lo gettarono giù dalle mura del Tempio, lo lapidarono e uno di loro, uno della folla, preso il legno con cui batteva i panni, lo colpì alla testa uccidendolo. Era l'anno 62 d. C.

L'anno dopo, nel 63 d. C., le sue ossa venivano poste nell'urna trovata oggi. Il mistero più grande comunque è: perché non ci sono rimaste prove documentate sulla Chiesa di Gerusalemme? E perché Giacomo non ha avuto, nella storia e nella religione cristiana, la stessa importanza data a Pietro e a Paolo, visto che il primo leader della comunità ebraica è stato lui, dopo Gesù Cristo?

PAOLO. LE CONTRAPPOSIZIONI SULLA DOTTRINA RELIGIOSA DI GIACOMO

Tale parte si articola attraverso la storia e le ipotesi sulla nascita del cristianesimo e le contrapposizioni tra Giacomo e Paolo.

Circa tre anni dopo la morte di Gesù, giunse in Israele Paolo, originario della città di Tarso, della Turchia meridionale. La storia ufficiale dice che quest'uomo, che si chiamava in realtà Saul (Saulo in italiano), perseguitava i cristiani e che avesse cambiato il proprio nome in Paolo quando si convertì improvvisamente al cristianesimo, dopo essere rimasto accecato sulla via di Damasco.

Secondo ricerche storiche la realtà è del tutto diversa. Tanto per cominciare, nel periodo in questione i cristiani ancora non esistevano: la Chiesa di Gerusalemme era ebraica e la religione detta "cristianesimo" sarebbe sorta soltanto molti anni dopo come esclusivamente romana.

Infatti, questo personaggio che gettò le fondamenta di questa religione, aveva sostituito il proprio nome ebraico, Saul, con il romano Paolo quando aveva acquisito la cittadinanza romana, perché voleva un nome che suonasse simile a quello originario.

Si dice che Paolo fosse un fanatico della Legge ebraica, cosa che lo indusse a vessare la Chiesa di Gerusalemme, a suo avviso meritevole di annientamento in quanto setta israelitica infedele agli insegnamenti religiosi, e a partecipare alla lapidazione di Stefano, il primo martire cristiano. Va premesso che questa fu un controversia fra sette ebraiche in un'epoca in cui la Chiesa guidata da Giacomo era nettamente ebraica.

Secondo alcuni studiosi, infatti, per quanto importante e innovatore, Gesù Cristo rappresentò solo un martire israelita per la sua gente.

Dopo la sua conversione Paolo cominciò ad entrare in contatto con gli apostoli del Messia: Giacomo, Pietro e Giovanni. Ma, sedotto dall'idea della natura sacrificale della morte di Gesù, Paolo entrò in dissenso con Giacomo il Giusto. Vediamo il perché.

Nella Lettera ai Galati, l'uomo di Tarso esprime la sua totale indipendenza dalla Chiesa di Gerusalemme, attribuendo le proprie accese convinzioni all'intervento diretto di Dio. Le opinioni che Paolo elaborò, con tutto quello che poi gli evangelisti vi costruirono sopra, erano forse il frutto della sua immaginazione.

In altre parole, il racconto di Paolo e dei suoi seguaci era uno stravolgimento delle reali convinzioni della Chiesa di Gerusalemme. Persuaso di essere il depositario di una nuova interpretazione della morte di Gesù (fondata sul fraintendimento della terminologia usata a Gerusalemme), Paolo sapeva che avrebbe avuto seri problemi con Giacomo, capo della Chiesa. Il suo imbarazzo nello spiegargli il nuovo vangelo è evidente nella Lettera ai Galati:

"… e vi andai in seguito a una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani…. Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi, e riconoscendo la grazia a me conferita da Colui che mi fece apostolo dei pagani, Giacomo, Cefa e Giovanni diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani e loro verso i circoncisi".

Alcuni studiosi cristiani hanno tentato di far passare la tesi secondo cui il "vangelo per i non circoncisi" fosse una semplice convenzione geografica, attraverso la quale Paolo si assumeva la responsabilità di predicare ai Gentili (così venivano definiti i pagani) che erano stanziati fuori dal territorio ebraico.

Tale argomentazione è priva di valore. Nella seconda lettera ai Corinzi Paolo mette chiaramente in guardia contro i predicatori di un "Gesù diverso" e di uno "spirito diverso". In realtà era lui che presentava un "Gesù diverso" e delle dottrine molto lontane da quelle professate da Giacomo. Quest'ultimo, infatti si rifaceva alla tradizione totalmente ebraica, continuando così la dottrina del fratello crocifisso.

Pur sapendo che Giacomo disapprovava il vangelo predicato da Paolo, alcuni studiosi del Nuovo Testamento hanno dimostrato che in Palestina alcuni rabbini riconobbero la necessità di presentare il giudaismo in una forma diversa: un giudaismo che potesse essere apprezzato anche in ambienti di cultura greco-romana.

In altre parole, Paolo elaborò un credo fondamentalmente non ebraico e disobbedì apertamente ad una teologia che aveva sempre posto un divario assoluto tra dio e l'essere umano.

Destinato ai pagani, il suo vangelo non è confrontabile con nessuna delle testimonianze sul pensiero israelitico. Paolo non fu mai accettato dalla Chiesa di Gerusalemme, in quanto egli fraintese la teologia ebraica, trasformandola in un culto congeniale ai cittadini romani. Per dirla come alcuni autorevoli studiosi, c'è il grande dubbio che Paolo abbia "inventato" il cristianesimo.

Rimane pur sempre il mistero più grande: se davvero il Gesù di Paolo è agli antipodi rispetto a quello di Giacomo e della Chiesa di Gerusalemme, perché questa sua forma si è salvata e la vera Chiesa è venuta meno?

CONCLUSIONI

Il ruolo di Giacomo, il fratello di Gesù, venne deliberatamente e appositamente minimizzato dalla Chiesa cattolica romana, la quale enfatizzò l'importanza di Pietro e Paolo in modo da garantire che l'autorità dei pontefici romani fosse considerata come diretta emanazione di Cristo stesso.

Ancora oggi, dopo la grande scoperta della tomba di Giacomo e le prove sopra citate, la Chiesa ha il coraggio di presentarsi scettica a tale avvenimento.

La domanda, a questo punto, è lecita: la Chiesa ha fondato il suo "impero" appositamente sulla menzogna? Non sappiamo la risposta, ma il sottoscritto prende posizione a favore della seguenti tesi:

Il lavoro termina qui. Il sottoscritto ha dato il proprio contributo per divulgazione di tali fatti tenuti nascosti per secoli. Concludendo non resta che citare una delle parti più belle del Libro di Esdra:

Più forte del vino è il re,
più forte del re una donna,
ma tra tutti è più forte la verità.

Nota di lettura

Non tutte le opinioni dell'autore di questo testo coincidono con quelle del curatore del sito Homolaicus, che sulla figura di Giacomo il Minore s'è già espresso in alcuni commenti relativi ai capitoli 9, 11, 15, 21, 22, 23, 24, 25 degli Atti degli apostoli

In particolare si contesta il fatto che la dottrina di Giacomo fosse più vicina al Cristo di quanto non lo fosse quella di Paolo. Se vogliamo, sia le tesi di Giacomo il Minore che quelle di Paolo non c'entrano nulla col messaggio eversivo del Cristo.
Giacomo il Minore non rappresenta un'alternativa progressiva né al Cristo né a Paolo di Tarso.
Il fatto che Giacomo si sentisse più vicino alla posizione originaria del Cristo non deve essere interpretato come se ciò fosse dipeso dalle loro relazioni di stretta parentela, e neppure come se, in forza del contrasto tra Giacomo e Paolo, si possa dimostrare che le posizioni del Cristo erano oggettivamente più vicine a quelle di Giacomo che non a quelle di Paolo.
In realtà la posizione di Giacomo rappresentava una sorta di revisione del cristianesimo originario (gesuano) in direzione di un più accentuato "giudaismo". Il che ovviamente trovava nel neo-convertito Paolo, che dal fariseismo più integralista era passato all'aperturismo spiritualistico e universalistico all'ellenismo, un oppositore molto deciso.
Quanto al rapporto tra Giacomo e gli ebrei ortodossi, evidentemente le sue dottrine rappresentavano una sorta di eresia nell'ambito del giudaismo ufficiale.

Enrico Galavotti

FONTI

Testi

SitiWeb


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Nuovo Testamento
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